lunedì 29 ottobre 2012

E dopo il Salone del Gusto, ma quanto danno fastidio 'sti foodblogger?


Torino. Salone del Gusto 2012. 
Cibo, tanto cibo in tutte le forme. Chilometri nelle gambe per annusare, assaggiare, ammirare prodotti da tutto il mondo senza mai stancarsi. 
Una folla oceanica di curiosi, appassionati, professionisti, golosi cronici. E nel mezzo dell'oceano, un'onda anomala di strani individui, armati di macchine fotografiche, block notes, sporte piene di qualsiasi cosa e sorriso stampato sulla faccia. Senza soluzione di continuità. 
Perché se metti un foodblogger in una stanza piena di cibo, quello prima ride, va in estasi e poi tira fuori la macchina fotografica. 
Torino. Salone del Gusto 2012: invasione di foodblogger. 
Questa è stata la mia prima esperienza di condivisione di un evento così grande ed importante con amici foodblogger, tanti. 
Il tutto fortemente voluto e realizzato con precisione millimetrica da Emidio Mansi, Mr Gente del Fud/Garofalo, che ci ha generosamente ospitato e dal suo fantastico staff sempre presente. 
Al di là dell'esperienza in sé, che mi ha lasciato tantissimo umanamente e di cui potrei parlare per i prossimi 20 post, i 3 giorni a Torino mi hanno spinto ad una riflessione, una sorta di sedimentazione di sensazioni e domande che mi giravano nella testa da un po'. 
L'effetto innesco è stato il convegno su Gastronomia 2.0 tenutosi nella sala blu del Lingotto all'interno del Salone, sabato 27 ottobre, qualche minuto prima che partissi. Ci sono andata con alcune care amiche e ho ascoltato con reale interesse. Tra i relatori, lo stesso Emidio Mansi, Marco Bolasco Direttore Editoriale di Slow Food, Anna Maria Pellegrino,La Cucina di QB in rappresentanza della categoria Food Blogger, la giornalista di Repubblica Licia Granello e Giuseppe Cavalcanti, responsabile del Canale Terra e Gusto Ansa.it. 
Non mi dilungo troppo sul contenuto del convegno perché alla fine ha girato esclusivamente intorno ad un concetto essenziale: la comunicazione sul cibo e gastronomia oggi passa dal web. 
Il problema principale è che per chi la comunicazione la fa di mestiere, la/il foodblogger è colui che fa disinformazione sul cibo nascondendosi dietro ad un mare di ricette. 
Eloquente è stato l'intervento di Licia Granello che, se pur ampiamente condivisibile, mi è sembrato un coup de theatre anche un tantinello demagogico. Ma io sono una foodblogger e un po' mi dispiace sentirmi dire che prima di parlare di ricette (" prendi un chilo di pomodori"? Che significa un chilo di pomodori? Da dove vengono? Chi li coltiva? e così via andare), bisogna sapere di cosa si parla, bisogna sapere con cosa è fatto un dado, bisogna conoscere chi produce una certa farina. Mi infastidisce un certo modo accalorato di rivolgersi alla platea come se si parlasse a bambini della prima elementare, alzando la voce e sfogando una frustrazione tutta personale: "Dobbiamo fare guerra all'ignoranza che gira intorno al cibo. Abbiamo il diritto di sapere come e dove un prodotto è fatto". Vero, condivisibilissimo...ma a chi fare guerra?
La rete oggi è un mare magnum di ricette e di voci spesso strampalate e superficiali. La "nebulosa" foodblogger, come la chiama la Stampa in un articolo di ieri 28 Ottobre, è effettivamente un fenomeno impressionante se si pensa che la stima del numero di blog sul cibo si aggira in Italia intorno ai 3500 (ma non si hanno dati certi). 
Quello che però non mi è chiaro è il perché la Sig.ra Granello e una buona parte del mondo della comunicazione di massa, siano così inveleniti contro i foodblogger
Tenendo presente che:
- I foodblogger non vogliono e non ambiscono ad essere giornalisti. Gli bastano quelli già presenti. 
- I foodblogger si aspettano di ricevere informazioni dettagliate ed approfondite sul food e gastronomia dalla stampa ufficiale e quando non le ricevono, se le cercano e trovano da soli. Anche dove si produce il pomodoro Siccagno. 
- I foodblogger amano il cibo, amano la cucina, amano condividere molto più che comunicare ed amano la libertà che offre loro la rete. Dietro la quale non si nascondono.
- I foodblogger sono liberi di dire quello che pensano perché nessuno li paga per questo. Se scrivono di un prodotto, nella maggior parte dei casi è perché il prodotto vale lo spot. Il foodblogger che si rivolge all'azienda è libero di fare quello che vuole se l'azienda risponde, così come l'azienda che si rivolge al foodblogger più sentirsi rispondere "no, grazie". 
- I foodblogger quando vanno al ristorante, pagano all'uscita. E se sono stati male, sono liberi di dire che fa schifo senza dover per forza piegarsi a 90° solo perché è un ristorante di grido. O perché sono pagati per questo. E questa è una gran bella soddisfazione. 
- I foodblogger sono persone. Nella maggior parte dei casi sono donne. Nella grande maggioranza dei casi sono donne istruite, laureate, libere professioniste, lavoratrici e madri di famiglia. Sono donne curiose, di grande spirito e sterminata passione. Sono donne con capacità di spesa. 
Il blog è spesso ragione di shopping da ogni punto di vista: dal cibo all'attrezzatura fotografica, all'oggettistica per il food styling e per la cucina. Per i viaggi che le portano a cercare quell'ingrediente strano e prezioso o a scoprire una cultura lontana principalmente attraverso quello che viene portato in tavola. Sono le donne che alimentano il blog e non viceversa. 
L'unico ritorno che queste donne hanno dal blog, è un volume di sincere amicizie e piccole soddisfazioni personali. Perché di denaro neanche a parlarne. E solo per questo, per essere l'unico settore sociologico che in questo periodo alimenta l'economia stagnante, dovrebbero essere rispettate e riverite! 
- I foodblogger non fanno paura a nessuno. Sono una nebulosa che scrive di ricette e di vite personali e a volte fa anche informazione. 
Ci mettono la faccia e non hanno ambizioni secondarie. 
Stia tranquilla Sig.ra Granello. 






venerdì 26 ottobre 2012

Il cuore si scioglie alla Leggenda dei Frati

Aggiungi un posto a tavola  - J. Dorelli
Filippo Saporito ha la gioia di vivere disegnata sul volto. 
La cosa più bella è che questo disegno non resta fine a se stesso: lui emerge vivace da ogni gesto e parola che Filippo rivolge a chi gli è intorno. 
Filippo Saporito è lo chef del ristorante La Leggenda Dei Frati ed ha il destino nel nome. 
Ho partecipato qualche giorno fa ad una splendida iniziativa promossa da Unicoop Firenze in collaborazione con alcuni ristoratori di grande prestigio della nostra regione a favore di "Il Cuore si Scioglie" , fondazione nata nel 2010 per sostenere l'adozione a distanza di molti bambini del sud del mondo e finanziare progetti di sviluppo in aree molto svantaggiate. 
L'iniziativa è molto semplice ma in verità estremamente interessante: partecipare ad un corso di cucina i cui proventi sono interamente devoluti alla Fondazione, grazie alla disponibilità di grandissimi chef che mettono a disposizione la propria arte gratuitamente, attraverso l'esclusivo utilizzo dei prodotti reperibili in qualsiasi negozio Coop. 
Una cena Gran Gourmet prodotta con ingredienti semplici, in alcuni casi anche industriali, attraverso ricette realizzabili da tutti e molto creative, che mi ha lasciata praticamente a bocca aperta. 
Filippo e la moglie Ombretta, suo impareggiabile braccio destro in cucina, ci hanno fatto trascorrere 3 ore di grande divertimento ed interesse, seguite da una cena splendida, condivisa in grande convivialità con tutti i partecipanti all'iniziativa. 
Il ristorante, che originariamente si trovava ad Abbadia Isola, piccola frazione di Monteriggioni, da circa un anno e mezzo si è trasferito alle porte del Chianti Classico, in una delle proprietà più note della nostra provincia, la Casa Vinicola Cecchi, all'interno di un suggestivo casale ristrutturato, dove è stata ricavata anche una deliziosa enoteca. 
L'ambiente è tra i più incantevoli che possiate immaginare: un mare di vigne ad anfiteatro intorno al ristorante, una deliziosa corte esterna dove in estate si celebrano cene romantiche, il tutto reso indimenticabile da una cucina straordinaria e piena di passione. 
Il menú che ci è stato presentato e che abbiamo osservato realizzare nelle belle cucine, è il seguente:
Crespelle di ceci con baccalà mantecato su crema di porri
Maccheroni con sugo espresso di coniglio, cipolle in agrodolce e ricotta arrostita
Petto di faraona ripieno di Olive e capperi con sformatino di carote e zenzero
Cremoso al formaggio con salsa ai frutti di bosco. 
Vi annuncio fin da adesso che preparò presto alcune ricette perché desidero condividere con voi l'estrema bontà dei piatti e la loro originalità. Ma intanto vi faccio venire l'acquolina con alcune immagini di questa bella esperienza.
Ombretta è stata il motore della serata. Mentre Filippo ci illustrava i piatti e ci raccontava l'origine delle ricette, lei ha lavorato incessantemente per mostrarci tecniche e procedure. Una coppia davvero affiatata. 
L'antipasto ci ha emozionato per la sua delicatezza. Crespelle con farina di ceci ripiene di baccalà cotto nel latte e mantecato con olio extra vergine. Un connubio estremamente piacevole. Le crespelle vengono passate in forno una volta ripiene, per consentire alla pasta di assumere croccantezza e successivamente sistemate su una crema di porri molto gradevole e non aggressiva che completa armoniosamente il tutto. Io non sono un'amante del baccalà, ma così, credetemi, ne avrei mangiato a ripetizione! 
Sulla pasta con ragù di coniglio saltato con cipolline caramellate e ricotta arrostita, ho avuto un colpo al cuore. 
Questo diventerà il piatto che tirerò fuori come un asso dalla manica per le occasioni in cui voglio stupire.  
La semplicità di realizzazione comparata alla bontà dell'insieme, lo rende assolutamente un piatto da 10 e lode. La preparazione è velocissima e sono certa che piaccia davvero a tutti. Presto la ricetta, promesso! 
Il petto di faraona ripieno è un piatto scenografico e di estrema bontà ma è quello che indubbiamente ha richiesto maggior lavoro. Non sareste in grado di riconoscere il prodotto finale se non ve lo dicessi. 
Tecnicamente ci vuole un po' di pazienza e manualità ma anche in questo caso non è impossibile da realizzare. La doppia cottura, prima in acqua bollente poi in padella, necessità di tempo, ma il risultato finale è spettacolare come potete vedere. 
Completa magistralmente il tutto, uno sformatino di carota e zenzero dalla consistenza impalpabile. Fantastico! 
Il finale ha riscosso l'apprezzamento generale con ovazione. Questa piccola bavarese che vedete di fronte a voi, è fatta con semplici pavesini ed una crema a base di Philadephia, ingentilita da una salsa di frutti di bosco surgelati e cotti con zucchero. Uno dei dolci più buoni mangiati negli ultimi tempi. Non lo dico per piaggeria. Questo sarà il dolce per il mio menù di Natale. Considerando che si può preparare in anticipo e congelare, è assolutamente perfetto. Ricettina in arrivo anche per questo.
Naturale che non debba invitarvi a fare una sosta da Filippo e Ombretta durante il vostro prossimo viaggio in Toscana. E' obbligatorio! 




mercoledì 24 ottobre 2012

Maple bundt cake e arrivederci a Martha Stewart

Maple leaf Rag - Scott Joplin
- Mamma, questa torta sa di quel miele che si mette sui pancakes! - 
Sono molto orgogliosa del palato di mia figlia, specialmente quando individua al primo colpo ingredienti non comuni e che magari ha assaggiato qualche volta durante i nostri viaggi. Purtroppo non è che possa mettere sciroppo d'acero in tavola ad ogni colazione, ma lei lo adora e questa è stata l'occasione per ricordarglielo. 
Lo sciroppo d'acero è quanto di più nordamericano si possa immaginare. 
Il mio primo viaggio in Canada ha il profumo di questo prezioso oro liquido e dei pancakes su cui ne versavo a litri. 
Facendo una breve escursione sulla provvidenziale Wikipedia ho scoperto quanto: Lo sciroppo d'acero è un liquido zuccherino ottenuto bollendo la linfa dell'acero da zucchero e dell'acero nero. 
È il secondo dolcificante naturale meno calorico (circa 250 calorie per cento grammi) superato solo dalla melassa e dalla stevia; ha un alto contenuto di sali minerali. 
Oltre ad essere utilizzato nei paesi freddi, per le elevate calorie e proprietà nutrizionali, lo sciroppo d'acero è noto per le sue proprietà depurative oltre che energizzanti e antipiretiche. 
Interessante vero? 
Per la nostra ultima puntata dedicata allo Starbooks di Ottobre e alla inarrestabile Martha Stewart, ho voluto chiudere con un dolce, un bel ciambellone casalingo, estremamente facile da realizzare ma con un sapore unico ed un profumo indimenticabile. 
Da tantissimo tempo non avevo un profumo così intenso ed inebriante in cucina, per di più così a lungo. 
Il classico profumo dello sciroppo d'acero, un misto tra caramello e "wilderness" come dico io. 
E inutile raccontarvi come questa ricetta sia da fare. Assolutamente! 
Prima di passare alla ricetta, vi invito a non perdere la stupenda rassegna di ricette delle altre amiche Starbookers che per l'occasione vi presentano:
 Sweet potato pie a casa di Menu Turistico 
Zesty crab cakes a casa di La Apple pie di Mary Pie
Pike place Fish an Chips a casa di Arabafelice
Buffalo chicken wings a casa di Ale only Kitchen 
Pigs in a blanket a casa di  Vissi d'arte e di Cucina
Caramelized onion dip and onion crisp and Corn muffins a casa di La Gaia Celiaca
Stuffed mushrooms a casa di Le Chat Egoiste
Skillet Cornbread a casa di Arricciaspiccia

Ingredienti per 8/10 persone
56 gr di burro a temperatura ambiente più extra per ungere
240 gr di farina 00 più extra per spolverare lo stampo
2 cucchiaini di lievito in polvere per dolci
1/2 cucchiaino di bicarbonato di sodio
1/2 cucchiaino di sale
105 gr di zucchero di canna
2 uova grandi
160 gr di sciroppo d'acero più extra per la decorazione
2 cucchiaini di estratto puro di vaniglia
250 ml di panna acida
125 ml di panna fresca
Preriscaldate il forno a 175°. Ungete uno stampo per ciambella da 25 cm di diametro quindi spolveratelo con la farina e fate uscire l'eccesso sbattendolo leggermente. 
Mescolate in una ciotola media la farina setacciata, il lievito ed il bicarbonato.
Montate a crema il burro con lo zucchero con una frusta elettrica a velocità media, fino a che chiaro e soffice, c.ca 3/4 minuti. Aggiungete le uova, una alla volta e sbattete bene fino a che il composto non sia ben omogeneo prima di aggiungere la successiva. Aggiungete lo sciroppo e la vaniglia e mescolate bene. Aggiungete la farina in 3 tempi, alternandola con la panna acida e finendo comunque con la farina. Mescolate fino a combinare bene gli ingredienti dopo ogni aggiunta. 
Versate il composto nella tortiera e cuocete fino a che il dolce non sarà bruno dorato ed verificate comunque la cottura con uno stuzzicadenti che dovrà uscire pulito e asciutto. 
Fate raffreddare lo stampo su una griglia per c.ca 15 minuti prima di rovesciarlo e sformarlo. Quindi lasciate raffreddare completamento.
Prima di servire, montate la panna, non a picchi fermi ma morbidi. Aggiungete un cucchiaio di sciroppo d'acero e mescolate ancora per rassodarla. Decorate la cima del dolce con cucchiaiate di panna spruzzata di sciroppo d'acero e servite.
Note Personali:
  • Come sempre ingredienti a temperatura ambiente. Non abbiate paura di lavorare il burro con lo zucchero, anche perché lo zucchero di canna necessita tempo per sciogliersi. Lavorate bene il composto dopo l'aggiunta del primo uovo prima di passare al secondo. 
  • La consistenza è veramente molto morbida ed umida e si conserva benissimo per diversi giorni con lo stesso intenso aroma senza doverlo chiudere in una scatola di metallo.
  • E' un dolce perfetto per l'ora del te ma accompagnato dalla panna può tranquillamente chiudere un pranzo grazie al suo gusto non eccessivamente dolce insieme ad un buon caffè. La panna può essere aggiunta non dolcificata.
  • Se potete, non omettete assolutamente la vaniglia che stempera il deciso aroma caramellato e lo ingentilisce. NON usate la vanillina, pietà! 
  • Il color caramello dell'interno è veramente bellissimo. 
  • Azzardo una previsione: diventerà uno dei miei dolci preferiti!  



lunedì 22 ottobre 2012

Chi la dura la vince: ancora Pane dolce del sabato.

Ancora - Eduardo de Crescenzo
Ci ho riprovato
Mi era rimasta una voglia irrisolta ed il primo tentativo non mi aveva convinto completamente a causa dei tempi di lievitazione così interminabili. 
Sabato ho rifatto il pane dolce di Eleonora
Mi è piaciuto tanto, tantissimo. 
Stavolta la pasta ha lievitato in tempi ragionevoli, si è gonfiata voluttuosamente. Ho potuto tirarla con estrema facilità e farcirla senza problemi. L'intreccio armonioso ha continuato a crescere e il risultato finale mi ha convinta una volta per tutte di quanto questo pane sia straordinario.
Al di là dei significati simbolici presenti in ogni religione, lavorare su questa ricetta mi ha fatto ripensare alla "sacralità" domestica che ci è stata tramandata dalle nostre nonne nei confronti di questo essenziale elemento di vita. 
Mi nonna così come mia madre e mia suocera, non hanno mai buttato via il pane. Se ne resta un pezzettino nel piatto, prima di gettarlo, lo baciano rispettosamente. 
Questo gesto mi ha sempre invariabilmente commosso ed è pieno di un significato universale che va oltre ogni credo e religione. 
Il significato stesso della vita e la nostra gratitudine, rispetto e devozione per la semplicità e completezza di questo alimento.
E' anche per questa ragione, inettitudine personale a parte, che ho sempre avuto grandissima soggezione nei confronti della panificazione. 
L'inadeguatezza di non riuscire a rapportarmi con una ricetta basica ma incredibilmente pregna di significato, nei confronti della quale ho sempre avuto il terrore di fallire. 
Ci voleva l'invito di Eleonora con un pane così bello e importante per farmi ricredere e riempirmi di felicità per avere superato un grande ostacolo emotivo. 
Per la ricetta del pane, la trovate descritta in maniera impeccabile da Eleonora e riportata fedelmente nel mio primo tentativo
Per i ripieni questa volta ho seguito esclusivamente i miei gusti personali ed un pensiero felice.
La prima treccia sarà il mio pane della colazione di Natale
Una forma evocativa, elegante, assolutamente perfetta per i giorni di festa (non è una pane della festa d'altronde?). E come tale avrà i profumi della festa. 
Il ripieno è una marmellata di clementine che mi è stata portata dalla Calabria, con piccoli pezzi di buccia candita, estremamente aromatica, insieme a noci tritate grossolamente. Il tutto spolverato da un lieve tocco di liquirizia che regala una sensazione di freschezza e di esotismo.
Per una treccia:
50 gr di marmellata di clementine
50 gr di noci sgusciate
5 gr di liquirizia in pasticche dure (la Amarelli è perfetta), da tritare finemente nel mixer o ridurre in polvere in un mortaio (meglio).
Spalmate la marmellata sulle strisce, cospargetele con le noci tritate e spolverate con la liquirizia. 
Una volta spennellata la treccia con il tuorlo, decoratela con semini di sesamo. 
La seconda treccia è di una golosità senza fine. 
Mi sono ricordata di avere in dispensa un barattolo intonso di crema di pistacchi di Bronte, di cui ho letto con attenzione l'etichetta. Nessuna traccia di grassi animali o elementi proibiti secondo le indicazioni delle ragazze di MT e di Eleonora. Non l'avevo ancora usata quindi ho mescolato bene il composto per miscelare l'olio che inevitabilmente si forma in superficie, ed ho immerso il cucchiaino: svenimento! 
Il velluto con sapore al pistacchio. Ho spalmato un bello strato sulle strisce di pasta e le ho cosparse generosamente con pistacchi interi spellati e tostati. Per creare un piacevole senso di contrasto ed esaltarne la dolcezza, ho cosparso il tutto con un pizzico di sale rosa. 
La treccia è stata successivamente decorata con semini di anice per conferire al pane un profumo speciale (io adoro l'anice) e mi è molto piaciuto insieme al pistacchio. 
Per una treccia
80 gr di crema di pistacchi
100 gr di pistacchi interi, spellati e tostati
1 pizzico di sale rosa
semi di anice. 
Con queste ricetta do il mio secondo ed ultimo contributo all'MTC di Ottobre 


venerdì 19 ottobre 2012

Crostata di fichi secchi e le libertà a cui rinunciamo

My tierra - Gloria Estefan
Immaginate di vivere in un luogo in cui sia proibito anche il solo pensare di andarsene. Più semplicemente di decidere di partire per un viaggio. 
Di mettere un piede fuori per capire come funziona il mondo lontano da lì, ma neanche troppo lontano, magari a soli 100 km di mare. 
Immaginate che tutto questo vi sia precluso ma che improvvisamente la storia cambi e le porte del mondo vi si spalanchino. 
Reazione? Non riesco a visualizzarla. So solo che questa notizia mi ha riempito il cuore di gioia. 
Parlo di Cuba, un luogo che tengo stretto dentro il cuore e che solo 3 giorni fa ha visto accadere un fatto storico: libertà di viaggiare
Potete capire come per un agente di viaggio, ma anche solo per un essere umano come la sottoscritta che ha il viaggio registrato nel DNA, una notizia del genere abbia un significato epocale e straordinario. 
So che per una realtà come quella cubana che ha priorità più importanti della libertà di muoversi (in primis sopravvivere), ai nostri occhi una notizia del genere possa apparire poco significativa, ma io non lo credo. 
L'apertura al mondo rappresenta una possibilità, una speranza, un'opportunità. E' un messaggio importante che ci arriva da un'isola tanto bella quanto unica ed io non posso che essere tanto felice di questo. 
E voi, qual'è la libertà a cui non potreste rinunciare? Quella per cui sareste capaci di combattere la vostra battaglia?


La voglia di fare questa crostata è nata dalla necessità di consumare una grande quantità di fichi secchi che mio marito mi ha portato dalla Grecia qualche tempo fa. Non avevo proprio idea del come; mi era quasi venuta voglia di farci una confettura trasversale o dei soliti ripieni a dolcetti o biscottini, poi ho trovato questa ricetta sul libro Crostate. Dolci per Eccellenza della De Agostini, e sono entrata in fibrillazione. 
Provatelo: è un dolce rustico ma assolutamente voluttuoso, con una crema di ricotta che accarezza il palato e che esalta i fichi ammorbiditi. La pasta è una semplice brisé integrale perfetta per equilibrare la dolcezza del ripieno. 
Ingredienti per 8 persone:
Per la pasta:
160 gr di burro
150 gr di farina 00
100 gr di farina integrale per dolci
1 cucchiaio di scorza grattugiata di limone biologico
1 cucchiaio di zucchero semolato
burro e farina per lo stampo
sale
Per la farcitura 
2 dl di latte
200 gr di ricotta
100 gr di zucchero semolato
2 tuorli
1 cucchiaio di farina 00
1 limone biologico
Per la decorazione
300 gr di fichi secchi
3 cucchiai di zucchero semolato
1 cucchiaio di amido di mais
1 chiodo di garofano
1/2 bicchiere di vino bianco secco
il succo e la scorza grattuggiata di un limone biologico
Setacciate le farine con un pizzico di sale ed impastate con i burro a pezzetti, lo zucchero e la scorza di limone, e 3 o 4 cucchiai di acqua gelata fino ad ottenere una pasta omogenea. Stendetela con il matterello, ripiegatela in 3 parti e stendetela di nuovo. Ripetete l'operazione per altre 2 o 3 volte poi avvolgete la pasta nella pellicola e mettetela a riposare in frigorifero per 1 ora circa. 
Preparate i fichi. Fate ammollare i fichi in acqua tiepida per c.ca 1 ora, poi sgocciolateli e tagliateli a metà. Metteteli in una casseruola con il vino, 1 bicchiere di acqua, lo zucchero e il chiodo di garofano. Lavate e asciugate il limone, ricavate una lunga striscia di scorza e tutto il succo. Aggiungete succo e scorza ai fichi e lasciate sobbollire adagio per 20 minuti circa, fino a che saranno morbidi. Fate raffreddare.
Montate i tuorli con la farina e lo zucchero e una volta spumosi e gonfi, amalgamate il succo e la scorza del limone ed il latte, versandolo a filo. Cuocete la crema per c.ca 5 minuti a fuoco basso, sempre mescolando, poi lasciatela raffreddare quindi amalgamate la ricotta. 
Accendete il forno a 180°. Imburrate ed infarinate uno stampo di 22 cm di diametro.
Stendete la pasta ricavando un ampio disco che adagerete nello stampo. Punzecchiate con la forchetta, ricoprite con la crema alla ricotta e distribuitevi sopra i fichi. Stemperate l'amido di mais con 1 cucchiaio di acqua calda ed amalgamate il liquido di cottura dei fichi. Versatelo sulla decorazione di fichi quindi cuocete la torta per c.ca 40 minuti. Sfornate la crostata, fatela raffreddare quindi sformate con delicatezza e fate raffreddare completamente sulla gratella. 

mercoledì 17 ottobre 2012

Pollo fritto al latticello di Martha Stewart

Titolo canzone





Qualche tempo fa ho scritto un post su un bellissimo film che ho molto amato e che recentemente ho avuto occasione di rivedere: The help
Mentre ero lì che mi emozionavo come la prima volta, è arrivata la scena che già a suo tempo mi aveva fatto innamorare: Minnie Jackson, una delle protagoniste (una strepitosa Octavia Spencer per altro vincitrice dell'Oscar per questa parte), sta friggendo del pollo e con espressione beata afferma: "Fried chicken just tend to make you feel better about life"
E se questa frase la pronuncia una donna di colore di Jackson Mississippi durante gli anni della segregazione razziale, capite come il suo significato possa essere decisamente importante.
Il pollo fritto è uno dei piatti più emblematici dell'America del Sud e come dice la Martha, potrete interrogare chiunque in proposito e non troverete nessuno che non abbia almeno un'opinione in merito: pastellato o aromatizzato, panato o fritto immerso nell'olio, servito caldo con le cialde a colazione o freddo durante un bel pic nic. 
La ragione della gloria di questo piatto sta proprio nella sua crosticina croccante, leggermente speziata. Per questa ricetta in particolare, se amate la crosta più spessa, basterà che dopo la prima infarinatura lasciate riposare i pezzettini di pollo per 15 minuti e ripetiate l'operazione. Il latticello rende il pollo incredibilmente succoso, quindi non trascurate la marinatura, preferibilmente per tutta la notte. Lasciate che il pollo scoli bene per almeno un'ora prima di infarinarlo perché questo vi assicurerà una crosta leggera, croccante e assolutamente senza grumi.
Prima di passare alla ricetta, non dimenticate che qui siamo nella giornata dello Starbooks e altre interessantissime ricette dal libro di Martha Stewart sono pronte a casa delle amiche Starbookers:
Menu Turistico con l'Hamburger
La Apple Pie di Mary Pie con Tamale Pie
Arabafelice con Coconut Cake
Le chat egoiste con Oatmeal raisin cookies
Ale only Kitchen con New England clam chowed e Frittelline di mais e cipolle
Arricciaspiccia con Indian Pudding
Vissi d'Arte e di cucina con Torta di Ananas rovesciata
La Gaia Celiaca con Corn Ice Cream

BUTTERMILK FRIED CHICKEN
Ingredienti per 4 persone

1 pollo intero da 900/1300 gr tagliato in 10 pezzi
1 litro di latticello ben scosso
1 cucchiaio e mezzo di mostarda secca in polvere
1 cucchiaio 1/4 di pepe di cayenna
Sale grosso e pepe nero macinato fresco
60 gr di farina 00
2 cucchiai di farina di mais 
Olio di semi di girasole per friggere
Mettete i pezzi di pollo in due piatti fondi larghi a sufficienza per accogliere il pollo comodamente. In una ciotola media mescolare il latticello con la mostarda, il cucchiaio di pepe di cayenna. Condite con sale e pepe. Versate la marinata sul pollo essendo sicuri di coprirlo completamente. Coprite bene con una pellicola e mettetelo in frigo per almeno 4 ore o tutta la notte.
Rimuovete il pollo dalla marinata e lasciatelo scolare sopra una gratella situata su un foglio di carta da forno per almeno un ora. 
Eliminate la marinata.
Allo stesso tempo mescolate la farina con la farina di mais, il restante pepe di cayenna. Aggiustate di sale e pepe. Distribuite la miscela su un piatto fondo. 
Quando siete pronti a friggere, preparate una larga padella di ferro in cui verserete 1 cm di olio di semi di girasole e scaldatelo a media temperatura fino a che l'olio non registri 190° con un termometro da forno. Altrimenti usate il sistema classico del pezzettino di pane, che dovrebbe friggere e diventare dorato in meno di un minuto.
Mentre l'olio si scalda, per lavorare con pochi pezzetti alla volta, mettete due o 3 pezzi di pollo nella farina facendo in modo che si coprano completamente. Scuoteteli per eliminare l'eccesso di farina. 
Preriscaldate il forno a 100 gradi e sistemate diversi fogli di carta assorbente su una placca da forno.
Friggete il pollo pochi pezzi per volta. La padella deve essere piena ma i pezzi non si devono toccare. Sistemate i pezzi con la pelle in basso e coprite. Cuocete fino a che il pollo è dorato e croccante e le parti si tolgano con facilità dalla padella, 4/5 minuti c.ca, quindi girate i pezzi e continuate la cottura sull'altro lato allo stesso modo. Una volta pronti, scolateli e continuate a friggere i restanti pezzi (ricordate che le ali ed i pezzi di petto più piccoli cuociono più velocemente delle cosce). 
Trasferite i pezzi già fritti sulla placca da forno pronta e riponetela in forno per mantenere in caldo il pollo mentre friggete il resto. 

NOTE PERSONALI:
- Avevo programmato di testare questa ricetta per il pranzo di domenica, con 2 ospiti speciali: mia figlia e la sua amichetta Giulia. Quale prova del fuoco migliore di quella del gradimento di due bambine
Ero agitata. Per paura che il sapore fosse eccessivamente speziato, ho dimezzato la quantità di pepe di cayenna lasciando però invariata la quantità di mostarda. Il sapore era giustamente aromatico ma non aggressivo e le bambine hanno gradito immensamente. 

- Io sono del partito della crosta spessa quindi la prossima volta farò un doppio passaggio nella farina
- Non omettete assolutamente la farina di mais che conferisce una croccantezza deliziosa al risultato finale. 
- La temperatura dell'olio è molto importante. Cercate di non mettere troppi pezzi di pollo allo stesso momento per evitare che la temperatura si abbassi. 
- Cercate di non fare pezzi di pollo troppo grandi. La cottura deve durare abbastanza affinché il pollo si  cuocia alla perfezione ma la crosta non diventi troppo scura (o si bruci). 
- Ricetta assolutamente perfetta! 
A mercoledì prossimo con un'altro imperdibile appuntamento Starbook! 


lunedì 15 ottobre 2012

Il pane dolce dello Shabbat e il tormento della lievitazione.

Cello Suite 1 - Yo Yo Ma
Eleonora lo sa, ma lo sanno anche le mie amiche, quelle che mi seguono ormai da tempo, quelle che ogni tanto ascoltano il "lamento di Federico", quelle che sulla pagine delle "mie ricette", alla voce lievitati trovano la desolazione più estrema.
Tanto che ho raggiunto la consapevolezza di essere completamente sprovvista di quello che ho soprannominato "il pollice marroncino". Si, perché c'è, esiste ed io l'ho visto. E' la capacità di far fiorire ogni tipo di lievitato in qualsiasi situazione. Vi faccio un esempio: mia cognata! Se impasta la pizza anche in una stanza gelata, questa comincia a crescere già durante la lavorazione. Una roba da non crederci. Le sue mani sprigionano un calore che ti fa passare anche i dolori! 
Nel mio caso, ho l'alibi di un marito (fratello della cognata in questione) che fa pizze meravigliose e che mi toglie dall'impasse di dovermi mettere all'opera. 
Io sono completamente "alievitata": mi spaventano i pani, mi inquieta il lievito madre, mi rifugge la biga (nel senso che proprio non mi si avvicina)! 
Quindi Eleonora lo sa. Le ho scritto subito dopo che aveva pubblicato la ricetta, dicendole che ci avrei provato ma che non le promettevo nulla. 
Ci avrei provato perché questa per me è una sfida nella sfida. 
Una ricetta meravigliosa che sa di storia, di profondità, di tradizioni, riti  e sacralità e non potevo certo perdermela. Perché anche grazie al mio lavoro ho cominciato a studiare i luoghi dell'eredità ebraica in Italia dovendo organizzare dei tour per dei clienti americani e la cosa mi ha così tanto affascinata da farmi scoprire ed appassionare ad un realtà completamente a me sconosciuta e lontana. Che mi si è avvicinata ancor più anche attraverso l'intelligenza e la sensibilità di Eleonora, signora di un blog così bello e profondo da lasciarmi ogni volta stordita dall'emozione. 
Così, tornando a bomba, la mia sfida con questo stupefacente lievitato è per Eleonora, che spero mi perdonerà perché il cammino di questi pani non è stato punto facile.
h. 8.00 - Preparo il lievito. Sciolgo il panetto nell'acqua tiepida, ci aggiungo il cucchiaino di zucchero e lo lascio in meditazione, mentre io preparo la colazione. 
h. 8.15 - Schiumina, bollicine, lievito che si sveglia, si stiracchia e da' segni di vita. Evvai, segno positivo...che sia la mia giornata?
Preparo l'impastatrice: farina setacciata con cura, zucchero, pizzico di sale. Mescolo tutto bene e faccio un fontanino. Aggiungo il lievito e comincio ad impastare con il gancio. Qualche minuto di lavorazione quindi verso l'olio a filo, attendo che si aggreghi bene, continuo e lascio lavorare un po'. Quindi le uova come ordina Eleonora, una alla volta e poi lascio che l'impastatrice massaggi un po' la palloccola di pasta che piano piano comincia a slanciarsi e ad aggrapparsi bene al gancio, lasciando la ciotola della Planetaria bella lucida e linda. Ci siamo.
h. 9.00 - Metto la palla in una grande ciotola di plastica e la infilo in forno, con la lucina accesa. E prego. 
h. 11.00 - La palla è sempre lì, leggermente più gonfia ma niente di che. Lo sapevo - mi dico. Grrr, lo sapevo! Mi viene voglia di buttare tutto ma contengo lo slancio furibondo. E aspetto. Diamole tempo, un'altra oretta. Magari è timida, chi lo sa! E poi si sa, certe ragazze quando devono fare il saldo in società, vengono prese dal panico. 
h. 12.00 - Niente, niente raddoppio, niente cupola soffice di pasta gonfia di gioia. Niente di niente. 
Con calma serafica decido di prenderla per stanchezza. La tolgo dal forno e la piazzo sulla spianatoia. La taglio in due e lavoro ogni panetto a lungo. Formo due palline, le copro con un telo e le piazzo vicino alla finestra, dove batte il sole e aspetto. E prego. 
h 13.00 - Primi cenni di crescita
h. 14.00 - Da sotto il telo percepisco che sta succedendo qualcosa. Decido di darle il tempo di cui ha bisogno e continuo a fare le mie cose dimenticandomi di  lei. 
h. 17.00 - Toh! E voi chi siete? Due bei panetti cicciotti. Evvai, allora adesso li intrecciamo. 
h. 18.00 - Messe di nuovo le trecce in forno con la luce accesa. Mi dimentico di nuovo di loro e preparo la cena. 
h. 20.30 - Adesso le trecce sono treccioni. Mettiamo in forno e domani mattina colazione galattica! 
Un'intera giornata. Uno spasimo. Ma è normale? 
Non credo proprio, però ci ho provato e con una costanza di ferro. Posso dire che questo è il primo MTC a cui partecipo senza alcuna ambizione, senza avere pensato minimamente a trovare delle idee originali. Ero completamente concentrata sulla ricetta, sul concetto stesso di lievitato che a me è così estraneo, quindi sui ripieni, cara Eleonora, abbi pietà perché sono estremamente basic e senza pretese.
1) Il pane dolce del sabato con il ripieno di nonna Emma. 
La ricetta base del pane è rigorosamente quella che ci ha donato Eleonora:
Per due trecce ripiene:
500 gr di farina 0
2 uova medie (60/62 gr con il guscio)
100 gr di zucchero
20 gr di lievito di birra
125 ml di acqua 
125 ml di olio extra vergine 
10 gr di sale
1 tuorlo d'uovo 
un cucchiaio d'acqua
Per il ripieno del primo pane ho usato il ripieno di questi dolcetti che preparava mia nonna Emma per il Natale, a cui ho aggiunto della confettura di uva fatta in casa. 
30 gr di noci sgusciate 
30 gr di mandorle senza buccia
30 gr di pinoli 30 gr di uvetta ammollata
3 fichi secchi tagliati a fettine sottili. 
3 gr di pepe nero fresco.
Ridurre la frutta secca in pezzetti grossolani e mischiarli con l'uvetta e i fichi ed il pepe. Cospargere ogni striscia di pasta con uno strato sottile di marmellata su cui distribuire la frutta secca. Fare i salsicciotti ed intrecciare. Spennellare con l'uovo e decorare con semi di zucca. 
2) Il secondo pane (per il quale ho il serio sospetto di essere fuori concorso), invece ha un ripieno semplicissimo, pere Abate e cioccolato fondente del Guatemala al 70%. 
Per la decorazione è stato più forte di me, ho voluto usare le mandorle a scaglie ma le mandorle non sono semini, quindi....in ogni caso non importa: quando l'ho tagliato il mio cuore ha fatto un balzo! Era bello, soffice e fragrante e mi sono sentita al settimo cielo.
Sbucciare e tagliare una pera a dadini, tritare grossolanamente 70 gr di cioccolato fondente e cospargere le strisce di pasta, fare i salsicciotti quindi intrecciare.
Spennellare come sopra e decorare con le mandorle a lamelle.
La cosa più strana del tutto, è che nonostante abbia rispettato la cottura identica per entrambi i pani, 15 minuti in tutto, il pane con le pere mi è venuto più scuro e dorato del pane con la frutta secca. Misteri del mio forno! 
Riproverò sicuramente la ricetta, con la speranza che questa volta la pasta lieviti in maniera normale e non a scoppio ritardato come è successo questa volta.
Mi sono incoraggiata. La prossima volta lavorerò sui ripieni.
Grazie Eleonora e grazie alle maestre dell'MTC! 

Con questa ricetta partecipo all'MTC di Ottobre con il pane dolce dello Shabbat di Eleonora








venerdì 12 ottobre 2012

CINEGUSTOLOGIA....and the Winner is....

The winner takes it all - The Abba

Tattarataaaa tarattaratarattataaaa....ufff, fate finta che squillino le trombe della Metro Goldwin Mayer e come nella migliore tradizione, un leone leggermente incattivito ruggisca a richiamare l'attenzione. Lo sentite? 
Ecco, allora posso andare avanti! 
ABBIAMO I VINCITORIIIIII! 
Prima di sciogliere il mistero o aprire la preziosa busta come ci hanno insegnato infinite serate trascorse di fronte alla TV per la notte degli Oscar, vorrei dire due parole. 
Non me l'aspettavo. 
Non avrei mai creduto che un gioco così complesso e anche un po' destabilizzante (ricordate le 3000 battute?), vi sarebbe piaciuto tanto. 
Non mi aspettavo di leggere tanto divertimento e amore per il cinema, trasformati in piatti deliziosi e perfetti identikit di film. 
Non mi aspettavo di sentirmi chiedere da qualcuno: promettimi che lo rifarai! 
Non mi aspettavo che sareste stati così in tanti, alcuni addirittura recidivi! 
E per finire, non mi aspettavo assolutamente i vincitori. 
Perché ovviamente leggendo le vostre opere, nella mia testa avevo i miei preferiti (che mai rivelerò, neanche sotto tortura), ma è lui, Marco Lombardi, il giudice supremo ed inventore della Cinegustologia, divertente nuova forma di "interpretazione sensoriale" che ha scelto e che ovviamente ha fatto una grandissima scelta.
Così, senza ulteriori indugi, apriamo le buste. Rullo di tamburi.....


PER LA COMMEDIA SOFISTICATA 

GIULIETTA DI ALTERKITCHEN CON LITTLE MISS SUNSHINE 
Motivazione del giudice Un racconto compatto, che racconta con delle associazioni semplici, ma intense, la leggera profondità di un film.


PER LA COMMEDIA LEGGERA

CARMELA DI PROFUMO DI SEMPLICITA' CON PRETTY WOMAN 
Motivazione del giudice: Il film viene "snocciolato" con efficacia sensoriale, così da sembrare davvero un piatto da (de)gustare. Come la protagonista del film.

Complimenti di vero cuore alle vincitrici con le quali spero andrete a congratularvi e grazie infinite a tutte voi, ma in particolare a Marco Lombardi e a Lagostina che mi hanno supportato con grande generosità in questo delizioso gioco.