mercoledì 31 maggio 2017

Ciambella di cioccolata amara e ciliegie con extravergine: evviva le ciliegie!

Cherry oh baby - Rolling Stones
Proprio quando sei lì a morire di invidia osservando dalle immagini dei social, mani golose che arraffano manciate di frutti rossi, certa che per provare un po' di quello stesso godimento dovrai rassegnarti a fare un mutuo, in quello stesso istante squilla il telefono.
Un amico generoso ha un cesto di ciliegie appena colte, ancora calde di sole, "ma vieni a prenderle che se non le mangi oggi, passano...".
Figurati: neanche è chiusa la telefonata che il marito è già per strada!
Ed ecco qua svariati chili di rosse sorelline campeggiare sulla mia tavola.
La prima operazione smaltimento, avviene quasi immediatamente.
Una sciacquata veloce sotto l'acqua fresca per eliminare qualche impurità (sono ciliegie km 0 da alberi selvaggi e fieri di Castellina in Chianti) e via con la festa!
Ma quante ciliegie è in grado di farsi fuori un essere umano in salute?
Il detto "una tira l'altra" è verissimo, ma funziona soprattutto quando queste sono poche.
Ovvero, il tutto si riduce ad una corsa per non restare indietro e vedere l'ultima croccante delizia finire nella bocca del tuo vicino di desco.
Ma quando di fronte a te c'è un cesto colmo di cui non vedi la fine, un po' cedi e ti dici: ok, a voi ci penso dopo!
Senza contare quella strana, impalpabile ed inquietante sensazione di lieve smottamento nell'area intestinale che ti fa chiedere: che sarà?
Sarà che ti sei mangiato questo e quell'altro mondo di ciliegie...non ti dice nulla?
Vi avverto preventivamente: questa torta è diabolica.
L'unico aspetto positivo è la sua dimensione: piccola, stampo da 18 cm, un'illusione che non impedisce di rovinarsi definitivamente a suon di "ok, ancora una fettina, ma sottile eh!".
Quando arriva il caldo, si prende distanza dalla cioccolata, se non in forma di gelato.
Posso garantirvi che questa deliziosa ciambella dall'aspetto innocuo, diventerà la vostra prossima dipendenza.
E come si dice "uomo avvisato..."
Giornata Nazionale delle ciliegie sul Nuovo Calendario del Cibo Italiano. 
Questo frutto paradisiaco che vive il suo trionfo di sapore nell'arco del mese di giugno, verrà declinato in decine di ricette intriganti e deliziose grazie ai numerosi contributi che potrete seguire sulla pagina FB del Calendario.
Questa è la mia proposta ma presto ne arriverà un'altra perché come potevo smaltire tutte 'ste ciliegie?
In ogni caso non ho inventato nulla.
Si tratta di una ricetta trovata su Sale & Pepe giugno 2014, successivamente ispiratami dal blog di Gabila in una sorta di ipnotica incitazione.
Dire che è splendida è poco.
Vi prego: usate dell'ottimo extravergine. Va bene il Ligure sia riviera Levante che Ponente, oppure un più fruttato e dolce olio del Garda.
Siate audaci e date un'occasione a dell'ottimo extravergine. Vi sorprenderà.
Ingredienti per uno stampo a ciambella con fondo amovibile 18/20 diametro

NOTA BENE: Nel mio caso, l'impasto avrebbe potuto stare comodamente in uno stampo da 20 cm e la ciambella risultare comunque bella alta. Una piccola parte di impasto ho dovuto sacrificarla perché lo stampo era già colmo quindi a regola uno da 20 cm è perfetto.
Se monterete bene le uova e farete in modo da non smontare l'impasto nell'aggiunta del resto degli ingredienti, la torta crescerà molto il cottura.
A me è salita di almeno 2 cm oltre il bordo (senza strabordare fortunatamente).
Quindi vi consiglio di alzare i bordi con 5 cm di carta da forno che aiuterà la torta a sviluppare il proprio volume senza rischi di travaso.

Ingredienti (da me ritoccati in parte)
300 g di ciliegie denocciolate + alcune per decorare.
130 g di farina 00
3 cucchiai di Maraschino
150 g di zucchero di canna finissimo
60 g di cacao in polvere amaro (io Olandese)
120 g di olio extravergine Garda Dop.
120 g di acqua
100 g di cioccolato fondente al 70% tritato grossolanamente.
3 uova grandi freschissime (a temperatura ambiente)
1/2 cucchiaino di bicarbonato
1 cucchiaino di lievito in polvere per dolci
burro per lo stampo.
  • Lavate ed asciugate le ciliegie quindi denocciolatele. Mettetele in una ciotola con 30g di zucchero ed il Maraschino. Mescolate bene e lasciate macerare fino al momento di usarle. 
  • Scaldate l'acqua quindi mettete il cacao in una ciotolina. Versatevi sopra l'acqua bollente lentamente, mentre mescolate con cura con una frusta, per sciogliere bene polveri ed eventuali grumi. Tenete da parte
  • Nella ciotola della planetaria montate a velocità elevata, le uova con il restante zucchero. Dovrete ottenere una massa aerea chiara e sostenuta. Vi ci vorranno almeno 10 minuti.
  • Abbassate un po' la velocità e continuando a montare, aggiungete a filo interrompendo via via, l'olio extravergine. Per evitare che l'impasto smonti, versate una piccola quantità e montate per un minuto, quindi proseguite così fino ad esaurimento dell'olio. 
  • Sempre montando, aggiungete lentamente il cacao disciolto nell'acqua e montate fino a che non sia ben amalgamato. 
  • Togliete la ciotola dalla testa e aggiungete la miscela di farina e lieviti ben setacciati incorporandone metà alla volta, ed aiutandovi con una spatola mescolando dal basso verso l'alto, in modo che non restino sacche di farina nella massa montata. 
  • Per ultimo aggiungete le ciliegie con il loro liquido e la cioccolata tritata mescolate bene il tutto con delicatezza.
  • Versate il composto nello stampo precedentemente imburrato e con le pareti foderate con carta da forno, e cuocete in forno preriscaldato a 180° per almeno 50 minuti. Fate comunque la prova stecchino, che dovrà uscire ben pulito. 
  • Fate raffreddare completamente prima di sformare.
  • Per servirla, io ho pareggiato la superficie con un coltello affilato, eliminando la parte convessa del dolce, che ho poi ridotto in briciole finissime e con cui ho cosparso il bordo della ciambella capovolta. Ho decorato con qualche ciliegia.
  • Si serve da sola (è bella umida) o accompagnata da una pallina di gelato alla crema o vaniglia. Ma anche con la panna è niente male! 




sabato 27 maggio 2017

Caesar Salad per il Club del 27 e quella prima volta 25 anni fa.

For once in my life - Frank Sinatra 
"Caesar Salad" ha per me un unico ed indimenticabile sapore.
Quello del mio primo viaggio in US, all'alba dei miei 25 anni, di cui ogni tanto torno a raccontare su questo blog.
Perché come tutte le prime volte, fu un viaggio potente, pieno di situazioni irreali a cui tutt'ora stento a credere e perché ero giovane, ma tanto, nel corpo e nell'anima.
Partivo per lavoro, un viaggio di 3 settimane tra Usa e Canada con una delegazione di politici e notabili locali al seguito e primo sbarco a NY city, tanto per ricevere la prima vera botta di emozione tra capo e collo.
Non avevo neanche preso possesso della mia camera al mitico Drake, che il mio capo mi disse: "fatti trovare pronta fra mezz'ora che dobbiamo andare a cena fuori".
Eravamo atterrati alle cinque del pomeriggio e per le sette mi trovavo già in reception in attesa dell'auto che ci avrebbe portato al ristorante.
Con mio grande stupore, nell'auto ci aspettavano già 3 persone e solo dopo essermi seduta, venni a sapere che la cena sarebbe stata nel New Jersey, praticamente a 200 miglia da NY.
Un po' come da Siena decidere di andare a prendere un aperitivo a Roma!
Non proferii parola anche perché preferivo ascoltare le conversazioni dei nostri ospiti, in particolare dell'autista, che spiegava in tono scanzonato, l'allora situazione della città, molto diversa da adesso: "Se dovessi perdermi casualmente fra le strade del Bronx, la speranza è avere una capsula di cianuro in un dente", e tutti a ridere come matti nell'abitacolo.
Io invece, mi rimpicciolivo pregando che l'autista conoscesse bene la destinazione verso cui eravamo diretti.
Soltanto un paio d'ore dopo, mentre già sentivo salire una sorta di allucinato torpore da Jet lag, arrivammo al ristorante, situato all'interno di un Club privato.
Fummo accolti da un attempatissimo President che ci guidò al nostro tavolo. Altri ospiti ci attendevano e la serata si prospettava frizzantina.
Sul tavolo erano già sistemati i menu ma ancora prima di ricevere l'entrée, uno dei miei delegati cominciò a richiedere a gran voce la Caesar Salad della casa. Seguito poco dopo dal resto rumoroso della brigata.
Dentro di me pensavo ringhiando: "Ma proprio a me, i soliti italioti..." e cercavo di capire cosa fosse 'sta "sisarsalad", mai sentita nominare.
Un istante dopo si manifestò in sala lo chef spingendo un carrellino su cui campeggiava un'enorme ciotola di cristallo piena a metà di foglie verdissime.
Come un novello giocoliere, lanciò in aria uno svariato numero di uova, le ruppe una dietro l'altra dentro una scodella e cominciò a sbattere furiosamente con una frusta, aggiungendo via via diversi ingredienti che distinguevo con difficoltà.
Dalla platea si levava il ritmico"sisar sisar sisar" acclamato dagli astanti.
Il mio sguardo si fece vitreo quando a mani nude, lo chef prese un capo d'aglio, lo strofinò vigorosamente fra i palmi e dopo aver liberato gli spicchi dalle camice, li strizzò in un pugno e buttò le "briciole" nell'impasto delle uova che riversò sulle foglie di insalata.
Aggiunse una palata di crostini e sempre a con le sue manone (Jamie non era ancora nato) mescolò il tutto, sollevando in aria il contenuto come coriandoli.
Pepe nero da un macinapepe lungo un metro, sale a pioggia e la Sisar era pronta.
Con lo stomaco in rivolta all'idea di dover cominciare una cena con un insalata condita con uova crude e aglio a pezzi, quello fu l'esatto istante in cui capii il significato della parola "compromesso".
Ogni 27 del mese il Club del 27 si scatena affrontando un tema splendido, collegato alla sfida MTC in corso.
Questo mese tocca alle Insalate e le ricette protagoniste arrivano in buona parte dal bellissimo libro Insalata da Tiffany, parte della collana MTC. 
Insieme ad una cospicua combriccola di pazze, oggi sul web sarà un tripudio di freschezza, che farà la felicità di molti in vista dell'estate.
Se non si fosse capito, io celebro la Caesar Salad.

La Caesar, che tutti pensano americana, è una delle tante ricette nate da un cervello in fuga ai tempi in cui si fuggiva dall'Italia letteralmente per non morire di fame.
Fu creata dal ristoratore Cesare Cardini, trapiantato in California in cerca di fortuna, che spesso arriva sotto le sembianze della disperata necessità e come ben sappiamo, il bisogno aguzza l'ingegno.
Durante la festa Nazionale del 4 Luglio 1924, il nostro eroe si vide inaspettatamente riempire il ristorante da clienti affamati, e non avendo previsto affluenza, mise insieme quei pochi ingredienti presenti in dispensa ed inventò la Caesar Salad.
Che non è dedicata a Giulio Cesare, come molti pensano (o magari chissà, potrebbe anche), ma più semplicemente prende il nome del suo creatore, che fece del condimento, una pseudo maionese fatta da limone, uovo, parmigiano e Worcestershire sauce, il successo di un piatto minimal.
Le interpretazioni ad oggi, si contano a migliaia, così come le sue variazioni. Quella di maggior successo vede la presenza di pollo grigliato nell'insieme o acciughe nel condimento.
Resta il fatto che questa insalata, è entrata di diritto nell'Olimpo della cucina e qui resterà.

La ricetta è tratta direttamente dal libro MTC Insalata da Tiffany, ed il suo autore è Leonardo Bellocchio (alias Cozzaman)

Ingredienti per 4 persone
4 cespi di lattuga romana
60 g di Parmigiano Reggiano grattugiato
4 uova freschissime
10 cucchiai di olio extravergine d'oliva (qui sarebbe perfetto un Trevi Dop)
2 limoni
4 spicchi d'aglio
12 gocce di salsa Worcestershire
6 fette di pane casereccio
sale e pepe macinato fresco qb

  • Per prima cosa preparate i crostini. Nella mia prima Caesar Salad ho visto mettere aglio crudo direttamente nel condimento. Immagino che qualcuno lo faccia, magari schiacciandolo per trarne il succo e versando poi questo nel condimento. Se non volete vedere svenire qualche commensale per aver masticato un pezzo d'aglio crudo (a me succederebbe - garantito), l'aglio lo usiamo per insaporire i crostini. Prendete quindi 6 cucchiai di olio su totale, un pizzico di sale e gli spicchi d'aglio leggermente schiacciati e lasciate il tutto in infusione per una decina di minuti o più. Con un coltello affilato riducete le fette di pane a dadini non troppo piccoli (1 o 2 cm di lato).
  • Versate l'olio aromatico in una larga padella, fatelo scaldare bene quindi friggetevi il pane, facendo attenzione a dorarlo su tutti i lati e a non bruciarlo. Scolate quindi il pane e tenetelo da parte. 
  • Procedete quindi alla preparazione del condimento. Come raccontavo prima, l'idea di vedere condita un'insalata con uova crude mi fa accapponare la pelle e confesso di non essere schizzinosa. Qui procederemo ad una cottura parziale mettendo le uova in un pentolino pieno di acqua che bolle, non prima di averle sciacquate sotto acqua corrente, e le facciamo "cuocere" per 1 minuto esatto. Raffreddatele immediatamente quindi sgusciatele nel condimento. Quando le aprirete, vedrete che parte dell'albume resterà attaccato al guscio. Usate tutto il resto. 
  • Con una frusta a mano sbattete energicamente le uova con il succo di limone filtrato, la salsa Worcestershire ed il parmigiano reggiano ed il resto dell'olio, in modo da ottenere una sorta di maionese. Personalmente ho effettuato questa operazione mettendo la ciotola a bagnomaria su una pentola con acqua bollente, perché volevo ottenere uno zabaione salato. Ci vorranno dai 4/5 minuti di sbattimento continuato. 
  • Una volta pronto il condimento, versatevi dentro i crostini, in modo che lo assorbano in parte. 
  • Preparate l'insalata lavando bene le foglie intere ed asciugandole con cura. 
  • Disponetele sul piatto di portata, creando un letto su cui adagerete i crostini, condirete il resto con la salsa rimasta e aggiusterete di sale e pepe in finale. Mescolate con cura e servite immediatamente. 

Meraviglioso banner realizzato dalla nostra Mai Esteve - GRAZIE! 

martedì 23 maggio 2017

Pollo saltato al limone, mostarda e basilico per Starbooks

I have a dream - Abba
Che mi piaccia cucinare il pollo, è risaputo.
Che sia un ingrediente che va cucinato con attenzione pure.
Ma questa versione fresca e perfetta per le cene d'estate non richiede neanche troppo tempo, e finirete col litigarvi l'intingolo.
Oggi su Starbooks!



venerdì 19 maggio 2017

Cestini croccanti con mousse alla bottarga e fragole: gioie e dolori del condomio

It's oh so quiet - Bjork 
Da mesi ormai, dormo pochissimo e di un sonno al limite della veglia.
Ho una stanchezza talmente calcificata che alle 14.00 del pomeriggio, puntualmente, comincio ad avere strane visioni, mi si ribaltano gli occhi nelle orbite ed ho piccole crisi di narcolessia, vale a dire mi addormento mentre scrivo o faccio qualsiasi altra cosa.
Ieri, dopo una mattinata stremante in macchina, sotto il primo caldo della stagione, una volta a casa mi sono concessa mezz'ora di pennica tra le due e le tre del pomeriggio.
Ho steso le gambe sul divano e mente appoggiavo la testa sul cuscino, ho provato una sensazione di tale immensa beatitudine che ho pensato mi avesse baciata la Madonna.
Peccato che qualche attimo dopo, il Diavolo in persona ha trovato il mio numero di telefono e mi ha chiamata.
Riposare il pomeriggio per me è impensabile, visto che il cellulare squilla in continuazione (e non posso spegnerlo, il mio lavoro non me lo consente).
Arrivo alla sera che ho un portamento da "non morta".
Dopo cena mi sdraio sul divano e spero in qualche bel film, di quelli da guardare in famiglia, forieri di bei sogni. E puntualmente mi addormento.
Normale, direte voi. Impossibile, dico io.
Nella vita non mi sono MAI addormentata davanti ad un bel film né generalmente davanti alla tele. Piuttosto me ne vado a letto, perché nonostante sia bello lasciarsi cullare dal blaterare ipnotico del tubo catodico, quando ti risvegli pensi che devi ancora fare tutto e prepararti per la notte.
Ma quando arriva il meraviglioso momento del letto (ahhhh benedetto chi l'ha inventato), e spengo la luce, la consapevolezza di vivere in un condominio si fa agghiacciante.
Immediatamente ricordo che ho dei vicini sordi forte, tanto che il volume del loro televisore raggiunge decibel da drive in.
Vicini sordi e nottambuli perché non vanno mai a letto prima della mezzanotte.
Ed il bello è che quando vanno a letto, manifestano la loro stanchezza lanciandosi in sbadigli che metterebbero in soggezione Shreck ed altri mostri della laguna.
Prima di dormire devono raccontarsi tutta la giornata e la sventura vuole che il capofamiglia abbia la voce di un pastore maremmano (il cane) a cui è scappato il gregge.
Bofonchia a tutto volume, risbadiglia, ribofonchia e poi, finalmente, decide di dormire.
Fino alle 5.45, quando si risveglia con un urlo/sbagliglio che fa vibrare la parete della camera da letto (ebbe si, è adiacente alla nostra), e ricomincia a bofonchiare con la moglie fino alle 7.00, quando, inutilmente, suona la mia sveglia.
Capirete come nonostante tutto, dormire non sia un atto automatico né scontato e che la stanchezza influisca anche sulla voglia di cucinare.
Oggi infatti, per la bellissima Giornata Nazionale delle Fragole, all'interno del Calendario del Cibo Italiano, avrei potuto preparare qualsiasi cosa.
Anzi, ero determinata a ripostare una crostata stupenda fatta agli albori del blog, e di cui sono andate perse le foto quando ho rifatto il layout.
E' la "Nera con fragole" che vi invito a provare, perché se la crostata al cioccolato di Knam vi ha fatto piangere di commozione, questa vi farà ululare di piacere. Garantito.
Ma non l'ho fatta, perché all'ultimo momento mi sono sentita tonica come un budino.
Zero voglia di accendere il forno, zero fantasia.
Per cui oggi vi beccate una NON RICETTA, nata dalla svogliatezza e dalla mancanza di fantasia, e da ingredienti che in genere ho sempre in frigo.
E se vi lamentate ancora che non è facile, vi mangio in un boccone come questi cestini:
Ingredienti per 4 persone

150 g di robiola di capra freschissima
50 ml di panna fresca
3 cucchiaini di bottarga di cefalo in polvere
150 g di fragole fresche
1 piccolo mazzetto di timo limonato
fiocchi di sale agli agrumi
pepe nero macinato fresco
Olio extravergine d'oliva Oliena Dop
1 cucchiaino di aceto balsamico

 2 confezioni di cestini croccanti in pasta di pane (comprati all'IKEA :D)
  • NOTA BENE: QUESTO FINGER VA FATTO E SERVITO, QUINDI PREPARATE MOUSSE E FRAGOLE IN ANTICIPO E RIEMPITE I CESTINI SOLO AL MOMENTO DI SERVIRE PER EVITARE CHE SI "SMOLLINO". 
  • Lavate le fragole sotto acqua corrente, senza togliere il picciolo, per evitare che si rovinino, quindi asciugatele. Eliminate il picciolo e scegliete le fragole dello stesso calibro, non troppo grandi. Tagliatele a fettine spesse 5 mm.  
  • Preparate una vinaigrette con 3 cucchiai di olio extravergine ed il cucchiaino di aceto balsamico. Sbattete bene con una forchetta. Mettete le fragole in una ciotola e versatevi sopra il condimento. Mescolatele bene con delicatezza in modo da condirle. Tenete da parte. 
  • Mettete la robiola in una ciotola e con un cucchiaio mescolatela in modo da renderla cremosa. Aggiungete la bottarga, le foglioline di timo limone, il pepe macinato, due cucchiai di olio extravergine e mescolate il tutto molto bene per renderlo omogeneo. Evitate di salare perché la bottarga lo è di per sé. Inoltre finirete il tutto con fiocchi di sale. 
  • Montate la panna ben ferma quindi incorporatela al composto di robiola. Con delicatezza mescolate l'insieme ed assaggiate. La panna tende ad addolcire il tutto quindi, se necessario aggiungete altra bottarga. Dovrete andare un po' a sentimento, assaggiando il tutto prima di finire il finger. 
  • Mettete la mousse in un sac a poche con bocchetta a stella, e riempite i cestini facendo strabordare la mousse di mezzo cm, decorate con una fettina di fragola ed un capo di timo limonato. Completate con una macinata di fiocchi di sale agli agrumi. 
  • Servite immediatamente, accompagnandolo come ho fatto io, con un Franciacorta Vigna Dorata Satèn a giusta temperatura. Al momento sto sviluppando dipendenza da questo meraviglioso Chardonnay in purezza prodotto a due passi dal Lago D'Iseo. Molto aromatico, con un ricordo di fiori d'arancio e pesca, ma fresco e minerale in bocca.  E' davvero perfetto per un aperitivo fra amici, ma adatto anche a tutto pasto su piatti leggeri e di non grande struttura. 



mercoledì 17 maggio 2017

Torta di arance e pistacchio per Starbooks

Lemon Tree - Fools Garden 
Questo è un dolce che vi lascerà a bocca chiusa per l'incredibile bontà e per i profumi che contiene.
Se amate le arance, se fate gli occhi dolci al pistacchio, se rifuggite grassi ma non rinunciate alla dolcezza, questa è la torta che fa per voi.
Prima che le buone arance non si trovino più, vi consiglio di provarla!
E la ricetta, ovviamente, la trovate solo qui! 
Buon mercoledì con Starbooks.

martedì 16 maggio 2017

Alla scoperta della Costa degli Etruschi in un Mare di Gusto

Onda su Onda - Bruno Lauzi
Il paradosso per un agente di viaggio è non riuscire a partire.
Diciamo che la cosa potrebbe trasformarsi in uno di quei "colmi" che si raccontano da bambini: "Qual'è il colmo per un agente di viaggio? Restare ai blocchi di partenza!"
Non è divertente (purtroppo) ma è la realtà del mio lavoro, che ha come scopo far partire gli altri.
Se da un lato, la professione che mi sono scelta richiede stare "sul pezzo" molte ore al giorno, dall'altro ha anche il suo lato positivo: "il pezzo" spesso è, come noi diciamo tecnicamente, "la site inspection" di ciò che dovrò vendere, visto che ciò che vendo al resto del mondo è la mia Italia.
Così ogni tanto parto per andare a visitare quella cantina, quell'albergo, quel ristorante.
In 25 anni di questo lavoro e oltre 43 di vita in Toscana, ancora non ho finito di scoprire i tesori della mia regione ed ogni volta ne resto sorpresa.
Come avrei potuto declinare l'invito rivoltomi dalla manifestazione Un Mare di Gusto - attraverso una delle sue mattatrici, la mia amica Cristina Galliti, che da anni la segue con passione?
San Vincenzo ed una piccola parte della Costa degli Etruschi, l'ho scoperta così, in una intensa tre giorni di luoghi e sapori difficilmente dimenticabili.
Quando si parla di Costa degli Etruschi, il vostro ditino percorre sulla carta quel nastro di terra che si srotola guardando il mare tra Livorno e Piombino.
Una manciata di chilometri e millenni di storia che ci hanno regalato uno dei più variegati e suggestivi tratti costieri di questo Paese.
Lo sapeva bene Pirandello che spesso trascorreva le sue vacanze a San Vincenzo ed amava contemplare la vista di quel mare e quell'orizzonte costellato di isole.
Ed un po' contemplativa mi sono sentita anch'io, scoprendo piano piano un territorio che finisce per stregarti come il canto delle Sirene ed entrarti dentro come il salmastro.
Dovevano ben saperlo anche gli Etruschi, che su questa costa hanno costruito una città di tale e tanta importanza che tutt'ora, sul promontorio di Populonia, si scava scoprendo ogni giorno nuovi reperti e informazioni su questa civiltà affascinante e misteriosa.
Per gli amanti dell'archeologia, del paesaggio e della natura, il sistema dei Parchi della Val di Cornia rappresenta la perfetta combinazione di tutto questo ed offre opportunità di visita non esauribili nell'arco di un giorno e probabilmente neanche di una settimana.
A chi si domanda: "cosa potrei fare sulla Costa degli Etruschi", ho solo voglia di rispondere: attiva la fantasia!


Sotto il promontorio di Populonia, si apre il Golfo Di Baratti, uno dei tratti più belli di questa Costa, noto per la sua spiaggia di sabbia rossiccia, il cui colore è dovuto ai residui di ferro ricavato dalle rocce che gli Etruschi trasportavano qui dall'Elba e che qui lavoravano.
L'acqua incontaminata, il fondale limpido, la vegetazione lussureggiante fanno di questo luogo un vero e proprio paradiso per gli amanti del mare e per i sub.
Ma se il mare resta indubbiamente una delle principali attrattive di questa parte della Costa Tirrenica, la mia opinione è che sia proprio l'interno il suo vero tesoro, ciò che costituisce il vero potenziale e che differenzia il viaggiatore dal villeggiante.
L'interno della Costa è ancora tutto da scoprire grazie ad una natura per lo più selvaggia, boscosa, incontaminata.
Mi viene da dire che, nonostante l'invito alla lentezza che il comprensorio offre, la Costa degli Etruschi "non è un paese per stanchi".
"Lavoriamo fino a bassa stagione con tantissimi ciclisti" - mi racconta Beatrice dell'Azienda Agrituristica Santissima Annunziata.
Beatrice è l'esempio di come si possa dar seguito ad un sogno pur scontrandosi con una realtà frammentaria e poco coesa.
La sua azienda agricola fa accoglienza nel modo più autentico, negli appartamenti del Casale di famiglia, con una ristorazione che offre solo prodotti del territorio (spesso il suo) e mantenendo una fortissima coerenza e rigore nella produzione del suo prodotto di punta, uno splendido Extravergine che gli ospiti possono assaggiare a tavola e successivamente portarsi a casa.
Dalla sua azienda si arriva in un attimo a S. Vincenzo, nei giorni di vento si sente il profumo del mare ed i clienti che frequentano la sua casa, hanno capito di certo come godere delle proprie ore di riposo.
Personalmente è qui che verrei se potessi fuggire dalla pazza folla.

Beatrice ha fortemente voluto un orto "girasole", esposto in maniera tale che le specialità seminate godano della migliore esposizione, diversa da ora ad ora e da specie a specie.
Lei stessa ha disegnato la complessa geometria del proprio orto che è riuscita a realizzare solo poco tempo fa.
L'azienda si affaccia su un'oliveta che nei giorni di vento, ha lo stesso movimento ondulatorio del mare, questa volta di un verde argenteo.
I colori di questa natura, caratterizzano l'intero circondario e regalano all'occhio una visione di pura tranquillità e perfezione.
Se parliamo di Costa degli Etruschi, non possiamo prescindere dalla sua Strada dei Vini.
Vini che nei primissimi anni '70 (Sassicaia forse vi dice qualcosa) hanno dato vita ad un fenomeno di eccellenza di fama mondiale.
Come sempre succede, anche una sola eccellenza di un territorio se gestita con intelligenza, diventa volano di crescita per l'intero comprensorio, trainando nella sua gloria tutti quei prodotti che ne fanno parte, dall'olio ai salumi, dal miele ai formaggi.
E se questa terra assomiglia a questo angolo di Paradiso, allora il fenomeno diventerà "turistico", fornendo a chi decide di venire, il pretesto per assaggiare vini e prodotti, ma anche perdersi fra borghi, pievine nascoste, macchia mediterranea, decidendo di restare anche più di un semplice week end.
Percorrendo l'ultimo tratto della Strada dei vini, quella che da S. Vincenzo raggiunge il Golfo di Baratti attraverso la Via della Principessa (ricostruita ed allargata ad inizi Ottocento, in onore della visita a Piombino di Elisa Baciocchi Bonaparte, amata sorella di Napoleone) si giunge in una nuova giovane azienda vinicola, il cui approccio all'accoglienza e la cui idea di turismo sono decisamente originali.
La Tenuta Poggiorosso nasce dal recupero di una vecchia casa patronale e terreno annesso con tanto di pineta e boschi, nel 2001, dalla famiglia Monelli.
I vigneti vengono impiantati nel 2004 ma la bellezza dell'ambiente e la sua natura "selvaggia" forniscono ai proprietari, un'ispirazione fuori dai canoni.
Ecco che soltanto lo scorso anno, all'interno della tenuta e completamente invisibile all'esterno, viene allestito un "glamping", per noi comuni mortali un "camping glamour", costituito da splendide tende che richiamano da vicino i Lodge di lusso africani.
Confortevoli tende arredate, interni completamente in legno, dotate di ogni confort (anche di più), con quel tocco shabby chic e dettagli adorabili che tanto fanno sentire noi donne come la Meryl Streep de La mia Africa e spingono a palla il nostro romanticismo.
I gridolini di entusiasmo si sono sprecati una volta che Diego Monelli, il nostro ospite, ci ha scoperto l'interno di una tenda.
A parte una breve pausa invernale, il glamping lavora tutto l'anno accogliendo un turismo che cerca tranquillità e riservatezza, gestendo autonomamente la propria vacanza (l'affitto è in self catering) e spendendo grand parte del suo tempo nella scoperta del territorio.
I proprietari inoltre, coinvolgono gli ospiti i numerose attività all'interno dell'azienda, tra cui la vera e propria vendemmia che non viene fatta per gioco ma seguendo i ritmi che la natura impone.
Trovo che il glamping toscano sia una fantastica alternativa alla vacanza con semplice locazione di case o appartamenti e sono certa che verrà presto imitato da aziende con vasti spazi tranquilli.
Per deformazione professionale ed anche perché il prodotto turistico di cui mi occupo è proprio quello eno-gastronomico, ho scoperto in San Vincenzo e la sua Costa, un'enorme potenzialità in questo tipo di offerta.
Anche il delizioso Podere l'Agave risponde alla filosofia della vacanza gustosa ed autentica.
A poca distanza da San Vincenzo - dalle finestre degli appartamenti si ammirano l'ordinata campagna ed il mare - l'azienda agricola ha come principale attività l'allevamento di maiali di cinta senese, in parte incrociata con la razza Large White.
I maiali vivono allo stato semi-brado all'interno della proprietà, circondati da bosco ed olivi secolari.
Barbara Zenoni, la proprietaria, segue personalmente l'allevamento e la riproduzione con vivo entusiasmo.
Gli ospiti dell'azienda possono così gustare il prodotto finale ogni giorno a colazione, mentre gran parte dei salumi vengono venduti sul territorio.
In un microcosmo complesso come quello della Costa degli Etruschi, è possibile trovare spazio per ogni tipo di vacanza: appassionati camminatori, instancabili ciclisti, raffinati gastronomi, archeologi mancati, intrepidi subacquei, vacanzieri solitari o gruppi familiari pieni di bambini.
Qui ognuno può trovare la propria dimensione di gioia e relax.
E se il tempo non manca, dalla bella Piombino ci si può infilare sul primo traghetto per l'Elba e continuare la scoperta della provincia via mare.

Ringraziando l'organizzazione Un Mare di Gusto, il Sindaco di S. Vincenzo Alessio Bandini e l'Assessore Serena Malfatti, promotrice dell'evento, ma anche Cristina Galliti e Deborah Corsi, direttrice artistica della manifestazione oltre che chef della Perla del Mare, la bravissima aecheoblogger Marta Coccoluto che mi ha fatto scoprire con grande emozione i resti di Populonia, e tutte le persone che ho avuto modo di incontrare e che hanno reso questi 3 giorni una vera scoperta, vi lascio una guida sintetica per il vostro prossimo viaggio sulla Costa degli Etruschi:

Dove mangiare:

  • Ristorante La Perla del Mare - San Vincenzo - dove non dovrete perdervi la strepitosa Palamita Tonné ed una cucina di mare di grande creatività e raffinatezza. 
  • Azienda Agricola SS Annunziata - cucina toscana km 0 e fantastico extravergine 
  • Podere S. Michele - l'unica azienda vitivinicola di S. Vincenzo, gestita con passione dalla famiglia Socci - con produzione di vino rigorosamente "al naturale" e cucina tradizionale. 
Dove Dormire 
Nei prossimi giorni potrete seguire i miei compagni di viaggio in racconti tematici sulla loro esperienza ad un Mare di Gusto: Giulia Scarpaleggia - Juls Kitchen, Alice del Re - Panelibrienuvole, Marina Bogdanovic - Mademoisellemarina, Sandra Pilacchi - Sono io Sandra,  Giuliana Fabris - Lagallinavintage, Giacomo Mazzoni - Ticonsigliounposticino, Daniela Barutta, - Ladanigourmet Annarita Rossi - Ilboscodialici.



lunedì 15 maggio 2017

I miei Canestrelli "bruni" di Montebruno: il potere della memoria.

The way we were - B. Streisand 
La nostra memoria è assai strana.
Nel suo complicato e macchinoso funzionamento, è il dono più affascinante e prezioso che quell'intricato ammasso di materia grigia custodito nel nostro cranio, possa farci ogni giorno.
Se spendiamo la vita a viaggiare, creare, cercare, leggere, assaggiare e ad innamorarci, non è solo perché siamo spinti dalla scoperta del "nuovo", ma anche e soprattutto perché c'è qualcosa del "vecchio" che non vogliamo perdere e che speriamo costantemente di ritrovare, di mantenere vivo.
Se già la memoria ha un enorme potere sul nostro essere persone, la memoria "sensoriale" ci muove come piccole marionette.
Nel delizioso piccolo libro "Canestelli di Montebruno" di Sergio Rossi (Ed Sagep), l'autore apre il suo racconto sul viaggio nel sapore di un umile e semplice biscotto, parlando proprio di come la vita di certi prodotti, dipenda dai nostri ricordi.
Se così tante volte mi è capitato di effettuare "soste di devozione" lungo il solito viaggio che mi porta nella stessa destinazione, è grazie a quel desiderio di ritrovare un sapore che non posso dimenticare.
Così come sempre capita di riportare con me un pacchettino di quella cosa buona che tanto mi ha fatto sognare, per condividerla con chi amo e ritrovare insieme quella piccola emozione.
Che si possa credere o meno, il minuscolo borgo di Montebruno, situato nell'Alta Val Trebbia, ad un tiro di schioppo da Genova, deve gran parte della propria fama e vitalità ad un modesto biscotto tutt'ora preparato artigianalmente, che tutto il mondo conosce ed imita.
Potere della bontà e della memoria.
Nel forno/pasticceria "Da Carlo" a Montebruno, la cui vita prosegue senza grosse variazioni sin dal 1886, si preparano da sempre i Canestrelli con ottimo burro di affioramento, farina senza additivi, zucchero di qualità e uova da allevamento a terra.
Solo l'estrema qualità degli ingredienti, la preparazione artigianale e la perfetta cottura nel forno a legna che si mantiene inalterata da oltre un secolo, danno vita ad un prodotto ineguagliato.
Con il Calendario del Cibo Italiano, la giornata di oggi è dedicata a questo biscotto delizioso, capace di piacere proprio a tutti grazie alla sua essenziale semplicità.
Vi invito a leggerne la storia sulla pagina ufficiale  dove scoprirete che i Canestrelli non hanno sempre avuto questo aspetto e questa sostanza.
Sulla pagina FB invece, troverete moltissimi contributi, alcuni dei quali davvero sorprendenti.

Se tante volte ho preparato i canestrelli seguendo la ricetta tradizionale e senza avere la pretesa che risultassero straordinari come quelli del forno Da Carlo, oggi ho voluto giocare con una piccola variante, estremamente basica, che ha regalato un risultato molto gradito alla famiglia: un canestrello al cacao amaro, con profumo di arancia. Nulla di più.
Ho seguito la ricetta originale, bilanciando la quantità di farina con il cacao, che notoriamente assorbe maggiore quantità di liquidi. Ho quindi diminuito la quantità di farina.
Spero che proprietari del forno da Carlo e Sergio Rossi non gridino "anatema" alla vista dell'esperimento.

L'antica ricetta del forno "Da Carlo" di Montebruno
1 kg di farina 00
600 g di burro morbido
300 g di zucchero
6 tuorli d'uovo

La mia variante al cacao e profumo di arancia (per c.ca 80 canestrelli)
400 g di farina 00
80 g di cacao amaro olandese
300 g di burro morbido
150 g di zucchero semolato
la scorza grattugiata di un'arancia non trattata
3 tuorli d'uovo.

  • Setacciate farina e cacao e miscelatevi lo zucchero con una frusta. Versate il composto su una spianatoia e formate la fontana.
  • Mettete al centro il burro (scegliete il migliore che potete trovare. Io ho usato un burro danese) tagliato a cubetti e lasciato ammorbidire, e cominciate a "sabbiare" la farina, ovvero strofinate fra le dita burro e farina così da ottenere delle briciole piuttosto fini. Cercate di lavorare in velocità così da non far sciogliere troppo il burro.
  • Una volta ottenuto un composto bricioloso, riformate la fontana e versateci i tuorli e la scorza di arancia grattugiata finemente. Usate tuorli freddi di frigo se potete. Cominciate ad impastare velocemente, raccogliendo le varie briciole con un tarocco, fino ad ottenere una palla.
  • Stendete un velo di farina (cercate di usare meno farina possibile per non modificare la struttura dell'impasto - al limite stendete la frolla su della carta forno) - e con il matterello, stendete una frolla spessa c.ca 8 mm. Con il tradizionale coppa biscotti dalla forma a fiore bucato al centro, ricavate i vostri canestrelli e sistemateli su placche coperte da carta forno. 
  • Mentre procedete nella preparazione, fate attendere le teglie pronte in frigorifero, così che il burro si stabilizzi. 
  • Una volta pronti, accendete il forno a 180° e cuocete i biscotti per 15/18 minuti c.ca. Trasferite i biscottini su delle griglie in modo che si raffreddino e se vi piace, spolverateli con zucchero a velo.
  • Si conservano a lungo in scatole di latta e migliorano nel tempo.  




venerdì 5 maggio 2017

Torta Garfagnina: un dolce che assomiglia alla sua terra.

Take a walk on the wild side - Lou Reed
La Garfagnana è una terra selvaggia, per molti versi rude e inaccessibile ma che riserva veri e propri tesori naturali, come spesso accade a tutti quei luoghi difficili da raggiungere.
Sconosciuta ai più, meriterebbe del sano e calmo tempo per essere scoperta.
Io ho avuto la fortuna di andarci due volta.
La prima da sola, in maniera frettolosa, che mi ha dato solo modo di percepire la sua lontananza da tutto (e siamo in Toscana).
La seconda, in un viaggio meraviglioso che mi ha aperto un mondo, grazie all'amica Annarita, Gargagnina verace.
Posso solo dire che mi è rimasto dentro il desiderio di ritornarci, in estate sicuramente, quando la sua natura selvaggia è al meglio e la luce consente di godere di ogni istante, scoprendo i segreti di quelle fitte foreste e invitandoci a camminare lungo i suoi sentieri con l'impressione di poter incontrare i folletti prima o poi.
Di questa terra ho scoperto anche un dolce che decisamente le assomiglia.
Rustico, semplice ma accattivante nel profumo e nella capacità di assorbire i liquidi, come la Garfagnana ha il potere di tirarti a sé e non lasciarti andare una volta che la conosci.
La ricetta è della Gosetti della Salda, alla quale mi sono permessa di aggiungere i semi di anice schiacciati, per meglio apprezzarne l'aroma, perché sono presenti nella maggior parte delle versioni che ho trovato.
E' un dolce straordinario, che sa di antico e che si conserva morbido a lungo ben coperto con pellicola (tende a seccare se lasciato all'aria).
Piacerà a tutti gli amanti delle torte semplici, non troppo dolci, intensamente aromatiche e che vicino alla fettina vogliono sempre trovare un bicchierino di vino dolce.
Oggi, per il Calendario del Cibo Italiano,  si celebra la Giornata Nazionale dei Dolci da Credenza.
Amo in maniera sviscerata la definizione "torta da credenza", perché è come pronunciare una formula magica che ti riporta indietro nel tempo.
La"credenza" ce l'avevano le nostre nonne ed insieme alla madia, era il mobile più importante della casa, perché al suo interno vi si custodivano delizie e oggetti preziosi da tirare fuori nei momenti di festa.
Nella credenza però, non potevano venire conservate torte e dolci cremosi, per cui capiamo tutti il genere di preparazione che celebriamo oggi.
La torta Garfagnina della credenza ne è un simbolo perfetto.
E se vorrete cercare altre torte del genere, in questo blog ce n'è un'intera sezione: TORTE DA CREDENZA 
Vi invito a fare un giro sul sito del Calendario perché oggi troverete delle ricette bellissime e la pagina FB omonima, raccoglierà decine di contributi che vi ispireranno sicuramente.

Ingredienti per uno stampo da 22/24 cm di diametro
500 g di farina 00
200 g di zucchero semolato
175 g di burro fuso e intiepidito
150 ml di latte
3 uova grandi
50 g di farina di mandorle (+ 5 g di armelline tritate)
1 cucchiaino di semi di anice schiacciati
la scorza di un limone non trattato
8 g di bicarbonato di sodio
15 g di cremor tartaro
40 g di liquore (io Aurum al profumo di arancia)

  • Sciogliete il burro a bagno maria e lasciatelo raffreddare.
  • Nella ciotola dell'impastatrice (ma potrete farlo anche a mano in una semplice ciotola armati di cucchiaio di legno, mettete le farine setacciate, lo zucchero i semi di anice, la scorza del limone. Fate una fontana e aggiungete le uova con il burro sciolto ed il liquore.
  • Impastate rapidamente per ottenere un composto omogeneo
  • Preparate la tortiera foderata di carta da forno quindi intiepidite il latte e versatelo in una ciotolina in cui avrete miscelato bicarbonato e cremor tartaro. I due elementi a contatto con il latte si gonfieranno in un composto schiumoso che verserete velocemente nella ciotola dell'impasto e mescolerete con cura per amalgamare. 
  • Versate il tutto nella tortiera e fate cuocere a forno preriscaldato a 160° per c.ca 1h10. Fate comunque la prova stecchino. 
  • Fate intiepidire su una gratella quindi sformatela e servitela a temperatura ambiente con dell'ottimo vino liquoroso (o consumatela a colazione inzuppata nel latte...perfetta!).


lunedì 1 maggio 2017

Fave e pecorino pull apart bread e i miei 1 Maggio bandistici

L'internazionale - Armata Rossa
Buon 1 Maggio a tutti!
Ieri, durante una camminata nella campagna insieme a mio marito, ricordavamo come il 1 Maggio della nostra adolescenza e giovinezza sia sempre stato costellato dalla presenza di amici e fughe alla scoperta dei luoghi ameni della nostra provincia.
Fino ai 15/16 anni però, quando nessuno della mia compagnia aveva ancora la patente, il primo maggio era rigorosamente "bandistico".
La prassi era l'uscita per festeggiare i lavoratori del mio paese, dalla piazza principale fino ai poderi più lontani.
In perfetta formazione con le divise ed il cappello d'ordinanza, la Filarmonica Giuseppe Verdi (di cui facevo parte) ci dava dentro con orgoglio, eseguendo l'Internazionale intervallata dall'Inno Nazionale ed altre marce onorevolissime.
Erano previste numerose tappe lungo il percorso, una Via Crucis al contrario, e ad ogni tappa c'era il famigerato tavolino con il "rinfresco": salumi, formaggi, qualche pasticcino e tanto, tanto vino.
La parte "giovane" della Banda, dopo le prime due o 3 tappe, era perfettamente rinfocillata e tendenzialmente piuttosto stufa di quella lungagnata.
Ma la generazione over 60, di cui era costituita la metà del complesso, ad un certo punto smetteva di mangiare, continuando a bere in allegria, e sarebbe andata avanti ad oltranza.
Se non che la natura ad un certo punto richiedeva il conto, e tutto quel vino cominciava a dare il suoi effetti.
In particolare nella sezione percussioni e bassi, dove la gran cassa si lanciava in variazioni sul tema non richieste ed i piatti dietro, in un duetto irresistibile.
Dalle prime file i clarinetti (tra cui la sottoscritta), venivano presi da risate inconsulte smettendo quasi di suonare e tutto il controtempo, corni, bombardini e tromboni, finivano con l'eseguire qualcosa di irriconoscibile.
Il povero maestro, così orgoglioso all'inizio del servizio, rientrava alla base trascinando dietro di sé una banda di sbandati.
Nelle scampagnate che imperverseranno oggi lungo la nostra penisola, non possono mancare certo Fave e Pecorino.
Io ho pensato di metterli direttamente dentro un pane che è perfetto per la condivisione, in quanto non va tagliato ma strappato con le mani, come richiede il nome inglese (che significa appunto "smontare").
Un pane che sta tranquillo nel cesto del pic nic e che ha tutto il sapore della primavera, con il pecorino che si fonde meravigliosamente nell'impasto e le favette e emergono tra strato e strato.
Per altre golosissime idee, non potete trascurare il sito del Calendario del Cibo Italiano dove oggi si celebra appunto la Giornata Nazionale delle Fave Pecorino. 

Ingredienti per uno stampo da plum cake lungo 30 cm

Per il pane
200 g di farina forte 330 w
180 g di farina 0
2 uova grandi
110 ml di birra bionda tiepida
60 g di burro morbido
1 cucchiaino di zucchero di canna
1 cucchiaino di sale
4 g di lievito di birra disidratato

Per la farcitura
100 g di favette (quelle grandi private della pellicina)
200 g di pecorino di Pienza fresco (tipo marzolino)
50 ml di olio extravergine Trequanda Dop
un ciuffetto di maggiorana fresca
sale - pepe
  • Nella ciotola della planetaria setacciate le farine mischiandovi anche il lievito e lo zucchero
  • Intiepidite la birra quindi versatela al centro delle farine e con il gancio ad L cominciate ad impastare a velocità bassa. 
  • Uno alla volta, aggiungete le uova e quando saranno state incorporate, aggiungete il sale e fate andare per 5/6 minuti fino a che l'impasto non avrà formato una palla e lasciato le pareti lucide. 
  • A questo punto cominciate ad aggiungere il burro morbido a tocchetti alzando la velocità della planetaria ( 2 o 3) ed impastate fino a che l'impasto non avrà incorporato tutto il burro, incordandosi (ci vorranno c.ca 10 minuti)
  • Una volta incordato, continuate ad impastare a velocità 4 per altri 5/6 minuti. Avrete ottenuto un impasto morbido, lucido e leggermente appiccicoso.
  • Trasferitelo in una ciotola di acciaio leggermente unta e fatelo lievitare in luogo tiepido non meno di 1h30. 
  • Mentre l'impasto cresce, preparate la farcia: sbucciate le favette e tritatele grossolanamente al coltello. Mettetele in una ciotolina, conditele con olio, sale pepe e le foglioline di maggiorana. Mescolate bene con un cucchiaio e lasciate lì.
  • Tagliate il pecorino a dadini grandi mezzo cm di lato.
  • Una volta al raddoppio, togliete l'impasto dalla ciotola aiutandovi con un tarocco di plastica, e versatelo su una spianatoia infarinata. Sgonfiatelo con le mani e con l'aiuto di un matterello, stendetelo ricavando un rettangolo di 40x 30 cm (il lato lungo di fronte a voi). L'impasto sarà molto morbido quindi potrete allargarlo con le mani, facendo bene attenzione che non si attacchi alla spianatoia. 
  • Una volta steso, distribuite in maniera armoniosa le favette su tutta la superficie e tagliate la pasta in perpendicolare al lato lungo, con un coltello affilato ottenendo 4 strisce verticali di c.ca 7,5 cm di larghezza ciascuna. 
  • Sulla prima striscia distribuite iil pecorino quindi sollevate la seconda e sovrapponetela sulla prima, con la base inferiore a contatto con la farcia. Proseguite così sovrapponendo tutte le strisce ed ottenendo un rettangolo lungo con 4 strati. 
  • Adesso tagliate questo rettangolo in perpendicolare al lato lungo, ottenendo 7 rettangoli di cc.a 3/4 cm di larghezza ciascuno.
  • Foderate lo stampo con carta da forno e disponete ogni rettangolo uno accanto all'altro (lasciate poco spazio fra l'uno e l'altro) in verticale, con la parte del taglio verso l'alto.
  • Lasciate lievitare per altri 40/45 minuti sempre fino al raddoppio. 
  • Una volta pronto, mettete in forno preriscaldato a 180° e fate cuocere per 40/50 minuti, fino a che la superficie non sia ben dorata e battendolo sul fondo, non di un suono "a vuoto"
  • Fate intiepidire per c.ca 15 minuti prima di servirlo. 
  • E' perfetto con salame tirato, affettati speziati tipo finocchiona e salsicce secche. Da servire con ottima birra a vostro gusto.
  • Si conserva morbidissimo se avvolto in pellicola o protetto in sacchetti di cellofan per alimenti.