martedì 25 marzo 2014

Il mio soufflé dalle scarpe grosse per l'MTC di Marzo.

Total eclipse of the Heart - Bonnie Tyler
Cosa non so sul soufflé e cosa pensavo di sapere. 
La lista dei "non so" è molto lunga perché anche quello che pensavo di sapere è andato a rifinire puntualmente sull'altra colonna.
L'unica cosa che credo di sapere è come sia nata questa ricetta.
Intanto il mio desiderio primario era quello di riportare l'idea del soufflé da ricetta snob ed un pochino frou frou, a piatto terragnolo, schietto, dai sapori decisi, che potesse "garbare" anche ai babbi e nonni che nel piatto ci vogliono qualcosa di concreto e la prospettiva di mangiare "nuvole" non è ventilata nemmeno da lontano.
In casa, quando ho pronunciato "Soufflé", la parte maschile della famiglia si è chiusa a riccio e non c'è stato verso di convincerla che non gli avrei propinato fantasie.
Già la questione era complessa, con tutta la storia delle salse e creme di accompagnamento, che mi ha fatto entrare in un giro di schiaffi da cui sono uscita solamente poche ore fa oramai senza forze e alternative.
Ci mancava solo il marito, che per la prima volta si ammutina di fronte all'ennesima prova MTC.
Umiliata e offesa. Ed anche un pochinello incattivita.
Così, se all'inizio ero quasi tentata di passare perché la fantasia questo mese ha deciso di prendersi una vacanza, dopo l'ammutinamento coniugale ho avuto un rigurgito di amor proprio e mi sono detta che neanche morta sarei passata.
A costo di mangiarmi tre soufflé da sola! Fabiana, lo vedi cosa faccio per te?
Oggi sono qui a raccontarvela, ed il consorte non sa cosa si è perso ahilui!
SOUFFLE DI ORTICA E PECORINO ERBORINATO DELLE CRETE SENESI CON SALSA DI FAGIOLI ZOLFINI
Domenica mattina, sotto una pioggia battente sono andata a caccia di ortica.
Armata di guanti, ho raccolto solo le cime, le foglie più tenere.
Ho incontrato anche qualcuno che con uno sguardo pietoso mi ha dato il buongiorno pensando che probabilmente avessi perso il senno.
Fin dall'inizio ho desiderato di fare questo soufflé con un'erba spontanea e l'ortica mi è sembrata quella più adatta alla mia idea: fortemente erbacea, con una punta di amaro ed un tono metallico, ne basta poca per dare carattere.
Ho deciso di sposarla ad un pecorino erborinato delle Crete Senesi, un formaggio da immediato colpo al cuore. Qualcuna delle mie amiche ha avuto la fortuna di assaggiarlo (Sig.ra van Pelt ricorda?) ed il mio cruccio è che non possa essere trovato altrove perché la quantità in cui viene prodotto è davvero esigua.
Questo formaggio lavorato con latte crudo, ha una stagionatura di 6/8 mesi ma contrariamente a molti pecorini, non vira verso il piccante. Resta piuttosto dolce, con note di erba tagliata e la parte delle muffe contiene sentori che ricordano la nocciola, la mandorla.
E' gentile e diretto e secondo me perfetto per l'ortica.
Il finale della salsa mi ha messo in enorme difficoltà.
Ovviamente volevo qualcosa che ammorbidisse, addolcisse il tutto, lo avvolgesse come un velluto...ed ho pensato ai legumi.
Mi ci sono sbattezzata per giorni perché qualsiasi tipo di fagiolo mi sembrava troppo aggressivo, rude, poco armonioso.
Poi ieri mi si è accesa la lucina e mi sono data dell'idiota, perché in Toscana abbiamo un piccolo legume  dimenticato, prodotto in minuscole quantità in quanto estremamente delicato e riluttante all'acqua. Nasce sulle colline del Pratomagno, in provincia di Arezzo, coltivato tra i filari di olivi, e raccolto rigorosamente a mano per garantirne l'integrità.
E' piccolo piccolo, con una buccia sottile di colore giallo che ricorda il colore dello zolfo, e da qui il nome. Richiede un ammollo breve, di massimo 2 ore e cuoce in poco tempo.
In Toscana è un culto; gli appassionati dicono che si sciolga in bocca come l'ostia.
E' dolce, delicato e costa come un Rolex.
Ingredienti per 6 persone (io ho dimezzato la ricetta per 3 porzioni)
Per i soufflé
300 ml di panna fresca
3 cucchiai da minestra di maizena
30 grammi di burro + quello per gli stampi (a pomata)
6 uova medie
150 g di Pecorino erborinato delle Crete Senesi
50 g di ortica (peso da cotta)
farina di noci per lo stampo
sale - pepe nero macinato fresco

Per la crema di zolfini
1 cipollina fresca di Certaldo
1 carota
1 gambetto di sedano
un bouquet garni fatto con rosmarino - salvia - timo + un paio di foglie di salvia.
1 spicchio d'aglio
Una fettina di pancetta di cinta senese
Acqua di cottura dell'ortica (raffreddata)
Olio extravergine Terre di Siena Dop
50 g di fagioli zolfini
Fiori di rosmarino per finire
Cominciamo con il cuocere l'ortica. 
Lavarla accuratamente sotto acqua corrente e prelevare le foglie più tenere.
In poca acqua bollente, immergere l'ortica per non più di 3 minuti, quindi scolarla ed immergerla immediatamente in una bacinella di acqua gelata per interrompere la cottura e preservare il verde brillante.
Conservare l'acqua di cottura e farla raffreddare. Scolare l'ortica e tenere da parte.
Per la salsa di zolfini.
Mettere a mollo i fagioli per c.ca 2 ore in acqua fredda.
Una volta passato questo tempo, immergere gli zolfini con lo spicchio d'aglio, in una pentola di coccio, coprendoli con acqua fredda, controllando che il livello dell'acqua sia almeno 2 dita sopra i legumi.
Cuocere per c.ca 30 minuti a fuoco dolce, quindi alzare la fiamma, aggiungere le foglie di salvia e far sobbollire dolcemente per 10/15 minuti. Assaggiate per controllare la cottura.
Togliere dal fuoco e lasciare raffreddare.
Tagliare la cipollina, la carota ed il sedano in pezzi più o meno della stesa dimensione.
Metterli in un padellino con 2 cucchiai di olio extravergine, la pancetta ed il bouquet garni, quindi fare insaporire per qualche minuto fino a che la pancetta sia rosolata.
Coprite le verdure con l'acqua di cottura dell'ortica e fate cuocere per una ventina di minuti, fino a quando le verdure non saranno morbide.
A questo punto filtrate il brodo schiacciando bene con un cucchiaio in modo da ricavare il massimo della polpa. Aggiungete al brodo un mestolo di acqua di cottura degli zolfini.
Scolate gli zolfini e metteteli in un bicchiere da mixer a immersione.
Aggiungete un filo d'olio extravergine, una grattata di sale e pepe, un mestolo di brodo e frullate fino ad ottenere una crema fluida e vellutata. Se necessario aggiungete altro brodo.
Tenete da parte in caldo.
Per il soufflé
La ricetta di Fabiana è quella dello chef Cyril Lignac. In passato avevo provato la ricetta di Knam senza per altro essere delusa, ma l'incredibile leggerezza di questa preparazione mi ha entusiasmato.
Pur sgonfiandosi praticamente subito (i miei si erano gonfiati in maniera pazzesca), non si affloscia più di tanto e resta soffice ed umido anche da tiepido...anzi, posso dire che l'ho apprezzato maggiormente dopo una decina di minuti dall'uscita dal forno.
Quindi, per gli scettici di questa preparazione, che se è riuscita alla sottoscritta, può davvero riuscire a tutti, posso solo dire: provatela. Provatela e ricredetevi!
Si parte dalle cocotte. Che vanno imburrate con una cura maniacale.
Mentre spennellate il burro all'interno, ricordatevi di farlo dal basso verso i bordi, perché in questo modo creerete la strada al vostro soufflé per crescere.
Questo è un trucchetto che mi hanno insegnato anche per le torte, le basi leggere ed aeree.
Imburrare sempre dal basso in alto.
Poi, per dare un ulteriore spinta verso la rusticità, ho voluto infarinare le cocotte con noci finemente tritate e le ho messe in congelatore per il tempo utile a preparare il composto di uova.
In una ciotolina sciogliete la maizena con una parte di panna, 3 o 4 cucchiaiate, quindi portate il resto della panna ad ebollizione in una casseruola dal fondo spesso.
Quando la panna freme, versatevi la maizena e mescolate velocemente, quindi con una frusta continuate a mescolare a fiamma bassissima fino ad ottenere una crema consistente ( a me è successo praticamente subito).
A questo punto togliete il pentolino dal fuoco, aggiungete il burro e non smettete mai di mescolare fino a che questo non sarà ben incorporato.
Cominciate ad aggiungere i rossi d'uovo, uno alla volta, mescolando bene con la frusta dopo ogni aggiunta.
Una volta incorporati i tuorli, aggiungete il pecorino grattugiato con i fori grandi e l'ortica ben strizzata e tagliata al coltello, quindi salate, pepate e mescolate ancora.
Ultima fase, la più delicata, quella in cui sono entrata in panico perché forse le mie uova erano troppo grandi. Montate gli albumi con cura, a neve ferma. Ma non fate l'errore di montarli al punto che il composto si "spezzi" ovvero sia troppo duro.
Deve fare dei picchi fermi ma ancora soft.
Con una spatola, incorporateli delicatamente dal basso verso l'alto ruotando la ciotola, con il movimento chiamato "en coupant".
Il mio composto finale era molto morbido, quasi tendente al liquido per cui ero certa che non sarebbe uscito nulla di buono. Ma non temete.
Versate il composto nelle cocotte ben fredde riempiendole solo per il loro 2/3, quindi mettete in forno a 200° per 15/18 minuti, senza mai aprire il forno. Io ho tenuto la cottura a 18 minuti.
Mentre attendete la cottura, vi sentirete come una persona sui blocchi di partenza che aspetta il via e prega di farcela a tirare fuori gli stampini e poterli ammirare pieni di arie!
Se poi dovete scattare una foto, allora sono certa che sentirete anche il sapore dell'adrenalina sulla lingua.
Serviteli con la salsa di zolfini ed un bel bicchiere di Sauternes (ma se proprio volete, anche dell'ottima Vernaccia di S. Gimignano non gli disgarba!).

E con questa ricetta partecipo all'MTC di marzo con il Soufflé di Fabiana.











lunedì 24 marzo 2014

Capunti mediterranei: ancora pasta, ancora fresca.

E' la pioggia che va - The Rokes
Ci ha fregato!
Una settimana di sole caldo in cui sono esplosi nell'ordine: il verde sulle colline, le gemme sugli alberi, gli occhiali da sole in giro per città ed anche qualche paia di bermuda dei soliti temerari (vi giuro!) e noi abbiamo puntualmente dimenticato che è ancora Marzo.
E Marzo per antonomasia sragiona, ci prende allegramente per i fondelli e ci toglie la voglia di illuderci.
In una domenica tutta "tuta e felpone", ho osservato svariate forme meteorologiche abbattersi sul giardino condominiale nell'arco di poche ore: pioggia a vento, grandine, mulinelli, sole offeso, nubi colleriche e color fegato.
Se ci avete capito qualcosa...io personalmente no.
Così il ritmo in casa è stato quello di un adagio, anzi di un largo.
Chi ha ronfato sul divano, chi ha guardato la televisione con un occhio aperto e l'altro balengo, chi ha smucinato in cucina con la semola.
Non c'è bisogno che vi dica chi vero?
Se fuori piove, allora noi ci chiudiamo in casa e facciamo la pasta.
Non che quando ci sia il sole manchi la voglia di impastare...ma magari con il sole qualche pretesto per uscire lo si trova.
Invece se piove chi ha voglia di andarsene in giro a vagabondare? Meglio la spianatoia, mille volte.
Meglio la pasta con la semola, facile e veloce.
Niente uova, solo acqua e semola di grano duro con un goccio d'olio profumato, e l'energia delle vostre braccia, perché per quanto mi riguarda, la pasta si fa solo con i nostri muscoletti e per una volta lasciamo riposare l'impastatrice.
I capunti sono una pasta del sud, che possiamo trovare in Puglia, Basilicata, in Molise.
Il principio è quello del cavatello, solo che in questo caso le dita che si usano, sono 3 (a volte anche 4).
Invece di tagliare la pasta a piccoli gnocchi corti poco più di un cm, qui si tira la pasta in cordoncini spessi non più di 5 mm che tagliamo in pezzetti di 7/8.
Si scavano appoggiando indice, medio ed anulare sulla lunghezza e tirandoli con forza verso di sé.
Si ottiene un cavatello lungo con 3 fossette in cui si raccoglie il condimento in maniera perfetta.
Il segreto del capunto perfetto è quello di non fare dei cordoncini troppo spessi.
L'incavo deve essere deciso e la pasta si deve arrotolare lieve su se stessa.
In questo modo si cuoce velocemente ed all'assaggio risulta leggera e delicata.
Usate la semola migliore, non tagliatela con farina 00 (anatema), e soprattutto lavorate l'impasto per almeno 10 minuti, per ottenere una bella palla liscia e vellutata.
Lasciatela riposare per almeno 30 minuti e non vi spaventate se non riuscite subito.
Con un po' di pazienza riuscirete. Vi verranno poi con facilità e saranno buonissimi.
Ingredienti per 4 persone:
Per la pasta
450 g di semola Senatore Cappelli Mangiare Matera
acqua (quanta ne prende la farina - c.ca 1 bicchiere e mezzo)
2 cucchiai di olio extravergine
un pizzico di sale
Per il condimento
200 g di puntarelle fresche
4 acciughe sott'olio
una 20na di olive taggiasche denocciolate
una manciata di pomodorini datterino
200 g di mozzarella di bufala campana
1 spicchio d'aglio
sale
Olio extravergine dell'Azienda Agricola Guardiani Farchione
Preparate la pasta versando la semola su una spianatoia.
Fate la fontana in cui aggiungerete l'acqua e l'olio, incorporando con le dita piano piano, ed aggiungendo acqua quando necessario.
Quando la semola avrà assorbito parte dell'acqua, cominciate ad impastare con energia ed aggiungete liquido se necessario.
L'impasto dovrà essere elastico ma non appiccicoso.
Dovrà creare resistenza e via via con l'impasto, assumere una consistenza morbida, elastica e vellutata.
Ci vuole tempo, forza e pazienza. Ripiegate la pasta su se stessa ed impastate con il bordo del polso. Appoggiatevi con il peso del corpo sulle vostre braccia ed il lavoro sarà più facile.
Una volta che l'esterno della pasta sarà liscio ed omogeneo, avvolgetela nella pellicola e preparate il condimento.
Lavate accuratamente le puntarelle e riducetele a striscioline sottili come quando si preparano per l'insalata.
Lavate i pomodorini.
Eliminate la camicia dell'aglio e versate 3 cucchiai d'olio extravergine in una larga padella, fatevi profumare l'aglio e sciogliere i filetti di acciuga.
Quando questi saranno sciolti, aggiungete le olive taggiasche che avrete tagliato a metà e fate insaporire qualche istante.
Aggiungete le puntarelle ed alzate la fiamma. Fatele saltare velocemente. Devono restare croccanti.
Per ultimo aggiungete i datterini interi e fate cuocere per un altro paio di minuti.
Spegnete e coprite.
Preparate la pasta.
Tagliate dei piccoli pezzi di pasta che arrotolerete a formare dei cordoncini sottili (5 mm di diametro).
Tagliateli in tronchetti di 7/8 cm di lunghezza e procedete a formare i capunti come ho spiegato sopra.
Via via che sono pronti, appoggiateli su un canovaccio cosparso di semola e fateli asciugare.
Fate bollire l'acqua in una capiente casseruola.
Salatela e versate i capunti che cuoceranno in massimo 3 minuti. Quando saliranno a galla e l'acqua riprenderà il bollore, saranno pronti.
Accendete la fiamma sotto i condimento ed a calore vivace, saltatevi i capunti.
Impiattate ed aggiungete dadini di bufala per finire.
Profumate il tutto con un generoso filo di olio extravergine Tenuta la Cese, in questo caso un olio Abruzzese di cultivar Toccolana, dell'Azienda Guardiani Farchione, il cui flavor ricorda la cicoria di campo, la freschezza della lattuga e su una pasta dai sentori estivi come questa, si sposa alla perfezione.








venerdì 21 marzo 2014

E' primavera: Garmugia! La cucina dell'Extravergine.

Maledetta primavera - L. Goggi
Oggi voglio raccontarvi una storia che nasce tra le mura di orti nascosti in una città fra le più belle d'Italia: Lucca.
Una città che ha nella sua provincia un grandissimo patrimonio di ville e giardini, ed è proprio qui che tutto ha avuto inizio.
La storia di un piatto che viene preparato solo per pochissimo tempo durante l'anno, ovvero in quelle settimane in cui la natura si risveglia e ci regala i suoi primi germogli, il verde delicato delle primizie che hanno il sapore dell'erba che spunta con il primo sole.
Un piatto che è l'inno alla rinascita, al risveglio ed anche una spinta a recuperare energie e salute.
Perché con la primavera sentiamo in noi lo spirito del risveglio, l'energia che risale lungo le nostre membra addormentate dal lungo inverno, il desiderio di volgere il viso al sole per assorbire tutta la sua luce che tanto ci è mancata nei mesi freddi.
La Garmugia è un inno alla primavera.
E' la primavera fatta piatto e racchiude il sapore del nuovo.
Però dovete essere onesti e cercare tra i banchi del mercato, quelle primizie più delicate, tenere, i carciofi più piccoli e tosti, gli asparagi più sottili e croccanti.
Se avete amici con l'orto, pregateli in ginocchio di donarvi il loro primo raccolto.
E poi portategli un piatto di Garmugia e li farete cadere in estasi.
Pare che il nome Garmugia derivi proprio dalla parola germoglio. 
La sua storia è molto antica, e nonostante quello che a noi tutti sembra un piatto modesto e povero, è in realtà una zuppa destinata alla nobiltà toscana del XVII secolo, periodo in cui si cominciano ad avere testimonianze storiche di questo ricetta.
Una zuppa dunque, ma molto speciale. 
Rispetto alle molte zuppe contadine e povere conosciute, in cui l'elemento liquido è molto presente (per sopravvivere bisognava allungare il brodo ovviamente), la Garmugia non richiede di essere cotta in moltissimi liquidi per preservarne la freschezza.
Inoltre contiene elementi che testimoniano la sua origine "ricca": il macinato di vitello e la pancetta, che contribuiscono ad elevare il piatto a qualcosa destinato ai signori o alla buona borghesia, che poteva permettersi la carne.
Si pensa anche che sia l'evoluzione di una minestra popolare a base di semplici verdure primaverili, entrata nelle case nobili dove ha visto la sua trasformazione con l'aggiunta della parte proteica.
Si è sempre considerato la Garmugia il piatto delle puerpere, delle partorienti e delle persone in convalescenza, perché il suo apporto di vitamine e proteine è un vero toccasana.
Ne parla con grande enfasi una donna molto speciale, la Marchesa Maria Luisa Incontri Lotteringhi della Stufa, vissuta praticamente lungo tutto il secolo scorso.
Appassionata di cucina, di letteratura ma anche sportiva (amava la caccia e la pesca) e la più grande esperta di una razza canina, il piccolo levriero, scrisse diversi libri di cucina, alcuni molto famosi, come "Il Girarrosto" e "Come si cucina la selvaggina".
Nel suo celebre Pranzi e Conviti racconta appunto la cucina toscana dal  XVI secolo ai giorni nostri e parlando della Garmugia, la presenta come "una zuppa da servire a chi esce da una lunga malattia o a chi debba affrontare un lungo viaggio".
Contrariamente a molte ricette toscane che vedono la presenza del pane abbruscato in fondo al piatto, la Garmugia vuole che il pane sia messo sopra ed irrorato con ottimo olio extravergine.
Celebrate questa zuppa servendola nelle vostre ceramiche delle feste, come si conveniva alle famiglie nobili.
Niente ciotole, niente scodelle di terracotta, ma eleganti porcellane di Ginori.


Questa ricetta fa parte della nostra periodica rubrica "La cucina dell'Extravergine" in collaborazione con l'Associazione Nazionale Città dell'Olio", per la quale potrete leggere altre 3 splendide ricette delle mie compagne di avventura:
Minestra arzilla di broccoli di Sabina
Ziti al sugo di braciola di Teresa
Pasta con pesto di foglie di carota di Stefania

Ma veniamo alla ricetta
Ingredienti per 4 persone
3 cipolline novelle (io ho usato quelle di Certaldo)
2 carciofi Morelli
100 g di pisellini freschi (conservate le bucce)
100 g di favette sgusciate
100 g di punte di asparagi (conservate i gambi)
100 g di carne macinata di vitello
50 g di pancetta tirata (io ho usato quella di Cinta Senese)
1 l di brodo vegetale
2 fette di pane casalingo, possibilmente senza sale, perfetto quello di Altopascio
Olio Extravergine DOP Aprutino Pescarese dell'azienda Agricola Raulli
Sale - pepe a piacere
Devo la scoperta di questa ricetta ad un amico chef che da tempo segue il mio blog e mi lascia spesso incoraggianti commenti. E' lui che mi ha parlato di questo piatto che non conoscevo e della sua unicità e sono suoi i consigli che vi lascio sulla preparazione di questa meraviglia.
Presto aprirà il suo ristorante a Lucca ed avrò modo di parlarvi di lui approfonditamente.
Grazie Fabio per il tuo entusiasmo! 

Partiamo dal brodo che come in tutte le preparazioni che ne prevedono la presenza, fa la differenza.
Lavate accuratamente le bucce dei piselli scegliendo quelle più integre e tenere.
Tagliatele a pezzetti e mettetele in una casseruola con 1 l e mezzo di acqua.
Aggiungete anche i gambi di asparagi che avrete pelato con un pelapatate e tagliati a tocchetti. Aggiungete una cipolla ed una carota e portate ad ebollizione.
Una volta ridotto il liquido ad un litro, eliminate la carota e la cipolla, e frullate le bucce di piselli e gli asparagi, ottenendo un brodo cremoso ma ancora liquido. Se dovesse essere troppo denso, aggiungete acqua. Aggiustate di sale e filtrate per eliminare eventuali filamenti delle bucce di piselli.
Tenete da parte caldo.
In una casseruola di ghisa, fate passire in 2 cucchiai di olio extravergine le cipolline che avrete affettato finemente.
Tenete la fiamma sempre molto dolce e cuocete c.ca 5 minuti, se necessario aggiungendo un goccio di brodo.
Quando sono belle morbide e quasi trasparenti, aggiungete la pancetta tagliata a striscioline e mescolate fino a che non sarà croccantina e a questo punto aggiungete il macinato di vitello e fate cuocere per altri 5 minuti.
Aggiungete i carciofi puliti e tagliati in fettine non più spesse di 1 cm e fateli cuocere aggiungendo poco brodo. Non devono disfarsi.
Dopo 3/4 minuti, aggiungete le fave (quelle eventualmente può grosse vanno private della buccia esterna) ed i piselli e continuate la cottura con un mestolo di brodo.
Cercate di mescolare il meno possibile affinché le verdure non si spappolino.
Per ultimo vanno le punte di asparagi, quelle più veloci a cuocersi.
Aggiungete il brodo sempre in maniera parca. Le verdure non devono affogarci dentro e nonostante la cottura, restare belle consistenti.
In tutto, con la fiamma bassa, la cottura durerà c.ca 30 minuti.
Una volta pronta, lasciatela riposare mentre preparate i crostini di pane.
Tagliate due fette di pane "sciocco" e riducetele a dadini.
Saltateli in una padella antiaderente, senz'olio fino a che non saranno belli croccanti.
Versate la Garmugia nei piatti, rifinitela con i crostini e irrorate con generosità dell'ottimo Olio extravergine Dop Aprutino Pescarese, di cultivar Toccolana, che grazie alla suo interessante aroma fruttato con sentori di mandorla e pomodoro ed una decisa piccantezza e toni di amaro in bocca, nobiliterà al massimo questa ricetta.

Senza la presenza di crostini di pane, questo è un perfetto piatto Gluten Free che cedo volentieri alla raccolta 110% Gluten Free Day.


giovedì 20 marzo 2014

L'Etica che non c'è - ovvero, dell'abusata usanza di farsi delle domande e darsi delle risposte.

Desidero condividere questo articolo appena pubblicato sul sito dell'Associazione Italiana Food Blogger e che credo possa interessare molte di voi che si sentono attaccate ogni qualvolta vi salta in mente di pronunciare la parola food blogger.
Ultimamente stiamo notando una vera e proprio accanimento nei confronti di chi ha avuto la malaugurata idea di aprire un blog di cucina e di sbandierare il proprio entusiasmo sull'argomento.
La nascita dell'Associazione poi, è stato l'ultimo pretesto per osservare con maggiore critica e dubbi una "categoria" principalmente formata da persone tutte moooolto diverse l'una dall'altra, dedicandosi così  al trito e ritrito giochino del "fare di tutta l'erba un fascio".
Spero che abbiate voglia di leggere l'articolo  e magari farci sapere cosa ne pensate.
Un caro saluto.

venerdì 14 marzo 2014

STARBOOKS E PICCOLI DISASTRI QUOTIDIANI


Oggi è il mio turno per lo Starbooks di Martha Stewart con il suo meraviglioso Cakes.
Se volete sapere come è andata la storia di quella tortina maciullata, allora dovete andare a leggere qui.
Per il resto posso solo dirvi che nonostante l'effetto paciugo, il sapore è una roba da svenimento.
Ma ogni tanto i disastri li so fare anche io, e mi vengono benissimo!
Buon week end a tutti.

mercoledì 12 marzo 2014

Lavorare da casa si può? Mini plum cake alle mele

Sweet Home Alabama - Lynyrd Skynyrd
Oggi è il mio primo giorno di lavoro da casa! 
Una cosa strana in verità, dopo 20 anni di onorata lotta dietro le barricate dell'agenzia, tenendo a bada clienti di tutte le risme e declinazioni.
Ma come stiamo osservando e vivendo tutti sulla nostra pelle, per sopravvivere oggi bisogna essere minimal.
Ed essere minimal, per una piccola azienda "familiare" significa tagliare, contrarre, e tutti i sinonimi del caso che vi vengono in mente.
Così, nelle ultime due settimane abbiamo affrontato un trasloco, abbiamo una nuova dinamica sede ed un back office diffuso....un po' come gli "alberghi diffusi" che vanno tanto di moda oggi: camere sparpagliate in un'area non definita ma che appartengono all'accoglienza locale.
Nel mio caso, il back office è casa mia. 
E siccome io lavoro con l'estero, non ho poi bisogno di strumenti e spazi particolare, solo questo.
Confesso che segretamente ho sempre desiderato questa soluzione.
Lavorare da casa mi è capitato quando non stavo bene o avevo la bimba malata e non mi è dispiaciuto.
Solo che adesso che la cosa è definitiva, ho avuto una strana impressione: mi sono sentita un tantino esiliata, confusa.
L'effetto chiacchiera, la pausa cazzeggio, il contatto con il cliente...mi devo disintossicare.
So che poi mi passa ma all'inizio è fisiologico.
Quindi abbiate pazienza se vi sembrerò un tantino malinconica ma la paura dell'effetto "desperate housewife" è latente, quindi cercherò di non lasciarmi brancare dalla sensazione.
Magari mi piacerebbe avere un confronto con chi di voi vive questa esperienza: lavorare da casa.
Si può? Vi piace? Quanto vi lasciate condizionare dalla quotidianità? Vi distraete o siete dei panzer che andate avanti programmatissime?
Fatemi sapere, la vostra esperienza mi aiuterà sicuramente.
Un abbraccio.
Per la pausa caffè, una ricetta piccola, facile e deliziosa presa da una vecchia raccolta di Sale e Pepe.
Non fate come me che riempite troppo gli stampini ed il risultato è quello di avere tanti plumcake-fungo orripilanti.
Siate parche.
Fatene uno in più, piuttosto, ma non li riempite troppo perché quando inserirete le fettine di mela, il volume dell'impasto aumenterà e rischierete la fuoriuscita del composto in cottura.
Occhio.
Ingredienti per 12 mini plum cake
125 g di farina
2 cucchiaini di lievito in polvere
200 g di zucchero
100 g di burro sciolto ed intiepidito
3 uova a temperatura ambiente
2 mele
burro e farina per gli stampi.
Sbattete le uova leggermente in una ciotola.
In una ciotola setacciate la farina, il lievito e mescolateci lo zucchero. Poi cominciate ad aggiungere il burro e le uova e lavorate con un cucchiaio di legno (o se preferite con la planetaria con la foglia), incorporando un uovo alla volta fino a che non avrete un composto chiaro e spumoso.
Versate l'impasto negli stampini di silicone rivestiti con dei pirottini da plum cake o imburrati ed infarinati, riempiendoli solo per 2/3.
Sbucciate le mele, eliminate il torsolo e tagliatele in quarti.
Affettate sottilmente e fate penetrare le fettine nell'impasto sulla lunghezza, cercando di metterle dritte, una vicina all'altra.
Cuocete in forno caldo 180° per c.ca 25 minuti.
Lasciate raffreddare qualche minuto prima di sfornare e posizionate i plum cake su una griglia per raffreddarli completamente.

sabato 8 marzo 2014

Pain perdu con composta di lamponi al timo per UnLampoNelCuore

Sono passati 20 anni.
Un'eternità.
Un giorno.
Avevo da poco aperto la mia attività. Mi sarei sposata di lì ad un anno.
Due dei miei soci avevano portato la Bosnia nel nostro ufficio, curando la redazione di un libro che raccoglieva storie dell'assedio di Sarajevo scritte da grandi giornalisti italiani. Quel poco che so della Bosnia, l'ho appreso da quelle pagine, trasudanti orrore, indignazione, lacrime, stupore, speranza.
E molto altro che noi tutti, così lontani ma paradossalmente vicini a quella terra, non potremo mai veramente capire fino in fondo.
Incomprensibile come le guerre. Difficile come riuscire a leggere le parole di Annamaria sulle donne di Bratunac senza provare uno strappo terribile e subito dopo poter credere alla possibilità di una rinascita, di un riscatto.
Ma la speranza non muore, così come non cede la forza delle donne, il loro spirito indomito che ha insito nel profondo una primaria e grande missione: quella di dare la vita.
Di creare, e non parliamo solo di figli, ma di opportunità, di coraggio, di piccole e grandi imprese, di tappeti volanti verso il futuro.
In questa giornata ipocritamente dedicata all'altra metà del cielo, come se non esistesse altra occasione per celebrare la forza delle donne, centinaia di blogger colorano di rosso lampone l'etere, ricordando come le meravigliose donne di Bratunac siano ripartite da lì, da un piccolo frutto di bosco per rimettere insieme i pezzi delle loro vite e della loro dignità.
L'emozione con cui partecipo a questa iniziativa è difficilmente quantificabile.
Ma si fonde ad un prepotente senso di orgoglio e privilegio derivato dalla consapevolezza che l'etere moltiplica le voci di chi vuole farsi sentire, e di voci oggi se ne levano tante, in uno stupendo coro di sorellanza.
Con questa iniziativa, i food blogger che aderiscono a "unlamponelcuore" intendono far conoscere il progetto "lamponi di pace" della Cooperativa Agricola Insieme , nata nel giugno del 2003 per favorire il ritorno a casa delle donne di Bratunac, dopo la deportazione successiva al massacro di Srebrenica, nel quale le truppe di Radko Mladic uccisero tutti i loro mariti e i loro figli maschi. 
Per aiutare e sostenere il rientro nelle loro terre devastate dalla guerra civile, dopo circa dieci anni di permanenza nei campi profughi, è nato questo progetto, mirato a riattivare un sistema di microeconomia basato sul recupero dell'antica coltura dei lamponi e sull'organizzazione delle famiglie in piccole cooperative, al fine di ricostruire la trama di un tessuto sociale fondato sull'aiuto reciproco, sul mutuo sostegno e sulla collaborazione di tutti. 
A distanza di oltre dieci anni dall'inaugurazione del progetto, il sogno di questa cooperativa è diventato una realtà viva e vitale, capace di vita autonoma e simbolo concreto della trasformazione della parola "ritorno" nella scelta del "restare".
Aiutiamo le donne di Bratunac acquistando i Lamponi di pace e le confetture della Cooperativa Agricola Insieme. 
In onore di queste donne, ho voluto scegliere una ricetta dal nome simbolico: il pain perdu. 
Un nome che mi ha sempre affascinato per il suo suono dolce e malinconico: pane perduto. 
Un pane che in realtà non si è mai perso, e che trova nella sua seconda vita, il suo momento migliore. Esattamente come le donne di Bratunac, che tornano a nuova vita ritrovando il loro posto nella loro terra.
Il pain perdu è un'invenzione francese ma fa parte di quell'immensità di ricette di recupero in cui il pane è protagonista. 
La sacralità di questo alimento fa si che non si possa pensare di disfarsene gettandolo quando orami vecchio e indurito.
I francesi sono maestri nella preparazione di pani speciali e di alta pasticceria e siccome il pan brioche è un misto fra i due, di certo era impensabile di sprecare una cosa così buona solo perché passata.
Allora che fare? 
Un goccio di latte, uova, burro e via che una fetta di pane raffermo si trasforma nella colazione perfetta. 
Accompagnato da una composta aromatica di lamponi, poi, è assolutamente l'estasi. 
Si parte ovviamente dalla preparazione del pan brioche, per il quale ho utilizzato una ricetta che non prevede zucchero. 
Non volevo un pane dolce, ma una brioche fragrante, morbida e lievemente profumata di miele. 
Per l'aroma, la composta di lamponi si prenderà tutto il merito. 
Ho usato una ricetta molto bella trovata qui, che ho modificato leggermente. 
Un lievitato maestoso, che vi darà un'incredibile soddisfazione. 
Ingredienti per uno stampo a cerniera rotondo da 26 cm di diametro
Per il pan brioche 
350 g di Manitoba
350 g di farina 00
10 g di lievito di birra
350 g di latte parzialmente scremato
120 g di burro a temperatura ambiente
2 uova grandi a temperatura ambiente
1 cucchiaio di miele millefiori + 1 cucchiaino
un tuorlo 
un cucchiaio di latte
un cucchiaino di sale
Per la composta di lamponi 
250 g di lamponi
100 g di zucchero a velo
1 rametto di timo
1 cucchiaino di succo di limone
Per il pain perdu (per 4 persone)
1 uovo
250 ml di latte
1 cucchiaio di zucchero
4 fette di pan brioche 
1 cucchiaio di burro
PREPARATE IL PAN BRIOCHE
Intiepidite il latte e scioglietevi dentro il lievito di birra ed il cucchiaino di miele
Attendete 10 minuti affinché il lievito si attivi. Quando avrà fatto la schiumina in superficie, sarà pronto
Nella ciotola della planetaria miscelate le due farine.
Formate una fontana e cominciate a versare il latte con il lievito ed attivate la planetaria con il gancio a bassa velocità. 
Impastate e continuate a versare il latte fino ad esaurirlo. 
Impastate per qualche minuto poi aggiungete il sale quindi il primo uovo.
Impastate fino a che non è incorporato bene, poi aggiungete il secondo.
Continuate ad impastare qualche istante, poi aggiungete il miele.
Quando anche questo sarà incorporato, cominciate ad aggiungere il burro a fiocchetti piano piano continuando ad impastare a velocità media, fino ad esaurimento del burro.
Lasciate che la planetaria lavori l'impasto per almeno una decina di minuti, fino a che si staccherà dalle pareti lasciandole lucide e pulite, ed avrà una consistenza liscia ed elastica. 
Io ho smesso di impastare solo quando l'impasto ha superato la prova del velo
Mettete l'impasto in una ciotola oleata e fatelo lievitare per un paio d'ore coperta con una pellicola (io l'ho messa in forno con la luce accesa).
Una volta raddoppiato il volume dell'impasto, rovesciatelo su una spianatoia e sgonfiatelo con delicatezza, quindi impastatelo a mano per qualche minuto.
Ricavate un rotolo che dividerete in 3 pezzi di uguale peso. 
Allungate ogni pezzo cercando di ottenere 3 cilindri lunghi c.ca 50 cm, unite i tre capi ed intrecciateli con delicatezza.
Dopo aver imburrato la tortiera, sistematevi la treccia di pasta brioche facendo combaciare l'inizio e la fine della vostra treccia.
Rimettete la tortiera in forno con la luce accesa e lasciate lievitare ancora per non meno di un'ora. 
Quando toccando l'impasto, questo riprenderà la sua forma velocemente senza lasciare impronta, sarà pronto per la cottura.
Spennellatelo bene con un tuorlo d'uovo sbattuto con un po' di latte, quindi mettetelo in forno a 180°C per 35/40 minuti. 
Quando sarà ben dorato e gonfio, togliete da forno e lasciate raffreddare una decina di minuti su una griglia.
Toglietelo dallo stampo e fatelo raffreddare completamente. 
Per il pain perdu utilizzate delle fette di pan brioche di almeno 2 giorni.
Preparate la composta di lamponi, mettendo i lamponi in un pentolino dal fondo spesso insieme allo zucchero ed al limone. Quando lo zuccherò sarà sciolto, aggiungete le foglioline di timo strappate dal rametto.
A fiamma bassa, fate cuocere per 15 minuti, fino a che non otterrete una composta lucida e fluida.
Fate raffreddare.
Sbattete l'uovo con il latte e lo zucchero in una scodella.
Mettete la fetta di pan brioche nel composto liquido ed immergetela su tutti e due i lati per qualche istante.
Fate sciogliere il burro in una padella antiaderente a temperatura media quindi aggiungete le fette di pane facendole cuocere per 2 o 3 minuti fino a quando non saranno dorati e fragranti.
Ancora caldi sistemateli sui piatti di servizio e versatevi la composta aromatica. Mangiate subito.
La composta si conserva ottimamente per oltre una settimana in contenitori ermetici. 

venerdì 7 marzo 2014

Cacciucco di ceci alla senese per la cucina dell'Extravergine

Perché no - L. Battisti 
Cacciucco di ceci?
Occheseimatta? Se ti sente parla' un livornese, ti insegue con un bastone e te lo dà ni' capo!
Macchè ni' capo... il bastone glielo tiro dietro eccome e il cacciucco di cecini me lo mangio uguale, che è tanto bono e lo faceva pure la mi' nonna coll'avanzo delle verdure servati'he che aveva raccolto ni' ccampo.
Sa' come faceva?
Metteva a mollo i ceci in tanta acqua e ce li lasciava tutta notte, li bellini a riposa'.
Poi di giorno, li scolava, rimetteva l'acqua nova e ce li copriva bene dentro al coccio.
Du' foglie d'alloro e piano piano a foco pio, li faceva morbidi e quando la pelle cominciava a levassi,  li toglieva dall'umido, profumava l'olio bono con du' spicchi d'aglio e ce li buttava.
Tenea il foco bello pieno e rimestava svelta e poi ci lasciava cade' du' acciughine sotto sale e continuava a rimesta' contenta, perché dal coccio arrivava un profumino che ti levava di sentimento.
Quando le acciughe s'erano disfatte tra i ceci, chiappava una manciata di erbine verdi mondate a modino e le faceva cuocere là dentro, fino a che diventavan tenere.
E siccome alla mi' nonna non gli garbavano i pomodori nel cacciucco, un ce li metteva.
Però quarche volta c'aveva voglia di cipolla così ce ne buttava un pochettina.
Pe' desina, prendeva una scodella e col pane abbruscato ci copriva il fondo.
Con le su' mani che sapevan di mille sapori, ci strisciava bene bene l'aglio e poi giù con l'olio bono che quello non dovea manca' di certo.
Du' mestolate di cacciucco per coprire il pane e tanto pepe pe' profuma'.
E ancora olio...ma tanto, perché fa bene e a noi cittini ci garbava un monte.
Perdonate la parentesi in vernacolo senese improvvisato.
Era un pretesto per raccontare come questo piatto sia di tradizione sulla tavola toscana contadina, e di come la parola cacciucco non voglia identificare esclusivamente la famosa zuppa di pesce livornese.
Fino a poco tempo fa credevo che il cacciucco di ceci fosse un piatto tipicamente senese, invece ho scoperto che è un piatto ampiamente conosciuto anche nelle province di Arezzo e Grosseto.
L'origine della parola "cacciucco" è ancora poco chiara ma la teoria maggiormente riconosciuta è che derivi dalla parola turca "Kucuk", che significa minuto, piccolo, e nella fattispecie un insieme di minutaglia come avviene per altro per la zuppa di pesce più famosa.
Anche nel cacciucco di ceci infatti, si ha un miscuglio di legumi e verdure, bieta erbetta magari selvatica o spinacini novelli, insaporiti da aglio, cipolla e acciughe sotto sale per la sapidità (la ricetta infatti non prevede sale).
Il tutto servito su pane tostato e generosamente agliato condito con abbondante olio extravergine.
La bella notizia di oggi è che ripartiamo con "La cucina dell'Extravergine", la rubrica promossa dall'Associazione Nazionale Città dell'Olio, nella quale si valorizzano gli oli extravergini regionali attraverso ricette realizzate da uno sparuto ed agguerrito gruppo di blogger.
Ricominciamo da dove ci eravamo fermati, con rinnovato entusiasmo e nuovi splendidi oli.
Questa settimana si va in Puglia, nella fattispecie nell'area di Andria e Corato, dove di produce una delle maggiori quantità di olio extravergine italiano.
La cultivar sovrana che cresce lungo le pendici da cui si staglia la poderosa Fortezza di Castel del Monte è la Coratina.
La caratteristica principale di questa cultivar è la sua amarezza e l'intenso piccante, ancora più evidente nell'olio appena franto.
Ho pensato di abbinarlo ai ceci ed alla bieta che hanno una preponderante dolcezza ed hanno bisogno di uno sprint che sicuramente gli arriva da quest'olio così pieno ed intenso.
Per questa ricetta ho utilizzato l'olio Elixir prodotto dal Consorzio Olivicolo Oro di Andria , un olio eccellente estremamente fruttato e dai sentori di erba tagliata, molto piccante all'assaggio.
Le altre ricette che potrete leggere oggi per la cucina ell'extravergine sono:
Vellutata di lattuga con ricotta fritta di Stefania
La finta genovese di Teresa
Torta rustica con finocchietto selvatico e cipolla di tropea di Sabina
Ecco la ricetta
Per 4 persone:
300 g di ceci secchi del Chianti o ceci piccoli
200 g di bietoline
2 acciughe sotto sale
1 spicchio d'aglio
pepe nero macinato fresco
pane toscano abbruscato
Olio extravergine Elixir del Consorzio Oro di Andria
Ammollare i ceci in acqua con una manciata di sale grosso per tutta la notte.
Il giorno dopo, scolare i ceci quindi versarli in una casseruola capiente, coprendoli d'acqua aggiungere 2 foglie di alloro e fateli cuocere per almeno 30 minuti o fino a quando saranno morbidi ma non sfatti.
A questo punto fate rosolare uno spicchio d'aglio in un filo d'olio extravergine e buttatevi i ceci, mescolandoli spesso per farli insaporire. Dopo qualche minuto unite le acciughe sotto sale ai ceci e continuate a mescolare fino a che non si saranno sciolte fra i legumi. Non salate.
Aggiungete la bietta erbetta precedentemente pulita e continuate la cottura, se necessario aggiungendo un mestolino d'acqua.
Quando la bieta sarà morbida e ben amalgamata ai ceci, il piatto sarà pronto.
Tostate una bella fetta di pane toscano o casereccio e strofinateci sopra una spicchio d'aglio.
Condite con olio Elixir e coprite con il cacciucco di ceci.
Irrorate con generoso olio e finite con una macinata di pepe nero. Servite subito.


lunedì 3 marzo 2014

Quando il gioco si fa duro.....

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Manca poco meno di un mese alla scadenza del Contest promosso insieme a Pamirilla e Cose dell'altro pane. 
Ad oggi faccio un piccolo bilancio perché mi rendo conto che l'argomento "Pasticceria naturale" non sia così facile per molti.
In particolare non è facile l'idea di avvicinarsi a qualcosa di buono e sano modificando le proprie abitudini e cercando ingredienti che abitualmente non useremmo.
Però mi rendo conto che forse il nostro contest non è stato capito fino in fondo.
A questo scopo, se vi ricordate, abbiamo inserito la presenza di una Tutor nella figura di Pami che è stata di grande aiuto a coloro che l'hanno contattata nel momento del dubbio.
E proprio di Pami, vorrei riportare uno stralcio interessante del suo post che vi invito a leggere:

"E allora voi e questo contest?
Quello che io e Patty vorremmo suggerire è: facciamoci delle domande, chiediamoci che impatto hanno le cose che mangiamo sul nostro organismo e sull’ambiente
Come scegliere cose “buone”? èsSenza ha bandito i conservanti e la margarina, perché? Sappiamo tutti cosa sono i grassi idrogenati? Lo zucchero fa bene, fa male o non fa niente?
E poi le intolleranze. Qualcuno di noi soffre di allergie, qualcuno di intolleranze, altri sono affetti da celiachia, quasi tutti, prima o poi, avremo un’intolleranza magari anche momentanea a qualche alimento.
Dunque c’è un popolo di emarginati che deve fare lo slalom tra i banchi del supermercato o possiamo mangiare tutti bene, tutti insieme, tutti con soddisfazione anche del gusto?
E ora andiamo in cucina.
Partiamo dal senza glutine. Molte di voi sono già esperte altre affrontano un mondo nuovo.
Volete mettervi tutte alla prova con le farine alternative? 
Eliminando il glutine in realtà si apre un mondo. La farina di grano è fantastica, come negarlo. 
Ma costringersi a non usarla vuol dire scoprire tanti prodotti che magari non si erano mai presi in considerazione prima e che invece sono buonissimi e pieni di principi nutritivi di grande valore. 
Perciò vi invito a sperimentare le farine di grano saraceno o castagne. Quelle di ceci o lenticchie. Guardatevi intorno e liberate la fantasia. 
E non accontentatevi dei sacchetti già pronti di farine “gluten free” o almeno guardate cosa c’è scritto sull’etichetta. Scoprirete che in molti casi vi stanno vendendo solo amido di mais. Ma la natura ci dà cose molto più buone di questo, credetemi!
Poi potreste provare una ricetta senza lattosio. O senza uova. O senza ….. proponetelo voi.
Questo NON è obbligatorio, è però un valore aggiunto della ricetta.
Attenzione!!! Non dovete togliere TUTTO, cioè non ci aspettiamo prodotti SENZA glutine e SENZA lattosio e SENZA zucchero ecc….CONTEMPORANEAMENTE…..
togliete “qualcosa” , OK?
Quello che non vogliamo sono le cose “cattive”: in casa non si utilizzano normalmente additivi e coloranti e nemmeno migliorativi da industria. Ma un olio di oliva o uno di semi non sono la stessa cosa. Margarina? No, grazie. Dolcificanti o zucchero? Il glucosio?
Restrizioni tassative non ne vogliamo mettere ma pensate le vostre ricette sui parametri che ho spiegato, pensate al buono, ragionate anche in termini di quantità: un cucchiaino di zucchero non è come mangiarne un etto, no? Il buon senso è vostro amico. Usatelo!
E per ogni domanda, dubbio o esitazione contattatemi e vi risponderò.
Allora riepilogo:
SI : GLUTEN FREE - OBBLIGATORIO ma non TASSATIVO -
Con il glutine la vostra ricetta non potrebbe essere prodotta in azienda per problemi di contaminazione. Se avete però un’idea bella e volete partecipare comunque, mandatela lo stesso. Mi piacerebbe però che rimaneste in linea con le caratteristica di Cose dell’altro pane, che è gluten free.
SI : PRODOTTI ALTERNATIVI E POCO NOTI - NON OBBLIGATORIO -
cerchiamo, cresciamo, scopriamo! Spiegate le vostre scelte, motivatele, fate conoscere qualcosa di nuovo a tutti noi, facciamo girare le idee!
SI : ATTENZIONE ALLE INTOLLERANZE -NON OBBLIGATORIO-
Pensiamo a chi deve astenersi dal lattosio (per esempio), o dalle uova o cerca un alternativa allo zucchero.
Un giorno potrebbe tornarci utile e poi forse c’è un’amica che………
NO : GRASSI IDROGENATI, MARGARINA, COLORANTI, SCIROPPO DI GLUCOSIO - OBBLIGATORIO –  questi per favore proprio no!
Restrizione tassativa sul tipo di ricetta: non sono ammessi i prodotti freschi o semi-freschi da consumare in giornata perché questi, in una produzione commerciale, sono sottoposti alla catena del freddo e impacchettati con macchinari diversi da quelli che utilizzeremo.
Quindi NIENTE creme, salse, frutta, frosting, farce morbide e cremose ecc…
SI a biscotti, pasticcini secchi, crakers, grissini, salatini. Ammessi pani e panini.
Ammessi plum cake e muffin purchè privi di creme e quanto sopra escluso."

Allora, abbiamo le idee più chiare? 
Quello che mi farebbe piacere è leggere post e ricette pensate e volute per questo contest.
Che significa anche fermarsi un momento e farsi delle domande, informarsi e studiare un po'.
Significa apprezzare lo sforzo ed il lavoro fatti da una realtà come Cose dell'altro pane, che ogni giorno si mette alla prova cercando nuove idee e prodotti per quella parte di mondo che non ha la fortuna di potersi concedere di tutto.
Mi piacerebbe che come questa azienda, che ospiterà i vincitori a trascorrere una giornata di ESPERIENZA SUL CAMPO, anche voi immaginaste di dover creare qualcosa per chi ha bisogno di un dolce "speciale".
Lasciatevi ispirare dalle proposte di èsSenza, i biscotti e pasticcini dai nomi Shakespeare ed inventante anche voi il vostro dolce Senza.
Ricordate sempre di apporre il link a questo post ed a Cose dell'altro Pane e per il regolamento, leggete pure qui .
Vi aspetto tutte entro il 31 marzo. Avete ancora tantissimo tempo. In bocca al lupo.