lunedì 26 ottobre 2015

Comfort food: il TUO cibo della felicità! Pizzoccheri della Valtellina.

My Favorite Things - Sarah Vaughan
Comfort food.
E che vor di?
Ormai questi due termini sono di uso quotidiano nella lingua italiana in ambito gastronomico, ma provate a sussurrarli alle vostre nonne, alle vostre mamme.
Immaginate la scena: siete a tavola e la vostra amorevole mamma vi sta servendo una incommensurabile porzione di lasagna filante e fumante.
Vi guarda con gli occhi a cuore, il sorriso in sospeso e voi, in un afflato di incontenibile felicità:
- Oh mamma, questo si che è comfort food!
Il finale lo lascio immaginare a voi, però a me fa parecchio ridere.
Con tutto il rispetto per la lingua inglese, che io amo, mi piacerebbe che trovassimo il modo di definire il cibo della felicità secondo le nostre parole.
Perché effettivamente il Comfort food è tutto quanto passa attraverso il nostro palato e arriva all'anima prima ancora che allo stomaco.
Personalmente, quasi tutto quello che cucino per le persone che amo, potrebbe essere chiamato così, ma anche quello che faccio per me quando sono sola, senza bisogno di stare lì a spadellare ore e ore: un uovo fritto all'occhio di bue dove inzuppare un pezzetto di pane fresco e fragrante; un piatto di spaghetti al dente conditi con olio nuovo e tanto parmigiano; un panino gigante con la frittata ancora calda; una ciotola piena fino all'orlo di zuppa di ceci fumante e profumata di pepe...Tutti piatti che mi fanno stare bene, mi consolano come una carezza, mi rimettono il sorriso sulla faccia.
Potrei continuare in eterno perché il cibo è il più potente veicolo di ricordi ed emozioni di cui disponiamo.
La nostra speciale macchina del tempo.
Ce lo ha già raccontato ampiamente in tempi non sospetti il caro Proust con le sue Madelaines.
Jamie Oliver, che tutte noi appassionate di cucina conosciamo ed apprezziamo, spiega molto bene la sua idea di Comfort Food: "E' un concetto straordinariamente ampio, e quando viene associato al cibo si carica di un valore emotivo incredibile. L'idea di comfort food varia da persona a persona e li lega a profumi, a suoni e sapori. Si tratta di piatti perfetti per determinate occasioni, capaci di evocare sensazioni dimenticate, ricordi passati e di creare istanti memorabili da tramandare. 
E' lo stesso effetto che vi fa un lungo abbraccio affettuoso o un attacco di solletico. Questi piatti evocano le stagioni, i ricordi d'infanzia, ciò che mangiavamo a scuola, le gite con i nonni, il primo appuntamento...Mangiato in cucina per un pranzetto in famiglia o da soli accoccolati sul divano, l'importante è che sia ricco ricordi, personalità ed un pizzico di tua felicità" 
In queste parole ritrovo anche il mio sentire.
Mi piacerebbe molto scoprire il vostro "cibo dell'anima" anche se so perfettamente che ne avete più di uno. E la possibilità c'è!
Questa settimana uscirà la versione italiana di Comfort Food di Jamie Oliver, un libro di cui abbiamo già parlato qui grazie allo Starbooks, avendolo recensito proprio un anno fa.
Insieme al libro, la Tea Libri e Jamie Oliver hanno lanciato un Contest molto carino a cui tutti possono partecipare.
E' estremamente facile: Cucinate e fotografate il vostro piatto della felicità e postatelo su Instagram entro la mezzanotte del 3 novembre 2015. 
Per segnalare la vostra foto dovrete utilizzare l'hashtag di Jamie #ComfortFoodITA
Le 5 foto più belle saranno pubblicate su IlLibraio.it e sul Jamie Magazine Italia di dicembre.
Ma soprattutto parteciperete alla festa globale del cibo dell'anima e della felicità a tavola.
Tra i piatti della mia felicità ci sono i Pizzoccheri della Valtellina.
E' una pasta fresca fatta a mano che assomiglia a delle tagliatelle corte, preparata con farina di grano saraceno, tipica della zona di Teglio in Valtellina.
Il profumo legnoso e leggermente affumicato della farina di grano saraceno mi ricorda gli odori della montagna, dei camini accesi, della cenere e dei boschi.
Questa è la stagione perfetta per gustarli, abbracciati alla verza e le patate ed avvolti nella vellutata ricchezza del burro profumato di aglio.
Un piatto facile e veloce da preparare a patto che abbiate a disposizione dell'ottima farina di grano saraceno ed il formaggio Valtellina Casera Dop che firma l'identità vera di questo piatto.
Pizzoccheri della Valtellina (secondo il disciplinare dell'Accademia del Pizzocchero di Teglio)
Ingredienti per 4 persone
400 g di grano saraceno
100 g di farina bianca 
200 g di burro
250 g di formaggio Valtellina Casera Dop
150 g di formaggio Grana grattugiato
200 g di verza 
250 g di patate tagliate a dadini 
1 spicchio d'aglio
2 o 3 foglie di salvia
sale - pepe qb
Su una spianatoia miscelate le due farine e fate la fontana.
Aggiungete acqua fino a quanto ne incorpora e cominciate ad impastare con energia per almeno 5 minuti. 
Lasciate riposare la palla avvolta nella pelliccola per c.ca 30 minuti. 
Con il mattarello tirate una sfoglia ad uno spessore di 2/3 millimetri e ricavate delle strisce larghe 7/8 cm (come vedere in foto sopra) quindi cospargetele leggermente di farina e sovrapponetele.
Tagliatele con un coltello affilato nel senso della larghezza per ottenere le vostre tagliatelline larghe c.ca 1 cm.
Lavate con cura le foglie di verza ed eliminate la costa più dura quindi tagliatele a strisce larghe più o meno come la pasta.
Tagliate le patate a dadini non più grandi di 1cm 1/2 di lato. 
Portate ad ebollizione abbondante acqua salata quindi versatevi le verdure e fate cuocere per 5 minuti. 
Trascorso questo tempo, aggiungete delicatamente i pizzoccheri e fate cuocere altri 10 minuti mescolando il meno possibile. 
Mentre i pizzoccheri cuociono, fate sciogliere il burro in un padellino con lo spicchio d'aglio e la salvia fino a che non sia noisette. 
Scaldate la teglia in cui servirete i pizzoccheri. Scolateli con la schiumarola e fate un primo strato che copargerete con abbondante parmigiano e Valtellina  Casera a scaglie.
Proseguite così alternando pizzoccheri e formaggi.
Completate versando il burro ben caldo sulla pasta e rifinite con una macinata di pepe fresco. 
Servite caldissimi. 

mercoledì 21 ottobre 2015

Lemon Ginger Bundt Cake: Qualche parola sull'anima.

Anima - Ron
L’anima la si ha ogni tanto, nessuno la ha di continuo, per sempre.
Giorno dopo giorno, anno dopo anno, possono passare senza di lei.
A volte nidifica un pò più a lungo, sole in estasi e paura dell’infanzia,
a volte solo nello stupore dell’essere vecchi.
Di rado ci da' una mano in occupazioni faticose,
come spostare mobili, portare valige
o percorrere le strade con scarpe strette,
quando si compilano moduli, si trita la carne,
di regola ha il suo giorno libero.
Su mille nostre conversazioni partecipa ad una,
ed anche a questo non necessariamente,
poiché preferisce il silenzio,
quando il corpo comincia a dolerci e dolerci,
smonta di turno, alla chetichella,
è schifiltosa,
non le piace vederci nella folla,
il nostro lottare per un vantaggio qualunque
e lo strepito degli affari, la disgusta,
gioia e tristezza non sono per lei due sentimenti diversi,
è  presente accanto a noi solo quando essi sono uniti.
Possiamo contare su di lei
quando non siamo sicuri di niente e curiosi di tutto,
tra gli oggetti materiali le piacciono gli orologi a pendolo e gli specchi,
che lavorano con zelo anche quando nessuno guarda.
Non dice da dove viene e quando sparirà di nuovo,
ma aspetta chiaramente simili domande.
Si direbbe che così come lei a noi,
anche noi siamo necessari a lei, per qualcosa.


Oggi nessuna parola. 
Invero molte e bellissime di Wislawa Szymborska. 
"Qualche parola sull'anima" per farci pensare, sorridere, provare quello strano tepore che muta in fiamma potente e ci sale dallo stomaco al petto quando lei, l'anima ascolta.
Una poesia per scacciare tutto quello che non ci serve e da cui l'anima rifugge, perché alla fine nulla ci serve se non un po' di quiete nel cuore. 
Spero l'amerete come è successo a me. 
Perfetto per un pomeriggio autunnale dal profumo di te, una ciambella dell'inossidabile Martha Stewart, dal suo libro Cake da cui ormai attingo a piene mani.
Una ciambella al profumo di limone ed alla vivacità dello zenzero candito, che sappiamo essere una coppia ben assortita.
Si fa in un attimo e nello stesso tempo finisce.
E' noto che i dolci della Martha siano "dolci dolci", ma ogni tanto mi lascio corrompere anche io perché non sono di pietra.
L'interno del dolce è più pallido di come sia il mio, ma ho usato uova a pasta gialla e la fetta è stata una sorpresa anche per me. Devo dire molto bella.
Il sapore migliora nei giorni.

Lemon Ginger Bundt cake - per uno stampo da 26 cm di diametro. 
190 g di burro non salato a temperatura ambiente + extra per la tortiera
360 g di farina 00
2 cucchiai di scorza di limone non trattato grattugiata finemente
75 ml di succo di limone
50 g di zenzero candito
1 cucchiaino di bicarbonato di sodio
1 cucchiaino di sale
380 g di zucchero (ridotti a 300)
6 uova grandi a temperatura ambiente
250 ml di panna acida
zucchero a velo per rifinire
Preriscaldate il forno a 180°
Imburrate lo stampo a ciambella da 26 cm di diametro e spolveratelo con la farina quindi mettete in frigo mentre preparate l'impasto.
In una larga ciotola mescolate gli ingredienti secchi: farina, scorza di limone, zenzero, bicarbonato e sale.
Montate con la frusta elettrica il burro con lo zucchero fino ad ottenere un composto ben gonfio e chiaro (dai 3 ai 5 minuti).
Aggiungete le uova, una alla volta, inserendo la successiva solo dopo che la precedente non sia stata ben incorporata. Continuate a montare.
Aggiungete il succo di limone quindi diminuite la velocità ed aggiungete il composto di farina, in tre tempi, alternandolo con la panna acida (farina - panna - farina - panna - farina).
Mescolate con una spatola il minimo necessario per incorporare gli ingredienti.
Non lavorate troppo il composto.
Trasferite l'impasto nella tortiera, scuotetela con delicatezza affinché eventuali bolle scompaiano e livellate bene la superficie con una spatola.
Fate cuocere fino a che il dolce non sarà ne dorato, per 55/60 minuti, ma fate comunque la prova stecchino.
Fate raffreddare su una griglia per una 30na di minuti quindi sformate la torta e fatela raffreddare completamente.
Spolveratela con zucchero a velo e servite.


lunedì 19 ottobre 2015

Zuppa cremosa di porcini e cacao per Starbooks

Walk on the wild side - L. Reed 
Il profumo che maggiormente è in grado di trascinarmi in atmosfere autunnali nostalgiche e golose è quello dei funghi porcini.
E' l'odore umido del sottobosco, della terra che sta per addormentarsi, del tappeto muschioso.
Da ragazzina, vivendo in una tenuta circondata da ettari di bosco, sono stata una cercatrice di funghi scatenata, prima in compagnia di mio padre, poi con gli amici.
Spedizioni che erano sempre simili a cacce al tesoro dove i più abili e fortunati, esibivano con orgoglio il proprio bottino pregustando già migliori momenti.
Ciò che mi è rimasta crescendo, è l'ostinata attenzione dello sguardo quando passeggio: nei giardini, nei boschi, nel verde.
Scruto ogni angolo, cespuglio, frasca, alla ricerca di non so bene cosa o forse, di quella cappella di porcino celata dietro un ramo di leccino dispettoso.
I funghi sono uno strano dono della natura.
Una muffa che si fa prelibatezza all'ombra degli alberi e che bisogna saper conoscere bene e saper maneggiare con estrema delicatezza.
L'acqua per esempio, non dovrebbero neanche vederla da lontano.
Io li pulisco aiutandomi con carta assorbente leggermente inumidita, un pennellino a setole rigide per la cappella ed uno spelucchino per eliminare la radice terrosa e quelle parti che hanno sofferto a causa di un trasporto maldestro.
Non nascondo che quando ho fra le mani dei porcini freschi, sani, dalla polpa tosta e compatta, la parte spugnosa ancora integra e chiara, li preferisco saltati in padella con un lieve profumo di aglio e avvinghiati a tagliatelle croccanti, o se proprio voglio esagerare, pastellati e fritti.
La zuppa di funghi da noi è un classico, ma i pezzi si devono sentire sotto il palato.
Ad una crema di porcini non avevo ancora pensato per le ragioni di cui sopra, ma grazie allo Starbooks di questo mese, dedicato ad un libro che parla di meravigliose zuppe di stagione, non ho avuto dubbi nel credere che del cacao spolverato a dovere, su questo piatto potesse essere una vera figata.
Quindi, se volete leggere la ricetta, non vi resta che andare esattamente QUI!
Buon lunedì. 

lunedì 12 ottobre 2015

Torta di riso autunnale gluten free: le bufale graziose ed i fallimenti in cucina.

Fake - Sinply Red 
Dopo quasi cinque anni di blog, innumerevoli ricette provate, assaggiate e non pubblicate; dopo decinaia di riviste, libri, opuscoli, trafiletti, raccolte ecc ecc sfogliati e accumulati a prendere polvere; dopo l'esperienza Starbook che cresce e si rinnova ogni mese di nuove consapevolezze, la verità vera è che pochi, davvero pochi sanno ciò di cui scrivono.
Ovviamente mi riferisco all'ambito cibo, che non è come parlare della pace nel mondo o della scoperta della cura contro il cancro.
Si parla di cibo, semplicemente.
Eppure questo argomento finisce con il diventare terribilmente serio, specialmente quando si viaggia sul web.
Guerre di secessione per la paternità di una ricetta, divertenti amnesie a breve termine quando si tratta di citare fonti, indicare link, provenienze.
Furti (perché di veri e propri furti si tratta) di materiale fotografico pubblicato impunemente da intraprendenti facce di bronzo (ebbene si, è successo anche a me più di una volta).
Ma al di là di questo, che posso riuscire anche a sorvolare (non ho detto sopportare), c'è una cosa che trovo profondamente disonesta, molto ma molto di più dei fatti sopra citati, ed è la mancanza di onestà intellettuale.
Che è quella che ti impedisce di pubblicare qualcosa di fallimentare, di sbagliato, di immangiabile, sbilanciato, oggettivamente cattivo, praticamente irrealizzabile.
Ciò che, mascherato dietro all'aspetto accattivante e ruffiano di una bella foto, ti costringe a buttare ingredienti, tempo ed autostima nel cestino al termine del tuo sforzo.
Questa cosa mi fa talmente infuriare che non posso fare a meno di rompere le scatole all'autore. Divento odiosa, stron...ops perfida, vendicativa.
Scrivo messaggi educati chiedendo la ragione di quel fallimento, faccio notare le incongruenze, i difetti, gli errori.
Sono talmente rompi che una volta ho scritto pure ad un'importante casa editrice, perché sul libro di torte che avevo appena comprato, in tutte le ricette mancava la dimensione degli stampi da usare. E se non è un errore madornale quello!
Si, perché cari amici, non sempre è colpa nostra se una ricetta viene male.
Io ho fallito tante di quelle volte che mi viene da ridere, anzi, mi faccio quasi tenerezza, ma adesso, e non perché sono brava, adesso so esattamente quando la colpa è mia o della bufala che ho tentato di riprodurre.
E' l'esperienza. E' quello che io chiamo l'orecchio per la ricetta. Si, proprio l'orecchio.
Quando ascolti tanta musica, impari a capire la mancanza di intonazione, i tempi sbagliati, le stecche, le entrate farlocche.
Così quando leggi una ricetta ed hai l'esperienza di aver cucinato tanto ed osservato e buttato via molto, senti se quella sequenza di ingredienti e procedure "suona" bene.
Ma anche lì, credetemi, proprio quando pensavo di aver trovato quello che cercavo, il fallimento era dietro l'angolo.
Purtroppo però, per chi non ha il tempo né la voglia di cucinare tutti i giorni, il consiglio di un amico virtuale diventa una piccola ancora a cui aggrapparsi.
Così quando la ricetta non viene, la colpa non si da mai all'autore ma a se stessi, alla propria incapacità, a qualche possibile errore fatto durante il percorso.
Imparate da oggi a chiedervi se la ricetta con cui avete fallito sia corretta.
Imparate a cercare, confrontare, perdete un po' di tempo a farvi delle domande, aprite un manuale di tecniche cucina, non smettete di voler imparare.
Non guardate con occhi lucidi quella foto così incantevole e palpitante che occhieggia dal monitor perché potrebbe essere una pianta carnivora, pronta a magnarvisi con tutte le scarpe!
Che io ami i dolci a base di riso, è risaputo.
Che su questo blog ce ne siano diversi e che ad oggi i budini di riso alla senese siano una delle ricette più cliccate della mia intera produzione, tutt'ora mi sorprende.
Oggi ne aggiungo un'altra alla mia collezione, molto particolare, e restando nel tema di questo post, ho ritenuto di dover aggiustare leggermente perché decisamente sbilanciata.
La ricetta si trova su Sale e Pepe di questo Settembre ed assolutamente deliziosa, se non che la quantità di zucchero prevista è davvero eccessiva.
La particolarità di questa torta è, oltre ad essere naturalmente gluten free, la presenza di un guscio morbido e friabile in cui è contenuto il riso e che durante la cottura, avvolge ed abbraccia il ripieno mascherandolo alla vista.
La sorpresa si ha soltanto dopo la prima fetta. Provatela e mi direte.
Torta di riso di mamma Ada (Sale e pepe Settembre '15)
Ingredienti per 4/6 persone
100 g di riso Vialone Nano
150 g di farina di riso
5 dl di latte
180 g di zucchero (la ricetta ne prevede 250)
110 g di burro
3 uova medie
30 g di cramberries disidratati e ammollati (mia aggiunta perché volevo un pizzico di acidità)
i semi di una bacca di vaniglia e la bacca (la ricetta prevede Vanillina - aborroooooooo)
1/2 bustina di lievito per dolci
la scorza di mezzo limone non trattato
zucchero a velo per rifinire (fatevelo in casa con il cutter)
un pizzico di sale.
In una casseruola dal fondo spesso, fate bollire il latte, le metà della scorza di limone, i semi e la bacca di vaniglia.
Unite il riso quando bolle e fate cuocere a fiamma dolce per 18/20 minuti, mescolando via via affinchè non si attacchi.
A cottura il riso avrà assorbito tutto il latte.
Aggiungete un cucchiaio di zucchero e 10 g di burro. Mescolate e fate raffreddare completamente.
Montate il burro morbido con 100 g di zucchero fino a che non sarà bello chiaro e gonfio.
Unitevi la farina di riso, il lievito ed il resto della scorza di limone.
Separate i tuorli dagli albumi. Montate a neve gli albumi ed incorporateli al composto di farina di riso ottenendo un impasto piuttosto consistente.
In un'altra ciotola sbattete i tuorli con il resto dello zucchero fino a che non saranno belli gonfi quindi aggiungetevi il riso cotto da cui avrete eliminato la bacca di vaniglia.
Adesso imburrate e coprite di carta da forno uno stampo da 20 cm di diametro.
Sul fondo versate l'impasto di farina di riso e distribuitelo con una spatola di gomma a formare un guscio lungo tutte le pareti e sul fondo.
Adesso versatevi il composto di riso facendo in modo che non oltrepassi il bordo del guscio.
Cuocete la torta in forno a 150° per 1h40 c.ca. Fate sempre la prova stecchino.
Una volta fredda sformatela e spolveratela con zucchero a velo.
Si conserva bene per un paio di giorni coperta con pellicola.

giovedì 8 ottobre 2015

Storia di Sophie, cacciatrice di idee...e di sogni.

Dream a little dream... - E. Fitzgerald & L. Armstrong
A pochissimi chilometri da Siena, nel cuore di quello che viene notoriamente chiamato "Chianti Classico", sorge una fattoria di antichissime origini: la Fattoria di Tregole.
Si pensa che il piccolo agglomerato urbano, caratterizzato dalla presenza di una stupenda cappella che ricorda quella del Brunelleschi a Firenze, fosse presente già dall'anno mille, ma le prime documentazioni scritte ed ufficiali risalgono al 1560.
Oggi la Fattoria è un delizioso b&b gestito da Edith, di origini altoatesine, e da sua figlia Sophie.
Il destino e l'amore per la Toscana le ha portate qui 15 anni fa ed il rudere di allora si è trasformato con lavoro duro ed una visione chiara, nell'attuale Fattoria.
Il piccolo borgo è circondato da 30 ettari di terreno, boschi fitti in cui possono trovarsi anche pini marittimi ed un totale di 6 ettari di vigne da cui si produce Chianti Classico DOCG e vini Igp.
Edith è la padrona di casa, sempre presente, regina della cucina (tiene quotidianamente dei corsi di cucina Toscana per i suoi ospiti) e del ristorante.
Sophie, classe 1988, è l'anima dell'azienda agricola.
Questa giovane donna racconta con orgoglio di essere una Imprenditrice Agricola Professionale (IAP) e se oggi sento il desiderio di trasmettervi la sua storia, è perché poche volte mi sono trovata di fronte ad una gioventù così determinata e desiderosa di condividere le proprie opportunità con chiunque abbia la medesima visione della vita.
Dopo una lunga esperienza nell'ambito vitivinicolo, che l'ha portata a viaggiare anche molto lontano ed a lavorare duramente perché la terra non accetta compromessi, oggi Sophie si trova a gestire la fattoria di famiglia e vuole farlo fortissimamente, ma non da sola.
Ha capito che da soli non si va da nessuna parte e in un'economia che lascia giovani di belle speranze al palo, lei sa che solo restando attaccati alla terra si ha una speranza.
Mentre racconta il suo sogno, osservo questa giovane donna bellissima, forte, solidamente attaccata alla sua visione: mi ricorda un albero dalle radici profonde che difficilmente un colpo di vento potrebbe smuovere.
Sophie sa che la sua fattoria ha un enorme potenziale e che da sola non potrà mai farlo emergere, così pensa: e se qualcuno avesse un sogno come il mio ma gli mancasse la base, la terra, il luogo dove realizzarlo?
Così piano piano, quella che all'inizio le sembra una cosa impossibile, oggi diventa "Semi di Futuro".
Sophie decide di cercare delle idee di "business agricolo", in grado di poter sfruttare in maniera efficace ed innovativa le risorse della fattoria.
E per fare questo lancia un concorso aperto a chiunque abbia un'idea.
Non c'è limite di età ma neanche di settore.
Le idee non dovranno essere dirette esclusivamente all'ambito agricolo ma anche alla ricettività e ristorazione, realizzabili a Tregole.
Tregole, sotto la spinta di Sophie, diventa quindi un laboratorio di idee che ovviamente dovranno avere una sostenibilità in termini economici, ma essere coerenti con quelle che sono le caratteristiche dell'azienda.
La raccolta di idee avrà una durata di 6 mesi, durante i quali Sophie ed una giuria di esperti, valuteranno i progetti.
Il vincitore diventa quindi artefice del proprio sogno, affiancato da Sophie.
Per farvi entrare nella bellezza di questi luoghi, lascio parlare le immagini.
L'autunno è già arrivato sulle Colline del Chianti eppure è proprio in questa stagione che il suo fascino raggiunge l'apice.
La vita di Sophie a Tregole è intensa e piena.
Soprattutto quando la natura rinnova la sua sfida. Che non sempre si può battere.
Oggi, le Colline del Chianti sono attraversate da orde di daini.
Negli ultimi 5 anni questo incontrollato popolamento, è diventato una vera e propria piaga.
Ne sanno qualcosa i contadini ed i viticultori locali.
Sophie per esempio, ci raccontava che da un vigneto da cui ottiene mediamente 60 quintali di uva, quest'anno ne è riuscita a salvare solo 5.
Non è grandine. Non è un parassita.
Questo è un graspo che ha subito la visita di un daino.
I cerbiatti sono ghiotti di uva. A nulla servono recinzioni, escamotage a base di feromoni e qualsiasi altra azione coercitiva.
Loro riescono sempre ad arrivare e sono peggio delle locuste.
Tregole è anche e sopratutto un luogo di buen retiro e qui arrivano da tutto il mondo.
Chi cerca il silenzio ma anche la bellezza, la magia ed un'atmosfera capace di riportarti alle cose essenziali dell'esistenza, a Tregole può trovarle.
A partire da una cucina assolutamente vera e di sostanza.
Se poi si vuole scoprire tutto, ma proprio tutto sulla storia del Chianti, del suo vino e della sua gente, Dario Castagno, scrittore appassionato e anticonformista amante di questa terra, vi guiderà lungo un percorso unico ed affascinante, anche questo parte del progetto di Sophie, che crede fortemente nella condivisione di intenti ed affinità.
Dario è un best selling author nei paesi anglosassoni ed in particolare Nord America e praticamente sconosciuto a casa sua.
Turisti da tutto il mondo vengono per conoscerlo e sentirlo raccontare e chi passa da Tregole non può perdersi il Chianti di Dario.
Per saperne di più sul progetto di Sophie, visitate "Semi di Futuro" e non esitate a contattarla direttamente a Tregole. 
Personalmente auspico che l'esempio di Sophie divenga un modello di sviluppo intrapreso da molti e che tante idee arrivino a Tregole come pulsanti e rigogliosi semi di un futuro possibile.

lunedì 5 ottobre 2015

MTC 51: Il Pollo Ripieno.

You can do magic - America
Momento di silenzio.
Almeno riuscirò a percepire i vaffa provenienti dall'intero pianeta MTC, perché si, lo so che me ne manderete tanti.
A mia discolpa posso solo dire: prendetevela con lei,  quell'eterea donna sfogliata dal nome di Louise Jane Rusconi che ha deciso che proprio io dovessi vincere la sfida sul Croissant.
Già mi è sembrato impossibile 25 sfide fa, l'idea di aver convinto il terzo giudice.
Ma stavolta, non era neanche balenato nell'anticamera del cervelletto, presa com'ero a levarmi di dosso la prima influenza di stagione.
A tradimento, mi ha preso!
La reazione è stata così incredibile e potente, che qualche istante dopo aver preso coscienza della cosa, avevo già in mente la ricetta.
Quasi come un rigurgito di ribellione ad un'idea che proprio non riusciva a prendere forma nella mia testa: avere vinto l'MTC di nuovo.
Mandato un messaggio alla Nostra Signora dell'MTC in quel di Singapore, ho atteso la risposta che è arrivata fuso permettendo, con un secco e deciso: "Facciamolo!"
Più ci penso e più sono certa che alla fine di questa prova,  dopo un primo momento di panico cristallino, avrete una percezione diversa dello stare in cucina.
Lo so perché è successo anche a me.
La prima volta vi ho fatto paciugare con il pongo.
Fare i pici è facile, lo fanno anche i bambini, a volte anche meglio di noi.
Adesso invece ci si tira su le maniche, si scelgono gli attrezzi e si entra nella materia. Quella vera.
Disossare un pollo.
Proprio voi, con le vostre mani, da soli!
Per capire cosa se ne dice nella rete, ho voluto fare un giro tra blog e portali.
Se digitate "pollo ripieno", vi si apre il mondo.
Ma quando arrivate alla parte "disossare il pollo", quello che vi capiterà di leggere è estremamente divertente: "servitevi dal vostro macellaio di fiducia" (si, perché la mamma a voi le manine sante non ve le ha fatte), oppure " aprite il pollo e separate la cassa toracica dalla pelle" (perchè nell'idea comune, il pollo è fatto come il paziente dell'Allegro Chirurgo, dove le ossa si levano miracolosamente con le pinzette), ma anche "disossate il pollo e farcitelo" (con il potere della mente basta che imponiate le mani sul volatile ed ripetiate concentrati: "disossati, disossati").
Non esistono tutorial dettagliati e sui video stenderei un velo pietoso.
In sintesi: arrangiatevi.
Allora mi chiederete voi: che senso ha fare tutto sto lavoro, quando lo può fare qualcuno per noi?
Il senso è questo: che diamine ci stiamo a fare in cucina se non vogliamo cucinare veramente?
E perché abbiamo un blog di cucina se dobbiamo riempirlo di biscottini, nastrini e ninnolini?
Quest'oggi al vostro blog nascono i peli sul petto.
Quest'oggi si entra nella materia, si tocca la fibra, si recide, si scarnifica, si taglia e cuce cercando di rispettare ed onorare la materia che si ha sotto le mani.
Si guarda un pollo con occhi diversi, ed alla fine un po' diversi lo saremo anche noi.
Disossare un pollo è complesso senza essere impossibile: richiede concentrazione, lentezza, una certa dose di manualità (che tutti voi avete altrimenti non stareste qui), carattere e buona volontà.
Vi consento di farvi prendere dal panico i primi 15 minuti, esattamente come ho fatto io la mia prima volta.
Trovarsi un busto di pollo di fronte e guardarlo come se non l'aveste mai visto veramente.
Lo girerete venti volte, lo toccherete con un dito, avrete paura di fargli male.
Vi ricordo: la bestia è morta!
Adesso sta a noi dargli una fine degna del suo sacrificio.
Con questa prova, non voglio esagerare, ma si diventa grandi.
E se volete fare i fighi, disossate un pollo!
Fatto una volta, potrete farlo sempre e vi sembrerà pure facile.
L'importante è utilizzare degli strumenti giusti.
Che sono un coltello con lama scanalata e a punta molto affilata come quella che vedete in foto, ed un potente trinciapollo.
Sulla scelta del volatile devo fare una piccola premessa: disossare un pollo ruspante è leggermente più complicato di un polletto da batteria, in quanto la quantità di polpa è inferiore e tutte le articolazioni così come l'ossatura, sono più resistenti.
Disossare un piccolo volatile come piccione o quaglia è esattamente identico.
La procedura è la medesima ma la difficoltà sta nel lavorare di cesello, cercando di non rovinare pelle e polpa per cui il consiglio, per chi prova per la prima volta, è partire con un volatile più grande per prendere confidenza con l'argomento.
In ogni caso avrete la libertà di provare con il volatile che preferite, all'MTC si amano i temerari.
La tecnica illustrata dal tutoraggio a cui mi sono affidata, è quella che insegna la scuola del Cordon Bleu di Parigi e credo quella che sia quella in assoluto più utilizzata.
La meravigliosa Redazione dell'MTC vi regalerà approfondimenti strepitosi che vi apriranno un mondo. La nostra impagabile Dani ha preparato una perfetta infografica che vi aiuterà a seguire le singole fasi e che verrà pubblicata domani.
Di fronte alla prova che sembra ardua ma non lo è, avrete schiere di consorti e figli che vi adoreranno perchè il pollo ripieno fa festa, mette d'accordo tutti e soprattutto vi farà apparire dotati di superpoteri. Che effettivamente avete.
Allora, siete pronti? Buttiamoci.
  1. Prendete il vostro busto di pollo eviscerato, pulito e fiammato per eliminare eventuali residui di piume. Rinfreschiamo subito un po' di anatomia andando a lussare entrambe le cosce. Con il busto del pollo dritto di fronte a voi, dovrete infilare il pollice della mano sinistra (se non siete mancini) nella cavità intestinale fino a toccare l'articolazione dell'anca. Con l'altra mano tirate indietro la coscia rompendo l'articolazione. Il femore deve uscire dalla cavità dell'anca. Fate la stessa cosa con l'altra coscia. 
  2. Dovete togliere la forcella dello sterno. E' una delle operazioni più delicate: ruotate il pollo sempre in posizione supina, con il petto verso di voi. Spingete indietro delicatamente la pelle della cavità del collo. Toccate la polpa del petto intorno alla cavità e potrete percepire la forcella. Incidetela con la punta del coltello.
  3. Con il coltello raschiate la carne intorno alla forcella in modo da farla apparire, quindi con delicatezza recidetela al vertice con il trinciapollo, facendo attenzione a non bucare la pelle. 
  4. La forcella è libera anche se l'osso lungo è ancora all'interno e verrà eliminato successivamente.
  5. Adesso ruotate nuovamente il pollo e mettetelo con il petto a contatto con il tagliere. Tenetelo   schiacciato con una mano ed incidete nel centro della spina dorsale scendendo dal collo alla coda. Qui troverete resistenza all'inizio ma poi proseguendo sarà molto più agile. Aprite quindi il pollo a libro. Via via che procedete nel lavoro, asciugatevi bene le mani cercando di averle sempre prive di grasso che inevitabilmente potrebbe rilasciare il volatile. Il coltello deve essere sempre ben fermo nella vostra mano. 
  6. Procedendo dall'alto verso il basso e dalla colonna verso l'interno, fate scorrere la lama del coltello appoggiandola alla cassa toracica ed incidendo in profondità, cercando i raschiare bene la polpa dalle costole. Procedete con calma da una parte e poi dall'altra. 
  7. A questo punto avrete quasi terminato la parte più difficile. La gabbia toracica sarà quasi completamente staccata dal petto. Resterà lo sterno che potrete sollevare e staccare dal basso verso l'alto. Una volta inciso nella lunghezza, si staccherà completamente il resto dell'ossatura. Toccate il bordo del petto all'altezza del collo ed eliminate la parte lunga della forcella sempre incidendo con la punta del coltello. Tenete la carcassa da parte. 
  8. Adesso grattate via la polpa dalle ossa delle anche e staccate l'osso dalla giuntura della coscia con il trinciapollo. L'osso lungo della coscia sarà invece lasciato al suo posto per mantenere una bella forma finale. 
  9. Tagliate con il trinciapollo le ali all'altezza dell'articolazione. Quindi rimuovete il resto dell'ala in corrispondenza delle giunture. Spingete con il dito la pelle dell'ala all'interno della cavità che si sarà formata dopo l'eliminazione dell'osso.  
  10. Il vostro pollo è disossato. Palpate con le mani la carne di tutta la superficie per sentire se qualche piccola scheggia di osso sia rimasta ed eventualmente eliminatela. Procedete a stendere il ripieno con cura. 
  11. Sollevate i lati del volatile per richiuderlo, fate coinciderei lembi di pelle con grazia e procedete alla cucitura. Cominciate dal collo e scendete cucendo senza tirare troppo la pelle perché con la cottura, tenderà a gonfiarsi e ritirarsi con il rischio di spaccarsi e rovinare tutto il vostro paziente lavoro. Potete usare filo da cucina o filo di seta a vostro piacere. 
  12. Una volta cucito il vostro polletto avrà più o meno questo aspetto. Legate le cosce per mantenere la forma in cottura.
  13. Inumidite un largo foglio di carta da forno ed avvolgetevi stretto il pollo chiudendolo come un caramellone. 
  14. Avvolgete il caramellone in un lungo foglio di alluminio e legatelo con dello spago per dare definitivamente una forma cilindrica al vostro pollo. Adesso potete mettere in frigo per 2/3 ore o se preferite, per tutta la notte fino al momento di cuocerlo. Per la cottura bollita (ad esempio per la galantina), potrete lasciare il vostro pollo direttamente avvolto come indicato. 
  15. Per la cottura al forno, eliminate la carta, condite l'esterno del pollo massaggiandolo con sale e pepe quindi strofinatelo con piccoli fiocchi di burro che serviranno a mantenere morbida la pelle durante la cottura. 
  16. Una volta cotto, questo sarà più o meno l'aspetto del vostro pollo.  Qualora capitasse la piccola sventura di rompere la pelle, non succede niente. Si va avanti e si porta in fondo l'operazione. Sarà probabilmente meno aggraziato ma avrete sempre raggiunto un grande traguardo. Non sarà uno strappo che pregiudicherà la bontà e la riuscita della ricetta. Ricordatelo! 
La ricetta
Il pollo ripieno con frutta secca e prugne, patate duchesse alla zucca e gravy al brandy. 
Ingredienti per 4/6 persone 
1 busto di pollo eviscerato di c.ca 1 kg di peso
100 g di macinato di manzo
100 g di salsiccia fresca toscana
50 g di prosciutto arrosto sminuzzato sottilmente
20 g di burro
30 g di frutta secca mista tritata (io ho usato pistacchi, albicocche e pinoli)
8 noci sgusciate
7 prugne secche snocciolate
30 g di mollica di pane ammollata nel latte
20 g di parmigiano grattugiato
1 cipolla dorata
1 carota
2 rametti di rosmarino
5/6 foglie di salvia
qualche rametto di timo
1 bicchierino di Brandy
1 cucchiaino di misto spezie La Saporita
Olio extravergine d'oliva
Sale - pepe qb

Per le patate Duchesse alla zucca
Ingredienti per 4/6 persone
400 g di patate a pasta gialla
200 g di zucca mantovana
3 tuorli grandi
50 g di burro
una macinata generosa di noce moscata
sale - pepe qb

Per il gravy (da una ricetta di Martha Stewart) 
800 ml di brodo di pollo (da preparare secondo la vostra ricetta preferita con la carcassa di pollo)
100 ml di Brandy (lo stesso che utilizzerete per la cottura del pollo)
3 cucchiai rasi di farina 00
Sale grosso e pepe macinato al momento.

Prepariamo il pollo. 
Dopo averlo disossato, preparate il ripieno mescolando in una larga ciotola, il macinato, la salsiccia, il prosciutto, il pane, il parmigiano, la frutta secca, le noci sbriciolate grossolanamente, il misto spezie. Mischiate tutto bene con le mani quindi aggiustate di sale e pepe.
Stendete bene il ripieno sul pollo aperto a libro e distribuite le prugne sulla superficie.
Chiudete e cucite come indicato sopra.
Dopo aver fatto riposare il pollo in forma all'interno della carta da forno e alluminio, procedete la cottura.
Accendete il forno a 180°.
In una larga pirofila versate 4 cucchiai di olio extravergine.
Affettate sottilmente la cipolla. Aggiungete la carota a fettine e le erbe aromatiche.
Sistemate il pollo sul fondo preparato dopo averlo condito con sale e pepe e cosparso con il burro.
Mettetelo in forno.
Dopo 15 minuti, aprite e irrorate il pollo con il Brandy e proseguite la cottura.
Ogni 10 minuti, spennelate il pollo su tutta la superficie con i suoi succhi per mantenere morbida la pelle e non farla seccare.
Proseguite la cottura per c.ca 1h15. Dovrete calcolare c.ca 1h di cottura per ogni chilo di pollo ripieno. Se per esempio con il ripieno otterrete un pollo di 1,200 kg, dovrete cuocere per c.ca 1h20 minuti.
NON usate il forno ventilato perché seccherà la pelle del vostro pollo rompendola.
Girate il pollo un paio di volte durante la cottura aiutandovi con cucchiai o palette di legno per non bucare la pelle.
Quando siete in fondo alla cottura, verificate il colore dei succhi che escono dalle suture.
Se schiacciando leggermente con un cucchiaio di legno vedrete uscire del liquido trasparente, il pollo sarà cotto. Proseguite se vedete che i succhi sono ancora rosati.
Quando il pollo sarà pronto, toglietelo dalla pirofila e tenetelo in caldo per preparare il gravy.

Preparate il gravy al Bandy
Quando il pollo sarà cotto, dovrete avere già il vostro brodo di pollo pronto e caldissimo.
Vi consiglio di utilizzare la carcassa della cassa toracica, le ossa delle cosce e le ali.
Scegliete le verdure e gli aromi che preferite.
Dovrete avere a disposizione 800 ml di buon brodo caldo e separato da eventuale grasso rilasciato dalla pelle.
Dalla teglia in cui avete cotto il pollo, scolate i liquidi filtrandoli dalle parti solide (carote, cipolle, aromi), che terrete da parte (potete frullarle con un po' di brodo caldo e fare una seconda salsina di servizio).
Mettete da parte i succhi filtrati in una ciotola.
Mettete la teglia su due fornelli.
Versateci il Brandy e portate a ebollizione mescolando con un cucchiaio di legno per staccare dal fondo eventuali rosolature. Togliete dal fuoco.
In una casseruola dal fondo spesso, scaldate a fuoco medio basso, 3 cucchiai dei succhi tenuti da parte.
Aggiungete la farina facendola cadere a pioggia da un setaccio e mescolate con una frusta cuocendo fino a che il composto è fragrante e ben dorato, per circa 9 minuti.
Unite piano il brodo caldo mescolando bene e portate a ebollizione, quindi abbassate la fiamma.
Quando comincia a sobbollire, incorporate il liquido di deglassatura tenuto da parte.
Salate e pepate quindi lasciate sobbollire mescolando ogni tanto fino a che si è addensato (c.ca 20 minuti).
Passate al colino fine in una pentola per eliminare eventuali grumi.
Assaggiate e aggiustate di sale e pepe se necessario.
Servite caldo sul vostro pollo.
Mentre il pollo cuoce, potrete preparare le vostre Patate Duchesse alla zucca.
Fate bollire le patate con la buccia in abbondante acqua fredda.
Fatele cuocere al dente.
Non dovranno essere troppo cotte per non incorporare troppa acqua.
Fate la prova stecchino, che dovrà trovare un po' di resistenza infilandolo.
Tagliate la zucca a pezzi non troppo piccoli e cuocetela al forno al 180° fino a che non sarà morbida ma non sfatta (c.ca 20 minuti).
Schiacciate le patate passandole 2 volte allo schiacciapatate.
Frullate la zucca in un mixer quindi incorporate i due vegetali, aggiungendo il burro, la noce moscata, sale e pepe e mescolando bene.
Successivamente aggiungete i tuorli e mescolate fino ad ottenere un composto morbido ed omogeneo.
Mettete il puré in un sac a poche con bocchetta a stella e ricavate tante piccole "meringhette" di patate su un foglio di carta da forno sistemato su una placca.
Cuocete in forno ventilato per 10 minuti a 180° fino a che le patate saranno ben gratinate.
Componete il vostro piatto e servite il tutto ben caldo.

Ringrazio di cuore Louise Jane per  questo passaggio di testimone che mi onora immensamente, Alessandra per l'immancabile supporto, sincero incoraggiamento e preziosa amicizia, e tutti voi amici della Community MTC di cui sono orgogliosa di far parte, perché siete i più gagliardi e tosti del Web.
Vi auguro una sfida appassionante e aspetto di leggere le vostre meraviglie.
Grazie di cuore. Patty.