Volete sapere quanto ha preso Carlo Cracco all'esame di SAVOIARDI?
Ebbene, date un'occhiatina qua!
Starbooks continua.....
martedì 23 aprile 2013
lunedì 22 aprile 2013
Pavlovine ai frutti di bosco: a volte ritornano
Physical - Olivia Newton John
Scavo il fondo del barile.
Sono talmente stanca che non vedo l'ora che sia mercoledì e poi finalmente, per una volta, faccio mio il concetto di "ponte". Tutta la famiglia scapperà per 3 giorni di vacanza, ignorando quando sarà la prossima possibilità in un remoto futuro.
Inoltre ho cominciato la dieta e quello che vedete in foto scordate che sia passato dalle mie fauci...insomma, sì, il fattaccio è avvenuto ma mesi e mesi e mesi addietro, quindi fa parte già delle calorie trasformatesi in ciccia, in poche parole "è storia adiposa".
Ho anche cominciato a frequentare la palestra.
Notare il verbo utilizzato.
Lo scorso venerdì ho avuto la mia prima sessione, dopo praticamente un anno e mezzo in cui l'allenatore mi aveva già inserita tra i desaparecidos.
Ero lì sul tapis-roulant che arriva lui e mi vede da lontano. Io che cerco di diventare invisibile, ma non è facilissimo quando sei sollevata mezzo metro da terra e dislivello sommato alla tua altezza ti fanno diventare un pilone di quasi due metri.
Con voce stentorea sento urlare "a volte ritornano".
No, ma grazie. Sbuffo come una caffettiera, cerco di contenere le colorazioni della faccia che vanno dal rosso Carminio al blu Prussia per la fatica, in più, per passare inosservata sono vestita come la vedova nera, con un paio di pantaloni in cui entrerebbero di sicuro un paio di persone in più (giusto per mascherare gli eccessi) e tu fai in modo che tutte le teste presenti si girino verso di me?
Non esiste.
Sfoggio il mio migliore sorriso e continuo con non chalance a tenere il mio passo energico sul tappeto e lui si avvicina per salutarmi.
Anzi, mi stringe la mano e mi tira a se per darmi un bacio di benvenuto.
Immaginate: piedi impegnati a mantenere l'equilibrio e camminare a ritmo sostenuto, baricentro spostato completamente fuori asse, busto obliquo che si abbassa verso il basso, cervello che pensa: adesso volo fuori dal tappeto e mi spiaccico addosso alla macchina per gli adduttori, 3, 2, 1...la mano sinistra si aggrappa furiosamente all'appoggio e sento le gambe che scorrono indietro. Corricchio per riprendermi, bacio il boss e riprendo la postura, non prima di aver mentalmente pronunciato un serie di parolacce alla enne.
Tutto a posto, tutto bene, non è successo niente.
Ho finito la mia prima sessione di palestra, 45 minuti di sofferenza indicibile.
Però un effetto positivo lo ha avuto. Sono tornata a casa e non avevo fame. Niente. Sono riuscita a malapena a salire le scale per andare in camera a mettermi il pigiama. Il resto, non lo ricordo.
Come vi anticipavo, ho realizzato questa ricetta molto tempo fa, per il libro di Roberta D'Ancona "Cucina Italiana 2.0".
Io amo la meringa in tutte le maniere la Pavlova è sicuramente uno dei dolci più buoni nella mia personale classifica di preferenze. L'aroma del cioccolato con la fresca acidità dei frutti di bosco si sposa meravigliosamente.
Provatele
Scavo il fondo del barile.
Sono talmente stanca che non vedo l'ora che sia mercoledì e poi finalmente, per una volta, faccio mio il concetto di "ponte". Tutta la famiglia scapperà per 3 giorni di vacanza, ignorando quando sarà la prossima possibilità in un remoto futuro.
Inoltre ho cominciato la dieta e quello che vedete in foto scordate che sia passato dalle mie fauci...insomma, sì, il fattaccio è avvenuto ma mesi e mesi e mesi addietro, quindi fa parte già delle calorie trasformatesi in ciccia, in poche parole "è storia adiposa".
Ho anche cominciato a frequentare la palestra.
Notare il verbo utilizzato.
Lo scorso venerdì ho avuto la mia prima sessione, dopo praticamente un anno e mezzo in cui l'allenatore mi aveva già inserita tra i desaparecidos.
Ero lì sul tapis-roulant che arriva lui e mi vede da lontano. Io che cerco di diventare invisibile, ma non è facilissimo quando sei sollevata mezzo metro da terra e dislivello sommato alla tua altezza ti fanno diventare un pilone di quasi due metri.
Con voce stentorea sento urlare "a volte ritornano".
No, ma grazie. Sbuffo come una caffettiera, cerco di contenere le colorazioni della faccia che vanno dal rosso Carminio al blu Prussia per la fatica, in più, per passare inosservata sono vestita come la vedova nera, con un paio di pantaloni in cui entrerebbero di sicuro un paio di persone in più (giusto per mascherare gli eccessi) e tu fai in modo che tutte le teste presenti si girino verso di me?
Non esiste.
Sfoggio il mio migliore sorriso e continuo con non chalance a tenere il mio passo energico sul tappeto e lui si avvicina per salutarmi.
Anzi, mi stringe la mano e mi tira a se per darmi un bacio di benvenuto.
Immaginate: piedi impegnati a mantenere l'equilibrio e camminare a ritmo sostenuto, baricentro spostato completamente fuori asse, busto obliquo che si abbassa verso il basso, cervello che pensa: adesso volo fuori dal tappeto e mi spiaccico addosso alla macchina per gli adduttori, 3, 2, 1...la mano sinistra si aggrappa furiosamente all'appoggio e sento le gambe che scorrono indietro. Corricchio per riprendermi, bacio il boss e riprendo la postura, non prima di aver mentalmente pronunciato un serie di parolacce alla enne.
Tutto a posto, tutto bene, non è successo niente.
Ho finito la mia prima sessione di palestra, 45 minuti di sofferenza indicibile.
Però un effetto positivo lo ha avuto. Sono tornata a casa e non avevo fame. Niente. Sono riuscita a malapena a salire le scale per andare in camera a mettermi il pigiama. Il resto, non lo ricordo.
Come vi anticipavo, ho realizzato questa ricetta molto tempo fa, per il libro di Roberta D'Ancona "Cucina Italiana 2.0".
Io amo la meringa in tutte le maniere la Pavlova è sicuramente uno dei dolci più buoni nella mia personale classifica di preferenze. L'aroma del cioccolato con la fresca acidità dei frutti di bosco si sposa meravigliosamente.
Provatele
PAVLOVA AL CIOCCOLATO CON FRUTTI DI
BOSCO IN SALSA
Ingredienti per 4/6 persone
3 albumi
15 gr di
cacao amaro
125 gr di
zucchero semolato
1
cucchiaino di aceto di vino bianco
1
cucchiaino di maizena
Per la decorazione
200 ml di
panna fresca
300 gr di
frutti di bosco surgelati
100 gr di
marmellata di lamponi
Preriscaldate
il forno a 140°. Montate gli albumi a neve ed aggiungete gradualmente lo
zucchero fino ad ottenere una meringa bella lucida con picchi fermissimi.
Continuate a lavorarla se notate che i cristalli di zuccheri non si sono
sciolti bene perché deve essere molto omogenea. Setacciate bene il cacao ed
aggiungetelo alla meringa con l’aceto, mescolandolo con estrema delicatezza con
una spatola.
Rivestite
una piastra con carta da forno e versate delle cucchiaiate abbondanti di
meringa formando dei mucchietti si 4/5 cm di diametro e separati l’uno
dall’altro almeno 3 cm. Con il cucchiaio cercate di formare un avallamento al
centro delle meringhette, dove andrete a versare la panna. Mettete in forno per
35/45 minuti finche l’esterno sia asciutto.
Lasciate
raffreddare nel forno leggermente aperto. Potete prepararle la sera prima.
Fate
scongelare i frutti di bosco e scolatene il liquido tenendone da parte la metà.
In un pentolino a fiamma bassa, mettete il liquido e portatelo ad ebollizione,
quindi aggiungete la marmellata e fate cuocere fino a che non otterrete una
salsa (c.a 3 min). Togliete dal fuoco e versate in una ciotola dove verserete
anche i frutti di bosco e fate raffreddare in frigorifero.
Disponete
le vostre meringhe sui piattini di portata. Montate la panna fino a che sarà
bella spumosa ma ancora morbida. Mettetene un po’ al centro delle meringhe e
completate il tutto con i frutti di bosco e la sua salsina. Servite subito.
Con un
calice di Moscato naturale.
mercoledì 17 aprile 2013
Cake di ricotta con uva rosa caramellata di Pisticci: gioie e dolori dei chili di troppo!
Rosalina -F. Concato
Non sono una tipa da diete.
Non che non ne abbia bisogno, perché per dieta io intendo più una regola nel mangiare, evitando quegli alimenti che in questo momento della mia vita, più che danneggiare la forma fisica (a quello ci pensa già il tempo), se la prendono con la mia salute.
Ieri ho avuto la malsana idea di pesarmi.
Non dovrei farlo, mai e poi mai.
I pantaloni nuovissimi che non si chiudono in vita sono stati rovinati dal ciclo dell'asciugatrice. Ecco.
Macchè pancia e coulotte del cheval. Cavolo, sto seduta tutto il giorno, è inevitabile che prenda la forma della mia sedia girevole!
E poi cos'è tutto sto pettorale? Non ho mai avuto le tette neanche quando quelle stavano su da sole, e adesso guarda qui, sembro la pubblicità del Wondebra.
Tu mi guardi lo so, malefica bilancia! E io ti dimostro che non ci sono problemi.
Spe', fammi levare pigiama, calzerotti, canottiera, ciabatte... posso appoggiare un attimo sul letto questo rotolino intorno all'ombelico che ride strafottente?
No, non si stacca. Pazienza...
Tre chili e 800 grammi.
Oh questi chi li ha invitati? Da dove diamine vengono?
In un baleno realizzo che a Marzo ho probabilmente sterminato un chilo e mezzo di cioccolata bianca e nera in preparazioni di ogni genere e che buona parte se n'è andata lentamente sciogliendosi sotto il mio palato nei momenti di sconforto sul divano.
Già...maledetto blog! E' sua la colpa.
E' lui che mi istiga ogni giorno a pensare a nuove delizie da preparare.
Ma non finisce qui!
Me le sono comprate. Un paio di runner nuove fiammanti.
Bianche con i lacci fucsia (fatemi essere un po' civetta), e poi sono andata a iscrivermi in palestra, un abbonamento fino a Settembre. Proprio ieri.
Caro blog, coulotte de cheval e rotolino sopra l'ombelico, ve la faccio vedere io! Non sapete con chi avete a che fare.
E tu cara dieta, non mi spaventi neanche un po'.
Dammi un mesetto e vedrai che figurino.
Ora che ci penso...magari le tette, quelle le terrei volentieri!
Naturalmente, come volevasi dimostrare, in un post sulle sofferenze della forma fisica cosa metto? Un dolce.
Tanto per parlare di coerenza, che è una dote che ammiro molto nelle persone, vi lascio questo dolce la cui ricetta proviene da mia suocera ed è una delle torte di ricotta più buone che io abbia mai assaggiato.
Ne avevo parlato qui ma non ho mai avuto l'opportunità di postare la ricetta.
Lo faccio oggi, e sono certa che molte di voi ne conoscano versioni molto simili.
L'ho accompagnata con dell'uva caramellata di Pisticci, di una bontà fuori dell'umano. L'ho ricevuta in dono a Natale ed il vasetto era ancora intonso. Maledetta me che l'ho aperto. Tanto per parlare di diete!
Ingredienti per 8/10 persone:
Faccio una premessa: mia suocera fa tutto ad occhio. Non pesa nulla, ma ogni volta sto dolce è da urlo.
Ho cercato di codificare un po' le quantità ma credo che lei metta più zucchero. A volte aggiunge anche della cannella ma per questo periodo preferisco il limone o l'arancia per aromatizzare. E' facilissimo e velocissimo.
Usate la ricotta migliore che trovate (con quella del super non viene bene!).
500 gr di ricotta di pecora freschissima
220 gr di zucchero
5 uova
La scorza grattugiata di un limone
Un cucchiaino di essenza naturale di vaniglia
Uva rosa caramellata di Pisticci prodotta da Terravecchia
In una larga ciotola versate la ricotta setacciata e mescolatela con lo zucchero fino ad ottenere un composto cremoso.
Aggiungete le uova, una alla volta, amalgamandole bene al composto e per ultimo gli aromi.
Foderate uno stampo a cerniera di 24 cm con della carta da forno (fatela aderire bene al fondo ed ai lati imburrando la teglia in precedenza), versatevi il composto e fate ruotare la teglia per livellarlo.
Mettelo in forno preriscaldato a 180° e fate cuocere per 45 minuti o fino a quando la superficie non sarà gonfia e ben dorata.
Fate raffreddare quindi sformate. Buona tiepida, meravigliosa fredda, si conserva benissimo per 3 giorni in frigo in contenitore ermetico.
Non sono una tipa da diete.
Non che non ne abbia bisogno, perché per dieta io intendo più una regola nel mangiare, evitando quegli alimenti che in questo momento della mia vita, più che danneggiare la forma fisica (a quello ci pensa già il tempo), se la prendono con la mia salute.
Ieri ho avuto la malsana idea di pesarmi.
Non dovrei farlo, mai e poi mai.
I pantaloni nuovissimi che non si chiudono in vita sono stati rovinati dal ciclo dell'asciugatrice. Ecco.
Macchè pancia e coulotte del cheval. Cavolo, sto seduta tutto il giorno, è inevitabile che prenda la forma della mia sedia girevole!
E poi cos'è tutto sto pettorale? Non ho mai avuto le tette neanche quando quelle stavano su da sole, e adesso guarda qui, sembro la pubblicità del Wondebra.
Tu mi guardi lo so, malefica bilancia! E io ti dimostro che non ci sono problemi.
Spe', fammi levare pigiama, calzerotti, canottiera, ciabatte... posso appoggiare un attimo sul letto questo rotolino intorno all'ombelico che ride strafottente?
No, non si stacca. Pazienza...
Tre chili e 800 grammi.
Oh questi chi li ha invitati? Da dove diamine vengono?
In un baleno realizzo che a Marzo ho probabilmente sterminato un chilo e mezzo di cioccolata bianca e nera in preparazioni di ogni genere e che buona parte se n'è andata lentamente sciogliendosi sotto il mio palato nei momenti di sconforto sul divano.
Già...maledetto blog! E' sua la colpa.
E' lui che mi istiga ogni giorno a pensare a nuove delizie da preparare.
Ma non finisce qui!
Me le sono comprate. Un paio di runner nuove fiammanti.
Bianche con i lacci fucsia (fatemi essere un po' civetta), e poi sono andata a iscrivermi in palestra, un abbonamento fino a Settembre. Proprio ieri.
Caro blog, coulotte de cheval e rotolino sopra l'ombelico, ve la faccio vedere io! Non sapete con chi avete a che fare.
E tu cara dieta, non mi spaventi neanche un po'.
Dammi un mesetto e vedrai che figurino.
Ora che ci penso...magari le tette, quelle le terrei volentieri!
Naturalmente, come volevasi dimostrare, in un post sulle sofferenze della forma fisica cosa metto? Un dolce.
Tanto per parlare di coerenza, che è una dote che ammiro molto nelle persone, vi lascio questo dolce la cui ricetta proviene da mia suocera ed è una delle torte di ricotta più buone che io abbia mai assaggiato.
Ne avevo parlato qui ma non ho mai avuto l'opportunità di postare la ricetta.
Lo faccio oggi, e sono certa che molte di voi ne conoscano versioni molto simili.
L'ho accompagnata con dell'uva caramellata di Pisticci, di una bontà fuori dell'umano. L'ho ricevuta in dono a Natale ed il vasetto era ancora intonso. Maledetta me che l'ho aperto. Tanto per parlare di diete!
Ingredienti per 8/10 persone:
Faccio una premessa: mia suocera fa tutto ad occhio. Non pesa nulla, ma ogni volta sto dolce è da urlo.
Ho cercato di codificare un po' le quantità ma credo che lei metta più zucchero. A volte aggiunge anche della cannella ma per questo periodo preferisco il limone o l'arancia per aromatizzare. E' facilissimo e velocissimo.
Usate la ricotta migliore che trovate (con quella del super non viene bene!).
500 gr di ricotta di pecora freschissima
220 gr di zucchero
5 uova
La scorza grattugiata di un limone
Un cucchiaino di essenza naturale di vaniglia
Uva rosa caramellata di Pisticci prodotta da Terravecchia
In una larga ciotola versate la ricotta setacciata e mescolatela con lo zucchero fino ad ottenere un composto cremoso.
Aggiungete le uova, una alla volta, amalgamandole bene al composto e per ultimo gli aromi.
Foderate uno stampo a cerniera di 24 cm con della carta da forno (fatela aderire bene al fondo ed ai lati imburrando la teglia in precedenza), versatevi il composto e fate ruotare la teglia per livellarlo.
Mettelo in forno preriscaldato a 180° e fate cuocere per 45 minuti o fino a quando la superficie non sarà gonfia e ben dorata.
Fate raffreddare quindi sformate. Buona tiepida, meravigliosa fredda, si conserva benissimo per 3 giorni in frigo in contenitore ermetico.
lunedì 15 aprile 2013
Ravioli con borragine, pomodorini e cacio ricotta lucana: pomeriggi a caccia di erbette selvatiche.
In the wilderness - Genesis
Confesso che l'aspettavo.
Nel tragitto che ogni giorno percorro in macchina da casa al lavoro, brevissimo in verità, da settimane butto l'occhio nei prati circostanti, nei campetti abbandonati e nella campagna che si arrampica verso la città.
Strizzo gli occhi per individuare quell'inconfondibile riflesso blu-violetto che come uno spot mi dice: "è arrivata".
Fino a che mia madre mi chiama e mi dice: davanti casa il campo si è riempito di borragine.
Esulto.
Ti prego ti prego, raccoglimene un po' che voglio farci i ravioli!
E mia madre arriva con un fascio d'erba selvatica grosso come un cuscino, i fiori accuratamente sistemati per non sciuparsi.
Le foglie selezionate con cura e messe ordinatamente una sopra l'altra. Sono certa che avrebbe cotto il tutto se gliel'avessi permesso, ma volevo farlo io. Almeno questo visto che non ho potuto coglierle da sola.
Fino a che ho vissuto alla Bagnaia, uno dei grandi piaceri che adesso mi mancano immensamente, era andare per erbette selvatiche.
Nei giorni di primavera, quando ancora non faceva troppo caldo e le giornate cominciavano ad allungarsi generose, partivamo con mamma, mia sorella e qualche vicina a caccia di erbette. Ci spingevamo lontano, su una collina alla cui sommità stava un casolare meraviglioso e abbandonato.
Intorno a questa casa colonica, c'erano campi sconfinati di proprietà della tenuta in cui vivevo. Nessuno ci diceva nulla e noi armate di cestini, coltelli e guanti di gomma, facevamo man bassa di cicoria selvatica, valeriana (qui chiamata ceciarello o ciociarello), bietoline, borragine e rucola selvatica. Il più delle volte mia sorella ed io abbandonavamo l'incarico per altre occupazioni più divertenti tipo giocare ed investigare intorno al casale, ma il solo poter trascorrere un pomeriggio in piena natura, ci rendeva elettriche e piene di energia.
Tutto questo mi manca moltissimo.
Più di tutto mi manca la sensazione del tempo che scorreva lento, delle giornate che sembravano eterne...e di me bambina.
Se non si fosse capito, amo la borragine.
Come in genere amo tutte le cose selvatiche, flora e fauna che sia.
La borragine cresce spontaneamente fino a 1000 m. di altitudine ma in molte zone viene coltivata e preparata in molte maniere. I fiori ed i peduncoli vengono spesso pastellati e fritti (deliziosi), le foglie lessate ed utilizzate per ripieni o minestre, o semplicemente saltate in padella.
Probabilmente molte persone snobbano questa stupenda pianta a causa del suo aspetto: la borragine infatti, a parte i fiori che sono un vero incanto, non è bellissima ed è completamente ricoperta di peluria urticante.
Il che non la rende immediatamente appetibile. Solo con la cottura perde tutti i suoi peli e diventa intensamente saporita ed aromatica.
Prima di lasciarvi la ricetta, vi invito ad andare a leggere il post che ho scritto per Emmetichallenge, una dichiarazione d'amore per il cinema, in questo caso per il cinema Western. Divertitevi.
Ingredienti per 4 persone:
Per la pasta
5 uova intere
500 gr farina 00
un pizzico di sale
2 cucchiai di olio extra vergine
Per il ripieno
300 gr di ricotta di pecora freschissima
200 gr di borragine lessata e strizzata
1 uovo grande
3 cucchiai generosi di parmigiano grattugiato
sale - pepe bianco
noce moscata
Per il condimento
500 gr di pomodorini ciliegino
1 spicchio d'aglio
olio extravergine
Cacio ricotta Lucana
Fiori di borragine per decorare
Preparate la pasta: setacciata la farina a fontana su una spianatoia e rompetevi le uova al centro. Aggiungete il sale e l'olio quindi con una forchetta sbattete le uova incorporando lentamente la farina dai bordi della fontana. Una volta incorporata la farina cominciate a lavorare con energia la pasta utilizzando i palmi delle mani e gli avambracci. Massaggiate la pasta senza stirarla e lavoratela a lungo, almeno 10 minuti, per ottenere una palla liscia e compatta. Avvolgetela nella pellicola e fatela riposare almeno un paio d'ore.
Preparate il ripieno. Lavate con attenzione la borragine, selezionando le foglie più belle e tenere. Utilizzate dei guanti leggeri perché la borragine è urticante e può irritavi la pelle delle mani. Utilizzate anche le gemme dei fiori e qualche fiore. Fate bollire acqua salate e versatevi la borragine. Scottatela per 4/5 minuti e scolatela versandola immediatamente in una ciotola con acqua gelata. Questo preserverà il bel colore verde della verdura.
Strizzatela con cura e con un coltello affilato tritatela grossolanamente. Mettetela in una ciotola ed aggiungete la ricotta. Con una forchetta incorporate bene la verdura alla ricotta. Aggiungete l'uovo, il parmigiano, salate e pepate e non dimenticate una bella grattata di noce moscata. Mescolate bene il tutto e tenete da parte.
Tirate la pasta a mano o a macchina se preferite. Ricavate delle strisce lunghe e larghe c.ca 5 cm e con un cucchiaino distribuite delle palline di ripieno grandi come una noce a distanza di 4 cm l'una dall'altra. Coprite le palline con un'altra striscia di pasta facendo bene attenzione a non incorporare aria con i ripieno. Aiutatevi schiacciando con il dito indice intorno al ripieno man mano che posizionate la copertura di pasta. Una volta ottenuta una striscia di ripieni, ritagliateli con un coppa pasta rotondo di 6/7 cm o con una rotella tagliapasta ottenendo dei rettangoli. La forma sarà a vostro piacere.
Terminati i ravioli, lasciateli asciugare su una spianatoia e preparate il condimento.
Lavate bene i pomodorini e tagliateli in 4 spicchi. Fate scaldare un filo d'olio extravergine che profumerete con uno spicchio d'aglio. Quando l'olio sarà caldo aggiungete i pomodorini e mescolate. Fate cuocere a fiamma media per 3/4 minuti, salate, spegne e tenete in caldo. I pomodorini dovranno essere morbidi ma ancora compatti.
In una pentola capiente, fate bollire abbondante acqua salate e cuocetevi i ravioli. I tempi di cottura variano a seconda dello spessore con cui avrete tirato la pasta. I miei si sono cotti in c.ca 7 minuti. Scolateli con una schiumarola e sistemateli in un piatto piano. Componete i piatti individuali con 6/7 ravioli, conditeli con i pomodorini ed un filo d'olio a crudo.
Terminate con una generosa grattugiata di cacio ricotta e qualche fiore di borragine.
Con questa ricetta partecipo al contest di Ambra del Gattoghiotto - Ricette spontanee - in collaborazione con il Rifugio Meira Garneri
Confesso che l'aspettavo.
Nel tragitto che ogni giorno percorro in macchina da casa al lavoro, brevissimo in verità, da settimane butto l'occhio nei prati circostanti, nei campetti abbandonati e nella campagna che si arrampica verso la città.
Strizzo gli occhi per individuare quell'inconfondibile riflesso blu-violetto che come uno spot mi dice: "è arrivata".
Fino a che mia madre mi chiama e mi dice: davanti casa il campo si è riempito di borragine.
Esulto.
Ti prego ti prego, raccoglimene un po' che voglio farci i ravioli!
E mia madre arriva con un fascio d'erba selvatica grosso come un cuscino, i fiori accuratamente sistemati per non sciuparsi.
Le foglie selezionate con cura e messe ordinatamente una sopra l'altra. Sono certa che avrebbe cotto il tutto se gliel'avessi permesso, ma volevo farlo io. Almeno questo visto che non ho potuto coglierle da sola.
Fino a che ho vissuto alla Bagnaia, uno dei grandi piaceri che adesso mi mancano immensamente, era andare per erbette selvatiche.
Nei giorni di primavera, quando ancora non faceva troppo caldo e le giornate cominciavano ad allungarsi generose, partivamo con mamma, mia sorella e qualche vicina a caccia di erbette. Ci spingevamo lontano, su una collina alla cui sommità stava un casolare meraviglioso e abbandonato.
Intorno a questa casa colonica, c'erano campi sconfinati di proprietà della tenuta in cui vivevo. Nessuno ci diceva nulla e noi armate di cestini, coltelli e guanti di gomma, facevamo man bassa di cicoria selvatica, valeriana (qui chiamata ceciarello o ciociarello), bietoline, borragine e rucola selvatica. Il più delle volte mia sorella ed io abbandonavamo l'incarico per altre occupazioni più divertenti tipo giocare ed investigare intorno al casale, ma il solo poter trascorrere un pomeriggio in piena natura, ci rendeva elettriche e piene di energia.
Tutto questo mi manca moltissimo.
Più di tutto mi manca la sensazione del tempo che scorreva lento, delle giornate che sembravano eterne...e di me bambina.
Se non si fosse capito, amo la borragine.
Come in genere amo tutte le cose selvatiche, flora e fauna che sia.
La borragine cresce spontaneamente fino a 1000 m. di altitudine ma in molte zone viene coltivata e preparata in molte maniere. I fiori ed i peduncoli vengono spesso pastellati e fritti (deliziosi), le foglie lessate ed utilizzate per ripieni o minestre, o semplicemente saltate in padella.
Probabilmente molte persone snobbano questa stupenda pianta a causa del suo aspetto: la borragine infatti, a parte i fiori che sono un vero incanto, non è bellissima ed è completamente ricoperta di peluria urticante.
Il che non la rende immediatamente appetibile. Solo con la cottura perde tutti i suoi peli e diventa intensamente saporita ed aromatica.
Prima di lasciarvi la ricetta, vi invito ad andare a leggere il post che ho scritto per Emmetichallenge, una dichiarazione d'amore per il cinema, in questo caso per il cinema Western. Divertitevi.
Ingredienti per 4 persone:
Per la pasta
5 uova intere
500 gr farina 00
un pizzico di sale
2 cucchiai di olio extra vergine
Per il ripieno
300 gr di ricotta di pecora freschissima
200 gr di borragine lessata e strizzata
1 uovo grande
3 cucchiai generosi di parmigiano grattugiato
sale - pepe bianco
noce moscata
Per il condimento
500 gr di pomodorini ciliegino
1 spicchio d'aglio
olio extravergine
Cacio ricotta Lucana
Fiori di borragine per decorare
Preparate la pasta: setacciata la farina a fontana su una spianatoia e rompetevi le uova al centro. Aggiungete il sale e l'olio quindi con una forchetta sbattete le uova incorporando lentamente la farina dai bordi della fontana. Una volta incorporata la farina cominciate a lavorare con energia la pasta utilizzando i palmi delle mani e gli avambracci. Massaggiate la pasta senza stirarla e lavoratela a lungo, almeno 10 minuti, per ottenere una palla liscia e compatta. Avvolgetela nella pellicola e fatela riposare almeno un paio d'ore.
Preparate il ripieno. Lavate con attenzione la borragine, selezionando le foglie più belle e tenere. Utilizzate dei guanti leggeri perché la borragine è urticante e può irritavi la pelle delle mani. Utilizzate anche le gemme dei fiori e qualche fiore. Fate bollire acqua salate e versatevi la borragine. Scottatela per 4/5 minuti e scolatela versandola immediatamente in una ciotola con acqua gelata. Questo preserverà il bel colore verde della verdura.
Strizzatela con cura e con un coltello affilato tritatela grossolanamente. Mettetela in una ciotola ed aggiungete la ricotta. Con una forchetta incorporate bene la verdura alla ricotta. Aggiungete l'uovo, il parmigiano, salate e pepate e non dimenticate una bella grattata di noce moscata. Mescolate bene il tutto e tenete da parte.
Tirate la pasta a mano o a macchina se preferite. Ricavate delle strisce lunghe e larghe c.ca 5 cm e con un cucchiaino distribuite delle palline di ripieno grandi come una noce a distanza di 4 cm l'una dall'altra. Coprite le palline con un'altra striscia di pasta facendo bene attenzione a non incorporare aria con i ripieno. Aiutatevi schiacciando con il dito indice intorno al ripieno man mano che posizionate la copertura di pasta. Una volta ottenuta una striscia di ripieni, ritagliateli con un coppa pasta rotondo di 6/7 cm o con una rotella tagliapasta ottenendo dei rettangoli. La forma sarà a vostro piacere.
Terminati i ravioli, lasciateli asciugare su una spianatoia e preparate il condimento.
Lavate bene i pomodorini e tagliateli in 4 spicchi. Fate scaldare un filo d'olio extravergine che profumerete con uno spicchio d'aglio. Quando l'olio sarà caldo aggiungete i pomodorini e mescolate. Fate cuocere a fiamma media per 3/4 minuti, salate, spegne e tenete in caldo. I pomodorini dovranno essere morbidi ma ancora compatti.
In una pentola capiente, fate bollire abbondante acqua salate e cuocetevi i ravioli. I tempi di cottura variano a seconda dello spessore con cui avrete tirato la pasta. I miei si sono cotti in c.ca 7 minuti. Scolateli con una schiumarola e sistemateli in un piatto piano. Componete i piatti individuali con 6/7 ravioli, conditeli con i pomodorini ed un filo d'olio a crudo.
Terminate con una generosa grattugiata di cacio ricotta e qualche fiore di borragine.
Con questa ricetta partecipo al contest di Ambra del Gattoghiotto - Ricette spontanee - in collaborazione con il Rifugio Meira Garneri
venerdì 12 aprile 2013
La cucina dell'Extra vergine: l'Olio Umbro e una cacio e pepe ai carciofi
Sunrise sunrise - Norah Jones
Per la regione a più alta densità di Santi per chilometro quadrato, l'olivo non può che essere il simbolo più rappresentativo.
Parlo della meravigliosa e mistica Umbria, il cuore verde d'Italia, una delle regioni con il maggior numero di città dell'Olio presenti all'interno dell'Associazione Nazionale.
Conosco bene questa terra avendola girata in lungo ed in largo (e ci vuole poco, vi garantisco) per lavoro e per piacere e come sempre sono felice di poterla onorare anche solo con un semplice post.
I luoghi che in assoluto amo di più sono il piccolo borgo di Montefalco, la terrazza dell'Umbria, Bevagna, città delle "gaite" , di cui ho spesso parlato in questo blog, l'elegante Trevi e la deliziosa Deruta con le sue favolose ceramiche. Spoleto cosmopolita e sorprendente, con una delle piazze della Cattedrale più belle che io ricordi ed un centro storico costellato di antiquari. Ogni volta che ci vado, non manco una passeggiata lungo le mura ciclopiche, emozionanti. Un altro luogo del mio cuore è Norcia, ma lei merita una parentesi a parte e ne parlerò con più calma prossimamente, e non ultima ovviamente Spello, il luogo incantato da cui proviene l'olio che abbiamo utilizzato per la rubrica di oggi.
Spello si trova tra Assisi e Spoleto, distesa lungo le pendici della collina ai piedi del Subasio, e si arrampica in alto fino a garantirsi la più bella vista su tutta la valle.
Spello è vanitosa ma timida, riservata.
Soltanto alla sera, quando certi tramonti infuocano l'orizzonte, si tinge di rosa come una ragazza innamorata ed è difficile dimenticare il colore della sua pietra.
Quest'anno ho anche la fortuna di essere stata invitata all'Infiorata che si tiene ogni anno per il Corpus Domini: il suolo della città viene ricoperto con tappeti di fiori belli come dipinti, preparati da mastri fiorai durante tutta la notte precedente.
Per godere al meglio della visione di questi capolavori profumati, bisogna alzarsi presto al mattino altrimenti dopo, con la folla, sarà impossibile.
Le altre compagne della squadra dell'Extavergine, per questa occasione hanno preparato dei piatti magnifici:
Biscotti all'avena e sciroppo d'acero da Fausta Caffè col Cioccolato
Costolette d'agnello alla senape da Stefania Cardamomo and co
Pici con patè aromatico di olive e pomodorini verdi da Sabina Cook'n book
Focaccine al caprino, miele al tartufo e olio di Spello di Teresa Scatti Golosi
L'intenso sentore erbaceo con una decisa nota amara all'assaggio dell'Olio Extra Vergine di Spello, mi aveva ispirato immediatamente ad un utilizzo su verdure crude o al limite al vapore, ma da un po' di tempo non cucinavo della pasta e mi sono resa conto che forse avrei potuto valorizzare questo prodotto su una cacio e pepe con pecorino sardo molto fresco (caratterizzato da deliziosi sentori d'erba tagliata) e l'aggiunta in corner dei miei amati carciofi, grazie a dei morelli tostissimi che ho deciso di friggere nell'olio di Spello.
Ingredienti per 4 persone:
320 gr di spaghetti
4 carciofi morelli
100 gr di pecorino (romano o sardo come preferite) grattuggiato
pepe nero fresco
sale
Olio extravergine di Spello (per friggere e condire)
Pulite i carciofi delle foglie esterne, tagliate la punta e passate su tutta la superficie mezzo limone quindi metteteli in una ciotola di acqua fredda acidulata con l'altro mezzo limone.
Mettete il pecorino in una ciotola dove sia possibile versare anche gli spaghetti una volta cotti.
Tagliate i carciofi a metà ed affettateli sottilmente con un coltello affilato. Asciugateli con cura.
Coprite il fondo di una padella con uno strato di c.ca 3 mm di olio extravergine e portatelo a temperatura per friggere quindi versateci i ventaglietti di carciofo e fateli dorare fino a che non saranno croccanti. Scolateli e tamponateli.
Tenete in caldo.
Portate abbondante acqua salata a ebollizione e versatevi gli spaghetti. Fate cuocere per il tempo indicato sulla confezione o al dente se preferite.
Con un mestolo, versate poca acqua di cottura sul pecorino e mescolate bene con una frusta per ottenere una crema. Aggiungete l'acqua necessaria per un composto cremoso. Aggiungete il pepe macinato al momento e mescolate ancora.
Scolate la pasta e versatela nella crema di pecorino. Mescolatela bene e create dei nidi di pasta per impiattare, aiutandovi con un forchettone e un mestolo largo.
Su ogni nido, versate un goccio di olio a crudo e decorate generosamente con i carciofi. Un'altra macinata di pepe e servite. Se vi piace, decorate con foglie di menta fresca.
Per la regione a più alta densità di Santi per chilometro quadrato, l'olivo non può che essere il simbolo più rappresentativo.
Parlo della meravigliosa e mistica Umbria, il cuore verde d'Italia, una delle regioni con il maggior numero di città dell'Olio presenti all'interno dell'Associazione Nazionale.
Conosco bene questa terra avendola girata in lungo ed in largo (e ci vuole poco, vi garantisco) per lavoro e per piacere e come sempre sono felice di poterla onorare anche solo con un semplice post.
I luoghi che in assoluto amo di più sono il piccolo borgo di Montefalco, la terrazza dell'Umbria, Bevagna, città delle "gaite" , di cui ho spesso parlato in questo blog, l'elegante Trevi e la deliziosa Deruta con le sue favolose ceramiche. Spoleto cosmopolita e sorprendente, con una delle piazze della Cattedrale più belle che io ricordi ed un centro storico costellato di antiquari. Ogni volta che ci vado, non manco una passeggiata lungo le mura ciclopiche, emozionanti. Un altro luogo del mio cuore è Norcia, ma lei merita una parentesi a parte e ne parlerò con più calma prossimamente, e non ultima ovviamente Spello, il luogo incantato da cui proviene l'olio che abbiamo utilizzato per la rubrica di oggi.
Spello si trova tra Assisi e Spoleto, distesa lungo le pendici della collina ai piedi del Subasio, e si arrampica in alto fino a garantirsi la più bella vista su tutta la valle.
Spello è vanitosa ma timida, riservata.
Soltanto alla sera, quando certi tramonti infuocano l'orizzonte, si tinge di rosa come una ragazza innamorata ed è difficile dimenticare il colore della sua pietra.
Quest'anno ho anche la fortuna di essere stata invitata all'Infiorata che si tiene ogni anno per il Corpus Domini: il suolo della città viene ricoperto con tappeti di fiori belli come dipinti, preparati da mastri fiorai durante tutta la notte precedente.
Per godere al meglio della visione di questi capolavori profumati, bisogna alzarsi presto al mattino altrimenti dopo, con la folla, sarà impossibile.
Le altre compagne della squadra dell'Extavergine, per questa occasione hanno preparato dei piatti magnifici:
Biscotti all'avena e sciroppo d'acero da Fausta Caffè col Cioccolato
Costolette d'agnello alla senape da Stefania Cardamomo and co
Pici con patè aromatico di olive e pomodorini verdi da Sabina Cook'n book
Focaccine al caprino, miele al tartufo e olio di Spello di Teresa Scatti Golosi
L'intenso sentore erbaceo con una decisa nota amara all'assaggio dell'Olio Extra Vergine di Spello, mi aveva ispirato immediatamente ad un utilizzo su verdure crude o al limite al vapore, ma da un po' di tempo non cucinavo della pasta e mi sono resa conto che forse avrei potuto valorizzare questo prodotto su una cacio e pepe con pecorino sardo molto fresco (caratterizzato da deliziosi sentori d'erba tagliata) e l'aggiunta in corner dei miei amati carciofi, grazie a dei morelli tostissimi che ho deciso di friggere nell'olio di Spello.
Ingredienti per 4 persone:
320 gr di spaghetti
4 carciofi morelli
100 gr di pecorino (romano o sardo come preferite) grattuggiato
pepe nero fresco
sale
Olio extravergine di Spello (per friggere e condire)
Pulite i carciofi delle foglie esterne, tagliate la punta e passate su tutta la superficie mezzo limone quindi metteteli in una ciotola di acqua fredda acidulata con l'altro mezzo limone.
Mettete il pecorino in una ciotola dove sia possibile versare anche gli spaghetti una volta cotti.
Tagliate i carciofi a metà ed affettateli sottilmente con un coltello affilato. Asciugateli con cura.
Coprite il fondo di una padella con uno strato di c.ca 3 mm di olio extravergine e portatelo a temperatura per friggere quindi versateci i ventaglietti di carciofo e fateli dorare fino a che non saranno croccanti. Scolateli e tamponateli.
Tenete in caldo.
Portate abbondante acqua salata a ebollizione e versatevi gli spaghetti. Fate cuocere per il tempo indicato sulla confezione o al dente se preferite.
Con un mestolo, versate poca acqua di cottura sul pecorino e mescolate bene con una frusta per ottenere una crema. Aggiungete l'acqua necessaria per un composto cremoso. Aggiungete il pepe macinato al momento e mescolate ancora.
Scolate la pasta e versatela nella crema di pecorino. Mescolatela bene e create dei nidi di pasta per impiattare, aiutandovi con un forchettone e un mestolo largo.
Su ogni nido, versate un goccio di olio a crudo e decorate generosamente con i carciofi. Un'altra macinata di pepe e servite. Se vi piace, decorate con foglie di menta fresca.
mercoledì 10 aprile 2013
Girelle alla crema....i clienti ritornano come le rondini!
La Bambola - Patty Pravo
Nonostante la crisi faccia contare gli italiani
fino a 10000 prima di prendere una decisione di spesa,
abbiamo cominciato a rivedere clienti fare capolino nella nostra
agenzia.
Un po' come le lumache, che mettono fuori il capino alla prima pioggia di primavera, il potenziale viaggiatore ricompare in agenzia al primo sole.
Spesso mi viene da pensare che il 70/80 per cento degli italiani in questo momento si comporti come quel povero cristo della novella che per insaporire il pane rinsecchito, lo passava sui meravigliosi vapori dell'arrosto a cui non poteva accedere.
Ecco, l'italiano che in questo momento ha paura di spendere (e non entro nel merito delle possibilità economiche di ognuno, né della propria fatica di vivere), entra in agenzia per sognare.
Da qui frotte di potenziali viaggiatori passano per saccheggiare i cataloghi di ogni parte del mondo, si siedono chiedendoti di programmare il loro prossimo viaggio in Madagascar (che con certezza non verrà mai confermato), si agitano per trovare un hotel ovunque in Italia o all'estero durante il ponte del 25 aprile, che per una famiglia di 4 persone per 4 notti, non debba costare più di 250 euro. "C'è casa vostra", mi verrebbe da rispondere, ma poi mi rendo conto che sono una persona gentile e disponibile e magari questo cliente domani vince il superenalotto (ed ovviamente prenoterà il suo viaggio su internet!).
Con il ritorno dei clienti migratori, come le rondini, ricominciano gli aneddoti da ricordare e le frasi storiche da segnarsi sul libro nero delle "cazzabubbole".
Ogni giorno c'è una piccola o grande ragione che allieta la giornata o grande o piccola rogna che la distrugge a prescindere.
La mia grande fortuna è che non lavoro al banco. Io sto dietro, nel cosiddetto back office. Sono il classico topo di agenzia che programma, scrive, inventa itinerari e interagisce esclusivamente con i clienti che realizzano gruppi o con gli operatori stranieri quindi ciò che succede al banco lo vivo passivamente.
Perché sento praticamente ogni discorso, conversazione e balordaggine che subisce la mia collega. Ovviamente in momenti "caldi", io sono il rinforzo, ma ho lasciato da tempo quel ruolo, da cui, se non sei capace di difenderti, vieni malamente schiacciato. Perché il pubblico è difficile.
Inoltre è difficile da cambiare la concezione che la maggior parte dei clienti, specialmente quelli delle generazioni più "mature" hanno nei confronti dell'agente di viaggio. Che è quel ragazzo che per hobby vende viaggi.
Un hobby che nel nostro caso mantiene 3 famiglie e che spesso ci fa piangere lacrime e sangue.
Da quando ho cominciato questo lavoro, e l'anno prossimo saranno 20 anni (sono più che maggiorenne), ho osservato il turismo fare lo slalom tra 3 guerre, un numero indefinito di attentati, influenze aviarie, vulcani incattiviti, il fallimento di svariate compagnie aeree e l'avvento delle low cost, l'affondamento di una nave, magistrali sòle rifilate da internet e la mutazione di un'economia e di un paese a causa della crisi.
Scusate, non è il caso di fare una pausa?
Il caldo ancora non si decide ad arrivare ed ovviamente non ho nessuna ragione per decidere di smettere di usare il forno, specialmente quando non sono ancora uscita dal tunnel dei lievitati che ultimamente mi stanno dando gradite soddisfazioni. E' da un po' che volevo provare la pasta brioche ma soprattutto mi volevo lanciare su le girelle con l'uvetta e la crema che sono tra le paste che in assoluto amo di più, specialmente a colazione. E mi è venuta d'aiuto la ricetta di Cranberry che è semplice e di successo. Come dice lei, sono assolutamente morbidissime, buone buone anche il giorno dopo. Bisogna usare un po' di delicatezza nel tagliarle infatti come potete vedere, le mie sono tutte sghimbesce, ma la bontà non si discute.
Non ho inserito la ricetta per la crema pasticciera perché so che ognuna di voi ha la sua preferita. Anche io ho la mia ricetta perfetta e forse un giorno ve la darò.
280 gr di farina ( 160
manitoba,120 farina 00)
2 uova
30 g di zucchero
semolato
12 g di lievito di
birra
50 ml di latte
1 cucchiaino di miele
80 g di burro morbido
1 pizzico di sale
50 gr di uvetta sultanina
crema pasticciera per
farcire ( circa 100 g)
tuorlo d’uovo sbattuto con un cucchiaio di latte
per
spennellare
Setacciate le farine, sciogliete il lievito di
birra nel latte tiepido con un cucchiaino di miele.
Nella planetaria mettete
le farine, lo zucchero, il lievito di birra con il latte e iniziate ad
impastare.
Quando l’impasto sarà
bello compatto aggiungete un uovo per volta, il sale e
continuate ad
incordare. A questo punto l'impasto sarà ancora un po' tenace. Aggiungendo il burro morbido a tocchetti, diventerà molto morbido e tenderà ad attaccarsi alla ciotola. Continuate ad impastare, almeno per c.ca 20 minuti, e se necessario aggiungete 30/40 gr di farina affinché l'impasto si stacchi dalla ciotola. La morbidezza dell'impasto dipende dalla grandezza delle uova. In ogni caso il panetto finale sarà molto morbido.
Mettetelo a lievitare in una ciotola con un pizzico di farina per circa 1h (io l'ho tenuto nel forno con la lunetta accesa.)
Una volta che l’impasto sarà raddoppiato di
volume, riprendete l’impasto e
stendetelo in una
sfoglia rettangolare larga circa 25/30 cm e lunga 50 cm, di 5 mm di spessore sopra una spianatoia infarinata.
Spalmate uno strato di 3/5 mm di crema pasticciera distribuendola con cura su tutta la superficie. Cospargete con l'uvetta strizzata che avrete tenuto a mollo in acqua tiepida per 15 minuti.
Piegate un lato lungo verso il centro chiudendolo con delicatezza in maniera che il bordo esterno sia perfettamente dritto lungo il centro. Fate così con l'altro lato. I due bordi esterni si toccheranno e combaceranno perfettamente. Con il matterello spianate la sfoglia solo sulla lunghezza sempre delicatamente in modo da distribuire bene la crema.
Con un coltello affilate tagliate in due parte la foglia esattamente sul punto di contatto tra i due lati e ricaverete 2 lunghi rettangoli.
Tagliateli in rettangoli lunghi c.ca 15 cm ed arrotolateli su se stessi su lato corto in modo da ottenere dei rotolini.
Con estrema delicatezza, in quanto l'impasto è molto morbido, affettate i rotolini ricavando delle girelle di c.ca 3 cm di spessore e sistematele ben separate, su una placca da forno coperta di carta.
Fate lieviatare ancora per 20/30 minuti. Al termine spennellate le girelle con tuorlo d'uovo sbattuto con un po' di latte fate cuocere in forno preriscaldato a 160/170° per 25/30 minuti. Controllate che siano dorate, a quel punto sono pronte.
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