venerdì 30 settembre 2016

Pesto di foglie di carota: tutti possono cucinare!

Le Festin - Camille (Ratatouille) 
Avere un blog di cucina è divertente, a tempi alterni.
La voglia di cucinare è inversamente proporzionale all'aumento (o diminuzione) della temperatura esterna.
Succede a tutti che sparisca come il sole dietro alle nubi.
A volte la foschia dura per mesi, a volte il cielo è così sereno che staresti sempre davanti ai fornelli.
Avere un blog di cucina è anche una spada nel fianco.
Improvvisamente, dal momento in cui gli amici scoprono che cucini, finiscono gli inviti a cena (ma perchè?) ed aumentano gli autoinviti.
Tutti ti chiedono la ricetta di una torta o di una pasta, ma non quelle del blog perché sono troppo difficili "e riescono solo a te perché sei brava".
Vai a ripetere che è difficile pure fare un uovo al tegamino se non c'è la voglia e se si pretende di fare tutto in 5 minuti. Non ti ascoltano...la colpa è solo tua.
Ho cominciato a cucinare tardissimo ed ho imparato da sola perché mia madre non mi faceva fare nulla.
Ma mi piaceva, mi incuriosiva e ci perdevo tempo.
Leggevo, provavo e buttavo nella rumenta.
Mi arrabbiavo come un facocero ma quando la ricetta riusciva, mi si riempiva il cuore di orgoglio.
Non sono né un genio né uno chef: sono solo una capa tosta che ama cucinare.
Ecco perché adoro la meravigliosa frase dello chef Gousteau nel film di animazione Disney Ratatouille: "Tutti possono cucinare".
Tutti, davvero tutti.
Anche i frettolosi, gli inappetenti, gli snob, gli schizzinosi, i casinisti, quelli che dicono di non avere tempo o a cui non piace il cibo e gli amici che si autoinvitano!
Per rispondere a chi dice che in questo blog ci sono solo ricette difficili, ecco qualcosa di talmente banale da essere imbarazzante.
La fai in 5 minuti.
Ci vuole di più a lavare le foglie di carote che a fare il pesto. E ci puoi condire la pasta di oggi tanto nessuno capirà come l'hai fatto, dicendo solo "che buono"!
Quando comprerete le vostre carote, prendete quelle con le foglie.
Controllate che le foglie siano fresche, ancora belle turgide e verdi.
Tagliatele immediatamente, eliminate la parte dura dei gambi ed utilizzate solo le foglie più tenere.
Lavatele con cura, strizzatele nella centrifuga o in un canovaccio per asciugarle bene quindi procedete.
Il pesto si conserva bene in un vasetto coperto da uno strato d'olio, tenuto in frigo per c.ca una settimana, oppure potete suddividerlo in piccoli vasetti monoporzione e congelarli.
Io ci ho condito un bella scodella di trofie con patate e fagiolini alla maniera ligure ed è piaciuto moltissimo.

Ingredienti per un vasetto da 250 g

100 g di foglie di carote pulite ed asciutte
100 g di olio extravergine Chianti Dop
100 g di parmigiano grattugiato
20 g di pecorino toscano Dop stagionato grattugiato
30 g di semi di zucca
30 g di semi di girasole
6 g di sale grosso
Lavate ed asciugate le foglie di carote.
Versate l'olio in un bicchiere da mixer a immersione.
Aggiungete le foglie, i formaggi i semi ed il sale e frullate con il pulse, in modo da non scaldare né lama né pesto. Continuate fino ad ottenere una crema vellutata.
Versate nel vasetto ed utilizzate nel vostro modo preferito.


mercoledì 28 settembre 2016

Cornetti sfogliati come al bar: il Regalo più bello è la colazione a casa!

If I was - Midge Ure
Forse non l'ho mai apertamente dichiarato ma IO DETESTO FARE COLAZIONE AL BAR.
Lo detesto quanto invece adoro fare colazione a casa mio o quando viaggio, in Hotel, in particolare nei grandi alberghi internazionali o in quelli piccoli, curati come dimore, che sanno perfettamente quanto la colazione, per molte culture, sia il pasto più importante della giornata.
Quindi il dovermi ritrovare a mangiare in piedi come un cavallo, davanti un bancone, magari anche spintonata da avventori maleducati che trangugiano una brioche al volo sciacquandosi la bocca col cappuccino, mi predispone negativamente alla giornata. No, proprio no!
A casa mia come in Hotel, mi piace apparecchiare la tavola di mille delizie, possibilmente pan brioche fragrante,  confettura fatta in casa, frutta fresca, una bella tazza di te fumante e ogni tanto anche un uovo alla coque o strapazzato con bacon croccante (quando vado a Londra è un must).
Capisco che per tutti non è possibile e che il tempo a disposizione spesso è tiranno, ma se posso, scelgo di non andare al bar.
Questa mia fissazione sfocia addirittura nell'esagerare durante il weekend, quando tutti i membri della famiglia possono dormire qualche ora in più ed una volta svegli, oziare in pigiama per casa (ma quanto è bello).
Allora, visto che per fare colazione è già tardi e per pranzare, ancora troppo presto, in casa mia il Brunch domenicale è diventato una consuetudine.
Mia figlia si getta su pile di pancakes al latticello farciti con quintali di miele, sciroppo d'acero o, ehm, crema di nocciole, per finire con uovo frittellato o un toast croccante al prosciutto e formaggio; mio marito comincia invece con il salato, ed il suo preferito è senza dubbio il Bagles con salmone e creme cheese per poi chiudere con il dolce, magari che profumi di cannella come i mini cinnamon raisin loaf; per tutti non può mancare un festival di finocchiona, prosciutto e pecorino a completare il quadro, perché va bene illudersi di essere internazionali, ma sempre in Toscana viviamo.
Da quando poi a casa è arrivato un super attrezzo per gli stakanovisti della colazione come noi, che cuoce, tosta, griglia e coccola al vapore le uova, la festa è quotidiana.
Il regalo più bello che possiamo farci ogni giorno è cominciare la propria giornata con la calma necessaria per gustarsi cose buone, fatte in casa e per questo, un regalo ve lo faccio anche io: la ricetta per dei cornetti favolosi come quelli del Bar!
Tostapane Smart Breakfast Master - Troppotogo.it 
Come tutti i lievitati, in particolare quelli sfogliati, la lavorazione è lunga ma non così complicata come può sembrare. Sta solo cominciare e non avere timore.
Una volta presa la mano, vi sentirete sicuri ed il risultato finale vi ripagherà del tempo dedicato alla preparazione.
La ricetta è quella di Martina, che ha apportato alcune modifiche a quella di Paoletta, e che ho voluto seguire perché anche a me il cornetto piace leggermente più dolce e meno burroso (il croissant invece deve essere leggero, con sfogliature friabili e croccanti, e superburroso) .
La prossima volta al posto dello zucchero semolato a rifinitura, preparerò una glassa leggera aromatizzata agli agrumi, richiesta espressamente dal marito.
Un consiglio spassionato: scegliete del burro di ottima qualità. A mio modesto parere quello Bavarese ha la capacità di essere maggiormente elastico e di prestarsi molto bene alla sfogliatura.

Ecco gli ingredienti per 18 cornetti 

Per il pastello
275 g di farina forte o Manitoba
275 g di farina 00 (usate la vostra preferita)
15 g di lievito di birra (io ne ho usati 10 perché ho lavorato in una giornata calda)
10 g di sale
100 g di zucchero
1 tuorlo
170 g di acqua
115/125 g di latte
30 g di burro
la scorza grattugiata di un limone o arancia non trattati
1 cucchiaino di estratto naturale di vaniglia

Per la sfogliatura
250 g di burro a temperatura ambiente
20 g di farina
1 uovo + zucchero semolato per la rifinitura finale

  • Setacciare bene le due farine e miscelatele.
  • Sciogliete il lievito in 170 g di acqua quindi aggiungete 150 g di farina dal totale. Con un cucchiaio mescolate fino ad ottenere una pastella densa quindi coprite con pellicola e fate crescere in un luogo tiepido
  • Prendete il burro per la sfogliatura. Tagliatelo a dadini ed aggiungete la farina per renderlo più stabile quando lo inserirete nell'impasto. Ridategli la forma di panetto quindi mettetelo tra 2 fogli di carta da forno. Dovrete stenderlo in un rettangolo di 20x26 cm. Il consiglio è di utilizzare un foglio di carta da forno sufficientemente grande. Piegatelo a metà con la parte piegata verso di voi, quindi disegnate un rettangolo di 20x26 cm. Chiudetelo piegando i lembi dei lati all'interno.  Una volta predisposto, inseriteci il burro e cominciate a picchiettarlo per stenderlo fino a che non avrà riempito bene tutto il pacchetto. Mettete in frigo.
  • Trascorsa un'ora, prendete il poolish lievitato e versatelo nell'impastatrice con il gancio a foglia. Aggiungetevi 2 o 3 cucchiai di farina mescolando velocemente. Aggiungete il tuorlo quindi impastate. 
  • Quando l'impasto sarà omogeneo, aggiungete metà dello zucchero ed un paio di cucchiai di farina, impastate. Quindi nuovamente lo zucchero ed infine il sale. Impastate a bassa velocità per amalgamare bene gli ingredienti quindi cominciate ad aggiungere il latte alternandolo alla farina, fino che non li avrete terminati. 
  • Aggiungete gli aromi ed impastate a bassa velocità per amalgamare bene il tutto.
  • Cambiate la foglia con il gancio a L (o a spirale) ed impastate aggiungendo i 30 g di burro morbido rimanenti,  a fiocchetti, aggiungendo il successivo solo quando il precedente sarà stato assorbito, portando l'impasto a incordatura. 
  • Vi accorgerete che è incordato quando si aggrapperà bene al gancio lasciando le pareti della ciotola lucide, sarà molto elastico e semilucido. Impastatelo ad alta velocità per 5 minuti quindi fate la prova del velo, tirando un lembo dell'impasto: se li allunga assottigliandosi come un velo a cui si vede attraverso senza strapparsi, l'impasto è pronto. 
  • Mettetelo in un contenitore di plastica rettangolare e schiacciatelo bene. Copritelo con pellicola a contatto, chiudete il coperchio e mettete in frigo per almeno un'ora.  Lo scopo è quello di rendere la consistenza dell'impasto rigida in modo che sia facile stenderlo. Quindi se necessario prolungate il soggiorno in frigo. 

SFOGLIATURA E PIEGHE 
  • Togliete dal frigo il burro nel pacchetto almeno 10 minuti prima di cominciare le operazioni di sfogliatura. In questo modo il burro non sarà troppo rigido quando lo inserirete nell'impasto. 
  • Stendete il pastello in un rettangolo di 38x22 cm e sistematevi sopra il burro sui 2/3 della sfoglia come vedete nell'immagine 1. 
  • Piegate l'impasto a portafoglio piegando la pasta libera dal burro sopra il resto e richiudendovi sopra la parte con il burro come vedete nell'immagine 2. Riponete adesso il panetto il frigo per almeno 10 minuti, coperto da pellicola. 
  • Passato questo tempo, infarinate lievemente la spianatoia ed adagiatevi il panetto con il lato corto di fronte a voi. 
  • Con il matterello cominciate a stendere il panetto partendo dal centro e premete dal centro verso l'alto e dal centro verso il basso, ottenendo un rettangolo spesso 7/8 mm. Prendete il lembo più lontano da voi e piegatelo vero il centro, occupando quindi i 2/3 della striscia di pasta. Il rimanente terzo, quello più vicino a voi, dovrà essere richiuso a portafoglio sul panetto. Ricoprite con pellicola e via in frigo per 40 minuti (o più se la giornata è calda - fate attenzione a mantenere ben freddo il panetto per non far fuoriuscire il burro.). 
  • Passati i 40 minuti, proseguiamo con la seconda e terza piega: procedete esattamente come sopra, posizionando il panetto di fronte a voi con il lato corto in basso e la parte aperta a destra. Stendete e piegate come avete fatto in precedenza. Una volta ottenuto il panetto, rifate una nuova piega allo stesso identico modo. 
  • Adesso avvolgete nella pellicola e lasciate riposare in frigo per almeno 1 ora. 
FORMATURA DEI CORNETTI 
  • Dividete il panetto in 2 per riuscire a stenderlo meglio (come in foto 3)
  • Stendetelo in modo che il lato corto sia sempre verso di voi. Stendete due strisce lunghe e strette. Mantenete il lato corto ad un'altezza di 15 cm mentre stendete ad uno spessore di 7/8 mm. 
  • Con un coltello affilato tagliate la striscia ricavando dei triangoli isosceli con una base di 9/10 cm. L'altezza sarà ovviamente quella della striscia. 
  • Quando avrete pronti i triangoli, dovrete arrotolarli. Con la base verso di voi, Incidetela con un taglietto verticale di 1,5 cm al centro ed allargatela tirandola verso di voi. Contemporaneamente arrotolate con delicatezza il triangolo verso la punta, che dovrà restare rivolta sotto il cornetto (così che non si sollevi in cottura). 
  • Sistemate i cornetti su una teglia foderata di carta da forno, ben distanziati perché cresceranno in lievitazione e cottura. Fateli lievitare in luogo tiepido (io in forno con lucetta accesa), coperti con pellicola. Ci vorranno 2 ore abbondanti. 
  • Mezz'ora prima di infornare, accendente il forno a 220°
  • Spennellate i conetti con l'uovo sbattuto e cospargeteli di zucchero semolato.
  • Infornateli a 220° per 5 minuti quindi abbassate a 190° e cuocete per altri 10/12 minuti fino a che non saranno belli gonfi e dorati. Fate in modo che non si scuriscano troppo. 
  • Una volta pronti, sfornateli e fateli raffreddare immediatamente su una gratella. Una volta freddi potrete congelarli dividendoli in pratici sacchettini e vi basterà toglierli la mattina prima di colazione e passarli qualche minuto sul tostapane e voilà! 
Tanto per farvi venire la voglia irresistibile, posso dirvi che sono una roba da urlo e che dentro si presentano così.
Purtroppo ho avuto fretta di tagliarlo ed essendo ancora caldo, l'alveolatura si è un po' schiacciata, ma ci siamo capiti no?
A tutti, una buona colazione rigorosamente a casa propria! 

lunedì 26 settembre 2016

Focaccia di mele e sciroppo d'acero: lo Starbooks di oggi

September morn - Neil Diamond
Se non credevate possibile che una focaccia potesse essere buona anche dolce e piena di frutta, non avete ancora provato questa geniale ideazione di Nigel Slater, straordinario chef ed autore dei Kitchen Diaries più famosi.
Questo mese Starbooks sta scoprendo il numero 3 dei Diari, e le sorprese non sono mancate.
Se volete saperne di più e provare questa meravigliosa focaccia autunnale, vi consiglio di correre qui. 
Buon lunedì!

sabato 24 settembre 2016

Gnocchi ripieni di salmone al curry su crema di pisellini speziati per Mtc #59: l'esperimento del Dr. K

Surprise - A chorus line 
Non so chi di voi ricordi il film "L'esperimetno del Dr. K".
Non sono sicura che gli under 30 ma forse neanche qualcuno under 40 sappia di cosa stia parlando perché il film è vecchiotto (1958).
Però sono certa che quelli della mia generazione che l'hanno visto da ragazzini, non possono non ricordarlo con un piccolo brivido se non di terrore, di pura inquietudine.
Il titolo purtroppo, è frutto di una delle solite traduzione infelici all'italiana, ma l'originale dice tutto: "The Fly".
Che poi da questo film nel 1987 sia stato fatto un remake pazzesco (dal grande David Cronenberg) con all'epoca i fighissimi e giovanissimi Geena Davis e Jeff Goldblum, non è  fondamentale visto che la storia è totalmente diversa.
Senza divagare troppo, del film originale io ricordo alla perfezione un'unica scena, l'ultima, quando una vocetta stridula attira l'attenzione dello spettatore verso una ragnatela e la camera zoomma lentamente inquadrando una mosca la cui testa è quella del povero protagonista, il professore dell'esperimento, che grida "Aiuto, aiuto, qualcuno mi aiutiiiiii".
Ecco, questa ricetta è un vero e proprio esperimento.
Che ho nella testa dal giorno in cui è uscito il tema della sfida.
Ovviamente non è un tentativo di teletrasportare la materia con il rischio che uno gnocco si trasformi in un tubero parlante, ma è prima di tutto il desiderio di giocare con ingredienti, forme e sapori come da sempre è lo scopo di questa sfida.
Quando fermenta un'idea, la visualizzo immediatamente nella mia testa.
Ho desiderato da subito preparare gli gnocchi ripieni con salmone, ma l'esigenza di base era quella di poter infilare il salmone crudo in pezzi interi (da cotto si sarebbe sbriciolato), possibilmente filetti, e poter dare agli gnocchi la forma di tronchetti e non le classiche sfere.
Però c'era sempre quella vocina che gridava: aiutatemiiiii...
Chi mi dice che il salmone crudo si cuocerà alla perfezione all'interno degli gnocchi?
E come posso insaporirlo senza cuocerlo preventivamente?
Che stress... Ho continuato a pensarci anche se avevo ormai deciso di lasciar perdere.
L'idea me l'ha data una ricetta di Glynn Purnell, il grande chef di Birmingham, in cui realizzava una sorta gravlax di salmone con curry di estrema semplicità.
Il gravlax è un procedimento con cui si marina il salmone o altro pesce, in una miscela di sale, zucchero e aneto fresco, e successivamente lasciato marinare a lungo in limone ed aromi.
La miscela con cui viene coperta la polpa, finisce col "cuocere" il pesce, conservandolo a lungo, nonostante l'aspetto e la consistenza resti simile a quella del salmone fresco.
In questo caso l'aneto viene sostituito da un curry dal gusto morbido e non piccante e viene saltata la fase della marinatura nel limone, quindi il salmone risulta più morbido di un gravlax tradizionale.
Ho voluto dare un nulla di freschezza allo gnocco aggiungendo della scorza di lime nell'impasto ed ho servito il tutto su una crema di pisellini al profumo di curry e menta senza altre sovrastrutture.
Non essendo certa del risultato finale, in particolare di come sarebbe riuscita la cottura del salmone all'interno dello gnocco, la marinatura in gravlax mi toglieva dall'empasse.
Alla fine il salmone si è comunque cotto mantenendo una consistenza succosa ed un delicato aroma di curry.

Ingredienti per 4 persone

Gnocchi
600 g di patate vecchie a pasta bianca
130 g di farina 00
1 uovo medio
la scorza di 1 lime

Ripieno
1 filetto di salmone fresco da 400 g c.ca (preventivamente abbattuto per evitare il rischio Anisakis)
100 g di sale grosso
100 g di zucchero semolato
25 g di curry in polvere (dolce)

Crema di pisellini speziati
200 g di piselli finissimi surgelati (io ho la mia scorta personale)
1 piccola cipolla bionda
25 ml di panna fresca
qualche foglia di menta
un ciuffetto di aneto fresco
mezzo cucchiaino di curry (lo stesso per il salmone)
Pepe nero al mulinello
Sale qb
Olio Extravergine Garda Trentino Dop.
  • Per prima cosa preparate il salmone. Bisogna cominciare 2 giorni prima.  Eliminate eventuali parti grasse. Con i polpastrelli verificate la presenza di lische ed estirpatele con una pinzetta. Sciacquate bene quindi asciugate bene il filetto tamponandolo con della carta assorbente.
  • In una ciotola miscelate sale, zucchero e curry. 
  • In un vassoio in grado di contenere il filetto, spargete un piccolo strato di miscela di sale, quindi adagiatevi sopra il salmone, pelle a contatto, e copritelo completamente con la rimanente miscela. Coprite con della pellicola e tenete in frigo per 2 giorni. 
  • Quando sarete pronti per preparare gli gnocchi, eliminate la miscela, sciacquate molto bene il salmone sotto acqua fredda corrente quindi asciugatelo bene e copritelo con pellicola conservandolo in frigo fino al momento dell'utilizzo. 
  • Preparate gli gnocchi.
  • Come spiegato alla perfezione da Annarita nel suo illuminante post, la cottura è un momento importantissimo per evitare alle patate l'assorbimento di acqua che richiederebbe maggiore farina nell'impasto, compromettendo la morbidezza finale dello gnocco. Questa volta ho cotto le patate al forno a 200° per 40 minuti. Il delirio è sbucciarle ancora calde, ma ci si può fare. 
  • Una volta sbucciate, schiacciatele e allargatele sulla spianatoia affinché perdano un po' di umidità. Cospargetevi sopra un cucchiaino di scorza di lime grattugiata finissimamente. Aggiungete la metà della farina e l'uovo e cominciate ad impastare. Non aggiungete sale in quanto il ripieno sarà già ben saporito. Aggiungete il resto della farina gradatamente, fino a quanta ne prenderà l'impasto. Formate una palla.
  • A questo punto tirate fuori il salmone dal frigo. Con un coltello affilatissimo, private il filetto della pelle e tagliatene delle strisce larghe poco meno di un cm. Cercate di  ricavare dei filettini tutti della stessa dimensione. 
  • Posizionate l'impasto tra due fogli di carta da forno e stendete l'impasto ad uno spessore di 4/5 mm. Eliminate il foglio superiore con delicatezza quindi sistemate i filetti a 2 cm dal bordo dell'impasto degli gnocchi, formando una striscia lunga.
  • Aiutandovi con il foglio inferiore, capovolgete l'impasto sui filetti formando un rotolo (come vede in foto).
  • Staccate con delicatezza la carta dall'impasto e aiutandovi con un coltello affilato, staccate il rotolo di patate dalla carta e tagliatelo in tronchetti lunghi 4 cm. 
  • Chiudete i lati dei tagli con un po' di impasto di patate ed aggiustate bene la forma rollandoli sulla spianatoia. Preparatene 5 a persona. 
  • Fate bollire abbondante acqua salata e intanto preparate la crema di pisellini. 
  • Affettate finemente la cipolla. Fatela passire a fuoco dolce con il cucchiaino di curry e mescolate bene. Quando la cipolla sarà trasparente, aggiungete i piselli e un mestolo di acqua calda, le erbe aromatiche e fate cuocere una decina di minuti. 
  • Quando i piselli saranno morbidi, aggiustate di sale e pepe e trasferite il tutto in un bicchiere da mixer a immersione. Aggiungete la panna ed un cucchiaio di olio extravergine del Garda Trentino Dop (particolarmente fruttato e fresco) e frullate tutto con cura per ottenere una crema fluida e vellutata. 
  • Assaggiate ed aggiustate di sale se necessario.
  • Cuocete gli gnocchi (non tutti insieme, massimo 2 piatti alla volta) e quando saliranno in superficie, scolateli e sistemateli su un piatto. 
  • Quando saranno tutti pronti, saltateli velocemente in un larga padella dove avrete scaldato 3 cucchiai di extravergine e qualche foglia di menta. 
  • Versate la crema di piselli sul fondo dei piatti di portata, aggiungete gli gnocchi e rifinite con foglioline di menta. Servite subito. 

Con questa ricetta partecipo in corner con la mia seconda proposta all'MTC #59 sugli gnocchi di Annarita


lunedì 19 settembre 2016

Confettura di pere Carmen con vaniglia, anice e cannella: la sindrome della formica.

Grace - Jeff Buckley 
Ho la sindrome della formichina. 
Ultimamente sento il bisogno di riempire la dispensa con cose fatte da me.
Che puntualmente finisco per donare ad amici e familiari perché niente è buono se non è condiviso.
La colpa è tutta dei miei "omini" di fiducia, i produttori della Coldiretti da cui mi rifornisco settimanalmente.
Ormai mi conoscono e ogni volta divento vittima di proposte indecenti, come l'ultima, una cassetta di pere Carmen pronte per essere trasformate.
Il bello è che mi comprano con l'offerta speciale - "Signora, le do una cassetta da 3 chili per 1 euro e 50. Sono le ultime se ci vole fa' la marmellata" -
Che è un po' come sventolare un panno rosso davanti a un toro: e chi resiste!
Torno a casa carica di pere, senza avere alcuna idea di come utilizzarle.
Apro il frigo ed noto il pecorino di Oliena, il Blu di capra, il provolone delle Monache appena arrivato da Venafro, il caciocavallo Ragusano stagionatissimo, tutti che mi osservano con sguardo minaccioso ed indagatore, quasi a dire: ma te la dai una svegliata?
Ok, dai, ci faccio una confettura tutta per voi! Poi dite che non vi voglio bene!
Il lavoro più ingrato è mondare la frutta. Soprattutto perché le pere mature non hanno alcuna intenzione di farsi stringere fra le mani.
Fino a che non ho visto l'intera quantità di pere sbucciate ed affettate, non mi sono provata ad assaggiarle.
Ho fatto bene, perché il sapore di queste Carmen, chiamate anche "le pere estive", così succose e zuccherine, è la fine del mondo: ricorda quello delle Williams, con quel finale deliziosamente acidulo, ma la pasta è più soda e compatta e nella maturazione non si ammorbidiscono tantissimo.
Sono stata tentata di addentarne una bella manciata, ma ho preferito desistere.
Questa confettura è per i miei formaggini!
Per ulteriori consigli su come realizzare una confettura buona, non ossidata e perfetta, vi rimando a questo post scritto non troppo tempo fa.
Sempre secondo il metodo della meravigliosa Christine Ferber
Ingredienti per c.ca 10 vasetti da 200 g
2 kg di pere Carmen
700 g di zucchero
il succo di un limone
1 mela matura
1 bacca di vaniglia
1 bacca di anice stellato
1 stecca di cannella
  • Sbucciate le pere e la mela e riducetele a fettine sottili
  • Versatele nella bassina insieme allo zucchero, il succo di limone e le spezie (incidete la bacca di vaniglia e spargete i semi nella frutta). Mescolate bene il tutto, coprite con pellicola e lasciate in macerazione al fresco per 3/4 ore o per tutta la notte.
  • Il giorno successivo, filtrate lo sciroppo che si sarà formato separandolo dalla frutta, quindi versatelo nella bassina insieme alle spezie e portatelo ad ebollizione fino a 121°. In caso non possediate un termometro, potrete osservare le bolle che si formano al centro della pentola, grandi e trasparenti come il vetro. 
  • Se vi piace una confettura cremosa, questo è il momento di usare un mixer a immersione, con cui potrete frullare parte della frutta. 
  • Versate la frutta con cautela nello sciroppo e proseguite la cottura a fuoco medio/vivace mescolando di tanto in tanto.  La confettura sarà pronta in 35/40 minuti
  • Invasate ancora bollente nei vasetti sterilizzati, tappate con cura e capovolgeteli. Lasciate raffreddare completamente in modo che si formi il sottovuoto, in genere 8/10 ore. 
  • Conservate al fresco ed al buio per 12/24 mesi. Perfetta con i formaggi stagionati ed erborinati ma anche in tartelette con caprino e noci. Usate la fantasia. 

mercoledì 14 settembre 2016

Torta di carote a modo mio gluten free.

Photograph -Ed Sheeran
Con il primo giorno di scuola coincide il mio ritorno alla routine lavorativa ed alla sensazione che l'estate sia definitivamente finita.
Nonostante non possa dire di avere trascorso delle vere vacanze estive quest'anno, la possibilità di concedersi qualche minuto in più di sonno al mattino, mi da' quella sensazione di privilegio speciale che cambia il volto della giornata: sveglia alle 8.00 ma anche 8.30, giornate lunghe e serate con tempo a disposizione per leggere o guardare un bel film, leggera euforia procurata dalle endorfine animate dalla luce del giorno che sembra non finire mai.
Allo scoccare dell'apertura delle scuole, la sveglia si piazza inesorabilmente sulle 7.00.
Gli occhi si aprono con difficoltà, la postura è quella dello zombie con la reattività di un bradipo.
Figlia e marito si muovo silenziosi come fantasmi, consumano la colazione senza proferire verbo e alle 8,30 mi ritrovo sola con la voglia di ritornare a letto e dormire a oltranza.
Cosa che ovviamente è impossibile, perché il resto del mondo è già sveglio, in particolare il mio telefono, che comincia a squillare come se non avesse un domani.
L'ultima stagione lavorativa poi, è stata segnata da costanti contrattempi e disavventure dei miei poveri viaggiatori americani: cancellazioni di voli (problema rituale), ritardi dei mezzi pubblici (un classico), richieste cambi di programma in corso viaggio (capricci seriali), ricoveri al pronto soccorso locale (sfiga incombente).
L'ultimo, freschissimo, è stato proprio il ricovero di una gentile signora over 70, ad un pronto soccorso della mia regione avvenuto ieri durante un transfer.
La poverina si è sentita male ed il mio autista ha chiamato un'ambulanza che l'ha portata immediatamente all'ospedale, tranne poi dimenticarsi il nome del centro medico.
Dopo una veloce ricerca su internet, sono riuscita ad individuare il luogo e trovare un numero di telefono. Ho atteso circa 20 minuti per riuscire a parlare con il reparto in cui era stata ricoverata la signora e la conversazione che ne è seguita potrebbe essere registrata sugli annali degli incubi Kafkiani:
"Buongiorno, vorrei parlare con la signora americana Pincopallo appena arrivata al pronto soccorso con un'ambulanza"
"Lei è una parente"?
"No..guardi sono..."- "Non possiamo dare informazioni telefoniche"
"Mi scusi, telefono da Siena e non posso fisicamente venire da voi, se non prima di 3 ore. Ho solo bisogno di sapere se la signora sta bene e se passerà la notte in ospedale"
"Senta, chi mi dice che lei non sia una giornalista e la signora una famosa americana e domani mi esca una giornalata che parla dell'incompetenza degli ospedali italiani?"
"???...ehm, guardi, magari fossi una giornalista scandalistica....purtroppo sono solo la sfigatissima agente di viaggio che ha organizzato il soggiorno della signora e vorrei poterla aiutare a preservare un ricordo positivo della sua vacanza. "
" Eh, lo so, lo so, ma noi non possiamo dare informazioni. La signora passerà la notte qui e le ho già detto troppo".
Fine della conversazione.
Così, per stemperare il nervosismo provocato dall'assurdità di un sistema, ed evitare di farsi venire l'ulcera che non è il caso, una torta resta sempre una buona idea.
Proprio lei, una facilissima, semplice, modesta torta di carote.
Che pare essere il dolce che mi rappresenti.
Ve lo ricordate il gioco del "Se fosse"? Se fossi una ricetta sarei...molto tempo fa l'ho raccontato in questo post . Anche all'epoca mi vedevo come un dolce, ma una più rustica e tradizionale crostata di amarene.
Nei giorni scorsi mi è capitato di incappare in un divertente test dedicato ai  dolci per occasioni speciali dove mi si chiedeva invece "Che dolce sei"? Cinque brevi domande, alcune con alternative molto divertenti sulla scia del “se fossi un dolce sarei…”.
Il risultato individua il dolce che rispecchia la tua personalità o magari quella di una persona cara, così poi da realizzarlo proprio per una ricorrenza speciale.
Mumble mumble.
Ci ho pensato su prima di fare il test, per capire se il risultato avrebbe coinciso con l'idea che ho di me in quanto "dolce", ma non mi sarei certo aspettata questo: sono una torta di carote. 
Che a pensarci bene mi somiglia davvero: ingredienti semplici e naturali, un impasto morbido, non dolcissimo, che a cottura ultimata regala profumi intensi e speziati che sanno di casa e famiglia. Poche impalcature, magari una leggera farcitura nei momenti speciali. Il test mi ha sgamata in pieno!
Così mi è venuta voglia di preparare una nuova torta ad alta densità di carote, con tanta frutta secca e possibilmente senza glutine così da piacere veramente a tutti.
Ho modificato quasi radicalmente una ricetta trovata su un vecchio numero di Saveur, che al primo tentativo è fallita miseramente a causa di evidenti errori nella temperatura di cottura e nella dimensione dello stampo (che spesso viene sottovalutata ma che è foriera di terribili debacle).
Così ho rivisto le proporzioni degli ingredienti, il calore del forno (la ricetta indicava 210° per un tempo lunghissimo ma la torta finisce per bruciarsi), usando uno stampo di 20 cm anziché 18 ed il risultato è quello che vedete. Ah dimenticavo, la torta è de li zio sa!
Ingredienti per uno stampo a cerniera da 20 cm di diametro
380 g di carote al netto degli scarti
100 g di burro
120 g di zucchero muscovado
3 uova grandi a temperatura ambiente
80 g di mandorle tostate e pelate
20 g di armelline
70 g di nocciole tostate
80 g di fecola di patate
8 g di lievito per dolci
1 cucchiaino di cannella in polvere

Per la finitura con glassa di cream cheese
150 g di cream cheese a temperatura ambiente
50 g di burro morbido
80 g di zucchero a velo
1 cucchiaino di estratto di vaniglia

  • Riscaldate il forno a 190°.
  • Pelate con cura le carote, lavatele ed asciugatele. Grattugiatele con una grattugia a fori piccoli
  • In un mixer a pulse, riducete la frutta secca precedentemente tostata, in farina.
  • Fate fondere il burro a fiamma bassissima e lasciatelo intiepidire 
  • Montate le uova con lo zucchero con la frusta elettrica a velocità media, fino a che il composto non avrà raddoppiato di volume e sarà chiaro, soffice e sostenuto. 
  • Cominciate ad aggiungere delle manciate di carote che strizzerete bene prima di versarle nella montata di uova. Amalgamate con un cucchiaio delicatamente per non smontare. 
  • Aggiungete adesso la farina di frutta secca e mescolate per amalgamare con cura. 
  • Aggiungete il burro fuso a filo e mescolate. 
  • In ultimo aggiungete le polveri setacciate: fecola, lievito e cannella. Mescolate bene ottenendo un composto piuttosto cremoso che verserete nello stampo precedentemente imburrato e coperto di carta da forno. 
  • Fate cuocere per c.ca 1 h10 minuti facendo la prova dello stecchino. Se dovesse uscire sporco di impasto, continuate la cottura per altri 5/10 minuti. L'impasto resterà comunque umido grazie alle carote. 
  • Fate raffreddare una decina di minuti quindi sformate e fate raffreddare completamente su una gratella 
  • Mentre la torta raffredda preparate la glassa di cream cheese: in una ciotola mescolate con una frusta la cream cheese fino a che non avrete un composto cremoso. Aggiungete il burro morbido e la vaniglia e mescolate fino ad amalgamare bene il tutto. Aggiungete lo zucchero setacciato e sbattete bene il composto fino a che lo zucchero non sia incorporate perfettamente quindi mettete in frigo per una mezz'oretta. 
  • A torta fredda, decorate la torta come preferite e servite. 
  • Con la glassa, dovrete consumare la torta in un paio di giorni conservandola in frigo. Senza glassa, si conserva bene per qualche giorno a temperatura ambiente, coperta con pellicola.
Su questo blog trovate un'altra interessante torta di carote limone e mandorle rigorosamente gluten free, ma se non avete tempo e volete comunque utilizzare ingredienti freschi, cameo vi da una mano con le basi per creare la vostra torta di carote del cuore. 


lunedì 12 settembre 2016

Gnocchi al Blu di capra e fiordaliso per l'MTC #59

You're so good to me - The Beach Boys
Temevo sarebbe arrivata.
Ne avevo un vago sentore da un po' e come volevasi dimostrare ecco la sfida sugli gnocchi.
Ora, se mi chiedete di fare una lista di "gnocchi" mondiali, a quella partecipo alla grande e con vivo entusiasmo perché pur essendo preparatissima, non si dica che la sottoscritta non ami aggiornarsi.
D'altra parte non vorrei deludere chi pensa che fra foodblogger esista un solo argomento di conversazione.
"Siete a senso unico!"
L'ho sentito ridire e dentro ho pensato: "e meno male che ci credi".
E' vero, siamo in grado di parlare di stampi per torte con lo stesso deliquio provato alla prima dichiarazione d'amore; declamiamo gli ingredienti della carbonara con l'ardore di una poesia di Neruda; ci togliamo la parola a vicenda impunemente se dobbiamo illustrare la tecnica di una perfetta massa montata; siamo in grado di tenere banco sulla vita ed i miracoli dello chef del nostro cuore di fronte ad una platea di amiche adoranti.
Ma poi ad un certo punto ricordiamo chi siamo, in questo caso donne di età e professioni variegate, che non perdono occasione per divertirsi quando sono in buona compagnia e si è sempre in buona compagnia se si vive una stessa passione.
Si torna ad essere ragazze, divertite, scanzonate, ormoniche e con il mito del principe azzurro (o del bello maledetto).
Così, dopo aver dissertato di carbonara, si finisce a parlare di gnocchi!
Gnocchi mondiali, niente patate e solo ciccia.
Possibilmente di bellezza sfacciata, orgogliosa, rustica ma anche sofisticata, algida, intelligente.
Sempre rigorosamente irraggiungibile.
Come quella volta, ridendo con le lacrime agli occhi insieme alla grande Mai del Colore della Curcuma, durante un incontro a Milano, litigandoci l'esclusiva per l'usucapione dei nuovi appartamenti di Robert Downey Jr (con lui dentro ovviamente) in zona S. Babila.
O l'ormo-delirio scatenato dal #questoepiubello durante la campagna di lancio su Facebook per il secondo libro dell'MTC.
Potrei continuare a svelare i segreti di certe conversazioni fra amiche ma so che questo blog non è letto solo da donne quindi mi asterrò, preservando un certo carisma e sintomatico mistero.
Che gnocchi siano, allora.
Non è un piatto di cui vado pazza.
Conservo con estremo rigore la memoria degli gnocchi di patate preparati da mia nonna Emma, di cui ricordo ancora l'inconfondibile sapore e consistenza e che dopo di lei non ho voluto più mangiare. Non amo neanche tanto quelli che fa mia madre nonostante siano buonissimi.
Difficilmente ordino gnocchi al ristorante e tanto meno li preparo perché le incognite e le possibilità di fallimento (nel mio caso) sono altissime.
Eppure Annarita dice che sono facilissimi. Basta seguire poche e semplici regole.
In prima cosa la materia prima: la patata.
Che deve essere bella farinosa, possibilmente vecchia. A pasta bianca. Magari presa direttamente dal contadino di fiducia e non tra la selezione di patate al selene in busta del super.
Vi consiglio di dare una letta con attenzione al bellissimo post di Annarita per sciogliere molti dubbi.
Sulla cottura, che è altro elemento foriero di rischi, ho voluto evitare la bollitura ed il microonde (lo uso solo per scongelare) per tornare alla cottura sotto sale, di cui ho già parlato in questo post.
Se si ha un po' di tempo, la cottura sotto sale ha il pregio di cuocere ed asciugare l'umidità eccessiva dei tuberi.
Anche in questo caso bisogna avere l'oculatezza di scegliere patate della stessa dimensione (io consiglio sempre patate piccole) e coprirle perfettamente con il sale grosso.
Riconoscerete la cottura quando la buccia sarà raggrinzita e incidendola con una lama, si solleverà con estrema semplicità.
Vengo subito alla ricetta, che è semplice e basica.
Come ho sentito dire non troppo tempo fa dalla bravissima chef Antonia Klugmann durante un'intervista: "quando le idee sono finite, riparto dall'ingrediente".
Questa frase mi ha talmente colpita che ha finito per diventare il mio mantra.
In questa occasione la faccio mia e nella completa mancanza di fantasia, mi rifugio nel classico.
Sono partita da un meraviglioso blu di capra della Valsassina che tenevo gelosamente in frigo: un erborinato particolare, che evidenzia la caratteristica nota acidula della capra nella maturazione, ma addolcito dal sapore erbaceo e lievemente tostato delle muffe (che a me ricordano la nocciola matura e la noce fresca).
Per rifinire con un tocco fru fru, ho voluto utilizzare del fiordaliso essiccato acquistato in un raptus odoroso al Mercato Centrale di Firenze e mai utilizzato ad oggi.
L'ho annusato, assaggiato, sbriciolato e provato.
Il fiordaliso regala alla salsa una nota di erba fresca ed un delicato profumo floreale appena percepibile.

Ingredienti per 4 persone. 
Per gli gnocchi 
600 g di patate della Val d'Orcia a pasta gialla
1500 g di sale grosso
170 g di farina (a me ne sono bastati poco meno di 160)
un nulla di noce moscata
un pizzico di sale

Per la salsa al blu di capra
100 g di Capriziola o blu di capra
50 ml di latte
80 ml di panna fresca
30 g di parmigiano
la punta di un cucchiaino di fiordaliso essiccato
pepe nero qb
  • Lavate ed asciugata le patate. Sistematele su una pirofila non troppo grande dove possano essere sistemate tutte ravvicinate. Copritele completamente con il sale grosso quindi passatele in forno preriscaldato a 200° per 1 ora. 
  • Una volta pronte sbucciatele senza farle raffreddare quindi passatele allo schiaccia patate, direttamente sulla spianatoia. Allargatele in modo che possano perdere l'umidità residua. 
  • Aggiungete la farina in 2 o 3 tempi, lavorando sempre velocemente senza impastare troppo, per evitare che si sviluppi il glutine e lo gnocco risulti poi gommoso e poco fondente. 
  • Tagliate dei pezzi di impasto e ricavate dei rotolini di c.ca 1,50 di diametro. Ricavate degli gnocchetti lunghi un paio di centimetri quindi trascinateli una alla volta sul rigagnocchi verticalmente incavandoli sul retro. 
  • Fateli asciugare con un velo di farina di riso.  
  • Mettete a bollire una pentola con abbondante acqua calda salata.
  • In una larga padella antiaderente fate sciogliere a fiamma dolce il blu di capra tagliato a dadini con latte, panna, parmigiano e fiordaliso, fino ad ottenere una crema ricca e fluida. 
  • Lasciate in caldo sul fuoco spento e cuocete gli gnocchi fino a che non saliranno a galla 
  • Scolate bene gli gnocchi e passateli nella padella con la salsa
  • Fateli saltare velocemente fino a che non saranno ben avvolti dalla salsa.
  • Impiattate rifinendo con qualche fiordaliso ed una macinata di pepe nero. Servite immediatamente. 

Con questa proposta partecipo all'MTC #59 per la sfida sugli gnocchi. 


lunedì 5 settembre 2016

Confettura di pesche bianche e salvia ananas: il potere dei gesti ripetuti.

Amarantine - Enya
Se la testa va per conto suo ed i pensieri scappano impazziti come formiche da un formicaio calpestato da piede crudele, c'è un unico modo per riprendere in mano la situazione.
Che ovviamente è diverso per ognuno di noi, ma alla fine è simile ed è la ricerca di un ritmo che si accosti il più possibile a quello del battito del cuore.
Un cuore calmo ovviamente.
Io mi rifugio nei gesti ripetuti.
Lenti, conosciuti, sicuri.
Azioni che potrei eseguire ad occhi chiusi ma che nel loro identico susseguirsi, hanno un potere ipnotico e rassicurante in grado di trascinare con sé e sgombrare la mente dal casino più totale.
Di un'estate di cui vorrei cancellare traccia, resteranno perciò decine di vasetti di confettura deliziosa, profumata e discreta come un'amica a cui confidi un amore o un dolore, che tanto è lo stesso.
Il paradosso sta proprio nell'osservare come la difficoltà del vivere raggiunga la sua catarsi sbucciando una pesca succosa e cercando di impedire che i suoi pezzi ti sfuggano dalle dita come pesci guizzanti.
La lama del coltello sfiora più volte i polpastrelli ma il segreto per evitare di provarne i denti, è la lentezza, l'occhio che si aggrappa al disegno della buccia vellutata rimossa dalla polpa.
Il ritmo costante dei pezzetti che cadono nella bassina, le bolle che increspano lo sciroppo di zucchero trasparenti come vetro, il cucchiaio di legno che rotea lento nella materia rovente e la placa per un istante, per poi ricominciare.
Sento i pensieri sciogliersi nello zucchero come la polpa delle pesche e prego che non mi vengano restituiti quando spalmerò quel nettare su del pane fresco.
Una cassa di pesche bianche ancora calde di sole mi è arrivata dalla Puglia, la metà già sofferente per il viaggio.
Nonostante il caldo allucinante di questi giorni, ho deciso che non le avrei perse e le avrei trasformate in confettura.
Per quanto io ami le pesche mangiate nature, con tanto di buccia, la confettura non mi entusiasma.
In genere la trovo troppo dolce e poco personale.
Le pesche bianche che ho avuto in dono sono magnifiche: una polpa candida ed un cuore acceso di un rosso purpureo. Un sapore pieno, zuccherino, armoniosamente acidulo.
Mi hanno conquistato immediatamente ed ho deciso che le avrei sposate a della salvia ananas, che da dono splendido da parte dei miei amici Jury e Daniela, è diventata un cespuglio rigoglioso sulla mia terrazza delle erbe aromatiche.
La Salvia Ananas (Salvia Rutilans) prende il suo nome dall'ammiccante profumo di ananas che sprigiona una volta strofinata fra le dita.
E' splendida se usata nelle macedonie, nei cocktail ghiacciati, in qualche crema sorprendente, ma anche nella preparazione di chutney o liquori. Ho studiato l'argomento perché inventarmi come usare un cespuglio di tali dimensioni ci vuole fantasia.
In più è bellissima all'aspetto: foglia ovale allungata e coperta di peluria non urticante, ha un colore verde bottiglia accesso ed in autunno i vertici si riempiono di fiori allungati di un rosso appassionato.
Con le pesche bianche è un matrimonio d'amore: provare per credere. Io ne sono conquistata.

Ingredienti per 4 vasetti da 220 g c.ca
1 kg di pesche bianche al netto di buccia e noccioli
300 g di zucchero
il succo di mezzo limone
10 foglie di salvia ananas
Sbucciate le pesche un un coltello dalla lama a seghetto e tagliatele a pezzi grandi staccando accuratamente la polpa dal nocciolo.
Una volta pulita tutta la frutta, tagliatela a pezzi piccoli quindi pesatela.
Mettete la frutta nella bassina in cui la cuocerete (o in una larga ciotola), aggiungete lo zucchero,  6 foglie di salvia ananas.
Mescolate bene e coprite con una pellicola.
Tenete al fresco per tutta la notte. Durante questo tempo le pesche rilasceranno una grande quantità di succo e assorbiranno l'aroma della salvia.
Il giorno dopo, scolate le pesche attraverso un setaccio, raccogliendo bene lo sciroppo formatosi.
Versate lo sciroppo nella bassina, eliminate le foglie di salvia ed accendente il fuoco a fiamma sostenuta.
Fate ridurre lo sciroppo per c.ca 20 minuti e quando raggiungerà la temperatura di 105° (controllate con un termometro da zucchero), potrete versare la frutta nello sciroppo, facendo molta attenzione a non alzare schizzi. Aggiungete il succo di limone.
Se amate la confettura a pezzi, potrete proseguire la cottura abbassando a fiamma media, fino a che la confettura non si sarà addensata alla consistenza che preferite (non vi serviranno più di 20/30 minuti). A me piace che sia morbida e bella spalmabile.
Se invece preferite una confettura più cremosa (come piace a me), prima di versare la frutta nello sciroppo, potrete passarne 2/3 nel passaverdure oppure utilizzare un mixer a immersione, riducendo parte delle pesche in purea.
Proseguite poi la cottura come indicato sopra, schiumando via via per ottenere una confettura limpida e lucida.
Ricordate che la lunga cottura ossida la frutta, scurendo inevitabilmente il bel colore delle pesche (nel mio caso la confettura ha un bellissimo colore rosa antico) e indurendola.
Con il raffreddamento poi, la confettura diventa ancora più dura.
Quando sarà pronta, inserite una foglia di salvia ananas sul fondo dei vasetti  che avrete precedentemente sterilizzato e versatevi la confettura ancora bollente.
Chiudeteli con cura e capovolgeteli su un foglio di carta di giornale.
Coprite i vasetti con un canovaccio in modo che non prendano luce e lasciate raffreddare completamente prima di capovolgerli nuovamente (meglio tutta la notte).
Conservate il luogo fresco e buio e consumate entro l'anno.
Ho preparato questa ricetta con il metodo di Christine Ferber, che preserva la frutta dall'ossidazione e dall'eccessiva cottura.