mercoledì 23 dicembre 2020

Cupola di Panettone: Buone Feste!

Senza troppe parole, vi lascio a questo strano ed insensato Natale. 
Vi auguro di avere la fortuna di trascorrerlo vicino alle persone che amate e se così non fosse, che almeno i vostri cari stiano bene e siano al sicuro. 
Sarà un anno che non dimenticheremo ma spero che ognuno di noi abbia potuto imparare qualcosa di importante in questi mesi folli. 
Non mi dilungo perché rischierei di perdermi nelle solite divagazioni.
Quello che però non posso trascurare, è inviare a tutti voi i miei più sinceri, affettuosi, abbraccianti auguri di un sereno e intimo Natale.
Vi lascio un dolce molto scenografico e molto facile, da realizzare con gli avanzi del vostro panettone (certamente non di quello artigianale che finirà in un batter d'occhio). Potrete dargli nuova vita e stupire i vostri commensali. 

La ricetta qui di seguito. 

Ingredienti per uno stampo da zuccotto di 20 cm di diametro
500 g di panettone
250 ml di latte
250 ml di panna fresca 
3 tuorli
80 g di zucchero 
2 cucchiai abbondanti di Grand Marnier
la scorza grattugiata di un'arancia 

Per la copertura 
100 g di cioccolato fondente
100 g di panna 
lamponi per decorare.  
  • Tagliate a fette il panettone e tostatelo al forno a 180° per 10/15 minuti. Fatelo raffreddare quindi sbriciolatelo grossolanamente in una larga ciotola. In un'altra sbattete i tuorli e lo zucchero con una frusta quindi aggiungete la miscela di latte e panna che avrete fatto scaldare insieme alla scorza di arancia e Grand Marnier. Versate i liquidi sulle briciole di panettone ed incorporate bene il tutto. 
  • Imburrate con cura lo stampo quindi versatevi il composto e fate cuocere per c.ca 50 minuti/1 ora fino a che lo stecchino non uscirà asciutto. 
  • Fate raffreddare bene su una gratella. 
  • Quando sarà ben freddo preparate la ganache di cioccolato. 
  • Tritate il cioccolato al coltello grossolanamente e mettetelo in una ciotola.
  • Scaldate la panna e portatela a fremere quindi versatela sul cioccolato. Lasciatela lì per 2/3 minuti quindi mescolate bene con un cucchiaio o una frusta fino a che non otterrete un composto vellutato e lucido. 
  • Sistemate la cupola su una gratella sistemata su un piatto. Versate la cioccolata sulla cupola in modo che non copra tutto il dolce ma crei delle "colature" verso il basso. 
  • Decorate con qualche lampone e lasciate rassodare la ganache. Servite accompagnando con panna montata o crema inglese tiepida. 





lunedì 21 dicembre 2020

Cake agli agrumi: conto alla rovescia verso il Natale

Non ho ancora deciso il menù delle feste. 
Saremo quattro gatti certo, ma resta comunque un momento celebrativo e non posso cavarmela con una pasta in bianco. 
Quello che mi ha bloccato sin ora è l'idea di andare a fare la spesa. 
Attività che svolgo sempre con un certo senso di fastidio, non nell'atto in sé che per altro amo perché adoro scegliere gli ingredienti, ma per la confusione che trovo ogni volta. 
Pare che i supermercati nei giorni prefestivi siano l'habitat ideale per folli scappati dal manicomio. 
In questo periodo poi, te lo raccomando. 
Gente che manovra i carrelli come auto sulla pista del GP, vecchiette che sgomitano con un'energia che non ti immagineresti, capannelli di gente che si ritrova per un aperitivo in piedi al banco macelleria: distanza di sicurezza questa sconosciuta. 
Mi mette ansia dover andarci da sola perché impiego una quantità di tempo che potrei utilizzare per fare altro di più produttivo e soprattutto, vista la circostanza virulenta, preferirei evitare le resse. 
L'unico aspetto positivo della spesa grande, è che fino alla prossima settimana, non ci dovrò pensare. 
Va sempre cercato un lato positivo nel caos. 
Per me in questo periodo, è lo stare in casa. 
Dal calendario dell'Avvento Condiviso su Instagram di cui vi ho parlato qualche post fa, sono uscite bellissime ricette ed io mi sono subito innamorata del cake di agrumi di Simonetta Masangui che ho immediatamente messo in produzione. 
Questo lo dovete davvero provare per la colazione di Natale. 
Facile facile, ricordate di avere tutti gli ingredienti a temperatura ambiente. 
E' un 4/4 burroso di tradizione inglese. Usate degli ottimi agrumi non trattata. Il palato ringrazierà. 

Ingredienti per uno stampo classico da plum cake da 1 litro. 
250 g di zucchero 
250 g di burro morbido 
4 uova medie a temperatura ambiente 
150 g di farina 00
150 g di fecola di patate
la scorza non trattata di un limone + il succo di mezzo
la scorza delle arance + il succo di una arancia 
1 cucchiaino e mezzo di lievito 
  • Setacciate le farine con il lievito
  • Accendete il forno a 180° 
  • Montate il burro con lo zucchero e le scorze di agrumi nella ciotola della planetaria fino ad ottenere un composto soffice e gonfio. 
  • Aggiungete un uovo alla volta e continuate a montare. Non aggiungete il successivo sino a che il primo non sia perfettamente incorporato. 
  • Unire la farina poca alla volta incorporandola con una spatola. 
  • Versare il tutto in uno stampo imburrato e foderato di carta forno. Cuocere in forno per c.ca 50 minuti/1 ora. Fate la prova stecchino che dovrà uscire pulito anche se leggermente umido. Non fatela asciugare troppo. 
  • Fatela raffreddare su una griglia per 10 minuti quindi aiutandovi con la carta da forno, toglietela e completate il raffreddamento. 
  • Perfetta con il te, si conserva morbida a lungo se tenuta coperta con una pellicola o sotto una campana. 




venerdì 18 dicembre 2020

Su Coccone in mele: il pane con miele di Mamoiada

Centro uguale cuore 

Mamoiada è un paese di quasi tremila anime nel cuore della Barbagia. 
Chi non ha mai sentito parlare di Barbagia, deve pensare ad una delle aree più autentiche e selvagge della Sardegna, al confine tra il Gennargento e Supramonte. 
Parliamo della provincia di Nuoro quindi del cuore pulsante della Sardegna. 
Di questa parte di isola, ho avuto il piacere di parlare in questo post di qualche anno fa, a cui sono particolarmente affezionata per l'irripetibile esperienza e l'emozione della scoperta. 
Purtroppo, in quella occasione non era in programma una tappa a Mamoiada, ma so per certo, che prima o poi (più prima che poi), ci andrò perché lo desidero da tantissimo tempo. 
Se invece vi dico Mamuthones, qualcosa vi suona familiare in un cassettino della memoria?

Maschere, campanacci e riti ancestrali. 

La grandezza della Sardegna sta nella sua capacità di preservare la propria storia e tradizioni. 
Mamoiada non è un paese celebre per bellezze artistiche, meraviglie architettoniche o spettacoli naturalistici. 
E' un luogo semplice e piccolo ma che ha saputo mantenere viva la propria memoria ancestrale.  
E' proprio grazie alla ritualità legata alla religione ed ai cicli della natura, che i suoi Mamuthones sono conosciuti in tutto il mondo. 
Le maschere in legno d'ontano dai lineamenti animaleschi incise a mano, vengono indossate da uomini coraggiosi (12 come i mesi dell'anno) che per la festa di S. Antonio Abate, il 17 gennaio, quando tutto il paese è in festa illuminato da decine di falò, danno vita all'apertura del Carnevale Barbaricino. 
I Mamuthones rappresentano lo spirito animalesco ed indomito della divinità dionisiaca, per questo il loro aspetto è affascinante ed inquietante al tempo stesso. 
Indossano dei mantelli di pelo di montone su cui viene fissata "Sa carriga", un insieme i campanacci che arrivano a pesare fino a 30 kg, tenuti insieme da cinghie di cuoio. Così vestiti, attraversano il paese toccando ogni falò, in una danza zoppicante che produce una ritmica ipnotica e dissonante. 
Lo spirito della bestia viene tenuto a bada dagli Issohadores, personaggi vestiti elegantemente dove il bianco ed il rosso emergono prepotentemente, il volto coperto da una maschera candida. Gli Issohadores seguono il Mamuthones nella loro faticosa danza, usando la loro fune per domare l'istino bestiale con la razionalità e l'ordine.  Il termine di questo percorso simboleggia la fine della "bestia" ma anche la speranza di un raccolto ricco e prospero, garantito dal potere salvifico del fuoco. 
Vi invito a vedere questo bellissimo video della Regione Sardegna in cui potrete ammirare l'emozionante ed estenuante danza dei Mamuthones. 

Falò, canti e tanto buon cibo. 

Durante la festa di S. Antonio Abate, a Mamoiada arrivano visitatori da tutto il mondo. 
Il paese diviso in rioni, prepara cibo in abbondanza per offrirlo ai visitatori dei rioni vicini ed agli ospiti che arrivano da fuori. 
Ogni rione ha il proprio falò, intorno al quale si danza, si mangia e si canta. 
Non è infatti raro che piccoli gruppi di Tenores si improvvisino in spettacolari canti a cappella. 
Certo, per noi fissati con la gastronomia, l'aspetto del gusto è un traino irresistibile quando si pianifica un viaggio. In questo caso, non ne saremo certo delusi. 
La cara Antonietta Montisci di Mamoiada, grande cuoca e pasticciera che mi ha raccontato delle bellezze della sua terra e donato questa ricetta, mi ha spiegato che i momenti più importanti per questo paese sono 3:
- la Festa di S. Antonio Abate, 16/17 gennaio, durante la quale fanno la loro prima uscita i Mamuthones
- Il Carnevale a Febbraio 
- l'evento novembrino Autunno in Barbagia che vede un'impressionante presenza di ospiti e dove ogni anno vengono predisposte oltre 200 diverse postazioni dove poter assaggiare il cibo della tradizione locale. 
Alcuni dei piatti che non possono mancare in queste occasioni sono il Tarassaco lessato con patate, lardo o pancetta, servito con "pane lentu" (il pane Carasau appena cotto e non tostato), il bollito misto di pecora con verdure, carne e fave, le "patata a perras" (le patate a metà), i maccarrones de busa, il pane frattau (pane carasau arricchito con uovo, pomodoro e formaggio), l'immancabile porcetto arrosto. Non possono mancare i dolci come le orulettas (una sorta di chiacchiere), i s'aranzada, dei deliziosi cestini di scorze d'arancia a julienne caramellati nel miele ed il Coccone in mele. 

Su Coccone in mele, il pane con miele di Mamoiada, è uno dei pani antichi di Sardegna. 
Viene preparato solo in questo paese e probabilmente se ne possono trovare di simili in altre zone, ma è certamente un pane poco conosciuto. 
Ne sono rimasta affascinata ascoltando le parole di Antonietta: Su Coccone in mele viene preparato appositamente per la festa di S. Antonio Abate anche se i forni del paese lo preparano abitualmente, in particolare durante le festività più importanti.
E' un pane povero, semplice nella sua sostanza: semola, acqua, poco zucchero, zafferano per il colore. Oggi si aggiungono un paio di cucchiai di olio extravergine che conferisce maggiore morbidezza e profumo. Per il resto lo si può trovare in forma di semplice ciambella o con decorazioni fantasiose ed eleganti proprio in occasione delle feste. 
Io ho cercato di realizzare dei semplici tagli utilizzando una forbice.  
Le due forme che vedete in foto più sotto, sono veramente molto basiche e credo che potrete realizzarle con facilità se proverete. 
Il nome di questo pane ha spiegazioni contrastanti: qualcuno afferma che la parola mele, che significa miele, sia riferita al colore dorato intenso del pane mentre secondo gli storiografi, essendo un pane molto antico, la prima dolcificazione sia stata fatta proprio con il miele, di cui la Sardegna è ricca, ma che ormai da oltre un secolo, l'utilizzo dello zucchero, più economico e facile da reperire, ha fatto dimenticare la sua primaria composizione. 
Una curiosità: una volta cotto il pane viene tradizionalmente lucidato tuffandolo in una pentola di acqua bollente ed immediatamente rimettendolo in forno ad asciugare per qualche minuto. Questa operazione conferisce al pane una superba lucidità che lo rende bellissimo anche in forma di semplice ciambella. 
Io non ho effettuato questa operazione per semplice timore: essendo la prima volta che lo preparavo, ero certa che con questa tecnica, avrei combinato un pasticcio quindi ho preferito soprassedere e lasciarlo nella sua primordiale opacità. 
Ve lo presento però vestito a festa per il prossimo Natale. 

Ingredienti per due pani da c.ca 300 g l'uno
250 g di farina 0
250 g di semola rimacinata
c.ca 300 ml di acqua 
2 cucchiai colmi di olio extravergine 
100 g di zucchero semolato 
1 bustina e mezza di zafferano 
6 g di lievito di birra 
  • Miscelate le farine insieme allo zucchero. 
  • Sciogliete il lievito in una parte dell'acqua mentre nell'altra sciogliete lo zafferano.
  • Mettete tutto nella ciotola della planetaria e formate una piccola fontana. Versate l'acqua con il lievito e l'olio e cominciate ad impastare con il gancio 
  • Via via che la farina incorpora l'acqua aggiungete il resto (non è detto che dobbiate aggiungerlo tutto), continuando ad impastare a velocità media. Osservate l'impasto che dovrà staccarsi dalla ciotola lasciandola lucida: non dovrà essere appiccicoso, ma elastico e  bello lucido. Continuate ad impastare per c.ca 15 minuti, aumentando la velocità negli ultimi 5 minuti. 
  • Una volta pronta, toglietela dalla ciotola e sistematela su una spianatoia. Dividetela in due pezzi di peso uguale ed arrotolateli formando dei cordoni di c.ca 5/6 cm di diametro. 
  • Con ognuno dei due formate un cerchio che sistemerete su due placche foderate con carta da forno. A questo punto dovrete procedere a tagliare l'impasto per decorare i due pani. Potrete usare delle forbici e seguire l'esempio delle due immagini o usare la vostra fantasia. 

  • Una volta pronti, copriteli con dei teli di cotone puliti (non con la pellicola perché si appiccica sull'impasto. Ve lo dico perché è successo a me). Fateli lievitare per c.ca 1h30 /2 ore. 
  • Accendete il forno a 180°. Una volta pronti i pani, cuoceteli nella parte centrale per 25/30 minuti fino a quando non saranno belli gonfi, dorati e toccandoli sul fondo, suoneranno a vuoto.
  • Lasciateli raffreddare su una gratella. Si conservano bene in sacchetti di plastica e sono ottimi tagliati a fette e tostati. Serviteli con confettura o miele, ma anche del buon formaggio fresco e pecorino. 




mercoledì 16 dicembre 2020

Tagliolini agli agrumi con scampi e carciofi croccanti

Non si vive solo di dolci.
Lo so, qualcuno mi taccerà di essere ripetitiva postando un dolce dopo l'altro, ma siamo sotto Natale e l'idea è anche quella di poter regalare qualcosa di buono agli amici senza devastare le proprie finanze già messe a dura prova da un anno da disoccupata. 
Così si abbonda in biscotti e robe simili.
Però vi garantisco che in casa mia mangiamo.
Pasta, carne, pesce, uova, tante verdure. 
Dolci, qualcuno, magari la sera dopo cena per una coccola di fine giornata. 
Che io faccia dolci tutti i giorni è una mitologia, una notizia falsa e tendenziosa messa in giro da qualcuno che non mi vuole bene. 
E poi, noi sedicenti blogger, tendiamo ad adagiarci su foto di dolci solo perché sono più fotogenici. 
Vaglielo a dire ad una trippa di fare la figa mentre la inquadro. Non mi ascolta, fa quello che le pare. 
Ma giustamente lei è una di carattere...mica come certe torte, tutto zucchero a velo e ghirigori che poi, al primo morso non sanno di niente. 
Prometto che il 2021 vedrà questo blog molto più salato del solito. 
Ed oggi, per chiudere questo mese in bellezza vi presento loro! 
Un classicone.
Ho giusto aggiunto i carciofi croccanti per dare un po' di verve all'insieme, ma tagliolini al limone o agli agrumi è un piatto che vince sempre. Se poi ci aggiungiamo degli scampi polposi e saporiti, allora ecco che la festa è in tavola. 
Provateli. 
Sono facili facili facili. 
Non devo neanche insistere. Si preparano davvero velocemente e la porca figura è assicurata! 

Ingredienti per 4 persone 
350 g di tagliolini all'uovo freschi 
4 carciofi morelli 
12 scampi freschi 
60 mll di succo d'arancia spremuta fresca
30 ml di succo di limone
1 spicchio d'aglio
1 carota 
1 gambo di sedano
1 mazzetto di prezzemolo 
olio extravergine
sale - pepe nero 
  • Sgusciate gli scampi tenendo da parte le teste. 
  • In una larga casseruola, versate due cucchiai d'olio, aggiungete le teste degli scampi, insieme alla carota ed al sedano tagliati a pezzetti. Fate rosolare a fiamma media per 5/6 minuti quindi versate acqua a coprire il tutto e fate sobbollire per una ventina di minuti. Durante la bollitura, schiacciate  bene le teste con un cucchiaio di legno in modo da estrarre tutto il sapore.  Salate e lasciate al caldo.
  • Pulite i carciofi privandoli delle foglie più dure, le punte ed eventuale fieno centrale, e metteteli a mollo in acqua acidulata con il succo di un limone. 
  • Scolateli, asciugateli ed affettateli finemente. In una padella per frittura, versate due dita di olio extravergine e friggetevi i carciofi a più mandate, scolandoli quando saranno ben dorati e croccanti. 
  • Filtrate il brodetto di scampi. 
  • Saltate gli scampi in poco olio girandoli via via per un paio di minuti, quindi irrorateli con il succo degli agrumi e continuate a cuocere per un'altro paio di minuti. Salate e pepate. 
  • Togliete gli scampi dalla salsa e tagliateli a pezzetti non troppo piccoli. Versate il fondo di cottura degli scampi nel brodetto. 
  • Cuocete i tagliolini in abbondante acqua bollente salata. Ci vorrà c.ca un minuto. 
  • Trasferiteli in un ampia padella saltapasta dove avrete portato a ebollizione il brodetto. Terminate la cottura saltandoli con i carciofi e gli scampi in modo che la pasta sia ben mantecata nel brodo. Servite immediatamente. 






 


lunedì 14 dicembre 2020

Mississippi Mud Pie: irresistibile come una sana risata.

 It's the most wonderful time of the year - Andy Williams

Mississippi Mud Pie.
Un po' come dire "torta di fango del Mississippi". 
Titolo che ha evocato nella mia memoria, quel tormentone su cui ho riso fino alle lacrime durante la mia giovinezza. 
Vi dice niente " 'A Pizza de fango der Camerun"? 
Chi non ha amato La TV delle Ragazze, trasmissione cult dei primi anni '90, non può ricordarsi della signorina Vaccaroni, fine conoscitrice di finanza e valuta, lavoratrice instancabile allo sportello dell'Ufficio delle Imposte, dalle 8.00 alle 8.00, cogli l'attimo! 
Questo per dire che le ricette spesso diventano elementi scatenanti flussi di coscienza che si diramano negli anfratti della nostra memoria e scavano fino a riportare alla luce meravigliose perle. 
Così, mentre in un momento di tranquillità sfogliavo uno dei molti libri di cucina che albergano dimenticati sulla mia libreria, ho scovato questa Mississippi Mud Pie e mi sono innamorata. 
Dell'idea di un dolce che in realtà ha la consistenza di un tartufo, con bordi croccanti e cuore scioglievole...
Dopo 5 minuti d'orologio stavo frullando i biscotti e sciogliendo il cioccolato, ridendo sotto i baffi al pensiero che la pizza de fango der Camerun, non fosse certamente attraente come questa torta. 
Il libro da cui arriva è Chocolate di Linda Collister, un piccolo scrigno di infallibili bontà da cui è stata tratta anche la fantastica Surprise Cake , diventata un cavallo di battaglia della sottoscritta quando vuole lasciare a bocca aperta amici e conoscenti. 
Lo stesso risultato ottenuto con la Mississippi Mud Pie, che è arrivata sino all'ufficio di mio marito, popolato da persone perennemente a dieta. 
Ho sentito storie di bis svergognati e fette rubate di nascosto...una ragione ci sarà 
Nella ricetta, come potete notare più in basso, l'autrice inserisce anche una panna variegata al cacao. 
Nelle foto non la notate perché non l'ho fatta. 
Avevo semplicemente finito la panna e mi sono rassegnata a servirla scevra da accompagnamento. 
Mal di poco. 
La torta è fantastica. 
Bella la crosta croccantina che si sbriciola ma non troppo, trattenendo un ripieno umido, denso e cremoso. 
Nulla a che vedere con la densità quasi eccessiva di una Torta Pistocchi, se la conoscete. 
Qui il ripieno è gentile, si scioglie come un tartufo ma è meno grasso; l'aroma dell'arancia (una mia aggiunta), pervade tutto il dolce rompendo la monotonia del monogusto, ed il gioco delle consistenze fa il resto. 
Se non sapete cosa preparare per uno dei giorni di festa che arrivano, se amate senza limiti la cioccolata, se volete un dolce a metà fra la torta ed il dessert al cucchiaio, questa meraviglia fa per voi. 

Ingredienti per uno stampo a cerniera da 23 cm di diametro 
Per il guscio biscotto 
225 g di biscotti digestive
60 g di burro non salato
60 g di cioccolato fondente al 50% 

Per il ripieno 
180 g di cioccolato fondente al 70%
180 g di burro ridotto a dadini 
4 uova grandi sbattute, a temperatura ambiente 
90 g di zucchero muscovado 
90 g di zucchero di canna integrale 
180 ml di panna fresca 
la scorza di una arancia non trattata grattugiata

Panna al cioccolato 
140 ml di panna fresca ben raffreddata
3 cucchiai di cacao setacciato
40 g di zucchero a velo 
  •  Preparate la base mettendo i biscotti in un mixer con lama e frullandoli fino ad ottenere una farina non troppo fine. Mettete quanto ottenuto in una ciotola
  • Sciogliete il cioccolato ed il burro in una ciotola di acciaio a bagno maria, facendo attenzione che l'acqua sobbolla leggermente e non tocchi il fondo della ciotola. Quando saranno sciolti, rimuovete la ciotola dalla casseruola e mescolate. Versate il tutto sulle briciole e mescolate con cura con una spatola in modo da ottenere un composto uniforme e ben avvolto da burro e cioccolato. 
  • Trasferite la miscela nello stampo che avrete imburrato. Distribuite le briciole sul fondo e sui lati cercando di dare uno spesso uniforme. Per far aderire le briciole alle pareti, utilizzate un cucchiaio. Io ho schiacciato bene il tutto con un pestacarne. Mettete in frigo mentre preparate il ripieno. 
  • Per fare il ripieno, procedente allo stesso modo che per la base biscotto: nella ciotola di acciaio, fate sciogliere dolcemente il burro ed il cioccolato a bagno maria senza che l'acqua tocchi la base della ciotola. Una volta sciolti toglieteli e lasciateli intiepidire. 
  • Mettete le uova e lo zucchero e la scorza di arancia nella ciotola dell'impastatrice o del mixer o usate una frusta a mano ed una semplice ciotola, e montate per almeno 5 minuti, sino che non otterrete un composto denso e leggero. Aggiungete la panna a filo e continuate a montare. Per ultimo aggiungete il cioccolato sciolto ed incorporate bene fino ad avere una crema omogenea. Versate il tutto nel guscio di biscotto e mettete in forno preriscaldato a 180° e cuocete per 45 minuti circa, fino a che il dolce non sarà fermo. 
  • Lasciate raffreddare per una decina di minuti quindi togliete dallo stampo. 
  • Per fare la panna al cioccolato, montate bene la panna con lo zucchero quindi versate  cacao  setacciato ed con un cucchiaio incorporatelo formando delle variegature nella panna. Servite con il dolce a temperatura ambiente. 
  • La torta potrà essere preparata 2 giorni in anticipo e tenuta in frigo. Toglietela almeno una mezz'ora prima di servirla e a piacere cospargetela di cacao amaro. 


giovedì 10 dicembre 2020

La Panada (Sa Panada) e la "Pentola di Pane"

Oh Holy Night - Matt Nickle Music 

Non appena questo periodo di eremitaggio forzato terminerà e prenderò coscienza che il mondo è tornato un posto sicuro in cui muoversi, la mia voglia e necessità di viaggiare deflagherà come una supernova. 
Il viaggio è una delle ragioni per cui la vita merita di essere vissuta e non per niente l'ho scelto come lavoro. 
So per certo che cercherò di viaggiare nel nostro paese: la tendenza generale sarà quella dei viaggi di prossimità prima che la situazione possa tornare alla completa normalità.
Magari già da questa primavera potrò tornare in Sardegna, a Cagliari, una città di una bellezza decisamente sottovalutata. 
Dalla Toscana abbiamo la fortuna di volare direttamente da Pisa in meno di un'ora e con il trenino metropolitano dall'aeroporto, in un attimo si è nel cuore di questa fantastica città. 
Ci sono stata svariate volte negli ultimi cinque anni ed ogni volta è stata una vera sorpresa.
In un intenso moto di nostalgia, voglio parlarvi di un piatto tradizionale sardo che è un po' una metafora del viaggio: Sa Panada.
Un mondo di sapori racchiuso in una crosta croccante: non sai mai cosa aspettarti fino a quando non avrai dato il primo morso. 
Il viaggio è così: non sai mai cosa ti attenda sino a che non parti. 
I luoghi della Panada
La panada più cara ai cagliaritani è indubbiamente quella di Assemini, piccolo borgo a c.ca 10 km a sud di Cagliari. 
La leggenda vuole che la panada sia nata qui, sui bordi del grande stagno di Santa Gilla, vicino al quale sorge il paese. In queste acque dolci si pescano rinomate anguille che vengono cucinate in molti modi e che spesso finiscono in crosta. Pare che durante una ricca giornata di pesca, i pescatori non avendo un utensile adatto per cuocere questo pesce, lo abbiano avvolto nella onnipresente pasta di pane creando una sorta di pentola e così cotto sul fuoco. 
Il risultato fu talmente sorprendente da diventare presto un piatto molto amato, dal variegato ripieno che oggi possiamo trovare a base di agnello, manzo, carciofi, funghi e quanto la fantasia proponga. 
Altri luoghi in cui gustare la panada sono Cuglieri, Oschiri (una delle poche che viene lucidata con l'immersione nell'acqua bollente), Berchidda e Pattada. 

La "Pentola di pane" 
Nei giorni di festa e spesso sotto Natale, la panada vive il suo momento di gloria. 
Sopra ad una tavola riccamente imbandita, si servono grandi "pentole di pane" ripiene di ogni bontà, eliminando il coperchio con un coltello affilato una volta presentata. 
Nella vita quotidiana, sono apprezzatissime le mono porzioni: panadine riccamente farcite che diventano un facile cibo da strada da consumare in pausa pranzo o mini panade grandi come un boccone servite in aperitivi eleganti. 
Il concetto di "pentola di pane" ovvero contenitore di cibo mangiabile con le mani grazie all'ausilio della crosta, è molto antico e risale già ad epoca romana ma con maggiore utilizzo nel Medioevo, in cui il "pasticcio" non poteva mancare sia sulle nobili tavole dei signori che più in basso, al desco dei meno abbienti, diventando un cibo nutriente e piuttosto bilanciato in quanto conteneva allo stesso tempo, quando disponibili, proteine, carboidrati e fibre. 
Mentre il termine panada, pare rifarsi alla tradizione di influenza iberica dove ancora oggi troviamo la celebre Empanada Gallega o le Empanadas presenti in molti luoghi del Sud America, soprattutto in Argentina. 

Acqua, semola e strutto.
L'impasto che crea la panada, è di semplice semola rimacinata, in parte tagliata con farina 0, strutto ed acqua. L'olio extravergine ha quasi del tutto sostituito lo strutto, ma nel mio caso ho voluto mantenere la tradizione utilizzando come elemento grasso lo strutto aggiungendo anche 2 cucchiai d'olio buono come consigliato da una amica. Inoltre pur essendo una pasta di pane, non vi è alcun agente lievitante. 
Potrei dire che  stiamo parlando di una sorta di frolla salata molto resistente ed elastica, chiamata anche "pasta violata" ed utilizzata anche per la preparazione delle pardulas. 
Le versioni tradizionali della panada sono due: con anguille e con agnello e carciofi. 
Il ripieno deve essere ricco e abbondante per bilanciare con la crosta che lo serve. Inoltre non può mancare la presenza del celebre pomodorino secco sotto sale, il tradizionale insaporitore di molti piatti sardi.
La ricchezza della panada ha fatto nascere anche un simpatico detto originario di Assemini: Sesi tunda comendi una Panada", un modo bonario e carino per indicare una persona florida. 
La "mia" Panadina vegetariana
Non me ne vogliano i puristi, ma essendo la prima volta che mi cimento in questa ricetta, ho voluto provare un ripieno semplice e di mio gusto, utilizzando solo carciofi di stagione (purtroppo non il celebre Spinoso, ma solo dei Morelli toscani comunque saporiti), patate, pomodorini secchi sotto sale e aromi. 
Il risultato mi ha sorpreso moltissimo, soprattutto per la resa della pasta, così duttile, setosa e croccante una volta cotta.
Di certo sperimenterò nuovi ripieni, portando nel cuore il mio infinito affetto per questa isola meravigliosa. 
Per le informazioni storiche sulla Panada devo ringraziare la cara Dr.ssa Alessandra Guigoni che con il suo libro "Cibo Identitario della Sardegna" - Istituto Superiore Regionale Etnografico (Regione Sardegna) - mi ha aiutata a mettere chiarezza sulle origini ed i luoghi di questa importante ricetta. 

Ingredienti per 6 panadine 

Per la pasta di pane 
300 g di semola rimacinata
200 g di farina 0
100 g di strutto ammorbidito 
250 ml c.ca di acqua a temperatura ambiente
2 cucchiai di olio extravergine d'oliva  
1 cucchiaino di sale 

Per il ripieno 
5 carciofi spinosi (io ho usato dei Morelli toscani)
3 patate medie 
50 g di pomodorini secchi sotto sale 
1 spicchio d'aglio
1 mazzetto di prezzemolo 
qualche rametto di timo
1 limone
olio extravergine qb 
sale - pepe a piacere 

  • Miscelate le farine insieme al sale e formate una fontana su una spianatoia. Al centro mettete lo strutto ammorbidito e l'olio extravergine. Versate metà dell'acqua e con una forchetta cominciate ad incorporare la farina all'acqua e ai grassi. Continuate ad aggiungere acqua via via in base a quanta ne incorporano le farine e dopo poco cominciate a lavorare l'impasto con le mani. 
  • Quando la massa starà insieme e sarà morbida ma non molle, lavoratela con energia per una decina di minuti. La texture dovrà essere morbida ma non umida o appiccicosa, ma bella asciutta e setosa. Una volta pronta avvolgetela nella pellicola e fatela riposare al fresco mentre preparate il ripieno. 
  • Sbucciate, lavate e lessate le patate per 20 minuti. Non dovranno essere completamente cotte perché termineranno la cottura nella panada. Fate raffreddare completamente. 
  • Private i carciofi delle foglie più dure e le parti dei gambi più coriacee quindi metteteli in acqua acidulata con il succo di un limone. Successivamente tagliateli a metà, privateli dell'eventuale fieno e affettateli finemente. Pulite i gambi e sminuzzateli.
  • In una larga padella, scaldate 3 cucchiai di olio con lo spicchio d'aglio, aggiungete tutti i carciofi e fate cuocere 7/8 minuti, mescolando via via ed aggiungendo poca acqua se necessario. Salate ed insaporite con un cucchiaio di prezzemolo tritato quindi fate raffreddare. 
  • Stendete l'impasto con un mattarello ad uno spessore di 4/5 mm. Con due coppapasta, uno di 15 cm ed uno di 8 cm di diametro. I ritagli potranno essere reimpastati con facilità. 
  • Al centro del cerchio grande, che sarà il contenitore del ripieno, formate una montagnetta di carciofi e patate intervallati dai pomodorini secchi tagliati a filletti. Condite con un filo d'olio e poco sale, qualche fogliolina di timo ed appoggiate il cerchio piccolo sulla cima. 
  •  Sollevate il lembo della base su un lato e portate a toccare il lembo del coperchio unendoli per attaccarli. Fate lo stesso con il lembo opposto, quindi con quello in alto e quello in basso. A questo punto chiudete bene il tutto schiacciando il bordo con le dita verso l'alto (v. foto seguente). 
  • Il passo successivo sarà realizzare la "spighetta" ovvero la decorazione che assomiglia ad una piccola treccia. Basterà pizzicare il lembo con il pollice e sovrapporlo verso l'indice con una sequenza sempre uguale e continuativa, fino a completare la circonferenza. 
  • Una volta realizzate le vostre panadine, mettetele una ventina di minuti in frigo mentre accendete il forno a 180° C. Sistemate le panadine su una placca coperta con carta da forno e fate cuocere per almeno 1 ora fino a che non saranno ben dorate sopra e sotto, girando la teglia a metà cottura. 
  • Servitele ben calde. 
  • Si conservano a lungo, al fresco coperte con dell'alluminio. Basterà riscaldarle in forno perché tornino buone come appena fatte. 



domenica 6 dicembre 2020

Les Nonnettes di Digione e ben tornato San Nicola

Nonnetta Nonnetta, ritmo ritmo...

Eh no, non confondiamoci, non è il cavallo di battaglia di Alberto Sordi. 
Con le Nonnettes di cui sopra, ce ne andiamo in Borgogna, nel capoluogo gastronomico di una delle regioni più ricche di bontà della Francia. 
Forse vi dice qualcosa la Crème de Cassis, o il Pain d'Epice, o l'immancabile Moutarde che altro non è la Senape che tutti amiamo. Oltre ad essere una regione di grandissimi vini. 
Ebbene, le Nonnettes nascono qui, nel 1300 in pieno Medioevo, all'interno di un Convento di Suore (la "nonne" in francese è la suora). 

Dal Pain d'Epice alla Nonnette il passo è breve 

La caratteristica di questi dolcini, che a Digione si consumano tutto l'anno ma che in genere vengono celebrati a partire dal 6 Dicembre in occasione della festa di San Nicola che apre ufficialmente la corsa verso il Natale, è la loro morbidezza profumatissima, una glassa leggera che garantisce alle tortine di restare morbide a lungo, ed un cuore fondente di marmellata di arance (ma anche di albicocche, mele cotogne, susine, ecc). 
Il loro straordinario profumo è dato da una miscela di spezie dal quale emerge l'anice stellato, oltre che le quattro classiche spezie del Pain d'Epice: zenzero, cannella, noce moscata, pepe garofanato o chiodo di garofano (ma nel nostro caso useremo del classico misto spezie reperibile con facilità). 
Il pain d'epices era già in auge in Francia dal XIV sec. 
Possiamo senz'altro dire che le Nonnettes sono un'evoluzione gentile e più delicata di qualcosa già molto apprezzata.

La Nonnette va attesa con pazienza come si fa con la donna amata. 

Lo straordinario carico di aromi di questo dolce si apprezza soltanto tempo dopo l'uscita dal forno. 
Quindi tenete a bada le fauci anche se il profumo vi toglierà di sentimento e aspettate il giorno dopo. 
Le cose migliori si ottengono con un po' di sacrificio e ci vuole tempo per ottenere delle perfette Nonnettes. 
Oggi, le migliori Nonnettes si possono gustare presso la Maison Mulot a Digione, che ha celebrato ben 224 anni di produzione tra pain d'epices e Nonnettes. 
Basti pensare che ogni anno soltanto in questa pasticceria, ne vengono prodotte e consumate oltre due milioni. 
Non ho la pretesa di condividere la ricetta originale perché credo che sia ben custodita dalle pasticcerie che producono questi dolci. 
Ma ho provato diverse versioni disponibili dalla rete, e quella che mi ha convinto maggiormente resta quella di Mercotte, che per altro ne fa un versione personale. 
L'occasione per proporvi queste tortine me l'ha data la cara Mary del blog Un'americana tra gli orsi invitandomi a partecipare ad una giornata dedicata al Ginger Bread 

Ingredienti per 8 Nonnettes in stampi da soufflé

100 g di farina di segale
100 g di farina 00
75 g di farina di avena
200 g di miele millefiori
35 g di zucchero 
200 ml di acqua
75 g di burro 
1 cucchiaino di bicarbonato
la scorza grattugiata di una arancia non trattata
1/2 cucchiaino di cannella in polvere
1/2 cucchiaino di zenzero in polvere 
1/2 cucchiaino di anice stellato in polvere 
1 cucchiaino di spezie per pain d'épices (o misto spezie)
50g di marmellata di arance 
  • In una casseruola, fate scaldare l'acqua con il miele, lo zucchero, il burro e la scorza di arancia, rimestando continuamente. Non appena il burro si è sciolto togliere dal fuoco. 
  • Setacciare le farine con il bicarbonato e tutte le spezie in una larga ciotola. Versare al centro il composto al miele e mescolare con una frusta in modo da sciogliere eventuali grumi ed ottenere un impasto ben omogeneo. 
  • Imburrare ed infarinare gli stampi (potrete usare anche degli stampi classici da muffin) e distribuire il composto riempiendo gli stampi per 2/3. Metterli in frigo per una mezz'ora. 
  • Accendete il forno a 190°. Con un cucchiaino formate una fossetta al centro di ogni stampo e riempitela con la marmellata di arancia. Fate cuocere per c.ca 14/18 minuti, sorvegliando con attenzione e fate la prova stecchino che dovrà uscire asciutto. Lasciateli raffreddare quindi sformateli e teneteli su una gratella fino a che non saranno freddi. Copriteli fino al giorno dopo e gustateli dopo il riposo. 









mercoledì 2 dicembre 2020

Tozzetti alle nocciole per un Avvento condiviso

Driving home for Christmas - Chris Rea

Eh già, Dicembre. 

Ecco la fine di un anno che non si farà dimenticare per lungo tempo. 
A pensarci, il mese più bello, quello che simboleggia la gioia e la rinascita della speranza, è anche quello che chiude una storia, quella di quei 365 giorni che ognuno si porta dietro tra gioie e dolori e per i quali ha sempre un milione di propositi e aspettative che finiscono molto spesso con l'essere disattese.
Di tutto il silenzioso fragore di un anno disturbato, questo Dicembre avrà un pregio, grande, che forse non ritroveremo più: nessuna corsa, nessuno stress all'inseguimento del regalo perfetto, della festa perfetta, del vestito perfetto...il momento lo impone ma il cuore ringrazia. 
Se avessi una tuta di pile rossa con una renna gigante stampata sopra, la indosserei a Natale con tanto di cappello. 
Probabilmente il mio look di quel giorno non sarà neanche tanto diverso. Intanto starò in ciabatte...evviva. 

Un Avvento Condiviso

Lontani. Molti di noi lo saranno. Dai propri cari, dai figli, genitori, amici. 
11 mesi di distanziamento ed ancora non ci siamo abituati al distacco. 
Forse non lo saremo mai. 
Dal desiderio di vicinanza e condivisione, è nato un Calendario dell'Avvento virtuale su Instagram in cui 24 blogger aprono a turno una finestrella, raccontando il proprio Natale, attraverso una ricetta ma soprattutto attraverso la vicinanza a voi che ci leggete e a cui speriamo di fare un po' di spensierata compagnia. 
Oggi è il mio turno ed apro questa finestrella con un po' di emozione e malinconia perché questo Natale, più di tutti gli altri sarà  per me un momento di raccoglimento e riflessione. 
Tozzetti, non Cantucci! 

La verità è che avrei voluto condividere un'altra ricetta simbolo dei Natali della mia infanzia, che ho già raccontato tanto tanto tempo fa su questo blog: la pizza rentorta. 
Era il cavallo di battaglia di mia nonna paterna Emma, fra i dolci delle feste. 
Come spesso succede nelle famiglie matriarcali, le ricette si tramandano facendole insieme, ma nessuna delle figlie o figli di mia nonna (6 in tutto), ha avuto in custodia questo sapere. 
La ricetta è andata perduta. Con alcune cugine ho cercato per anni di ricostruire questa specie di biscotto arrotolato nella sfoglia. 
Così quando sono stata invitata a partecipare al Calendario, la prima cosa a cui ho pensato è stata lei, la pizza rentorta, ma al momento di farla, sono entrata in crisi. 
Era il dolce preferito da mio padre. 
Lui è stato il giudice di tutti gli esperimenti fatti per riprodurla, e come si divertiva a dare consigli per avvicinarsi al sapore originario. 
Mai cucinare qualcosa con le lacrime in gola. Forse in futuro ci riproverò. 
Ho preferito buttarmi sugli inossidabili Tozzetti di nonna Emma, altro leitmotiv dei nostri Natali romani. 
Nonna ne preparava una carrettata. 
Negli anni '80, quando a tavola eravamo in 35 tra nonni, zii e nipoti, i tozzetti dovevano durare fino alla Befana, con un tesoretto nascosto per coloro che poi ripartivano per tornare nelle proprie case. 
Questi deliziosi biscotti assomigliano nella forma ai nostri Cantucci, ma nella sostanza il sapore è molto diverso. 
Olio (in questo caso dalla Sabina, origine della mia famiglia paterna) al posto del burro, nocciole romane (o nocchie come le chiamava mia nonna) al posto delle mandorle. Nessuna lucidatura. 
Rustici, tosti ma friabili, una vera droga. 
Ed in questo Natale, quando l'isolamento e la distanza mi costringeranno a fare i conti con il fantasma dei miei Natali passati e la mancanza di mio padre sarà più forte che mai, cercherò di ricordarmi della fortuna che ho avuto e che ho di essere tanto amata. 
Fatelo anche voi. 
Ingredienti per c.ca 1kg200 g di Tozzetti 

500 g di farina 0
3 uova medie
300 g di nocciole tostate (io Tonda Gentile romana) 
250 g di zucchero semolato 
100 g di olio extravergine della Sabina Dop
la scorza grattugiata di un limone 
2 cucchiaini rasi di lievito 
  • Tritate metà nocciole al coltello in pezzi non troppo piccoli ed il resto lasciatelo intero. Su una spianatoia versate la farina miscelata con i lievito e lo zucchero e formate la fontana. 
  • Al centro rompete le uova e versate l'olio quindi sistemate le nocciole tutte intorno alla fontana. Con una forchetta sbattete le uova al centro e cominciate lentamente ad incorporare la farina. Con l'aiuto di un tarocco, radunate la farina verso il centro e fate in modo che assorba i liquidi sempre utilizzando il tarocco. Quando comincerà a stare insieme, impastate con le mani fino ad ottenere un impasto morbido e lucido. 
  • Accendete il forno a 180° e predisponete 2 teglie coperte da carta da forno. 
  • Tagliate l'impasto formando dei filoncini di c.ca 3/4 cm di diametro e sistemateli distanziandoli sulle teglie. 
  • Fate cuocere per c.ca 20 minuti quindi togliete dal forno e fate raffreddare. Una volta freddi, tagliateli diagonalmente con un coltello affilato ottenendo dei tozzetti non troppo grandi. Rimettete in forno per 10/15 minuti fino a che non saranno ben asciutti e dorati. Una volta freddi potrete conservarli in scatole ermetiche per oltre un mese (ma non ci arrivano).