domenica 30 ottobre 2011

Arriva Novembre: Pan co' Santi

Les Feuilles Mortes - E. Piaf
In un lampo è passato anche Ottobre. Mi spaventa e mi sorprende ogni volta. Questa parte dell'anno che scivola velocemente verso il Natale l'ho sempre molto amata ma Dio solo sa quanto vorrei che tutto non corresse così, senza neanche il tempo di un respiro.  Un passetto e siamo a Novembre, il mese di mia madre e di mio marito ma anche il tempo che celebra i nostri cari che ci hanno lasciato. Eppure Novembre non mi mette tristezza ma una soffusa malinconia già pronta alla speranza, un sentimento di attesa meditativa che guarda al passato ma pronto ad accogliere il futuro. Non so voi, ma a me le foglie secche che coprono i marciapiedi mi emozionano, gli alberi che risplendono di giallo oro o rosso fiammeggiante mi turbano con tutta la loro decadente bellezza. Ed anche i crisantemi secondo me sono fiori di una struggente bellezza forse anche per il loro doloroso significato. Pensare che negli Stati Uniti sono fiori che parlano d'amore. Incredibile quanto due culture possano essere lontane nelle piccole cose. 
Nella mia città, Novembre e la festività di Tutti i Santi, vengono accolti con un dono di estrema e fragrante semplicità: il Pan co' Santi. Dolce tipicamente senese, si può trovare comunque in tutta la provincia, fino al grossetano e già nella provincia di Firenze. 
Un pan co' Santi che si rispetti, deve essere adeguatamente peposo e ricco di Santi, ovvero uva sultanina e noci che conferiscono a questa pagnottella dorata, un sapore assolutamente irresistibile. In genere un panetto pesa c.ca 200/300 gr. ma dura il tempo di una chiacchierata, accompagnato ovviamente dall'immancabile Vin Santo o vino novello che ben si sposa con il tono rustico di questo dolce. 
Farlo in casa non è un'impresa impossibile, anzi vi dirò che dopo questa prima esperienza, mi cimenterò spesso nella preparazione anche perché 6 panetti sono spariti in un batter d'occhio grazie anche ai miei genitori e sorella che come me, ne sono ben ghiotti. Dopo una lunga ricerca in rete e confronti vari, ho trovato una ricetta che ritengo sia molto vicino alla tradizione ed è quella di Stefania. Io ve la riporto fedelmente indicando anche alcune note ed osservazioni che metterò in pratica alla mia prossima produzione per ottenere un risultato ancora migliore. 

venerdì 28 ottobre 2011

Le vostre scene d'amore: torta di zucca e mele.

La historia de un amor - C. E. Almaran
Oggi mi perdonerete se mi lascio andare al sentimentalismo. A volte mi capita. In realtà sotto questa scorza burlona c'è nascosto un animo svergognatamente romantico. Proprio ieri ho casualmente riascoltato una delle  canzoni d'amore più belle mai scritte e credetemi se vi dico questo. Intanto ve la faccio conoscere nella magnifica versione di Guadalupe Pineda  e poi prima di lasciare il post, rivedetevi la scena dal meraviglioso film di Ozpetek che voi tutte sicuramente conoscete ed amate in cui potrete riascoltarla: La finestra di fronte. Film stranoto a noi tutte appassionate di cucina e pasticceria (e di Ozpetek) non fosse altro perché la protagonista è ammalata della stessa nostra passione. In realtà la storia è molto più profonda e complessa e a chi non l'avesse ancora visto, invito a farlo perché non racconterò la trama in questa sede. Voglio invece parlare di scene romantiche da film, di quei fotogrammi che vi hanno strappato il cuore, vi hanno trasportato su una nuvoletta e vi hanno lasciato lì per un tempo indeterminato. Quelle scene in cui vi siete sentite scaldare le guance e stringere la bocca dello stomaco; in cui vi sareste lanciate come un coguaro addosso al vostro paziente compagno di visione, per duplicare l'azione appena passata sul grande schermo; in cui non siete riuscite a deglutire o lo avete fatto rumorosamente; in cui i lucciconi si sono precipitati pungenti sotto le vostre palpebre ed hanno vinto la partita nonostante la vostra lotta estenuante a mezzo Klinex. 
Ecco, volevo parlare proprio di questo, di quel film che ci ha tanto emozionato, in particolare quella scena. Non vi chiedo di indicarmi il solo film come fonte di emozione, ma la scena o le scene e se volete, anche le parole o il dettaglio che vi ha fatto impazzire e smuovervi il sangue. Ho voluto ricordare proprio la scena del ballo dalla Finestra di Fronte: due bellissimi giovani uomini si amano nel luogo e nel tempo sbagliato. Il loro gioco di sguardi, di sorrisi e di desiderio impossibile, sostenuto da una canzone struggente che dice " es la historia de un amor que no hay otro igual" è un concentrato di enorme sensualità. Una scena delicata e struggente che amo rivedere. Ne avrei molte altre ma non posso slungagnare questo post all'inverosimile. Adesso aspetto le vostre, che sono certa mi/ci faranno sognare un'altra volta. Facciamo una piccola classifica e magari andiamo a rivederci i film in questione. Un po' di zucchero, dopo tante amarezze, non fa mai male. 

martedì 25 ottobre 2011

I miei profiteroles d'autunno

Blue Velvet - Bobby Vinton
Stavolta è stata dura
Ho pensato pure di non farcela, di non essere in grado di postare questa ricetta. Chi mi segue sa già di cosa parlo, anche perchè la blogosfera in questo periodo gravita di palloccole farcite nelle maniere più disparate per rispondere all'invito/sfida lanciato da Stefania. Invito che al suo arrivo mi ha buttata nel panico più totale. Nella mia testa, il profiteroles è il dolce da pasticceria per eccellenza. Credo di non aver mai mangiato la classica piramide glassata fatta da qualcuno che conosco bene dicesi mamma, nonna o zia che si rispetti. Mai. Però mi è capitato di mangiare bigné casalinghi che spesso mi hanno fatto rimpiangere di non aver gentilmente declinato l'offerta. A casa mia il profiteroles si compra in pasticceria. Possibilmente in quella migliore, dove trovi bigné fragranti ripieni di una chantilly che ti fa cantare di gioia e coperti da una ganache al cioccolato che gronda lussuria da tutti i pori. Potete capire come per me fosse impossibile anche il solo pensiero di produrmi in questa sfida. E poi vedo che velocemente tutti i partecipanti dell'MTC presentano la loro versione, splendida, perfetta, scoraggiante...
Avrei dovuto cimentarmi nel week end. Sabato pomeriggio è volato in un attimo in meravigliosa compagnia di Loredana e della Pami e lì ho apertamente chiesto il loro parere. Nella mia testa questo profiteroles doveva essere ROSSO. Lo so, mi è partito l'embolo. "Già non lo sai fare e poi ti metti pure a dare di matto?" Eppure fin da subito mi gravitava nel lato malato del cervello, l'idea di preparare una ganache al cioccolato bianco con purea di frutti rossi (ed un tocco di colorante alimentare per non fermarmi al rosa), ma Loredana e Pami mi hanno ricondotto alla ragione e proprio grazie ad un suggerimento di Pami mi è venuta l'idea. Dopo aver trascorso la domenica sul Monte Amiata a raccogliere marroni (una decina di kg, bellissimi), la Pami mi ha dato dei consigli su come utilizzarli, in particolare trasformandoli in una meravigliosa purea da usare per alcuni dolci.
"Forse potrei utilizzare questa crema di marroni da aggiungere alla ganache al cioccolato per dare maggiore vellutatezza ed un sapore autunnale". 
Così sono rimasta sul classico. Con il classico  ci si salva sempre. Una bella ganache fondente con crema di marroni per un lieve tocco di "evasione", è come un tubino nero, che sta bene a tutte o, nel mio caso, jeans e camicia bianca (possibilmente di taglio maschile) per non sentirmi una cretina che si guarda continuamente l'orlo del vestito per vedere se è a posto. Ma non divaghiamo. 
Siccome non sono dotata di tecnica da pasticciere e da ex musicista posso dire che in musica come in qualsiasi campo, la tecnica aiuta l'improvvisazione, ho preferito mantenermi sul sicuro e non inventare più di tanto. Le indicazioni di Stefania sono state semplicemente perfette perché che mi sia riuscito il profiteroles alla prima, io in primis devo ancora crederci. Eppure. 

venerdì 21 ottobre 2011

Esorcismi per piccole fobie quotidiane: Ovis Molis

Bye Bye black bird - J. Coltrane e M. Davis
Rosa - Patty, c’è sempre la lucertolina nel bagno?
Patty - Ehhhhh…una lucertola nel bagno? E me lo dici così. Vuoi farmi smettere di fare pipì a vita?
R - Nooo, dai, è piccola, piccolissima, ma non l’hai vista?
P - Certo che no, altrimenti mi sentivi urlare fino a casa tua! Dove diamine è?
R - Adesso guardo. Dietro la porta….ma..oooh è morta…poverina.
P - Sarà morta dallo spavento quando è entrato Luca, ehehehe….
Conversazione casuale in ufficio, tra mia cognata Rosa (che è anche mia collega) ed io. L’unico maschio del club, Luca, ogni tanto subisce le nostre angherie di donne, ma puntualmente a parole vince lui tutte le partite. In quel momento non era presente. Io seduta alla scrivania, vivevo un momento surreale immaginando la lucertola che si passava la cipria alla toilette e Rosa piegata in due dal ridere. Ci piace giocare, altrimenti sai la noia? In questo periodo poi, che in agenzia si vedono passare solo corrieri che portano cataloghi e povere lucertole che si vanno a suicidare in bagno! Che tristezza!
Vabbè, la verità è che io odio i rettili. Mi terrorizzano a morte, mi annichiliscono e purtroppo mi tormentano anche nei sogni. Nei momenti della mia vita di maggiore tensione, ho sempre sognato serpenti: sul ciglio della strada, sulle maniglie delle porte, nel letto, arrotolati ovunque. Fin da piccola, sotto esame di maturità e all’università, non c’era periodo che ‘sti viscidi esseri si riproponessero nel mio subconscio. Vai poi a chiedere il significato e tutti a dirti: "ahh, sono problemi, preoccupazioni, cose brutte!" E tu come un’imbecille a crederci, a deprimerti e a sognarne ancora di più!
Adesso è tanto che non mi succede, grazie al cielo, ma l’effetto viscido = terrore non mi è mai passato. Con il tempo giganteggiano altre paure: mi annienta quella dell’altezza e del vuoto, mi angoscia quella per i luoghi stretti e chiusi, mi inorridisce Emilio Fede e tipi simili, ecc.
Per l’altezza ormai so come comportarmi, a parte agguati tesi a tradimento, come quello di due week end fa, quando con mio marito e mia figlia abbiamo fatto i turisti nella nostra città. Una sensazione meravigliosa visitare il Museo dell’Opera Metropolitana e restare estasiati di fronte alla Maestà di Duccio Boninsegna e al rosone originale del Duomo.
- Dai saliamo sul “Facciatone” (il Facciatone altro non è che la facciata incompiuta della Cattedrale, da cui si gode un panorama mozzafiato) - Una giornata che più bella non si poteva. Cielo color cobalto, luce bellissima, sottile, temperatura estiva. Mi sono detta: perché no, dai che ce la faccio! 
Ci arrampichiamo intorno ad una scala a chiocciola angusta che sale, sale, sale. Mi gira il capo. Ok, prima terrazza. Panorama splendido, vedo Piazza del Campo e tocco la Torre del Mangia con la mano - Dai mamma continuiamo - E sali, sali, fino al corridoio del facciatone. Ballatoio alto 60 cm. Mi da al ginocchio. Il passaggio è largo un metro e mezzo o poco più. Sotto di me, piccolissima, la città. Ho un capogiro. Dietro di me, un’orda di turisti che mi spinge per passare avanti e vedere per intero il panorama. Allora io mi faccio da parte, mi accuccio come una gallina (giuro) e mi metto a sedere su uno scalino con le braccia attorcigliate come liane al passamano. Non riesco più a muovermi, a respirare. Un terrore gelante, puro panico. Tengo lo sguardo basso e tento di fare l’indifferente e in quel momento arriva una ragazza che appena si affaccia al ballatoio, ha la mia stessa reazione: sbianca e si accuccia. Il suo ragazzo mi fa –“Anche lei signora?” – Adesso mi viene da ridere ma in quel momento gli avrei tirato un pugno. E accidenti a me che mi sono fatta convincere a salire quassù! Quando tutti i turisti sono entrati sul ballatoio, io mi alzo e di corsa scendo le scale a chiocciola riprendendo colore in faccia e circolazione agli arti. Mio marito e mia figlia arrivano dopo una decina di minuti, belli sorridenti. Hai avuto paura mamma? Grrrrrr!!!
E voi, piccole fobie quotidiane?

mercoledì 19 ottobre 2011

Se mi parte il trip: Pantacce con zucca, pistacchio e olive di Kalamata

You got personality - L. Price 
Quando mi piace davvero qualcosa, mi parte decisamente il trip. Per settimane, mesi o anni, mi focalizzo sull’oggetto della mia passione fino a conoscerlo in tutte le sue infinite sfaccettature. Dopo, quando sono soddisfatta (o probabilmente satura), cerco altro oggetto su cui concentrarmi, senza rimpianto alcuno. Per alcuni di questi “idoli”, non ho ancora raggiunto l’ora x  ma probabilmente non succederà mai proprio perché i loro campi di esplorazione sono infiniti mentre la mia, di vita, ha una data di scadenza. Mi riferisco ovviamente alle passioni che conoscete bene, la musica, la cucina, la lettura o il cinema…insomma, lì l’effetto saturazione è difficile. Ma se prendiamo singole piccole cose, come certi ingredienti in cucina, certi autori in letteratura, certi compositori, certi registi, ecc. , lì vivo innamoramenti momentanei e brucianti in cui la passione si concentra, si incatena ed esplode in episodi estatici, in batticuori ed attese emozionate. Sappiamo benissimo tutte come funziona. Passato il momento, resta il ricordo intenso, vivo ma la curiosità sposta l’attenzione e la giostra ricomincia verso una nuova scoperta.
Verso i miei 15/16 anni c’è stato il periodo “Fantasy” durante il quale non ho fatto che leggere libri sul genere, da Tolkien e tutti i suoi mallopponi, alla Bradley e affini, fino a che non ne ho potuto più e sono passata convulsamente e senza ricordare come, alla letteratura latino – americana, partendo dalla Allende (per la quale ho avuto un innamoramento caparbio che è durato anni) a Garcia Marquez e Jeorge Amado, e così via tra generi e autori, fino ad oggi. Con il cinema ho vissuto lo stesso e non sto a raccontarvi della musica, dove ho raggiunto il massimo quando ho scoperto Rachmaninov e non ho fatto altro che ascoltare i 3 concerti per piano ed orchestra per mesi. Avere una così in casa è quasi letale e la soppressione col gas più che giustificata! 
A causa della mancanza di tempo a disposizione, ovviamente crescendo mi sono ridimensionata, ma la tendenza di fondo rimane e purtroppo adesso si manifesta soprattutto in cucina. Questo è il mio periodo della zucca! Una verdura che in casa mia è sempre stata una sconosciuta. Mia madre, ad esempio, pur essendo nata sul lago di Garda e conoscendo benissimo la cucina Mantovana, non mi ha mai preparato nulla a base di zucca. Da parte di mio padre poi, figuriamoci, la cucina romanesca non ha poi così tanti spunti arancioni. La curiosità è partita leggendo ricette, assaggiando piatti deliziosi ed adesso il mio oggetto di appassionata sperimentazione è lei, questo testone arancio o giallo che in questo periodo riempie i supermercati ed i giardini e che al solo sguardo mette allegria. Finché dura il suo periodo, io mi divertirò a cucinarla. Dopo la vellutata, una pasta che è nata dalla casualità della sperimentazione e che vi consiglio vivamente perché è assolutamente inaspettata, deliziosa e la dolcezza della zucca viene messa a dura prova da due ingredienti tosti e pieni di personalità. 

lunedì 17 ottobre 2011

Le cuginette campagnole dei Macarons: les Abricotines di Ladurée

Carmen  Intermezzo - Bizet
Nel raptus spendereccio di agosto, quando siamo venuti ahimé a conoscenza che gli sconti sui libri oltre il 15% sarebbero stati banditi a partire dal 1 di settembre, ho speso una piccola fortuna su Amazon in meravigliose pubblicazioni culinarie. Ci si è messa anche Federica, che probabilmente mi ha battuto in questa corsa all’acquisto, e che mi ha fatto venire la voglia irresistibile, a cui ho prontamente ceduto, di acquistare il piccolo capolavoro “Dolce” di Ladurée.
Quando è arrivato a casa il pacchetto, ho aperto freneticamente la scatola ritrovandomi davanti una confezione elegantissima: un cofanetto di cartoncino rigido, color pistacchio chiaro di forma quadrata , che a prima vista sembra una golosissima scatola di cioccolatini o bon bon o altra delizia immaginabile. Sollevato il coperchio, una velina lilla nasconde come un gioiello il libro, ricoperto da una carta velluto sempre verde pistacchio, al cui centro campeggia il fregio di Ladurée. Immediata soggezione, curiosità e stupore. Ogni pagina contiene un piccolo grande miracolo di alta pasticceria e il mio primo pensiero è stato: “questo non è un libro di cucina, è solamente un bel catalogo di cose irrealizzabili da noi poveri mortali.
Chi di voi lo possiede e vi si è attardato nella lettura, sarà d’accordo con me. Certi dolci sono così incredibilmente belli e perfetti da dissuadere anziché stimolare il desiderio di cimentarsi nella preparazione.
Però, dopo aver ronzato intorno al libro, averlo letto e contemplato per diverse settimane, ho trovato la ricetta che mi ha fatto venir voglia di provare. Ho più volte manifestato il mio timore nel misurarmi con i macarons nonostante ne sia grandemente golosa, ma questa ricetta è in pratica un’evoluzione lievemente più grezza ma forse potrei anche azzardare che è proprio dalle “Abricotines” che hanno avuto poi origine i macarons. Chi potrà dircelo? In breve posso dire che come primo tentativo non c’è male. Questi biscottini sono riusciti perfettamente e dopo il loro riposino di 12 ore, hanno sprigionato un aroma di mandorla fantastico, esaltato dalla leggera e fresca acidità della composta di albicocche. Sono pasticcini perfetti per un te, un fine pasto o per un regalo elegante. A mio gusto, vanno bene in qualsiasi momento abbiate voglia di coccole.
Se amate i macarons, vi consiglio di provare le Abricotines. In futuro non mi lascerò intimorire da altre preparazioni  illustrate su questo libro perché credo che sia molto dettagliato e corretto nelle spiegazioni. Vi invito a provare: in ogni caso è un libro bellissimo anche solo da possedere. 

venerdì 14 ottobre 2011

Grazie al cielo è venerdì! La mia vellutata di zucca.

Perfect day - Lou Reed
Vi capita mai di arrivare in fondo alla settimana a passo di giaguaro? Si, sdraiate per terra trascinandovi per i gomiti insomma. Ma che domande vi faccio: certo che si. Praticamente sempre! Però, e fortunatamente c'è un però, l'arrivo del venerdì mi procura un'euforia sottile, una sorta di decontrazione che si manifesta con quegli "ahhhhhhh" sospirati e lunghi delle migliori occasioni. L'arrivo del venerdì è uno di quei piccoli piaceri della vita, è una premessa di dolci aspettative, una grande cosa: finalmente domani dormo fino alle 9.00! Così oggi, parlando di piccoli piaceri quotidiani, vi invito a fare una lista. Ve lo ricordate "Alta fedeltà" di Nick Hornby? Per chi non lo avesse letto (e vi esorto a farlo) è la storia di un ragazzotto che negli anni novanta si trova a fare i conti con una vita non tutta rose e fiori. Un tantinello sfigato ed incasinato, segna i momenti salienti della sua esistenza con liste meravigliose del tipo "i libri preferiti di tutti i tempi" o " i film preferiti dai miei genitori" o "lavori da sogno" o "la musica che vorrei fosse messa al mio funerale"...insomma, solo la lettura delle liste vale il libro. Così, per chiudere la settimana in leggerezza e anche per conoscervi meglio e ridere insieme, vi invito a lasciarmi la lista dei vostri 10 piccoli piaceri quotidiani, chiedendovi ovviamente di escludere qualsiasi cosa legata al cibo (perché altrimenti so già dove andiamo a finire) e confessando anche le cose che lo so vi imbarazzano, ma vi danno un piacere illimitato. Intanto io vi lascio la mia, di cui ho già elencato un elemento, giusto per incoraggiarvi. 
- L'arrivo del venerdì 
- Mettermi in pigiama e ciabatte appena entro in casa la sera e d'inverno trasformarmi in uno dei Teletubbies coperta da capo a piedi di pile (roba da separazione immediata, lo so!)
- Poter leggere un libro o un giornale mentre faccio colazione in casa (ma da noi è proibito, quindi quando è possibile, capite il piacere)
- Quando non devo caricare o scaricare la lavastoviglie! 
- Vedere la mia casa in ordine (succede una volta ogni 3 anni per una durata di 2 minuti secchi)
- Il momento in cui mi alzo, e tutti ancora dormono, la casa è in silenzio e l'unica cosa che sento è in profumo del caffè appena fatto e il rumore dei miei pensieri: è un nuovo giorno. 
- Se quando esco di casa per andare a prendere la macchina, incontro qualcuno che mi da il buongiorno con un sorriso sincero. 
- Guardare un pezzettino di "La storia siamo noi" alla tele prima di uscire la mattina.
- Quando il cellulare non squilla mentre sto pranzando o sono appena entrata in bagno! 
- Il bacio del mattino ai miei due squinternati (è l'ultimo in classifica, ma capite, non volevo sembrare troppo melensa.....). 

mercoledì 12 ottobre 2011

Non più colpi di testa! Diamantini di cioccolato, riso e caffè di Montersino

Aquarius - Hair - G. Mac Dermot
Eh si ragazze, con i nostri capelli non si scherza
Davanti ad un giudice potrei affermare senza temere di essere smentita, di essere una donna "a basso mantenimento" (ricordate Harry ti presento Sally e la famosa distinzione tra donne ad alto e basso mantenimento?). Dico questo perché non ho bisogno di molto per me stessa, non sono una fashion addicted, amo le scarpe ma visto che non sono un millepiedi, posso portarne solo un paio alla volta e allora a che mi servono 850 paia come qualcuna afferma di possedere? Non mi attraggono le gioiellerie (a parte Cartier a Parigi e Tiffany a N.Y., in sola visione premetto), non faccio uso estremo di estetista a parte periodiche deforestazioni, mi piace lo shopping ma dove c'è caos mi scatta il "lupo" e finisco con lo scappare a gambe levate e tornare a casa a mani vuote o con la solita maglia che mi sta piccola e che dovrò regalare. Non spendo patrimoni per creme, cosmetici e profumi; indulgo mortalmente nei negozi di casalinghi o nelle librerie ma qui dentro alzi la mano chi non ha la mia stessa malattia. Ebbene, non vado neanche troppo spesso dal parrucchiere, nonostante abbia trovato quello della vita (un po' come il marito o l'analista), che fortunatamente mi accontenta e dal quale entro senza provare il minimo panico. Cosa che ho smesso di provare solo da quando l'ho trovato, ovvero circa 3 anni. Si, perché non c'è stata al mondo persona più temeraria e sfigata della sottoscritta sull'argomento capelli, tagli e dintorni. Non riesco a capire se questo dipendesse da me o dal professionista che mi trovavo di fronte, ma la mia chioma ha passato dei momenti di puro medioevo. Credo di avere battuto tutti i saloni della provincia arrivando fino a Firenze. L'illusione era che un taglio o un colore avrebbero potuto cambiarmi la vita e farmi diventare una strafiga come sempre accade nei film. Troppo cinema, troppa televisione, me lo dico sempre!  
Premetto che i miei capelli sono più stecchiti di quelli di Olivia di Braccio di Ferro. Nelle giornate umide si animano di vita propria e dallo spaghetto scotto prendono vigore onde insulse che risalgono dalle punte fino alla radice, trasformando la mia testa in quella della vagabonda che razzola nei bidoni della spazzatura. Nelle occasioni importanti, ho sempre sbagliato pettinatura. Sul capello lungo qualche bel movimento è perfetto: su, diamo volume, vedrai come stai bene. Peccato che dopo un paio d'ore, le belle onde sono già sedute quelle che prima sembravano cavalloni imbizzarriti, adesso assomigliano ad una calma piatta. A me Bridget Jones mi fa un baffo. Per illudermi di poter avere una testa come quella di Julia Roberts in Pretty Woman, ho anche ricorso più volte alla permanente. Anzi, negli anni '80 vi ero abbonata. Il problema è che il mio capello, pur essendo sottile e mortalmente liscio, è ostinatamente recettivo e quella che il parrucchiere ti propina come un leggerissimo sostegno, sulla mia testa si trasforma in un effetto "casco di motocicletta"! Ricordo ancora con orrore la permanente che feci a 20 anni e che mi è durata quasi un anno e mezzo. I capelli mi arrivavano sotto le spalle ma all'uscita dal salone erano talmente ricci che sembravo Marcella Bella dei giorni migliori! Credo di aver pianto per una settimana. Mia cognata conserva ancora delle foto con le quali spiritosa, periodicamente mi minaccia (come rovinarsi la reputazione in un lampo!). Dopo l'ultima permanente sulla quale sono ricaduta c.ca 3 anni fa (l'esperienza non insegna nulla) e che ha avuto il risultato di cui sopra, ho tagliato i capelli cortissimi e li ho lasciati ricrescere a oltranza, senza visitare un parrucchiere per più un anno. Sembravo una scopa di saggina ma ero troppo provata: astinenza forzata! Adesso ho fatto tesoro dell'esperienza e mi sono rassegnata al mio spaghettino scotto. Quando sono gentile con lui, non reagisce poi troppo male e mi da un aspetto decente.  E voi? Recidive da colpi di testa?

lunedì 10 ottobre 2011

The cooking game: una giornata tra amiche

You've got a friend - James Taylor
Come in tutti gli aspetti della nostra esistenza, la casualità può regalare degli incontri che si trasformano in amicizie per la vita. Quello che è successo con Deborah, una cara amica di Seattle che è piombata nella mia agenzia un giorno di 12 anni fa cercando un partner per i suoi viaggi e con la quale è scattata immediatamente una scintilla di amore sincero. Nonostante si lavori  insieme, il nostro rapporto professionale è sostenuto da un grande rispetto ed ammirazione reciproci ed da una moltitudine di gusti comuni che hanno trasformato questa conoscenza in una sorta di sorellanza. Le ore che trascorriamo insieme quando lei torna in Italia ed abbiamo occasione di vederci, sono un crescendo di risate, commozione, idee, sorprese, domande, aspirazioni e lanci siderali di sogni. Giusto al termine di un tour con un gruppo, nei giorni scorsi mi ha chiamato e mi ha detto che avrebbe voluto venire da me con una sua amica per trascorrere una giornata a cucinare insieme, cosa che ci siamo sempre dette da tempo, ma mai fatto fino ad oggi. E sia!
Tre donne in cucina più per giocare che per cucinare, perché ovviamente durante la preparazione le chiacchiere e le risate si sono sprecate. In primis mi è stato riconfermato ciò che sapevo da tempo, ovvero che la cucina italiana in US, quella propinata dai ristoranti che si dichiarano italiani, di italiano non ha assolutamente nulla. Il primo mito metropolitano che ho contribuito a far crollare nelle loro teste è quello per cui gli italiani sono "mangiatori di aglio e cipolla". La maggior parte delle ricette di primi piatti italiani in US, abbonda così tanto di aglio o cipolla che il resto dei sapori sono miseramente messi a tacere. Quando ho versato l'olio extravergine in una padella per insaporirlo con uno spicchio d'aglio, che ho tolto non appena l'olio ha cominciato a sfrigolare, mi hanno guardato basite. Ancora di più quando ho tirato fuori una bottiglia di salsa di pomodoro fatta in casa e gliel'ho fatta assaggiare a crudo. Non potevano credere che una passata di pomodoro fosse così intensamente saporita senza l'aggiunta di un pizzico di sale o olio o aromi vari. Vai a fargli capire che la salsa la insaporisci come vuoi, ma dopo! Oppure che se la lasci semplice semplice, con un pizzico di sale, un filo d'olio ed una foglia di basilico puoi raggiungere il paradiso. No, non è concepibile che in Italia ci siano ancora donne che trasformano 3 quintali di pomodori in salsa e polpa pronta. Una di quelle è mia suocera! 

mercoledì 5 ottobre 2011

E se avanza il risotto? Crocchette!

My baby just cares for me - Nina Simone 
In casa mia siamo dei risottari. Sarà che a me piace cucinarlo, sarà che ogni volta che lo faccio viene accolto come il piatto della festa, fatto sta che "we love risotto!" in tutte le sue molteplici versioni.
Sono diventata anche molto abile con le quantità, difficilmente sbaglio porzioni e ogni cosa viene puntualmente spazzolata. Però il mio ultimo risotto al radicchio rosso è avanzato! Devo premettere che i colpevoli non sono miei due mangioni preferiti. Tutto ciò è accaduto durante una sessione culinaria di cui vi parlerò in prossimo post, con due mie amiche americane, con le quali ho cucinato di tutto e di più e la classica porzione di risotto che abitualmente faccio per tre, è sembrata troppo insieme a cavatelli, polpette, salvia fritta e tiramisù! Vabbè, capisco. Lì per lì mi si spezzava il cuore al pensiero di buttare via quel meraviglioso vialone nano e poi odio buttare via gli avanzi! Ma una cosa che decisamente non sopporto è il risotto riscaldato, che diventa un pappone terrificante. Non ci ho pensato su molto. Ho messo tutto in frigo e alla Rossella O'Hara "ci penserò domani". 
Il giorno dopo, domenica poco prima di pranzo, avevo già i pici pronti da buttare, che mi si è accesa una lampadina. E se preparassi un piccolo appetizier con il mio risotto avanzato? Tutto è venuto fuori velocemente: ho preso il risotto freddo di frigo e ci ho aggiunto un uovo. Ho mescolato bene il tutto. Ho tagliato una scamorzina dolce che avevo a disposizione e raccogliendo nella mano l'impasto in piccola conca, ho aggiunto il dadino di formaggio ed ho chiuso la crocchetta con il riso, modellandola bene. L'ho passata ripetutamente nel pan grattato e l'ho immersa nella friggitrice della nonna, in olio extra vergine d'oliva ben caldo. Le ho girate delicatamente un paio di volte. Il riso ben freddo ha provocato uno choc termico perfetto, dando origine ad una crosticina spessa e croccantissima. Quelle che vedete sono loro, le golose palline di riso dorato dal cuore morbido appena fatte. Mio marito si è prodigato in complimenti per la bontà e per l'idea. Mia figlia è stata per lo più in silenzio, a bocca piena, preoccupandosi di ripulire il vassoio. 
La trovo una soluzione perfetta e velocissima. Si che fritto è buono anche un calzino, e sono certa che molte di voi già avranno adottato questa soluzione per lo smaltimento del risotto. Se avete soluzioni alternative, me le raccontate? Un bacione. 

lunedì 3 ottobre 2011

Briciole della mia Val d'Orcia e pici!

Sunrise - Norah Jones
Il settembre più caldo degli ultimi 150 anni...e l'ottobre? Un sabato azzurro come non ricordo da tempo ed una domenica se possibile, ancora più bella. Roba che verrebbe subito voglia di scappare al mare a toccare per l'ultima volta quest'anno, la sabbia con i piedi nudi. Molti lo hanno fatto, fortunati. Neanche noi però siamo rimasti in casa. Avremo tempo. Vengono i sensi di colpa quando fuori è così maledettamente sorridente. Un cielo così terso che ogni cosa a contrasto sembra ritagliata ed incollata lì, come sopra un collage. I contadini si strofinano le mani: il vino quest'anno sarà eccezionale. Però, se non comincia a piovere, non vedremo porcini, se non  dalla Romania o zone limitrofe, e neanche ci toglieremo la voglia di castagne, visto che anche loro vogliono l'acqua ed agosto e settembre sono stati i più avari di sempre. Non saprei dire se preferisco avere il sole fino a fine ottobre o rimpiangere le pappardelle ai porcini. Que sera sera, a questo punto mi va bene tutto. 
Oggi desidero lasciarvi qualche immagine della Val d'Orcia, questa straordinaria zona della provincia di Siena che amo con tutto il cuore, per la dolcezza delle sue linee e modestia dell'apparire. Visto che è ancora così bello, venite a farci un giro. Vi avviso però: c'è rischio che vi venga voglia di restare!