lunedì 29 settembre 2014

Streusel cake con pere e mandorle: ognuno ha i lettori che si merita.

With a little help from my friend - The Beatles 
Ci sono delle cose che quando accadono, ti mettono nella condizione di guardare a ritroso, di interrogarti e piombare in attimi di panico semplicemente perché ti consentono di realizzare che quanto hai fatto fin ora sull'onda dell'entusiasmo, è qualcosa di reale, che non tocca solo te, ma altri.
Pochi, molti, non ti è dato di saperlo.
O forse un poco si, se ti metti a guardare quegli infernali strumenti statistici di cui capisci poco e niente.
Qualcuno che legge queste pagine c'è.
E non è la tua amica blogger che ti segue, passa per un saluto o per un commento, quella che si ferma a leggere il titolo e osservare la foto oppure quella che legge tutto e ti scrive in privato per ringraziarti.
L'inghippo è proprio lì.
E forse ci cadiamo in tante perché è una di quelle cose che non si spiegano.
Un po' come quando aspetti il decollo dell'aereo e stritoli la mano al tuo compagno di viaggio per la paura, perché non c'è verso che entri nella tua testaccia che c'è una ragione se quel bestione si alza in volo, si stacca da terra e solleva quel pandemonio di metallo mettendosi a volare.
Non te lo spieghi e basta. E muori di paura.
Beh, con il blog non vivo certo lo stesso panico, ma quando accadono certe cose capisco perché sono qui e perché continuo a scrivere.
La ragione sei tu.
Che in silenzio trovi il tempo di aprire questa pagina, di ritagliarti un momento prima che cominci il casino della tua giornata o che aspetti la pausa caffè per sbirciare la nuova ricetta.
Tu che casualmente sei arrivata qui inciampando in una catena di link e ti sei innamorata di una ricetta come è successo a me ed hai voluto provarla.
Tu che non hai bisogno di commentare perché condividi i miei pensieri, sorridi alle mie imbranataggini ed un po' mi assomigli. E magari vieni qui solo per leggere, che del cibo non te ne frega niente.
Con mio enorme stupore, ed emozione e consapevolezza, so che ci sei e che il mio scrivere, il mio divagare, il mio lanciare messaggi nell'etere come le cinque note di Incontri Ravvicinati, arriva da qualche parte, anche a te.
Se scrivo questo post adesso, dopo quasi 4 anni di vita virtuale, che altro non è che la trasposizione scanzonata di una vita vissuta, è perché solo oggi capisco di avere una grande responsabilità nei tuoi confronti.
Che tutti noi che giocherelliamo con una finestra come questa, dovremmo avere ben presente.
Il nostro lettore non ha nulla a che vedere con il nostro mondo virtuale di amiche blogger.
E' una persona vera che ci osserva in silenzio e ci chiede di essere affidabili.
Nella maggior parte dei casi non gliene importa nulla della bella foto (quella è una fissazione di noi blogger), né della ricetta figa (che non sa di niente).
Ci legge perché si sente vicino a noi, perché lo divertiamo, perché magari, scriviamo anche cose intelligenti ogni tanto.
Quello che mi viene da dire, chiudendo questa divagazione del lunedì, è che ognuno ha i lettori che si merita.
Ed io lo confesso, sono proprio fortunata!
Per la serie ricette affidabili e facili, finalmente riesco a postare questa meraviglia di Delia Smith da suo libro Cakes. 
Tre parole: facile, bella, buona.
Tu, lettore che mi segui in silenzio, non hai scuse per non provare. ;)
Ingredienti per uno stampo da 20 cm di diametro
Per la torta
110 g di farina autolievitante
1 cucchiaino raso di lievito in polvere
50 g di burro morbido
50 g di zucchero semolato
50 g di mandorle macinante
1 uovo grande
qualche goccia di estratto di mandorle naturale
un pizzico di sale
3 cucchiai di latte
2 pere sbucciate, private del torsolo, divise in quarti ed ogni quarto in 3 fettine
Per lo Streusel
50 g di burro sciolto
75 g di farina autolievitante
50 g di zucchero demerara
40 g di mandole a lamelle
una spolverata di zucchero a velo.
Setacciate la farina in una larga ciotola facendola cadere dall'alto per renderla più aerata, quindi aggiungete tutti gli ingredienti tranne le pere e con una frusta elettrica mischiate fino ad ottenere un composto cremoso.
Con un cucchiaio distribuite il composto in uno stampo a cerniera imburrato e foderato sulla base con carta da forno. Livellate bene con una spatola.
Distribuite in cerchio le pere coprendo bene tutti gli spazi (vi verranno c.ca 2 strati), quindi preparate lo Streusel.
Mescolate la farina con lo zucchero quindi aggiungete il burro fuso ed incorporate gli ingredienti secchi con una forchetta. Aggiungete quindi le mandorle a lamelle e mescolate ancora ottenendo un composto bricioloso.
Distribuitelo sulla superficie coprendo le pere e passate in forno preriscaldato a 200°C per 40/45 minuti.
Una volta pronto, fatelo raffreddare una ventina di minuti quindi passate una spatola intorno ai bordi per staccare eventuali parti del dolce. Aprite la cerniera e fate scivolare il dolce con delicatezza su una griglia aiutandovi con la carta da forno.
Fate raffreddare completamente e servite.

venerdì 26 settembre 2014

California Dream Big: più che un sogno, un trailer.

California Dreamin' - Mamas and Papas

Oggi vi racconto un sogno.
Cioè faccio una delle cose che mi riesce meglio nella vita: abbandonarmi alla fantasia.
Che per un agente di viaggio non è così difficile visto che spesso si trova a vendere luoghi che non ha mai visto e conosciuto con l'entusiasmo di chi sembra esserci nato.
Vi racconto la mia California, attraverso i film che l'hanno resa famosa.
Cioè quelli che me l'hanno impiantata nel cuore.
I film girati in California sono un numero infinito ma quelli in cui il territorio, la natura, le città, l'oceano ed i grandi parchi hanno avuto un ruolo da protagonista tanto quanto quello delle star presenti nel cast, non sono poi così numerosi.
A pensarci bene, tutti noi crediamo di esserci già stati in California solo perché il cinema e la televisione ce l'hanno raccontata così tante volte da farcela diventare più che familiare.
E siccome il cinema è un mio vecchio amore e spesso mi viene voglia di partire grazie proprio ad un buon film, quello che vi racconto adesso è un sogno nel sogno.

La mia California ha il rumore dell'oceano che ruggisce lungo il Big Sur, mentre lo sguardo terrorizzato di James Stewart fa i conti con la paura ancestrale del vuoto, dalla torre di un'antica missione nella scena finale di Vertigo.
Ha il calore della spiaggia di Coronado, battuta da una luce accecante e sensuale come il sorriso di Marilyn in Some like it Hot.
Ha i colori del deserto e delle rocce sabbiose e frastagliate di Zabriskie Point; il verde secolare, misterioso e imponente delle Sequoie nel Redwood National Park, nel film Rise of the Planet of the Apes; il blu profondo e travolgente come un'onda da cavalcare a bordo di una tavola sull'oceano di Point Break.
La mia California è una Lotus dal cambio manuale lanciata a tutto gas lungo la Hollywood Boulevard da una Julia Roberts novella Cenerentola in Pretty Woman, ma è anche una passeggiata sulla Rodeo Drive per fare shopping sfrenato; le luci di Los Angeles che si accendono in lontananza osservate con distrazione dalla Mullholland Drive da una Naomi Watts priva di memoria.
La mia California ha l'incanto del vigneto al tramonto ed il profumo del mosto selvatico delle colline della Napa Valley in A walks in the clouds.
La mia California ha la straniante malinconia di una Los Angeles futurista e distopica, immersa nel buio, battuta dalla pioggia e popolata da replicanti nell'indimenticabile Blade Runner.
Ha l'incanto degli Studios agli albori del sonoro, tra telefoni bianchi e passi di Charleston in The Artist.
La mia California è adrenalinica e incalzante come l'inseguimento più famoso della storia del cinema, lungo le strade di San Francisco a bordo di una Ford Mustang in Bullitt ma è anche divertente, creativa e piena di opportunità come uno stage da Google a Mountain View per attempati stagisti in The Internship.
Ha il senso della magia, della fiaba e della possibilità come un parco Disney in Saving Mr Banks ma anche la potenza ed eterna saggezza della natura di tutti i meravigliosi ed infiniti western movie girati nel Joshua Tree National Park, nella Death Valley e nella Sierra Nevada.
Se devo sognare la California, vorrei farlo così, come un lungo trailer di indimenticabili film e per una volta, essere la regista del mio viaggio.

E la vostra California? Non avete voglia di sognare con me? #Californiadreambig
Buon week end cari amici.





mercoledì 24 settembre 2014

Una Brioche esplosiva ed una crema da perderci la testa, oggi su Starbooks

The way you look tonight - Tony Bennet e Faith Hill
Certe ricette arrivano a noi per strade traverse.
Che cercassi "la mia" per il pan Brioche, è risaputo visto che ne ho postati diversi in questo blog, ma questa, ragazzi, forse è quella giusta. Come l'uomo della tua vita.
Dopo averla assaggiata, lo sai...non ti esponi subito per scaramanzia, ma lo sai e gongoli di felicità nascosta.
Questa brioche dovete provarla. Anche solo fosse per dirmi "ti sbagli".
Ma la crema invece, vi scongiuro in ginocchio, fatela.
Fatela: ci vuole un attimo e riservatela a qualcuno che molto amate e volete osservare chiudere la bocca restando in silenzio.
Fatela e servitela calda, tiepida, fredda, come vi pare.
Con una torta morbida, un biscotto croccante, una cialda, prima del caffè....è velocissima.
E' meravigliosa. E' perfetta.
E se ancora non siete convinti, andate a leggere qua, dove tutto è spiegato alla perfezione.
Poi però, me lo raccontate?
Un bacio a tutti.

lunedì 22 settembre 2014

Iran o Persia? Adass Polo Ba Koofteh Ghelgheli per l'MTC di Settembre

In a Persian Market - Albert W. Keterbey
Comincio la settimana spostandomi a Oriente, in una terra di mezzo che abbiamo sentito raccontare fin da piccini nelle fiabe.
Principi persiani, meravigliose principesse astute e sensuali, notti stellate, tavole imbandite di ogni leccornia, profumo di spezie, rose e miele.
Le Mille e una Notte.
Due volumi massicci bellissimi rilegati in pelle che mi sono regalata solamente da grande, per rispondere alla nostalgia di quei racconti.
Che ogni tanto rileggo, aprendo il libro a caso.
Ogni pagina sa ancora trasportarmi lontano come un magico tappeto volante.
Ah, la Persia...come faccio ad andarci se non è più sulla cartina?
Beh, in realtà questo luogo magico esiste ancora e puoi puntarlo con il dito proprio lì, dove c'è scritto Iran.
Solo che questa volta la fiaba non ha avuto un lieto fine e la storia non ha più il sottofondo armonioso del canto degli usignoli.
Ricordo di averci pensato spesso da ragazzina. Di essermi chiesta come possa una cultura millenaria di tale grandezza, restare vittima prima di una monarchia sanguinaria e subito dopo di una Repubblica repressiva e dominata dalla religione. Ma è una storia che si ripete, no?
Qualche tempo dopo, anzi decisamente più adulta, mi è capitato fra le mani un libro che ha riacceso la mia curiosità verso questa terra e che vi invito a scoprire se non l'avete ancora fatto: Leggere Lolita a Teheran di Azar Nafisi.
Siamo lontani anni luce dalle incantevoli fiabe delle Mille e Una Notte, ma ancora una volta si parla di storie, di giovani donne che non si arrendono e del potere della narrazione per evadere dall'angoscia.
Sempre dalla Persia o se preferite Iran, arriva il libro da cui ho preso questa ricetta.
Un libro di cui abbiamo già ampiamente parlato nello Starbooks e che per me ha lo stesso fascino delle Mille e una notte.
Il libro mi è arrivato in ritardo ed ho potuto leggerlo e scoprirlo solo in questi mesi estivi, ed il colpo di fulmine è scoccato. Si tratta di Pomegranates and Roses di Ariana Bundy.
Un libro di cucina familiare, con ricette di tutti i giorni e delle feste, ed un percorso che racconta la quotidianità di una cultura a noi così lontana.
Il riso, nella tradizione iraniana è preso molto seriamente.
L'autrice racconta che la sua gente ne sia innamorata e si vanti di cucinarlo in maniera speciale anche se sulle tavole persiane ha fatto la sua apparizione solo alla fine dell'ottavo secolo.
Ho voluto proporre una ricetta di questa cultura perché qui il riso non rappresenta un semplice alimento di base o di accompagnamento,  ma il vero e proprio protagonista di ogni ricetta.
La cottura per assorbimento è quella più praticata in Iran e l'usanza di creare la meravigliosa crosta croccante e dorata dei piatti "Polo"(parola che indica proprio il riso cotto con questo metodo), indubbiamente la più affascinante.
Da non dimenticare poi la quantità di dolci, budini, biscotti e "halva" preparati sempre con il riso.
La ricetta che propongo prevedeva la presenza di datteri, che io non ho purtroppo trovato. Certamente questo esotico ingrediente contribuisce a dare al piatto un vero e proprio carattere Mediorientale, ma vi assicuro anche senza, il resto delle spezie e della preparazione non vi deluderanno.
Faccio una premessa.
La tecnica illustrata da Acquaviva e riprodotta in questa ricetta, subisce degli aggiustamenti atti a ricavare la famosa crosticina nel riso che è spessissimo presente nelle ricette persiane a base di questo cereale. Per il resto, so di essere in bilico sul "fuori concorso" quindi chiedo venia e accetto di buon grado qualunque sia la decisione dei giudici :).

Riso croccante con lenticchie, polpettine, uvetta e datteri (assenti)
Per 4 persone
300 g di riso Basmati dall'India
150 g di lenticchie piccole di Castelluccio
35 g di burro ghee + un cucchiaino
1 cucchiaio di yogurt naturale
la punta di un cucchiaino di zafferano in stimmi, lasciati in fusione (almeno 2 ore) in 40 ml di acqua tiepida
1 cucchiaino di cannella
Per le polpettine
300 g di carne d'agnello macinata (o se preferite di manzo)
mezza cipollina gratuggiata finemente
1 cucchiaino di zafferano delle indie in polvere (in alternativa potete usare la curcuma)
sale
pepe nero macinato fresco
2 cucchiaiate di pangrattato (variante personale)
1 cucchiaio di albume (variante personale)
olio extravergine
Per la miscela di uvetta e datteri
1 piccola cipolla di Tropea tagliata sottile
1 cucchiaio di burro
1 cucchiaio di olio extravergine
mezzo cucchiaino di cannella
una macinata di pepe nero
6/7 datteri freschi
30 g di uvetta sultanina
Preparate le lenticchie come siete abituate a fare, cuocendole in acqua e qualche aroma ma preparandole al dente perché cuoceranno successivamente con il riso (quindi 15/20 minuti massimo).
Tenetele da parte.
Preparate il riso lavandolo in acqua fredda come indicato nel post di Annalena, massaggiandolo bene in abbondante acqua ma usando delicatezza in quanto il chicco del Basmati si spezza con facilità.
Ripetete l'operazione fino a che l'acqua non sarà limpida.
Mettete il riso nella pentola in cui lo cuocerete e copritelo con un litro di acqua fredda e lasciatelo in ammollo dalle 2 ore a tutta la notte. Usate una pentola con fondo spesso ed ampio.
Accendete il fuoco, portate ad ebollizione e cuocete per 6/7 minuti. Toccate il chicco per sentire la cottura. Deve essere morbido ma conservare ancora l'anima. Avrà raddoppiato il suo volume.
Appena è pronto, scolatelo immediatamente in un fitto setaccio e versatevi 3 o 4 tazze di acqua fredda per bloccare la cottura. Lasciate il riso fermo dov'è mentre passate alla fase successiva ovvero quella della formazione della crosta.
Fate sciogliere il burro con lo yogurt, l'acqua in cui avrete tenuto in infusione lo zafferano in una padellina dal fondo spesso.
Una volta sciolto, mettete due o tre cucchiaiate di riso in questo liquido e mescolate bene, quindi copritevi il fondo della pentola utilizzata in precedenza.
Mescolate le lenticchie scolate con il riso, con estrema delicatezza in modo che non si rompano.
Salate e pepate.
Cominciate a versare la miscela nella pentola, allargandovi alla base fino a formare una piramide di riso e lenticchie. Questo consentirà al vapore di girare nella pentola cuocendo il tutto uniformemente. Mentre versate il riso, spolverate il tutto con la cannella in polvere.
Quando la piramide è pronta, con il manico di un cucchiaio di legno, praticate 4/5 buchi nel riso abbiando cura di toccare il fondo della pentola.
Coprite con un coperchio e accendete la fiamma a fuoco vivo. Fate cuocere per c.ca 7 minuti.
Non vi spaventate se sentirete "frizzare" o brontolare dalla pentola. La vostra crosta si sta formando.
Passato questo tempo, aprite il coperchio, avvolgetelo con un canovaccio come in foto, versate 70 ml di acqua nella pentola ed una noce di burro ghee e chiudete abbassando la fiamma al minimo.
Fate cuocere per 50 minuti indisturbato. Non aprite il coperchio per nessuna ragione.
Mentre il riso cuoce preparate il resto.
Mettete a mollo l'uvetta per qualche minuto in acqua calda.
Affettate la cipolla e mettete il burro e l'olio in una padella antiaderente. Fatela passire e cuocere dolcemente per 5 minuti. Aggiungete un pizzico di sale e la cannella. Quando sarà morbida, aggiungete i datteri e fateli saltare per qualche istante, quindi per ultima l'uvetta e fatela cuocere a fuoco vivo fino che non sarà bella lucida. Attente a non farla bruciare. Mettete il tutto da parte con il liquido di cottura formatosi.
Impastate con le mani tutti gli ingredienti per le polpettine tranne l'olio e ricavate delle palline grandi Versate  un filo d'olio in una larga padella e fatelo scaldare, quindi aggiungete le polpette e fatele cuocere a fiamma vivace, facendole dorare su tutti i lati per c.ca 5 minuti.
Quando saranno pronte, tenete al caldo.
Quando il riso sarà pronto, mettete il fondo della pentola in una bacinella colpa di acqua fredda. Questo aiuterà la crosta a staccarsi senza indugio dal fondo.
Se volete, appoggiate un largo piatto sulla bocca della pentola e capovolgetela ottenendo una sorta di tortino di riso. Altrimenti fate come i veri persiani: raccogliete delicatamente il riso con un cucchiaio e mettetelo su un piatto di servizio alternando uno strato di riso con uno di polpette.
Staccate la crosta e rompetela in più pezzetti.
Finite la guarnizione con l'uvetta ed i datteri e le rimanenti polpettine.
Servite subito.
Il riso è ottimo anche da freddo.
Con questa ricetta partecipo all'MTC di Settembre sul Riso, cottura per assorbimento.



giovedì 18 settembre 2014

Bruxelles ma belle. Cronaca di una sorpresa nel cuore d'Europa.

Michelle - The Beatles
Confesso di avere avuto un pregiudizio.
Sono sempre stata convinta che Bruxelles fosse una città insignificante.
Esattamente come si fa quando ci si trova davanti un piatto di qualcosa che decidiamo non ci piacerà senza averla neanche toccata.
Con la maturità, ho imparato a controllare questo atteggiamento ed in linea di massima sono disposta ad assaggiare di tutto prima di esprimere un giudizio (ehm..magari proprio tutto no, ma quasi).
Invece, considerare una destinazione insignificante pur non conoscendola, per un agente di viaggio è un fatto deprecabile.
Il destino ha voluto che se non avessi pianificato, organizzato ed accompagnato un mio gruppo in un tour del Belgio proprio poco tempo fa, non sarei qui a recitare un Mea Culpa.
Perché Bruxelles, contrariamente a quella che pare essere l'idea generale, è una città che ti seduce e ti sorprende alla distanza. Come una bella donna senza make up.
"Broecsella", che nell'antica lingua franca significava "villaggio nelle paludi", è una città piccola rispetto alle metropoli europee.
A livello amministrativo ho scoperto che è divisa in "comuni" e non quartieri o arrondissement come la più nota Parigi. E che sul territorio cittadino vi sono ben 19 comuni, tutti bilingue (francese e fiammingo o neerlandese).
Il comune di Bruxelles non supera i quattrocentomila abitanti mentre il totale della popolazione di tutti i comuni supera di poco il milione. Paradossalmente il numero degli abitanti non corrisponde alla sua estensione del tessuto urbano, che la porta ad essere la prima al mondo con 40 mq per abitante (ancora di più di Vienna e Berlino), grazie alla quantità di parchi ed aree verdi.
Il verde è quello che mi ha stupito in questa città, che nella mia testa immaginavo grigia, soffocata da edifici moderni e sempre piovosa.
Invece Bruxelles è colorata e piena di movimento.
Arrivando da Charleroi in una mezz'ora di trasferimento, dall'autostrada potrete scorgere l'Atomium stagliarsi in tutta la sua grandezza. Questo incredibile simbolo di Bruxelles, ha una storia del tutto simile a quella della Tour Eiffel essendo stato costruito per l'Esposizione Universale del 1958.
Una molecolona di cristallo di ferro, ingrandita solo 165 miliardi di volte che adesso è una tappa obbligata per chi si reca in questa città.
Ma per riuscire a scoprire i numerosi monumenti che la caratterizzano, dovrete camminare molto, oppure, come io consiglio ogni qualvolta si affronta la scoperta di una nuova capitale, comprare un tour panoramico su quei bus Hop on, Hop off. Si sceglie dove scendere, quando e quanto restare nella tappa prescelta, oppure ci si siede comodamente e si ascolta il racconto dalle cuffiette, ammirando la città dai finestrini, al costo sociale di non più di 25 euro.
Per voi principianti di Bruxelles, questo è sicuramente un must.
Quale modo migliore per ammirare Laeken (uno dei 19 comuni) con il suo Castello, il parco meraviglioso che ospitava i padiglioni dell'Esposizione Universale e dove ammirerete la Pagoda Cinese, la Torre Giapponese, i padiglioni di ferro e vetro in art Deco (che contengono i Musei Reali di Arte e Storia), ma anche la Chiesa di Nostra Signora di Laeken, lo Stadio di Heysel tristemente famoso.
Senza l'utilizzo dei mezzi pubblici sarà faticoso raggiungere a Piedi il Palazzo Reale e la sua Piazza, l'Arco del Cinquantenario, la Piazza delle Barricate con la vicina Colonna del Congresso. Per non dimenticare l'elegante quartiere del Sablon a due passi dall'immenso Palazzo di Giustizia, il Parlamento ed il suo moderno quartiere, l'Albertina ed il cuore popolare di Bruxelles, situato nel questiere delle Marolles. Qui ogni mattina nella piazza di Jeux de Balles, si tiene il Marché aux puces.
Ecco, per cominciare non vi lanciate subito nella Grand Place, ma scoprite la Grandeur di Bruxelles e non ve ne pentirete.
La zona pedonale del centro è paradossalmente inversamente proporzionale alla sua estensione metropolitana.
La Grand Place occupa gran parte del cuore di Bruxelles ed è stata palcoscenico di grandi eventi gloriosi e di atti sanguinosi.
Certo è che prima di tutto questa piazza è stata un luogo di commercio, un grande mercato ed ogni palazzo che la circonda divenne dal XVII sec. sede delle varie corporazioni, che fecero a gara per superarsi nell'abbellire la propria "casa".
Vi invito a scoprire le case delle Corporazioni, un trionfo di bronzi, oro, stemmi e colonne.
Il tutto esaltato dal quotidiano spettacolo "Son et Lumière" che si tiene quasi ogni sera (purtroppo non in caso di pioggia) dalle h. 23.00 per c.ca 20 minuti.
Mi raccomando.
Mentre state con la testa in alto e la mascella a penzoloni, non dimenticate di tenere una mano sulla vostra borsa, che la piazza è costantemente gremita da professionisti dal guanto di velluto.
I Brussellesi hanno un solo vero amore ed è lui, Giulietto.
Voi tutti lo conoscete con un altro nome, Manneken Pis, ma non è simpatico scrivere "il Bambino che piscia".
Insomma, Giulietto è un eroe cittadino, un piccolo angelo che secondo la leggenda ha salvato la città dal disastro con la sua pipì innocente.
Questo bimbo, figlio di un ricco borghese, si perse nella folla durante una festa popolare e per ben tre giorni le ricerche furono vane.
La sera del terzo giorno, il bimbo fu ritrovato senza vestiti, infreddolito, che faceva pipì in un angolo di Rue dell'Etuve e che senza rendersene conto, stava spegnendo la miccia che avrebbe innescato un incendio del centro storico.
Io posso dire di essere stata spettatrice di un atto di vandalismo, perché nello stesso giorno in cui mi trovavo a Bruxelles, qualche buontempone aveva coperto Giulietto di vernice gialla, come potete vedere dalla foto.
Pensate solo che il Manneken è molto amato dal popolo e riceve onorificenze in ogni momento istituzionale.
Nonché abitini della sua misura dalle delegazioni che arrivano da ogni parte del mondo.
Dietro la Gran Place, si aprono le Gallerie di Sant'Umberto, suddivise in Galleria della Regina, del Re, del Principe e della Principessa. Sono le prime gallerie coperte al mondo e formano un passaggio di incredibile eleganza lungo 212 metri.
Vi sfido a non entrare in nessuno dei negozi presenti nelle Gallerie.
Vi avverto, il 90% sono pasticcerie e cioccolaterie.
Parola d'ordine: Cioccolata.
Ma anche Birra, patatine, Goffres, Moules, Speculoos...Bruxelles per i golosi come la sottoscritta, è un sentiero di perdizione.
La cucina è ricca di piatti di grande struttura, molti dei quali a base di Birra, come la famosa Carbonnade Flamande (di cui ho già parlato qui), e la sera lungo le stradine che costeggiano la Grand Place e Le Gallerie, camerieri e buttadentro vi inviteranno a provare queste delizie.
Avrete l'imbarazzo della scelta, perché a Bruxelles si mangia bene.
Consiglio: non volate col solo bagaglio a mano perché ve ne pentirete.
Lo sapevate che a Bruxelles si trova la più grande scuola d'Europa e forse al mondo per il Fumetto ed il Cartone Animato?
Forse si; qualcuno di voi sa che i Puffi arrivano proprio da qui, ed hanno un nome impronunciabile: "Les Strumpf".
Ma anche il più famoso Tin Tin e Lucky Luke e Spirou.
Per gli appassionati, la scuola è aperta al pubblico ed è una visita assolutamente consigliata.
Se vi ho fatto venire un po' di voglia di Bruxelles, mi fa piacere.
Abitualmente si trovano ottimi voli a prezzo bassissimo con Ryan Air ed anche interessanti tariffe alberghiere in quanto la città nel week end si svuota perché i Politici e gli Amministrativi europei tornano a casa.
Poi...se la vostra vacanza prevede più giorni del semplice venerdì - domenica, vicino ci sono le Fiandre...ma quella è tutta un'altra storia che vi racconterò molto presto. A piccole dosi.

Vi lascio una ricettina facilissima con Cuori di Indivia, più nota come Insalata Belga, e pacchettini di pollo alla birra ripieni di cipolle caramellate. Veloce e gustosa.
Ingredienti per 4 persone
4 fettine di petto di pollo tagliate non troppo spesse
8 cuori di indivia
2 cipolle di Tropea
2 cucchiai di zucchero di canna
un cucchiaio di aceto bianco (io ho usato della melassa di melograno)
Mezzo bicchiere di birra bionda
Olio Extravergine
Un rametto di rosmarino
80 g di provola piccante grattuggiata
Sale - Pepe nero macinato fresco
Preparate le cipolle carammellate.
Tagliate a metà la cipolla ed affettatela sottilmente.
Fate scaldare due cucchiai d'olio extravergine in un'ampia padella e cuocetevi le cipolle fiamma dolce, fino a che non saranno passite e morbide, facendo attenzione a non bruciarle. Circa 5 minuti. Aggiungete dell'acqua se necessario.
Quando le cipolle saranno morbide, aggiungete lo zucchero e l'aceto e mescolate bene continuando la cottura per un altro paio di minuti fino a che le cipolle non saranno ben lucide e caramellate. Tenete da parte.
Pulite l'indivia eliminando le prime foglie esterne se non fossero belle. Lavate bene sotto acqua corrente e dividete il cuore in due lungo la lunghezza.
Scaldate una piastra molto bene ed appoggiate i cuori di indivia sul lato del taglio facendoli brasare. Quando saranno dorati, girateli e continuate la cottura per altri 3/4 minuti.
Accendete il forno a 180°C. Mettete i cuori di indivia in una pirofila in cui avrete versato un filo d'olio. Sistemateli in fila con la parte del taglio in alto, molto vicini l'uno all'altro. Salate, pepate e cospargeteli di provola. Fate cuocere per 20/30 minuti.
Prendete le fettine di pollo, battetele leggermente ed apritele bene.
Versate un cucchiaio di cipolle e distribuitelo sulla superficie, aggiungendo una manciata di provola grattugiata. Chiudete il pollo formando dei pacchettini che fermerete con dello spago di cucina in modo da non far uscire il ripieno.
Fate scaldare 3 cucchiai d'olio in una larga padella antiaderente con il rametto di rosmarino e quando l'olio sarà caldo, aggiungete i pacchettini e fate cuocere a fiamma moderata per 4/5 minuti su ogni lato. Quando saranno ben rosolati, alzate la fiamma e versate la birra. Fate sfumare e continuate a cuocere, salando verso la fine.
Quando i pacchettini saranno ben glassati e pungendoli con uno stecchino vedrete che non esce liquido, saranno pronti.
Serviteli eliminando il filo, scaloppandoli e sistemandoli sui cuori di indivia al forno.

sabato 13 settembre 2014

Budini di riso alla senese per l'MTC di Settembre

Under the Milky Way - The Church
In principio fu il "Budinone". 
La Nella ci chiamava dalla Villa: "Oh Niniiiii, ho fatto il Budinone. Vieni che te ne mangi un pezzetto. Ti dò anche la Stiacciata che la porti alla tu' mamma. I corolli li fo' domani così restano freschi per la Pasqua. "
La Nella c'ha 93 anni, vive sola ora che il suo Armando se n'è andato lassù.
Ha la casa che sembra uno specchio.
Sono andata a trovarla poco tempo fa dopo quasi vent'anni.
No, sono 19, considerando che l'ultima volta che l'ho vista è stata al mio matrimonio.
Mia madre mi ha teso un agguato: "Oggi si va dalla Nella. Mi chiede di te un giorno si e l'altro pure".
Ovvia...e andiamo dalla Nella.
Premetto: non ho nulla contro questa persona adorabile, ma ragazzi, i pellegrinaggi della memoria stanno diventando sempre più difficili per la sottoscritta.
Una settimana fa, rovistando nel cassetto delle vecchie foto di famiglia, insieme a mia sorella e mia madre, c'è mancato poco che mi mettessi a piangere dietro le risate d'ordinanza.
La Nella è il simbolo della mia adolescenza alla Bagnaia. Il periodo più bello della mia vita.
E' stata la custode della Villa padronale fino a che non ci hanno mandato via tutti per trasformare la tenuta in un Hotel di lusso.
Era lei che ci consegnava la posta (che veniva rigorosamente lasciata in Villa dal postino), che ci passava le telefonate dal centralino interno, che conosceva al dettaglio i fatti di tutti gli abitanti della tenuta, ovviamente.
Mia sorella ed io detestavamo il fatto che non potessimo fare nulla senza che lei lo sapesse, ma alla fine abbiamo imparato a conviverci e come per tutte le cose, il tempo cancella le arrabbiature inutili preservando solo i momenti che valgono la pena.
La Nella era una cuoca portentosa. Preparava e prepara tutt'ora il latte alla Portoghese più buono mai assaggiato (e forse un giorno cercherò di riprodurlo qui).
La cucina senese per lei non ha segreti e ora che ci penso dovrei andare a trovarla più spesso per strapparle segreti e ricette.
Si, perché questa donna che non supera il metro e cinquanta e che va tutt'ora dal parrucchiere per tingersi i capelli, legge senza occhiali, tiene la casa come una bomboniera e mi chiama ancora "Nini", è una forza della natura.
E certi personaggi andrebbero preservati e tutelati perché sono monumenti della memoria.
Gli ultimi Highlander.
In principio fu il Budinone, perché a Siena la tradizione dei dolci di riso è importante.
Vi farà pure ridere questo nome, ma è il suo.
Potete pure chiamarlo torta di riso alla senese, ma perderebbe il suo appeal.
La mia idea è che dal Budinone al più delicato ed elegante budino di riso ci sia voluto uno schiocco di dita.
Prima prima, il Budinone non poteva mancare sulle tavole delle feste senesi: a Pasqua o comunque per ricorrenze tipo battesimi, cerimonie.
Una torta grande, rotonda o quadrata a seconda del gusto individuale, non più alta di 3/4 centimetri e cotta in forno fino ad ottenere una bella caramellatura sui bordi.
Riso cotto nel latte ed arricchito successivamente da canditi come arancia o cedro, uvetta ammollata nel Vin Santo e per i più ghiotti, pezzettini di cioccolato amaro.
Credo che la preparino ancora in pochi, forse qualche Nella che non conosco.
Io invece, per questo MTC di Acquaviva, che celebra il trionfo del riso in tre tecniche di cottura molto speciali, ho voluto raccontare il più fashionable e tutt'ora molto presente Budino di riso.
Un piccolo dolce da colazione conosciuto in tutta la Toscana ma popolarissimo a Siena.
La mia colazione al bar (che non amo molto fare), quando capita prevede Budino di riso ed un succo di frutta, altro che cappuccino e cornetto.
Il segreto del budino di riso perfetto, è la frolla friabile (e non morbida) a contrasto con un cuore di riso cremoso.
Versioni di questa ricetta ne esistono a "millanta" e non pretendo di avere quella originale, ma dopo svariati tentativi, credo che questa si avvicini molto alla tradizionale.
In particolare la frolla, colpo di fulmine dopo aver setacciato il libro "The Perfect Pies" dei magistrali Hairy Bikers.
Una frolla che non ha bisogno del passaggio in frigo, provare per credere, e che resta asciutta e deliziosamente friabile con ripieni umidi come crema, ricotta ed in questo caso crema di riso.
Per il ripieno, protagonista di questo dolcetto, l'unica interpretazione personale è stata l'utilizzo di scorza d'arancia al posto del limone e l'eliminazione dell'elemento lievitante, baking o simili, che a mio avviso, non ha nulla a che vedere con budinoni e budini e che in qualche maniera, finisce col "corrompere" il sapore finale del ripieno.
Ingredienti per 12 budini rotondi (ho usato stampi da muffin medi)
Per il ripieno
650 ml di latte
150 g di riso originario o a chicco piccolo
60 g di zucchero semolato
1 bacca di vaniglia
la scorza intera di una arancia (pelata senza prelevare la parte bianca)
1 uovo grande
30 g di burro
1 pizzico di sale
Per la frolla (ve ne avanzerà un po' - io ci ho ricavato la pasta per 2 crostatine con la marmellata)
200 g di farina 00
125 g di ottimo burro molto freddo
1 cucchiaio di zucchero semolato
La metà di un uovo grande leggermente sbattuto
1 cucchiaio da cucina di acqua gelata
Zucchero a velo per rifinire.
Prima di tutto preparate il ripieno.
Si procede alla cottura del riso nel latte come indicato da Annalena nel suo magistrale post, che consiglio a tutti di leggere qualora vi sia sfuggito.
Scottate il riso per un minuto in acqua bollente.
Scolate e sciacquate in acqua fredda.
Nel frattempo portate ad ebollizione il latte a cui avrete aggiunto la scorza dell'arancia e la bacca di vaniglia incisa con un coltello sulla lunghezza.
Versatevi il riso e fate cuocere a fiamma dolce mescolando via via per evitare che si attacchi al fondo (soprattutto negli ultimi minuti di cottura) per c.ca 25 minuti, fino a che il riso non avrà assorbito il latte.
A questo punto, quando il riso sarà morbido ma non sfatto, versate la crema calda in una ciotola lasciandovi ancora l'arancia e la vaniglia, aggiungete il burro e lo zucchero ed il pizzico di sale e mescolate bene amalgamando il tutto, quindi fate raffreddare.
Quando il riso sarà a temperatura ambiente, eliminate la scorza di arancia e la bacca di vaniglia ( che laverete, asciugherete e conserverete per prossime preparazioni),  separate il tuorlo dall'albume ed aggiungete il tuorlo al riso. Incorporate con cura.
In ultimo, aggiungete l'albume che avrete montato a neve ferma, incorporandone prima un cucchiaio per ammorbidire la crema e poi il resto. Mescolate delicatamente dall'alto in basso fino a completo assorbimento.
E adesso preparate la frolla.
In un mixer con lame d'acciaio, versate la farina, il burro a dadini, lo zucchero e azionate con il pulse fino ad ottenere delle briciole molto sottili.
Aggiungete la metà dell'uovo sbattuto ed il cucchiaio di acqua gelata e ridate il via al pulse.
Appena la pasta formerà la palla, stoppate.
Stendete la frolla su una spianatoia infarinando leggermente, e tirate ad uno spessore di 3 mm c.ca
Con un coppapasta ricavate dei cerchi che possano foderare gli stampi precedentemente imburrati ed infarinati. Bucate il fondo con una forchettina.
Fate una precottura in bianco (coprite la frolla degli stampi con alluminio e una manciata di legumi secchi) in forno a 180°C per 12 minuti.
Togliete dal forno. Eliminate i legumi e l'alluminio e riempire i gusci con la crema di riso.
Proseguire la cottura per altri 15 minuti o fino a quando la superficie non sarà dorata.
Sformate e fate raffreddare su una gratella. Spolverate con zucchero a velo una volta freddi.
Sono buoni appena fatti ma spaziali il giorno dopo.
NOTA: Effettuare una parziale cottura in bianco consente di non fare asciugare completamente il riso che con la lunga cottura tende a seccarsi. Il ripieno si mantiene morbido ma compatto.

Con questa prima ricetta per la tecnica di cottura del riso nel latte, partecipo con rinnovato orgoglio all'MTC di Settembre sul Riso.


lunedì 8 settembre 2014

Quattro quarti Settembrino e ritorno all'ovile

Coming back to life - Pink Floyd 
Ho trascurato questo blog abbastanza e adesso ho voglia di rimettermi in pari.
Ho viaggiato un bel po', per lavoro e per diletto.
Ho riportato una quantità di libri, riviste, cioccolata, biscotti, arnesi, piattini, ispirazione, energia ed entusiasmo.
Ho accumulato stanchezza.
Ho fatto e svuotato valige, ho allungato file in aeroporto, raccontato storie al microfono, perso persone nella folla, ascoltato lamentele e risposto ad abbracci di gratitudine.
Ma più di tutto ho incontrato belle persone e anche qualcuno da dimenticare.
Ho scoperto posti meravigliosi di cui immaginavo solo lo splendore.
Tutto questo ve lo racconterò poco alla volta nei mesi che verranno.
In questa estate che è volata, sono tanti i pensieri che mi sono balzati in testa.
Parlando di blog, non nascondo di aver per più di un momento, avuto il desiderio di abbandonare tutto.
Smettere, così come ho cominciato, senza tanti salamelecchi né saluti speciali.
Ed in effetti l'ho fatto, per ben due mesi e ragazzi, se sono stata bene.
Non ne ho sentito il bisogno né la nostalgia.
Ho avuto un sacco di tempo per me e mi sono liberata dalla strana sensazione di essere prigioniera.
Contemporaneamente, mi sono resa conto che amo scrivere dei miei viaggi e che per ironia della sorte, il nome che ho dato a questo posto contiene una verità che mi appartiene.
L'Andante del titolo, ha molto più a che fare con una vita quasi nomade che con uno spartito che da tempo non leggo più.
Se prossimamente mi soffermerò a parlare di posti lontani, non vogliatemene: in questo periodo ho bisogno di questo.
Bentornata a me!
Nel tempo delle more, vi consiglio un cake delizioso, ricco, perfetto per la chiusura di una cena ma anche per una merenda raffinata.
Facilissimo e di riuscita perfetta se rispettate delle regole fondamentali. Tutti gli ingredienti devono essere a temperatura ambiente. Il burro morbido ma non sciolto. Le uova alla temperatura del burro.
Questo impedirà al burro di separarsi dall'impasto collassando verso il basso durante la cottura e creando una texture disomogenea. Questa raccomandazione vale quasi per tutti i dolci morbidi a base di uova e burro, ma in particolare per il Quattro Quarti.
Quattro quarti con pere caramellate, more e pistacchio. 
Ingredienti per un cake con stampo classico
150 g di farina 00
50 g di farina di pistacchio
200 g di zucchero di canna integrale + 2 cucchiai da cucina colmi
3 uova medie a temperatura ambiente
200 g burro a temperatura ambiente.
1 cucchiaino di estratto di vaniglia
2 cucchiaini di lievito in polvere
2 pere Williams piccole
100 g di more
Sbucciate le pere e riducetele a dadini di 2 cm di diametro.
In una larga padella antiaderente, fate sciogliere due cucchiai di zucchero di canna quindi saltatevi le pere e fatele cuocere fino a che non saranno bene lucide di caramello.
Mettetele da parte e fatele raffreddare.
Lavate con delicatezza le more ed asciugatele.
Montate il burro con lo zucchero a mano o con la frusta elettrica, fino a che non otterrete un composto soffice e gonfio.
Aggiungete un uovo alla volta, avendo cura di aggiungere il secondo solo dopo che il primo non sia stato ben amalgamato.
Aggiungete l'estratto di vaniglia e mescolate.
Miscelate le farine con il lievito ed aggiungetele delicatamente all'impasto.
Aggiungete le pere all'impasto mescolando.
Foderate uno stampo da cake con carta da forno e versatevi il composto.
Decorate la superficie del dolce con metà delle more e premetele con leggermente nell'impasto.
Mettete lo stampo in frigo per una mezz'ora. Questo impedirà alla frutta di scendere verso il fondo.
Cuocete il dolce in forno preriscaldato a 180°C per 45/50 minuti, facendo la prova stecchino. Deve risultare completamente asciutto.
Fate raffreddare una decina di minuti, quindi sformate aiutandovi con la carta da forno e fate raffreddare completamente su una griglia.
Servite il dolce decorandolo con le more rimaste.

lunedì 1 settembre 2014

Settembre ricomincia con ThreeF

The sweetest thing - U2
Considerando l'estate appena passata, fatta di bombe d'acqua (e non gavettoni), temporali al limite del nubifragio, vento inarrestabile, grandine e si, anche neve, probabilmente il mese di Settembre che sta appena cominciando, ci riserverà giornate calde e temperate dal colore dorato.
Dico probabilmente perché gli ultimi mesi ci hanno provato che nulla, mai va dato per scontato quando si parla di meteo.
In ogni caso, se avete nostalgia di calore e cercate l'evasione dalle rogne del maltempo, ci ha pensato la Redazione di ThreeF a creare l'atmosfera perfetta per imprigionare la bellezza dell'estate.
Tra le pagine del numero di Settembre, che potrete sfogliare a partire da oggi, c'è tutta la fantasia e creatività delle amiche in materia di recupero e trasformazione.
Nulla si spreca e tutto si rinnova, sempre con un occhio attento alla stagionalità ed al sapore, al gusto.
Immagini come sempre bellissime ed evocative, con il tocco minimale e delicato che contraddistingue lo stile di ThreeF.
Inoltre potrete scoprire qualcosa delle persone che da ormai 7 numeri, lavorano dietro lo quinte di questo piccolo gioiello. Le tre F misteriose che per la prima volta si presentano a voi.
Scaricate e sfogliate il numero 7 di ThreeF e buona lettura a tutti.