lunedì 30 gennaio 2012

A noi la neve ci fa un baffo: pasta imperiale con cardi e polpettine.

Ma che freddo fa - Nada
Gennaio è alla fine e l'inverno è alle porte. Non sono diventata pazza. Le previsioni dei prossimi giorni annunciano l'ondata di freddo più massiccia e preoccupante degli ultimi 50 anni. Tra martedì e mercoledì sono previsti sulla sola provincia di Siena e Grosseto oltre 20 cm di neve seguiti da ghiacciate terribili e vento siberiano. Il forum degli appassionati di meteorologia (che mio marito segue assiduamente in occasione di questi fenomeni) è impazzito e la gente esaltata per l'arrivo della neve. Se solo non fosse che qui siamo a Siena e non in Val di Fassa e basta il minimo accenno di bianche precipitazioni per far piombare nel panico un'intera città. L'anno scorso è bastata un'ora di nevicata potente per mandare in tilt tutta la provincia, da qui a Montepulciano. Nonostante ami la neve "nei suoi posti", non posso che detestarla ogni qualvolta si manifesta da queste parti. Sono combattuta tra lo stupore che sempre mi colpisce ogni qualvolta mi trovo ad osservare un paesaggio trasformarsi sotto una candida coltre, dicendomi che non esiste niente di più bello, e la rabbia che si scatena immediatamente dopo, di fronte a tanta disorganizzazione. Staremo a vedere anche questa volta. E da voi, tutto a posto quando arriva la bianca Regina dei ghiacci?
Fa freddo freddo. Tornate a casa con il naso ed i piedi intirizziti (nel mio caso anche altri posti ma non sto qui ad elencarveli), e quello che sognate è un bel piatto di zuppa calda, confortante, capace di sciogliere il gelo e lo stress di una lunga giornata al lavoro. Questa zuppa fa al caso vostro e non esagero dicendovi che è una delle cose più buone che io abbia mai scoperto frequentando la casa di mia suocera in Molise. Pasta imperiale. Un nome splendido per un piatto, importante, antico. Come antica è la sua origine, di cui non saprei dirvi, ma che viene tramandato da madre a figlia come i più importanti segreti di famiglia. Ho conquistato la ricetta della pasta imperiale proprio quest'anno a Natale, dopo averla richiesta per molto tempo. Mia suocera, dopo avermela raccontata a voce decine di volte in passato, ha tirato fuori un bigliettino e mi ha dettato le esatte proporzioni. Ho fatto alcune ricerche in rete ed ho trovato la "zuppa imperiale", che nella natura è molto simile alla ricetta di mia suocera, ma la cottura ed il servizio sono molto diversi e credo che questa versione sia in assoluto una delle più deliziose e complete trovate in giro. Vi passo quindi questo "segreto" di famiglia, informandovi che tutti quelli che l'hanno assaggiata se ne sono innamorati, mia figlia non ne mangia meno di 2 piatti colmi ogni volta e non è necessario che sia Natale per servirla. Un piatto completo e corroborante, che arriva dritto al cuore e che è estremamente semplice da fare anche se vuole il suo tempo. 
Per le "Strenne Gluten-free", vi propongo una versione assolutamente senza glutine ed egualmente gustosa che spero vorrete provare in questi giorni di freddo annunciato. 
Ministra di pasta imperiale con cardi e polpettine 
Ingredienti per 4 persone
Per la pasta imperiale
- 4 uova
- 4 cucchiai di parmigiano
- 8 cucchiai di farina di riso (nella versione tradizionale, farina 00). 
- 4 cucchiai di burro fuso
- noce moscata
- sale q.b.
- brodo vegetale
Per le polpettine
- 100 gr di macinato magro
- 50 gr di parmigiano grattuggiato
- una manciata di prezzemolo tritato
- sale q.b. - noce moscata
Per la minestra
Brodo di cappone o gallina
1 cardo gobbo
Sbattete le uova quindi aggiungete la farina, il parmigiano ed il burro fuso intiepidito. Mescolate fino ad ottenere un composto liscio ed omogeneo. Salate ed insaporite con la noce moscata. Versate il composto in un sacchetto di lino e chiudetelo ben stretto per evitare che il composto fuoriesca. Mettetelo a cuocere in brodo vegetale bollente per c.ca 1h30. 
Una volta cotta, togliete la pasta dal sacchetto ed avrete ottenuto una palla liscia come quella nella foto. Fatela raffreddare e tagliatela a dadini regolari di media grandezza o anche piccoli se preferite. 
Mischiate il macinato con il parmigiano, il prezzemolo, sale e noce moscata e fate polpettone molto piccole che farete cuocere in acqua bollente per qualche minuto. Toglietele con lo scolapasta e mettetele da parte.
Pulite il cardo eliminando il filamenti e la copertura pelosa quindi lessatelo in acqua bollente salata e acidulata con mezzo limone. Una volta cotti, tagliateli in dadini e metteteli da parte.
Fate bollire il vostro brodo di cappone o gallina che avrete preparato in precedenza e versatevi la pasta imperiale, il cardo e le polpettine e lasciate insaporire per una decina di minuti. Servite ben caldo e a piacere con una bella spolverata di parmigiano.
Con questa ricetta partecipo con grande piacere alle "Mine-strenne Gluten-free" di gennaio 
Al contest "Comfort food" del Mulino Chiavazza

E al bellissimo contest di Simona "C'era una Volta" 



venerdì 27 gennaio 2012

Occhio malocchio, prezzemolo e finocchio....Buon Compleanno Aleeeee!



« Occhio, malocchio, prezzemolo e finocchio,

ego me baptizzo contro il malocchio.

Puh! Puh!

E con il peperoncino e un po' d'insaléta

ti protegge la Madonna dell'Incoronéta;

con l'olio, il sale, e l'aceto

ti protegge la Madonna dello Sterpeto;

corrrrrno di bue, latte screméto,

proteggi questa chésa dall'innominéto. »





Ehm, da dove comincio? Nella buriana dei non festeggiamenti ci sono anche io
e per la enne volta ti toccherà leggere qualcosa che avresti volentieri zompato a piè pari. Però prometto che non mi dilungherò anche se desidero soffermarmi su di una cosa. Che sei una persona speciale te lo hanno detto in tanti prima di me ed è ormai appurato senza se e senza ma. 
C'è però qualcosa che tu non sai e che nemmeno immagini: è il potere inconsapevole di riuscire a riunire decine di amici da ogni parte d'Italia accumunati dallo stesso sincero e spontaneo affetto per te, senza neanche il barlume di un invito. Come nasce una festa a sorpresa si sa e la cosa bella, che spero will make your day come dicono gli inglesi, è che per una volta la mandante dell'idea non sei tu. Tu devi solo godertela. Un party lungo un giorno in tante case diverse e tutte in attesa del tuo arrivo. Un tavolino imbandito, una flute piena e tintinnante ed un sorriso sincero. 
E poi a dirla tutta, ci siamo divertiti un monte alle tue spalle, immaginando la tua faccia di fronte a questa catena di S. Antonio antisfigaligna e soprattutto degenerando in conversazioni di cui ti risparmio i dettagli. Quindi, come vedi, ci tieni di buonumore anche quando non ci sei! Non è questo un potere meraviglioso? Altro che sfiga, altro che Jella!    
Cara ragazza senza età, tanti tanti veri, sinceri auguri di non compleanno. 
Il mio regalo di buon auspicio è un quadrifoglio di brisé da sfogliare come una margherita ed ogni morso un desidero. Al centro, un bel cuore di squacquerone in cui infilare un dito da portare alla bocca senza vergogna. 


Il tutto addolcito da voluttuosi veli di Culatello (portatori di ottimo "Lato B Factor") e un tocco di fichi caramellati con aceto balsamico per allontanare ogni spirito maligno! 
Questa giornata sarà lunga per te e piena di sorprese. Dai un'occhiata qui sotto e poi capirai. 
Ti abbraccio fortissimo, anche se avrei voluto farlo personalmente. Lo faranno per me gli amici che ti circonderanno con affetto.

Ti aspettano per brindare:

Un bacione grande tutto per te!




mercoledì 25 gennaio 2012

Starbooks - Una prova esaltante: tortellini in brodo di gallina e castagne


Lo giuro, non è voluto! Un'altro piatto di pasta fresca dopo le tagliatelle non mi transitava nemmeno per l'anticamera del cervello. Non vorrei apparire come una maniaca della sfoglia fatta in casa, ma questa volta lo Starbooks ha coinciso con la sfida dell'MTC e due ricette che vedono come protagonista la pasta all'uovo si sono inevitabilmente incontrate. Ma su questa ricetta desidero soffermarmi perché era dai suoi tempi che non provavo un così forte coinvolgimento e sincera curiosità durante la preparazione di un piatto. Vi informo e vi avviso qualora vogliate buttarvi in questa avventura: questo è un piatto monumentale. E non mi riferisco solo ai tempi della preparazione che sono comunque notevoli, ma alla complessità e struttura del piatto, alla moltitudine di sapori ed ingredienti coinvolti ed all'incredibile equilibrio finale che mi ha lasciata a bocca aperta e che mai mi sarei mai aspettata dopo una prima lettura della ricetta. 
Quindi bando alle ciance e veniamo subito al sodo. Come di consueto riporterò la ricetta esattamente come la potrete trovare sul libro "La farina di Castagne nella Val di Bisenzio", che insieme alle ragazze dell'MT, a Cristina, Alessandra,  Cristina e Mapi, stiamo testando dai primi di gennaio. 
TORTELLINI IN BRODO DI GALLINA E CASTAGNE - Ingredienti per 4 persone:
Per la pasta:
200 gr di farina 00
100 gr di semola di grano duro
3 uova intere
2 rossi d'uovo
olio evo - sale q.b.
Per il ripieno:
250 gr di magro di maiale di cinta Senese
1 salsiccia di cinta senese
60 ml di panna fresca
1 rametto di rosmarino
1 ciuffo di finocchio selvatico
1/2 spicchio d'aglio
1/2 bicchiere di vino bianco
qualche cucchiaio di brodo di gallina
sale - pepe
Per il brodetto
450 gr di castagne crude sbucciate
400 ml di brodo di gallina
100 gr di lardo
2 carote
2 rametti di timo
1 costola di sedano
1 cipolla
1/2 porro
Per decorare il piatto
10 gr di tartufo nero
1 zucchina
1 carota
olio extra-vergine d'oliva
aceto balsamico
Sopra la spianatoia setacciare le due farine ed impastare con gli altri ingredienti. Lavorare a lungo con le mani ottenendo una pasta elastica ed omogenea. Avvolgerla con la pellicola e lasciarla riposare almeno mezz'ora. In una casseruola, rosolare il magro di cinta a pezzi con la salsiccia, l'aglio, il rosmarino ed il finocchio. Sfumare con il vino bianco e terminare la cottura aggiungendo qualche cucchiaio di brodo di gallina, regolare di sale. Frullare il tutto ed amalgamare con la panna.
Stendere la pasta abbastanza sottile (con la macchina o il mattarello) e con il tagliapasta ricavare dei dischi di 6 cm di diametro, mettere al centro una pallina di ripieno e chiudeteli a tortellini. In una pentola, rosolare il lardo con poco olio e gli odori spezzettati; aggiungere le castagne, farle stufare per 10 minuti poi aggiungere il brodo di gallina. Lasciare cuocere il brodetto a fuoco lento per mezz'ora, quindi frullare e passare allo chinois. Saltare in padella con un filo d'olio  la carota, la zucchina ed il tartufo ridotti a piccoli dadini. Cuocere i tortellini in abbondante acqua salata. Versare in ogni piattolo un mestolo di brodetto alle castagne, adagiarvi una quantità giusta di tortellini, guarnire il brodetto con la verdura ed il tartufo. Completare il piatto con un filo di olio a crudo e qualche goccia di aceto balsamico. 
NOTE PERSONALI
- La ricetta prevede alcuni ingredienti difficilmente reperibili. Il primo è la carne di  Cinta Senese. Nonostante sia un prodotto locale, la cinta viene macellata una volta al mese e i macellai la esauriscono praticamente in un giorno. Per me è stato complicato e immagino che possa essere praticamente impossibile per chi non risiede in Toscana o non possa fornirsi presso un macellaio appassionato di questo prodotto. Il secondo ingrediente è il tartufo nero. Io non sono riuscita a trovarlo quindi l'ho gentilmente omesso. 
- La ricetta parla di brodo di gallina ma non dice nulla in proposito, come se tutte noi tutte disponessimo di una dotazione giornaliera di questo buon ingrediente. Invece niente di tutto ciò. Il brodo va preparato e richiede il suo tempo, per cui tenete ben presente anche questo aspetto.
- I tortellini possono essere preparati in anticipo e previdentemente congelati in bustine da 250 gr a porzione. Io ho fatto così per non massacrarmi un'intera giornata dietro questa ricetta. Inoltre non ho seguito l'indicazione della ricetta di farli su base rotonda, questo per evitare sprechi di pasta che io odio visceralmente. E poi, per essere fiscale, il tortellino per me ha base quadrata ed il cappelletto ha base tonda....(fissazioni di capricorno).
- Per le castagne, come sempre ho usato la mia scorta surgelata, raccolto di ottobre sul Monte Amiata. 
- Il brodetto: ho cercato di ottenere un brodetto non troppo denso in quanto nella ricetta si parla di brodo e non di crema, quindi dosate bene la quantità di castagne e non eccedete. 
- Le verdurine: ho utilizzato solo la carota ed al posto della zucchina (totalmente fuori stagione), ho preferito del finocchio che richiama il lieve aroma presente nel ripieno dei tortellini. Ho ricavato delle stelline dalla carota e dal finocchio e le ho insaporite come da ricetta. 
- L'aceto balsamico non è un mero elemento decorativo ma una vera e propria nota di carattere che ben si sposa con la ricchezza del brodetto.
- Non affogate i tortellini nel brodetto. Un mestolo è più che sufficiente e riesce ad esaltare alla perfezione il piccolo miracolo del ripieno.
- NON mortificate questo piatto con del parmigiano o altri formaggi!
Non vi lascio ancora perché adesso vi invito caldamente ad andare a scoprire il resto di questo menù straordinario realizzato insieme alle mie amiche di Starbooks:
Frittelle salate alle castagne (appetizer - finger food) - Menuturistico
Tortellini in brodo di gallina e castagne (che trovate qui sopra)
Crespelle con ricotta e miele di castagno - Aleonlykitchen
Terrina di carne e castagne - Insalata Mista
Crostata di farina di castagne alla ricotta - Vissi d'arte...e di cucina




lunedì 23 gennaio 2012

UN MTC PEPOSO: LE TAGLIATELLE!

Hot Stuff - D. Summer 
Lo confesso, non posso evitarlo. Quando ho letto la ricetta in sfida per l'MTC di gennaio, avrei voluto correre da Alessandra e baciarla in fronte. Per una volta, la prima dallo scorso marzo, la ricetta da emulare non mi ha procurato incubi notturni ma sonni golosi e sorridenti: TAGLIATELLE! 
Tagliatelle, alias pasta fatta in casa, tirata a mano come una volta. Non ho idea del perché fare la pasta fresca a mano mi piaccia tanto. Ne ho parlato spesso nei mesi scorsi ed ho maturato una convinzione: sono una donna all'antica! Più invecchio, più riemerge in me l'ancestrale memoria casalinga di donne che hanno fatto parte della mia vita e che ritornano attraverso gesti visti, osservati e amati mille e mille volte.
Macché viaggiatrice, macché imprenditrice di me stessa, macché mamma lavoratrice incasinata: sotto questi panni agitati, si cela con orgoglio una casalinga impenitente che ama stare davanti alla spianatoia a sfinirsi le braccia a colpi di matterello. Fare la pasta fresca è una sorta di piccolo miracolo e ve ne accorgete quanto mettete a riposare la vostra bella palla sotto una campana di vetro: lei è viva, respira e vi appanna la ciotola. Quando impastate, se il gesto è energico ma non violento, se non stirate l'impasto ma lo massaggiate richiudendolo su se stesso, lui vi premia con una bella faccia liscia e rilassata. Altrimenti son musi duri e grumosi!
Sulla ricetta, devo dire poco se non che le indicazioni di Alessandra sono estremamente complete e dettagliate. Io ho scelto di usare una miscela di farina 00 e semola rimacinata perché amo una pasta un po' più "croccante" all'assaggio e la semola conferisce più struttura alla pasta. Poi la proporzione è sempre quella, 1 uovo per 100 gr. di farina. A volte aggiungo un cucchiaio d'olio, altre no, dipende anche dalla dimensione delle uova, che nel mio caso erano piuttosto grandi. Quindi niente olio. Sulla modalità dell'impasto ho preferito farmi aiutare dalle foto. Io in genere sbatto le uova nella fontana e continuo fino a che non hanno incorporato tanta farina da essere poi lavorabili con le mani. La lavoro a lungo, minimo 10 minuti, se non di più. Per una pasta più ruvida, la lavorazione può essere inferiore.
Una volta pronta la pasta, va lasciata riposare il più possibile. Fior di azdore emiliane preparano la pasta la sera prima per riuscire poi a stenderla con estrema facilità la mattina dopo. Avvolgetela in una pellicola o mettetela sotto una ciotola di vetro e lasciatela riposare: dopo tanta lotta, la nostra amica ha bisogno di distendersi.
Il lavoro con il matterello è la parte più complessa. Ci vuole un po' per prenderci confidenza, ma l'esercizio velocizzerà i vostri gesti. Ci si può sorprendere di come  ben presto possa sembrare naturale. Il rischio più comune durante la stesa della sfoglia, è quello di esercitare pressione più al centro che sui bordi, quindi mano a mano che la foglia si allarga, il gesto di avvolgerla intorno al matterello con piccoli scatti, facendo scivolare le mani lungo tutta la lunghezza dell'arnese dal centro all'esterno, contribuisce non solo ad allargare la sfoglia ma a conferire lo stesso spessore a tutta la superficie. Io ho ancora nelle orecchie, io suono ritmico che faceva il matterello di mia nonna mentre avvolgeva la sua sfoglia e poi la stendeva con uno scatto simile ad uno schiaffo, e trovo questo gesto molto musicale. 
Una volta stesa la sfoglia allo spessore che preferite (io non le faccio troppo sottili, in casa ci piacciono spesse), va lasciata asciugare su un panno di lino per una ventina di minuti. 
La sfoglia asciutta va poi arrotolata con delicatezza su se stessa, in un rotolo largo c.ca 3 dita. Io non la arrotolo mai completamente, ma lascio delle codine di 2/3 cm. come vedete nella foto in alto, per prenderle meglio una volta tagliate e srotolarle senza farle attaccare. Il taglio va fatto appoggiando delicatamente i polpastrelli alla pasta e facendo da limite alla coltellina. La coltellina si sposta insieme alle dita. Una volta pronte, le tagliatelle si lasciano asciugare ulteriormente su un panno di lino. 
IL CONDIMENTO:
Ero partita con idee creative, immediatamente impopolari in famiglia, come una tagliatella al cacao con ragù di selvaggina, ma come sempre accade, passando i giorni ed osservando le meravigliose ricette già pubblicate dalle amiche dell'MTC, la mia ispirazione ha deviato completamente verso la tradizione territoriale. Con questo piatto, la Toscana sposa l'Emilia e lo fa in maniera assai saporita. Il "peposo" è uno spezzatino di manzo tipico dell'area Chiantigiana dell'Impruneta, nei pressi di Firenze, ma anche del sud di Siena, in piena Val d'Orcia e nella fattispecie nel paese di Petroio. Sia l'Impruneta che Petroio sono tradizionalmente i borghi dei "cocciai", i produttori di terracotta, che cuocevano questo piatto a lungo nelle pentole di coccio rosso. E' un secondo estremamente saporito, robusto, a cui abbondante pepe ed ottimo vino donano note sapide e spezziate. L'idea non è mia ma della Fattoria del Colle, a Trequanda, dove si può gustare un sugo di peposo su pasta fresca armonicamente servita su un passato di ceci. La crema di ceci infatti, ha il pregio con la sua dolcezza, di smorzare la vivace personalità del peposo e di completare il tutto con grande equilibrio. 
Ho deciso così di vestirci le mie tagliatelle. Ve lo consiglio vivamente. 
TAGLIATELLE CON SUGO PEPOSO AL CHIANTI SU PASSATA DI CECI
Per 4 persone:
300 gr di miscela di farina 00 e semola rimacinata
3 uova grandi
Per la passata:
300 gr di ceci
olio extra vergine d'oliva
1 foglia di alloro
1 spicchio d'aglio
1 rametto di rosmarino
2 cucchiai di passato di pomodoro
sale - pepe  
Per il peposo
400 gr di spezzatino di Chianina
2 spicchi d'aglio
2 cucchiai di pepe nero in grani
1 bicchiere di Chianti
1 cucchiaio di passata di pomodoro
sale
olio extravergine
Tenete i ceci a bagno una notte con un pizzico di sale, quindi lessateli nella pentola a pressione con una foglia di alloro per 20 minuti. Una volta cotti, fate imbiondire l'aglio con olio evo ed il rametto di rosmarino in una pentolina, quindi versatevi i ceci con la passata di pomodoro e copriteli a filo d'acqua. Fateli cuocere a fuoco basso rimestandoli via via fino a che non saranno quasi sfatti. Salate, in caso aggiungete un po' d'acqua. Eliminate il rosmarino e l'aglio e riducete il tutto in crema con il mixer a immersione. Lasciate da parte.
Il peposo richiede almeno 3 ore di cottura quindi dovrete cominciare la mattina non troppo tardi. Tagliate la carne in piccole noci quindi versate il bicchiere di vino e la passata di pomodoro sciolta in un bicchiere di acqua calda, dentro una pirofila dotata di coperchio, aggiungete l'aglio, i grani di pepe e per ultima la carne. Irrorate con un po' d'olio, salate e chiudete con il coperchio, mettendo il tutto in forno a 180° per almeno 3 ore. Aggiungete acqua solo qualora la carne si asciughi. Quando il peposo ha l'aspetto di una crema morbida con pezzi di carne sfilacciata, allora è pronto. 
Trasferite il condimento su una padella saltapasta. Portate a ebollizione abbondante acqua salata e cuocetevi le tagliatelle per 1 minuto e fatele saltare in padella con il peposo, aggiungendo se necessario, acqua di cottura. 
Versate su un piatto piano la crema di ceci calda creando uno specchio uniforme, quindi posizionatevi un nido di tagliatelle ben condite ed irrorate con ottimo olio extra vergine. Un piatto che non dimenticherete. 


Con questo post sono molto felice di partecipare all'MTC di gennaio sulle tagliatelle! 



venerdì 20 gennaio 2012

Elogio della bistecca: Tagliata di Chianina con patate alla salvia

Rawhide - Blues Brothers
In casa mia, se io sono la regina, la cucina è il mio regno.
A parte la condivisione di compiti quali carica/scarica lavastoviglie, apparecchia/sparecchia, spazza e porta fuori la spazzatura (che spesso svicolo perché non mi piace), la cucina è il mio mondo e mio marito mi guarda da lontano. Nonostante tutto, ammetto con orgoglio di avere in casa un eccellente cuoco, con una vivace creatività e spiccato senso critico, affinato grazie al suo lavoro che lo ha portato spesso a visitare ristoranti prestigiosi. E' lui il vero gastronomo di casa, mentre io mi cimento in sempre nuovi esercizi sul trapezio (senza rete sotto) molti dei quali, lo confesso, azzardati solo per ricevere la sua approvazione. Posso affermare senza falsa modestia, che lui è un'artista della pizza e del barbecue, grazie al quale è stato insignito anni fa, della nomina di "MBM" da un caro amico americano. La prima volta che il mio amico lo vide armato di pinza, forchettone e capelli ritti in capo davanti alla brace, mio marito divenne a ragione "The Mad Barbecue Man". That's at! 
Non potevo che farvi partecipi della sua abilità con la graticola mostrandovi l'ultima bistecca di Chianina transitata dai nostri piatti. 
Riceverò dei biasimi, ma essere cresciuta in Toscana mi ha fortemente condizionato trasformandomi in una carnivora senza sensi di colpa. Non mangio carne ogni giorno, anzi giusto un paio di volte a settimana, ma quando la mangio voglio soddisfazione! E così gli altri 2 componenti del mio branco...in particolare quella piccola che esige carne al sangue e morbidona (come dice lei). 
Mangiare una buona bistecca non è difficile ma preparare una bistecca perfetta è un'arte. Vi do quindi brevemente alcune regole dettate dall' MBM, che renderanno infallibile il vostro barbecue e vi potranno insignire dell'onorificenza di provetti MBM. 
La bistecca che vedete in foto era un taglio di Chianina (femmina) con osso e filetto da c.ca 1 kg (la famosa Tbone). Vi parlo di Chianina "femmina", perché nonostante la carne di Chianina, razza bovina originaria della Val di Chiana molto grande e con manto bianco, sia di per sé qualitativamente eccellente, la carne delle femmine è la più pregiata ed in assoluto la più ambita. Questo perché è più tenera, meno muscolosa e fibrosa. Quindi se doveste avere la possibilità di reperire questa carne presso il vostro macellaio di fiducia, fate le ficose e chiedete Chianina FEMMINA (osserverete il vs macellaio guardarvi con nuovo rispetto!). 
Le regole fondamentali per la cottura perfetta della vostra bistecca (e qui si parla esclusivamente di cottura al sangue - no media e nononoorroreeeee ben cotta!) sono poche e le seguenti:
1) Prima di essere cucinata, a meno che non sia appena stata tagliata, la bistecca deve stare almeno 12 ore fuori da frigo. In questo periodo potete togliere la bistecca dal vostro frigorifero la sera per poi cucinarla il giorno dopo a pranzo. In questo modo consentite alle fibre di rilassarsi e "frollare". In estate, bastano 4/6 ore.
2) I veri MBM che hanno a disposizione un bel braciere, cuociono la loro carne su brace ricavata da legna di leccio o quercia (quindi legno NON resinoso);
3) La bistecca NON va mai salata o insaporita o oleata prima della cottura;
4) La bistecca NON va mai punzecchiata prima o durante la cottura;
5) Una volta pronta la brace ed al momento in cui la vostra brace sarà bella vivace e la griglia posizionata piuttosto vicina, adagiate la vostra bistecca.
6) Per una bistecca come quella in foto, alta almeno 3 dita, dovrete cuocere 4 minuti per lato. Una volta girata, NON deve essere più girata sul lato già cotto.
7) Se avrete fatto le cosine per bene, il miracolo scoperto da Maillard vi regalerà una signora bistecca e la sua bella crosticina. Ma la cottura non è ancora finita!
8) Dopo i 4 + 4 minuti di cottura sui due lati, adesso dovete alzare un poco la vostra griglia e posizionare la bistecca IN PIEDI appoggiata sul suo osso: in pratica la T dell'osso deve essere rovesciata e fare da base portante al pezzo di carne. In questa posizione dovrà cuocere 7 minuti. Il calore della fiamma risalirà lungo l'osso che farà da conduttore di calore, distribuendo bene la cottura e sigillando i succhi definitivamente, rendendo la vostra bistecca morbidissima e succosa. 
9) Una volta tolta dal fuoco, prima di tagliarla, l'ideale sarebbe adagiarla su un grande piatto precedentemente scaldato (bollente) e lasciarla riposare 1 o 2 minuti.
10) Porzionatela come preferite: Dopo averla disossata, porzionate il filetto e tagliatela a fettine non troppo sottili. Salatela con sale in fiocchi macinato al momento ed un ottimo olio extra vergine di struttura e molto fruttato. Io ho usato un Olio evo di Trequanda che avevo scaldato in un padellino con un rametto di rosmarino. 


Ho servito la carne con delle patate alla salvia, semplicissime da fare. Un filo d'olio in padella antiaderente aromatizzato con della salvia. Tagliare le patate in pezzi grandi quindi versarle nell'olio caldo e cuocerle a fiamma media girandole periodicamente e salandole durante la cottura, fino a che non saranno ben dorate. Restano belle croccanti fuori e cremose all'interno. Enjoy!



Con questa ricetta partecipo con piacere al contest di Pan di Ramerino "la Toscana nel piatto"

mercoledì 18 gennaio 2012

Ancora Starbooks e Baci gettati alla castagna

Ba Ba Baciami piccina - Trio Nelly
Oggi continuiamo con l'avventura Starbooks ed una nuova ricetta dal bellissimo libro "La farina di castagne nella Val di Bisenzio", di cui avete avuto un primo assaggio qui.
Non stavo più nella pelle dalla voglia di provare questa ricetta. E non è per la mia impenitente golosità ormai universalmente risaputa, ma perché i baci di dama sono uno spettacolo di pasticcino! Si possono trovare in qualsiasi pasticceria che si rispetti dal nord al sud'Italia. Ma il sapore sarà sempre diverso da luogo a luogo. Personalmente amo quelli a base di nocciole e la crema di gianduia ad accoppiare queste due labbra di frolla, ma non mi tiro indietro di fronte alle novità, come questa. La caratteristica dei baci di dama è la friabilità della pasta.  Mordendoli, si deve avere l'effetto di incontrare croccantezza che però si frantuma immediatamente in una sbriciolata burrosa e piena, esaltata dal sapore del cioccolato. Mai, non ho mai separato le due semisfere di frolla per razziarne la crema: sarebbe un affronto mortale ad un dolcino che mostra la sua perfezione solo nell'unione delle 3 parti. Così la scelta è: morderlo per farne al massimo 2 bocconi oppure, se non troppo grosso, mangiarlo intero e gioire. 
Prima di cimentarmi nella ricetta, mi è venuta la curiosità di fare un giro in rete per capire le origini di un nome così romantico: come immaginavo ne sono saltate fuori una miriade, con tanto di battaglie per la paternità del luogo di origine e gli ingredienti base. Non aspettatevi storie di invenzioni onorifiche: questi biscottini sono originari di Tortona e non come molti credono inventati da un cuoco di casa Savoia per omaggiarne il re Vittorio Emanuele II (a Torino insistono su questa versione). Si trovano in tutto il Piemonte, specialmente nel Canavese fino giù giù alla Liguria, ed hanno numerose varianti. La ricetta base vuole l'uso delle mandorle, spellate, tostate e ridotte a farina. Una mia versione potrete trovarla anche qui , ma come dicevo, non mancano i Baci a base di nocciole ed oggi, grazie al Pasticciere Luca Mannori di Prato, anche quelli a base di farina di castagne, ricetta originale della Pasticceria Mannori.
Nel realizzare questa ricetta ho incontrato un'unica difficoltà vale a dire l'utilizzo del flexipan. Appena letta la procedura mi sono chiesta cosa fosse 'sto flexipan, e soprattutto come potevo "gettare" l'impasto dentro questo robo. E' ovvio che a trovare la risposta mi ci è voluto un attimo, visto che in rete si trova tutto, ma lo stampo in silicone a sfere (ecco svelato il mistero) non ce l'ho, come non ho il tempo per andarlo a cercare o farmelo spedire con ordine on line. Allora, visto che immagino che la maggior parte di noi non sia dotata di tutte le caccavelle pensabili, l'alternativa è una e semplicissima.
Prima di lasciarvi alla ricetta però, vi ricordo che oggi troverete on line altre 3 splendide ricette sempre tratte dal suddetto libro e che vi invito caldamente ad andare a leggervi, come segue:
- I castagnoli: Menu turistico
- Baccalà in dolce-forte: Poveri ma belli e buoni
- Il baldinsecco - La Apple Pie di Mary Pie
Su Menu Turistico troverete inoltre uno splendido post sul tema della giornata: "La Castagna nell'Arte"
Ecco la ricetta per 4 persone (notate che con la metà di ingredienti a me sono venuti 30 baci di dama !)
400 gr di burro
250 gr di farina 0
200 gr di tuorli SODI
150 gr di zucchero a velo
100 gr di farina di nocciole
100 gr di farina di castagne
50 gr di zucchero semolato
50 gr di fecola di patate
3 gr di lievito in polvere
La ricetta come riportata dal libro: Impastare il burro in una planetaria senza montare, aggiungendo lo zucchero a velo, la farina, la farina di castagne e la farina di nocciole
Passare il tuorli al setaccio insieme allo zucchero ed inserirli nell'impasto.
Continuando ad impastare, per ultimo aggiungere il lievito setacciato e la fecola. Gettare in flecipan e cuocere sul griglia a 160° per c.ca 20 minuti. Accoppaire con crema al cioccolato e mettere su un pirottino.


NOTE PERSONALI:
1) La farina di nocciole io l'ho fatta da sola con il mixer, avendo tostato e spellato le nocciole (150° per 10 min. - strofinandole dentro un canovaccio si spellano in un attimo). Le ho tritate finemente ma non troppo perché a me piace  sentire i pezzettini di nocciola.
2) Per i tuorli, consiglio di portare a bollore l'acqua in un pentolino, poi quando bolle, abbassate la fiamma e cominiciare a separare gli albumi dai tuorli facendo scivolare con delicatezza i tuorli in acqua. Lasciate cuocere per 4/5 minuti. La cottura deve essere lievemente "barzotta".
3) L'impasto che si ottiene è molto morbido e setoso. Non si può manipolare con le mani ed andrebbe immediatamente "gettato" nel flexipan (anche aiutandosi con un sac a poche a bocchetta larga). Se non possedete il flexipan adatto, con delicatezza versate il composto su un foglio di pellicola e richiudetelo, facendo ruotare il pacchetto come ad ottenere un salamino di 6/8 cm di diametro. Mettete in frigo per almeno 2 ore. 
4) Una volta che l'impasto si è indurito ma sempre malleabile, toglietelo dal frigo ed infarinate leggermente una spianatoia. Tagliate il vostro salamino a fette spesse da cui otterrete di rotolini di c.ca 2 cm di diametro. Tagliate degli gnocchi e appallotolateli velocemente fra le mani. Posizionate le vostre palline (che cercherete di fare più regolari possibile) a c.ca 3 cm di distanza l'una dall'altra sopra una teglia foderata di carta da forno. 
5) Fate cuocere un po' più di 20 min.(25/28 - valutate in base al vostro forno - la base del biscottino deve risultare dorata). Togliete dal forno e fate raffreddare su una griglia.  
6) Io ho unito una parte dei miei biscottini con una crema gianduia piemontese e l'altra con un cioccolato nero al 70% (consiglierei un cioccolato proveniente dalla Chocolate Valley Toscana - tipo Amedei). Su questo tipo di bacio, cioccolato nero batte gianduia 100%. 
7) L'impasto una volta cotto risulta estremamente delicato, leggero, friabilissimo. Questi baci non sono così "massicci" in termini di densità, forse proprio per la presenza della farina di castagne che è sottilissima ed una identica quantità di farina di nocciole. Inoltre la presenza di una minima quantità di baking aiuta la porosità della pasta e ne valorizza la leggerezza. La castagna si sente molto ma è smorzata dal cioccolato e quest'unione è decisamente convincente....Il giorno dopo, sono assolutamente magnifici! 
8) Sono sicuramente da provare anche senza l'uso del flexipan. La procedura è semplice e molto veloce. 
Vi aspetto la settimana prossima con una nuova ricetta dello Starbooks sempre dedicata al nostro libro ed alle castagne! 









lunedì 16 gennaio 2012

Tatin di carciofi ed il destino di una nave

Titanic - F. De Gregori
Non so voi, ma io sono tutt'ora frastornata e credo che lo sarò a lungo. Usare la parola "frastornata" è però riduttivo per descrivere il mio stato d'animo: in realtà sono angosciata, provo un dolore profondo, incredulità ed una tristezza che non mi passa pensando a quello che è appena successo in mare, proprio davanti alle nostre coste. Avrei voluto scrivere un post diverso, qualcosa di scanzonato, raccontarvi come non ho festeggiato il compleanno, ma già venerdì sera stavo agghiacciata davanti al televisore ad osservare la debacle di uno dei più scintillanti giganti del mare. Vi ho già raccontato più volte la mia vita di topo di agenzia. L'incredibile naufragio della Costa Concordia ha lasciato tutti attoniti per le dinamiche di un'ancora incomprensibile vicenda, ma provate ad interrogare qualsiasi agente di viaggio e comprenderete la gravità di questa vicenda. 
A praticamente 100 anni dalla tragedia del Titanic, fortunatamente con meno perdite ma altrettanta spettacolarità, è affondata una nave che per buttare giù ce ne vuole. Un settore economico, quello delle crociere, che ad oggi è in continua crescita e fortemente da traino al turismo ma che rischierà con questa tragedia, di trascinare a fondo un'intera categoria commerciale. 
In agguato c'è oltretutto il disastro ambientale: il nostro meraviglioso arcipelago minacciato da un capodoglio di lamiere e petrolio, spiaggiato a pochi metri dall'Isola del Giglio, e se la conoscete, potete capirmi quando parlo di paradiso. 
Personalmente non posso smettere di avere quell'immagine in testa, la nave piegata mortalmente su un lato come un grande cetaceo moribondo, ed immedesimarmi in quello che devono avere provato quelle persone che qualche minuto prima celebravano la cena di benvenuto a bordo, stemperando l'entusiasmo e le aspettative del viaggio dentro un calice di buon vino.
Spero che la causa e le responsabilità vengano una volta tanto appurate con certezza. Solo questo, ed è un mera consolazione, potrà forse fermare la giostra di inutili polemiche intorno a questa vicenda, facendo tornare alle persone, l'entusiasmo e la voglia di imbarcarsi ancora. 
Decidendo di pubblicare questa ricetta, non mi sono resa conto che per ironia della sorte avevo scelto una torta "rovesciata". Non è voluto, ve lo garantisco, e su questa cosa ho poca voglia di scherzare, almeno non adesso. 
La ricetta l'avrete riconosciuta in molte perché la bellissima copertina dell'ultimo numero di Sale e Pepe sbandierava una splendida tatin di carciofi che mi ha fatto salivare al solo sguardo. Naturalmente l'ispirazione è partita di botto ma mi sono ovviamente permessa di modificarla ma mio gusto per 2 aspetti: 1) la pasta base, che su una tatin, per la sottoscritta è rigorosamente "brisè"; 2) l'aggiunta di prosciutto di Parma per dare una sferzata di gusto ai carciofi (in questo caso caramellati nel miele) e che mi era piaciuta moltissimo la prima volta che ho realizzato una tatin di carciofi qualche anno fa. Così vi lascio la "mia" ricetta che è la seguente:
Per la pasta brisé di Michel Roux (magnifica) andante qui
Per il ripieno (per 8 persone - io ho fatto una torta piccola, per 4 ed ho utilizzato metà degli ingredienti e mi è avanzata metà della brisé).
8 carciofi
6 fette di prosciutto di Parma
aceto di vino bianco
2 cucchiai di miele millefiori
2 cucchiai di pinoli
olio extra vergine 
Pulire i carciofi eliminando le foglie più dure e parte del gambo ma lasciandone un pezzetto. Il resto dei gambi potrete comunque pulirli e cuocerli. Io li ho utilizzati per riempiere i "vuoti" della tatin. Immergerli in acqua acidula quindi portare a bollore abbondante acqua salata dove avrete versato 2 cucchiai di aceto di vino bianco. Tagliateli a meta e fateli bollire per 6 minuti c.ca.
Al termine scolateli quindi passateli in padella antiaderente con 3 cucchiai d'olio ed il miele, posizionateli con la parte tagliata verso il basso, aggiungete i pinoli e cuoceteli a fiamma media fino a che non prenderanno colore ed il miele comincerà a caramellarli. 
Stendete la pasta con il mattarello formano un cerchio poco più largo della vostra teglia (24 cm) ed alto c.ca 3/4mm . Foderate lo stampo con carta da formo e posizionatevi i carciofi sempre con il taglio verso il basso. Coprite i carciofi con le fette di prosciutto quindi coprite il tutto con la pasta brisé e spingete con delicatezza i bordi verso la base della tortiera. Mettete in forno preriscaldato a 180° e fate cuocere dai 25/30 minuti e comunque fino a quando la pasta avrà assunto un bel colore dorato. 
Togliete dal forno, rovesciate la torta sul piatto di portata e lasciate intiepidire appena. Bon Appetit


Volevo ricordare a tutte voi che il mio giveaway scadrà il 31 di gennaio, quindi chiunque non abbia ancora partecipato, sarà libera di farlo cliccando su questo post. Partecipate numerosi!