domenica 24 aprile 2016

Baci di frolla montata Liquirizia e Caffé e Negativi di Extrafrolla con grano Verna alle nocciole per l'MTC #56

Kiss - Prince 
Non ho idea di che giorno sia.
So solo che per la prima volta in quasi cinque anni di Mtc, ho avuto la definitiva e impellente tentazione di passare.
La ragione primaria è una gestione insensata del mio tempo, sostenuta da una stanchezza ormai cronicizzata.
Non ultimo (e non un problema qualunque), un totale smarrimento nei confronti del tema proposto dai miei cari Acqua e Menta: what's biscotti?
Mi è sembrato di tornare a scuola, quando la maestra se ne usciva con il temibilissimo "tema libero".
La sottoscritta, cui non ha mai fatto difetto la fantasia, entrava in un giro di schiaffi micidiale e finiva con il perdersi nell'inutilità fatta verbo. Che tristezza.
Nel caso della sfida di questo mese di cui i Biscotti sono protagonisti, non si può dire che un tema non ci sia, anzi.
Ben tre e rigorosissimi: frolla classica, sablé e frolla montata con la concessione di una variante che preveda l'utilizzo dell'extravergine in sostituzione del tradizionale burro.
Eppure black out totale.
Ho osservato via via uscire i numerosi contributi con la bocca aperta e lo spirito di un lobotomizzato.
Fino a ieri mi sono detta che non avrei combinato niente.
Ci si è messo il maltempo, in quello che poteva essere il primo ponte da fuga fuori porta.
E maledetta me, sono stata vinta dall'affetto che provo per questi due ragazzi meravigliosi.
Passare mi è sembrato un torto nei loro confronti e mi son detta: buttiamoci!
Questo mio Mtc è pur sempre la fiera delle banalità,  ma cari Daniela e Juri, ci sono anch'io!
Sono partita da uno spauracchio che mi porto dietro da tempo: la frolla montata.
Meravigliosi fiori di burro che si spatasciano senza vergogna nel forno insieme al nostro amor proprio.
Non avendola mai fatta, ho deciso di partire da qui: via il dente, via il dolore!
Ma non mi sono buttata in esperimenti temerari. Ho giocato facile.
Una frolla neutra alla vaniglia, da poter abbinare ad un farcitura azzardata, dal profumo di liquirizia che io amo moltissimo sposata all'aroma di caffé.
Da qui un mou alla liquirizia ed una copertura fondente al caffé.

Baci di frolla montata con mou alla liquirizia e copertura fondente al caffé
Ingredienti per c.ca 20 baci
250 g di burro a temperatura ambiente (io ho usato burro bavarese)
160 g di zucchero a velo
400 g di farina 00
120 g di uova intere (ca. 2 uova medie)
i semi di una bacca di vaniglia
1 pizzico di sale

Per il mou alla liquirizia
100 g di zucchero
25 g di acqua
50 g di panna
40 g di burro
4 g di polvere di liquirizia (1 cucchiaino scarso)

Per la copertura fondente al caffé
100 g di cioccolato fondente al 70%
1 cucchiaino di miele millefiori
1 cucchiaino di caffé solubile in granuli pestato grossolanamente

Controllate che il burro non sia troppo morbido.
Dovrebbe essere ad una temperatura di c.ca 21/22° e toccandolo con un dito, dovreste riuscire a lasciare un'impronta senza che questo ceda troppo.
Setacciate bene la farina.
Setacciate lo zucchero a velo.
Siate certe che le uova abbiano la stessa temperatura del burro.
Mettete il burro nella planetaria e cominciate a montarlo con la frusta a velocità media, per 2 o 3 minuti.
Interrompete a metà dell'operazione per pulire le pareti della ciotola con una leccapentola di silicone e proseguite il montaggio fino a che non avrete un composto soffice e chiaro.
Aggiungete a questo punto lo zucchero ed i semi di vaniglia e proseguite a montare fino a che non avrete ottenuto una crema soffice e leggera.
Con la frusta in azione, aggiungete le uova, una alla volta, senza aggiungere la seconda prima che la precedente non sia stata perfettamente incorporata.
Quando le uova saranno ben amalgamate, pulite la frusta con la spatola e sostituitela con il gancio a foglia.
Aggiungete la farina setacciata ed impastate per qualche istante fino a che il composto non sia perfettamente amalgamato ed omogeneo.
A questo punto trasferite il composto in un sac a poche munito di una bocchetta a stella larga non meno di 1 cm. Io ho usato una bocchetta larga 1,5 cm.
Se usate dei sac a poche usa e getta, potreste rischiare che si rompa qualora il vostro impasto sia un po' sostenuto, quindi una strategia potrebbe essere usarne due uno sovrapposto all'altro.
A me non è servito ma è un consiglio.
Spremente il sac a poche su una teglia coperta di carta da forno, per ottenere dei dischetti dal diametro di c.ca 2 cm che si sviluppino in altezza.
La bocchetta larga lascerà una punta di impasto, piuttosto dovrete ruotare il sac a poche per staccare il pezzetto di impasto.
Capirete dalla resistenza dell'impasto se questo sarà vincente. Troppo morbido è a rischio scioglimento una volta in forno.
Quando avrete fatto i vostri dischetti, mettete a riposare la teglia in frigo un'oretta.
Scaldate il forno a 180° e cuocete le paste per 10/13 minuti fino a che non avranno i bordi leggermente dorati. Dovranno restare "bionde".
Fate raffreddare i primi 5 minuti sulla teglia e poi sulla gratella.
Presa dall'entusiasmo, mi sono data ad un esercizio di "forma" :D
Mentre i biscotti raffreddano, preparate il mou, che è esattamente come preparare un caramello.
Mettete lo zucchero in una casseruola dal fondo spesso quindi versatevi l'acqua.
Fate cuocere a fiamma media senza toccare né mescolare ed attendete che lo zucchero raggiunga il tradizionale colore caramello.
Mentre lo zucchero cuoce, versate la panna e la liquirizia in un pentolino e portatela quasi a ebollizione. Dovrà essere ben calda per quando la verserete nel caramello per evitare che lo choc termico provochi schizzi terribili con lo zucchero infuocato.
Fuori dal fuoco, versate la panna a filo e vedrete immediatamente il caramello gonfiarsi minaccioso.
Mescolate con un cucchiaio di legno velocemente per omogeneizzare la temperatura, quindi quando il caramello diminuirà l'ebollizione, aggiungete il burro e continuate a mescolare.
Otterrete un mou fluido e lucido che lascerete raffreddare un poco per raggiungere la consistenza di una crema spalmabile.
A questo punto, spalmate una piccola quantità di mou su la parte liscia dei vostri "baci" ed accoppiateli con un biscottino di eguale dimensione.
Lasciate da parte e preparate la copertura al cioccolato.
Fate fondere il cioccolato tritato grossolanemente a bagno maria facendo attenzione che l'acqua non tocchi il fondo della ciotola, quindi quando sarà abbastanza sciolto, aggiungete il caffé sbriciolato (non deve essere una polvere perché è piacevole incontrare qualche granello di caffé croccante all'assaggio), ed il miele che darà lucentezza alla copertura.
Mescolate bene affinché la copertura sia bella fluida e versatela in una ciotolina stretta e larga, così da avere maggiore "spessore" in cui tuffare il vostro biscotto.
Adesso inzuppate i baci per metà nella cioccolata e fateli raffreddare su un foglio di carta da forno.
Una volta indurita la copertura, conservateli in una scatola ermetica.
Siccome ha continuato a piovere tutto il giorno, mi sono detta: "perché non fare anche quelli all'olio"?
La realtà vera è che avrei voluto preparare esclusivamente le frolle all'olio ma il regolamento parla chiaro.
Anche in questo caso sono andata sul sicuro, concentrandomi piuttosto sugli ingredienti che su particolari invenzioni.
La base, una straordinaria farina di Grano Verna, perfetta per biscotti di frolla in quando poverissima di glutine e ricca di fibra e germe di grano (la adoro), l'olio extravergine del lago di Garda, prodotto dai miei zii e perfetto per la preparazione di torte e biscotti perché molto fruttato e dolce e poi la nocciola: la Tonda Gentile delle Langhe, sia in frutto che in pasta.
Ecco cosa ne è nato.

Negativi di Extrafrolla di grano Verna alle nocciole
Ingredienti per ca. 50 biscotti

Per la frolla "Positiva"
360 g di farina di farina Grano Verna 0
140 g di zucchero semolato fine (tipo Zefiro)
160 g di olio extravergine del Garda
20 g di olio di nocciole
20 g di pasta di nocciole
20 g di acqua
40 g di tuorli
1 pizzico di sale

Per la frolla "Negativa"
340 g di farina di Grano Verna 0
140 g di zucchero semolato fine (tipo Zefiro)
160 g di olio extravergine del Garda
100 g di nocciole Tonde Gentili delle Langhe tritate grossolanamente
50 g di tuorli
20 g di olio di nocciole
20 g di pasta di nocciole
20 g di acqua
20 g di cacao amaro
1 pizzico di sale
Versate la farina con un pizzico di sale in una larga ciotola e formate la fontana.
Al centro mettete lo zucchero.
In un bicchiere per mixer a immersione versate i tuorli, l'acqua e la pasta di nocciole.
Con la frusta elettrica montate le uova quindi cominciate a versare a filo l'olio extravergine a cui avrete aggiunto l'olio di nocciole e continuate a montare come si fa con la maionese. Vedrete il composto crescere e prendere consistenza diventando piuttosto sodo.
A questo punto versatelo al centro della fontana proprio sulla zucchero.
Con una forchetta amalgamate la maionese con lo zucchero quindi con la punta delle dita cominciate ad incorporare la farina lavorandola fino ad ottenere una palla.
Avvolgetela in una pellicola e fatela riposare in frigo il tempo di preparare la frolla "Negativa".
Per la frolla Negativa, formate la fontana come per la precedente, aggiungendo il cacao setacciato, il sale, e le nocciole sminuzzate.
Al centro mettete lo zucchero e preparate la "maionese" come nel precedente impasto.
Versatela sullo zucchero e procedete esattamente come già fatto.
Fate riposare l'impasto in frigo per 30 minuti.
Mettete l'impasto "positivo" fra due fogli di carta forno e con un matterello stendetelo allo spessore di un cm sulla spianatoia.
Con la frolla "negativa ricavate un rotolo di c.ca 2 cm di diametro e lungo quanto la lunghezza della frolla "positiva".
Aiutandovi con la carta da forno,  fate rotolare l'impasto positivo sull'impasto negativo e chiudete tagliano l'impasto quando la frolla avrà circondato completamente il rotolo.
Fate la stessa cosa con le frolle al contrario in modo da ottenere un rotolo negativo. Avvolgete tutti i rotoli ricavati nella pellicola e metteteli in congelatore su una teglia di acciaio per 2 ore.
Quando saranno pronti, affettateli con un coltello affilatissimo in fette dello spessore di un cm e metteteli su una teglia.
Fate cuocere in forno preriscaldato a 180° per 15/18 minuti (verificate la cottura osservando i bordi diventare dorati.
Fateli raffreddare sulla teglia per i primi 5 minuti, quindi trasferiteli su una gratella e fateli raffreddare completamente.
Conservateli in una scatola ermetica.
Durano a lungo e il profumo di nocciola si intensifica con il passare dei giorni.
Con queste due proposte partecipo alla sfida MTC #56 sui Biscotti di Acqua e Menta (sul filo di lana)



martedì 19 aprile 2016

Ciambelline al vino e minirosette con burro e marmellata per Colazione a letto con Starbooks

Roma nun fa la stupida stasera - N. Manfredi 
Seconda puntata di Colazione a letto di Andrea Golino con lo Starbooks!
Oggi si parla di ciambelline al vino e di minirosette con burro e marmellata, per far felici chi vi vuole bene, servendo queste bontà su un bel vassoio a letto!
Se siete curiosi, potete dare un'occhiata qua!
Buon Starbooks a tutti!

venerdì 15 aprile 2016

Maritozzi con la panna per una COLAZIONE PER DUE: il nuovo libro del mese Starbooks

Breakfast in America  - Supertramp live
Siamo tornate!
Temprate? Forse.
Riposate? Mai.
Più buone? Neanche per scherzo.
Lo Starbooks ci vuole sempre vigili e agguerrite e dopo un periodo di pausa, ripartiamo dalla Colazione!
Colazione per Due, il libro di Giunti scritto dallo chef Andrea Golino, perfetto per chi ha tendenze romantiche e vuole fare la Geisha portando la colazione a letto al proprio amato.
Siete avvisate però: dovrete lavorare un bel po', questo è assicurato.
Per scoprire il vero carattere di questi maritozzi, non potete che fiondarvi a leggere qui.
Buona Colazione a tutti!

lunedì 11 aprile 2016

Insalata tiepida di agretti, carciofi e uova barzotte: dieta, ma chi me lo fa fare?

If it makes you happy - Sheryl Crow
Quando sei a dieta, un solo ed unico pensiero invade la tua testa.
Ti svegli la mattina, scendi inebetito dal letto, fai le tue cose, prepari la colazione e intanto quell'unico neurone che si è messo in moto grida: mangiare!
Dopo la colazione (che naturalmente non assomiglia in nessun modo alle colazioni meravigliose che ti concedevi quando la dieta ancora non ti aveva ancora fatto prigioniero), l'amico neurone sveglia tutti gli altri e in un moto rivoluzionario, li istiga a muoversi verso quell'unico proibito obiettivo: mangiare!
Allora cominci a lavorare, scrivi al computer, mandi e.mail, rispondi al telefono, chiami al telefono, ti imbufalisci con qualche povero malcapitato, e intanto pensi: cibo!
La cosa bella è che non pensi a nulla in particolare ma senti crescere la tristezza che ti provoca il dover pesare tutto, il dover fare il controllore di te stesso, di dover cercare di essere onesto e non aggiungere quel cucchiaino in più di olio sulla pasta che ti fa sentire così bene.
Provate a fare una dieta lavorando da casa.
Un incubo!
Le mie giornate ruotano intorno agli spuntini, i pasti e le cene, la bilancia e lo sguardo fisso al pensile della colazione, dove sostano biscotti, snack e zozzerie di vario genere che si concede mia figlia.
Lo sportello proibito!
Cerco di liberare il tavolo da qualsiasi tentazione che emani profumi invitanti.
L'unica concessione è il cesto della frutta, che contiene la mèta delle 11.00, ovvero la mia mela-spuntino che ho idealizzato come una meravigliosa concessione.
Poi alle 12.00 comincio a prepararmi il pranzo perché alle 12.30 sono già affamata come una iena e non ce la faccio ad aspettare mia figlia che arriva alle 14.00...in più per lei devo cucinare a parte: pastasciutta, secondo proteico, contorno...insomma cucino senza guardare!
Tutto il mio lavoro di volontà e costanza cominciato a Febbraio, è stato miseramente distrutto dalla Pasqua e da tre giorni di vacanza da una suocera ipercinetica in cucina, a suon di lasagne, arrosti e dolci di ogni genere.
Risultato: ripresi i due chili faticosamente bruciati e adesso risiamo da capo.
Difficile ripartire quando ci ricadi.
Mi sembra di parlare come un alcolista anonimo, ma effettivamente è così, perché dentro di te una voce ripete costantemente: ma chi te lo fa fare?
E la risposta inevitabile è: già, ma chi me lo fa fare?
Se dieta deve essere, che dieta sia, ma almeno che mi dia un po' di gusto quando arriva il momento di mangiare.
Questa è la stagione degli agretti e dei carciofi.
I secondi sono la mia verdura del cuore, i primi li ho scoperti da poco e sono saliti immediatamente ai primi posti di gradimento nella mia personale classifica.
Una non ricetta, facilissima e veloce da fare e naturalmente super buona senza pretese.

Insalata tiepida di agretti e carciofi con uova barzotte
Ingredienti per 2 persone
300 g di agretti
2 bei carciofi Morelli
4 uova bio da allevamento a terra
il succo di un limone
olio extravergine Garda Dop
Un mazzolino di mentuccia selvatica
sale - pepe

Private gli agretti delle radici e delle parti più coriacee alla base quindi lavateli molto bene sotto acqua corrente per eliminare tutta la terra.
Fateli cuocere al vapore per 7 minuti.
Intanto fate bollire le uova. Per ottenere delle uova barzotte, vale a dire con il bianco rappreso ma il tuorlo cremoso, dovrai prendere delle uova a temperatura ambiente e metterle in acqua fredda quindi portarle a ebollizione. Dal momento in cui l'acqua comincia a bollire, bisogna dare al timer 6 minuti.
Subito dopo bollite, mettere le uova sotto acqua fredda corrente per qualche minuto in modo da riuscire a sbucciarle con facilità.
Mentre le cuociono le uova, pulite i carciofi eliminando le foglie dure esterne, il gambo (ma non lo buttate, potete cuocerlo e mangiarlo nella pasta), e la punta tagliandola a 2/3 del carciofo.
Mettete i carciofi in acqua acidulata con il succo di mezzo limone.
Quando gli agretti saranno cotti, disponeteli con cura sul piatto di portata, affettate i carciofi a carpaccio quindi sistemate le fettine sugli agretti, sbucciate le uova e appoggiatele sull'insalata.
Qui, potrete tagliarle a metà in modo che il tuorlo cremoso possa colare sulle verdure, e condite il tutto con una citronette preparata con il succo di mezzo limone, 2 bei cucchiai di olio extravergine, sale e pepe e foglioline di menta.
Condite bene il tutto e rifinite con la menta fresca.
Servire subito.


venerdì 8 aprile 2016

La Torta del Donizetti per il Calendario del Cibo Italiano

Concertino per Clarinetto - G. Donizetti 
L'8 Aprile 1848, a soli 51 anni moriva a Bergamo Gaetano Donizetti.
Uno dei nostri più importanti compositori di musica operistica, rappresenta a mio modesto avviso l'anello di congiunzione tra la produzione Rossiniana e quella Verdiana, anticipando nella sua opera quegli elementi del "melodramma" che tanto cari furono a Verdi.
La sua vita fu breve e costellata da lutti e malattia ma la sua produzione fu intensa e prolifica: 73 le opere oltre a numerose sinfonie, composizioni sacre, cantate, quartetti, quintetti e musica da camera.
In particolare si ricorda come suo capolavoro "La Lucia di Lammermoor", conosciuta da tutti i melomani come "La Lucia" e spauracchio per la maggioranza delle soprano, che con "Ardon gli incensi" (o scena della pazzia) devono cimentarsi con una delle pagine più belle e difficoltose mai scritte per questo registro vocale, grazie alla tessitura lieve, agile ed arrampicata su note ultrasoniche (e se non la conoscete, vi prego di concedervi un momento di magia ascoltandola).
Se oggi vi parlo di questo grande compositore, è perché con il Calendario del Cibo Italiano celebriamo la sua memoria attraverso la Giornata Nazionale della Torta del Donizetti.
L'ambasciatrice della giornata, che vi racconterà la storia di questo dolce delizioso ed impalpabile è Ilaria Talimani del blog Soffici.
Vi invito quindi a leggere il post ufficiale che troverete sul sito AIFB.
Desideravo da tanto preparare questa torta ed oggi ho trovato l'occasione, ricordando come durante la mia adolescenza abbia molto amato un piccolo concerto per Clarinetto, composto proprio da Donizetti e di come l'abbia studiato ed eseguito più volte ai tempi del Conservatorio.
Ho finito col preparare questa torta con una decisa nostalgia e mi sono lasciata trascinare dai ricordi e dall'incredulità di essere stata in grado, tanto tempo fa, di eseguire pagine tanto belle ed impegnative.

Riporto fedelmente la ricetta prevista dal disciplinare della Torta del Donizetti, creata nel 1948 da Alessandro Balzer per ricordare i 100 anni della morte del compositore.
Gli ingredienti sono semplici così come la sua preparazione, a patto che si seguano con grande attenzione certi passaggi così come lavorare gli ingredienti tutti a temperatura ambiente, possibilmente senza avere fretta.
Avendo l'impasto base una discreta quantità di burro, che questo sia ottimo, possibilmente di centrifuga, e le uova freschissime.

Ingredienti per una tortiera a ciambella da 26 cm di diametro.
250 g di burro a temperatura ambiente
150 g di zucchero
8 tuorli medi
4 albumi medi
80 g di farina 00
100 g di fecola di patate
80 g di albicocche candite (io disidratate)
100 g di ananas candita
1 cucchiaino di estratto naturale di vaniglia
2 cucchiai di Maraschino
zucchero a velo per rifinire
Montate il burro insieme a 120 g di zucchero con le fruste elettriche o nella planetaria, a velocità media per almeno 3 minuti, fino ad ottenere un composto molto chiaro, cremoso e gonfio.
A questo punto cominciate ad aggiungere un tuorlo alla volta, continuando a montare, senza aggiungere il successivo prima che il precedente non sia stato completamente incorporato.
Continuate così fino ad esaurimento dei tuorli.
Dovrete ottenere un composto omogeneo e setoso.
Montate a neve ferma gli albumi con i 30 g di zucchero rimanente, ottenendo una semi meringa.
Incorporate con estrema delicatezza gli albumi al composto di burro, utilizzando una spatola di gomma e mescolando dal basso in alto.
Quando gli albumi saranno ben incorporati, miscelate le farine, setacciatele con cura e cominciate ad aggiungerle un paio di cucchiai alla volta, con calma e delicatezza.
Esaurite le farine, è ora di aggiungere la frutta candita e gli aromi che incorporerete sempre con delicatezza.
Imburrate con cura uno stampo a ciambella a cerniera e versatevi l'impasto, livellandolo con cura con il dorso di un cucchiaio.
Fate cuocere in forno preriscaldato ad 180° per 40/45 minuti.
Fate la prova stecchino, quindi fate raffreddare completamente prima di sformare.
Cospargete la superficie con abbondante zucchero a velo e servitelo con la Callas di sottofondo, che canta la Lucia.

mercoledì 6 aprile 2016

Giornata Nazionale del Bunet per il Calendario del Cibo Italiano

You sexy Thing - Hot Chocolate
Si scrive Bonet ma si pronuncia Bunet, con la dieresi sulla u, il che vi indica che dovete sporgere le labbra, stringerle come se voleste baciare a distanza e mischiare u ed i mentre cercate di non sembrare dei perfetti idioti.
La "u" francese, che meraviglia.
L'ho amata fin dalla prima volta che l'ho ascoltata uscire fluida ed elegante dalle severissime labbra della mia prima professoressa di francese, la Signorina Bassi, un vero mastino.
Fin da subito ne sono stata così conquistata che il dover ascoltare/subire i tentativi impacciati dei miei compagni di classe quando leggevano "iun" (une) o "siurtut" (surtout) o "pliu" (plus), mi faceva rivoltare le budella dal fastidio.
Sarà il retaggio lombardo, sarà il mio orecchio per le lingue, a me quella "u" delicatamente fischiata è sempre riuscita benissimo.
Oggi la ritrovo qui, in quello che posso senza timore affermare essere in cima alle mie preferenze dolciarie (insieme al suo meno sofisticato cugino Crème Caramel) perché contiene profumi per i quali vado in visibilio: il cioccolato mischiato all'amaretto.
Purtroppo l'amaretto è un aroma che molti dispregiano ed io non riesco a capirne la ragione, visto che è figlio naturale della mandorla.
Se ti piacciono le mandorle, amerai anche l'amaretto. O no?
Invece no, l'amaretto è un aroma retrò, forse troppo incisivo e invadente, forse troppo dolce, suadente, pervasivo. A molti non piace. Ai bambini in particolare (ma loro sono giustificati perché hanno un palato semplice, che sta formandosi).
Relativamente agli adulti invece dovrei capirne la ragione, forse qualcuno un giorno me lo spiegherà.
Ma sul Bunet, ragazzi, non ci sono storie: se non l'avete mai provato, perdete una delle meraviglie della nostra pasticceria.
Denso, cremoso, con due livelli di consistenza dovuti all'inevitabile precipitazione della farina di amaretti.
Qui c'è un mistero da spiegare: nella mia testa gli amaretti sbriciolati dovrebbero risultare più pesanti del resto dell'impasto, quindi, una volta sistemata la crema negli stampi, questi dovrebbero scendere verso il basso, che una volta terminata la cottura, si trasforma nella parte alta del dolce (in quanto va capovolto).
Invece la parte più densa della crema, quella in cui si percepisce il biscotto, resta sempre nella parte bassa del dolce (quella che in realtà sarebbe la superficie) una volta capovolto. Ovvero nella sua "nuova" base.
Voi ci avete mai fatto caso? Ed esiste una spiegazione?
O forse è solo una mia idea?
La mia prima volta è stata a La Morra, al ristorante Belvedere, uno di quei posti in cui è passata la storia e dove, una volta arrivato,  non riesci materialmente, a tenere gli occhi fermi: se da un lato le molteplici vetrate ti scaraventano a volo di gabbiano sul mare ondulato delle Langhe, dall'altra le pareti sono costellate di foto d'epoca, con personaggi da far tremare i polsi per l'emozione.
E poi sulla tavola, una tale carrellata di bontà da innamorarsi perdutamente di questo territorio.
Come ovviamente è successo a me.
Il mio primo Bunet è stato qui, una ventina d'anni fa, e tutt'ora lo ricordo come si ricorda il primo bacio.

Per la Giornata Nazionale del Bonet, vi invito con tutto il cuore a leggere il post ufficiale che trovate sul blog dell'Associazione Italiana Food Blogger e raccontatoci da Sabrina Fattorini del Blog Architettando in Cucina, ambasciatrice della giornata

Ricetta riportata da Virginia Prandi (1960) - Grande Libro della cucina Albese
Ingredienti per 8 persone per uno stampo da c.ca 2 litri (a ciambella o da cake)
1 litro di latte intero
4 tuorli medi
2 uova intere
100 g di zucchero semolato
100 g di amaretti macinati finemente
80 g di cacao amaro
1 bicchierino di Rum

Per il caramello
150 g di zucchero semolato
50 g di acqua

Fate caramellare lo zucchero direttamente nello stampo (se avete uno stampo di alluminio) appoggiandolo su uno spargifiamma e mantenendo la fiamma dolce.
Quando il caramello sarà pronto, con cautela ruotate lo stampo in maniera da rivestire la base e le pareti. Lasciate pure raffreddare mentre preparate il resto.
Portate il latte quasi ad ebollizione.
In una larga ciotola sbattete bene le uova con i tuorli e lo zucchero con una frusta a mano.
Aggiungete il cacao setacciato e gli amaretti ridotti in polvere.
Mescolare ancora con la frusta, quindi versate lentamente il latte continuando a mescolare ed in ultimo aggiungete il rum.
Versate il composto nello stampo caramellato e posizionate lo stampo in una pirofila che possa contenerlo comodamente.
Riempite la pirofila con acqua bollente fino a metà dello stampo del bonet, quindi fate cuocere a bagno maria in forno preriscaldato a 170° per c.ca 1 ora.
Fate la prova cottura con un coltello: la lama dovrà uscire perfettamente pulita.
Togliere lo stampo dal forno, porlo a contatto con acqua fredda e farlo raffreddare completamente.
Passatelo uno notte in frigo.
Per sformarlo, passate una lama affilata lungo i bordi dello stampo, capovolgetelo su un piatto di portata scuotendolo con delicatezza per farlo staccare.
Se necessario potete immergere lo stampo in acqua bollente per qualche istante.
Servitelo con amaretti secchi e se vi piace, panna montata non zuccherata.


lunedì 4 aprile 2016

Tempo di cicoria selvatica: I Malfatti o gli Gnudi?

Lontano lontano - L. Tenco 
Decisamente migliori delle malefatte, i Malfatti compaiono nei piatti senesi soprattutto in primavera, quando bietoline e spinaci sono al loro meglio e la ricotta, rigorosamente di pecora, sa di erbe giovani, di fiori ed è più dolce che mai.
Personalmente adoro la divagazione selvatica e questa volta, solo perché non sono riuscita a trovare della borragine che purtroppo è ormai in fioritura, ho optato per della cicoria selvatica appena colta, in ricordo dei tempi in cui seguivo la mamma durante le sue incursioni nei campi.
La mia cicoria era particolarmente croccante, amara al punto giusto mentre la ricotta di Pienza così cremosa e dolce che ho deciso di diminuire la quantità di verdura, per avere un composto ancora più delicato e fondente.
Non amo i Malfatti troppo duri.
Devo sentire l'impasto sciogliersi in bocca quindi spesso rischio con le consistenze, ma ad oggi sono sempre stata fortunata.
Cioè, se riesco a fare la pallina di impasto con le mani, vuol dire che per me è già troppo duro.
In cottura tende a compattarsi e la magia svanisce.
Io vado di cucchiaio, e formo delle quenelle non troppo grandi che poi faccio rotolare delicatamente ma più volte, in un piatto pieno di farina senza toccarle mai con le mani.
Cuocio una porzione alla volta in acqua bollente, ma con bollitura lieve affinché le quenelle non vengano strapazzate e rischino di disfarsi.
Dopo un primo momento di riposo sul fondo, le osservo risalire lentamente, con un movimento aggraziato, ballerino ed affiorare in superficie come pesciolini: a quel punto le pesco con la schiumarola e le sistemo con cura nel piatto.
Non ci vuole molto.
I Malfatti saranno anche d'aspetto poco attraente e modesto, ma sono una delle cose più buone che vi capiti di assaggiare se fatti come Dio comanda.
I Malfatti fuori dalla provincia di Siena sono conosciuto con il nome di "Gnudi".
Ma come, qui sono Malfatti e di là sono così belli che se ne vanno a giro gnudi?
L'idea mi ha sempre fatto sorridere. E a dirla tutta adoro l'appellativo "Gnudo": mi fa pensare ad un qualcuno così sfacciato e sicuro di se' al punto di non vergognarsi della sua nudità.
Spesso e volentieri la nudità più che imbarazzare, fa ridere.
Scatena ilarità: provate ad immaginare quei personaggi impazziti che si lanciano in corse forsennate nei campi di calcio nudi come mamma li ha fatti, inseguiti da uno stuolo di poliziotti esasperati...non sono esilaranti?
Beh, qui da ridere c'è proprio poco, anzi.
Rispetto massimo per una ricetta che sicuramente strapperà un sorriso soltanto dopo aver mugolato di godimento.
E' scontato dire che lo stesso impasto che utilizzerete per preparare i vostri Malfatti o Gnudi, potrà essere utilizzato con tranquillità per farcire dei meravigliosi tortelloni di pasta fresca.
La loro origine infatti è proprio questa: probabilmente nascono da un avanzo di ripieno e dalla genialità di qualche massaia oculata che non sapendo come riciclare la cosa, la buttata direttamente in acqua creando così degli gnocchi di ricotta buoni senza limiti.
Nel caso vogliate utilizzare questo impasto per dei ravioli, potete anche omettere l'uovo, che invece è fondamentale per la preparazione dei Malfatti: l'uovo è un addensante che fa aumentare di volume il composto e lo indurisce, il che non è controproducente per gli gnudi ma si può evitare nei tortelli.
Veniamo alla nostra ricetta che è davvero l'apoteosi della semplicità.
Nella mia variante, ho utilizzato del meraviglioso caciocavallo di Agnone, alto Molise, riportato a casa dalle mie vacanze di Pasqua.
Se non siete mai andati in Molise, fatelo.
La tappa ad Agnone è obbligatoria, non solo per la sua bellezza, per una visita alla Pontificia Fonderia delle Campane Marinelli (vale il viaggio), ma anche per i suoi straordinari caseifici.
Il caciocavallo di Agnone è uno di migliori d'Italia, ed in primavera è come assaggiare un prato di fiori. Provare per credere.

Ingredienti per 4 persone
400 g di ricotta di pecora freschissima
300 g di cicorietta di campo pulita e sbollentata
1 uovo grande
40 g di caciocavallo di Agnone grattuggiato + per rifinire
20 g di parmigiano grattuggiato
sale
pepe a piacere
un nulla di misto spezie Saporita (o noce moscata se preferite)
farina 00
olio extravergine
1 spicchio d'aglio
30 g di burro
3/4 belle foglie di salvia
Versate 2 cucchiai di olio extravergine in una larga padella e fatelo insaporire con uno spicchio d'aglio, quindi saltatevi per qualche minuto la vostra cicoria precedentemente sbollentata e ben strizzata.
Una volta insaporita, tagliatela grossolanamente al coltello.
Fate sgocciolare la ricotta in uno scolapasta in modo che perda il siero in eccesso, quindi versatela in una ciotola insieme alla verdura, il formaggio, l'uovo, le spezie.
Mescolate bene quindi assaggiate ed aggiustate di sale e pepe.
Con 2 cucchiai formate delle quenelle non troppo grandi e una alla volta fatele rotolare in un piatto pieno di farina in modo che siano ben coperte su tutta la superficie (questo strato di farina formerà una pellicola che impedirà ai malfatti di disfarsi in cottura) quindi versateli pochi alla volta in una pentola dove bolle acqua salata.
Impiegheranno si e no un minuto a venire a galla.
Scolateli con cura e sistemateli nel piatto di portata.
Condite con del burro noisette al profumo di salvia e rifinite con una bella grattugiata di caciocavallo di Agnone semi stagionato.