lunedì 28 febbraio 2022

Graffe Napoletane

Questa è una delle ricette che da giorni attende di essere postata. ⁠
Domani è martedì grasso poi entreremo ufficialmente in quaresima. ⁠
Direi che l'animo è in quaresima da tempo e con quello che sta accadendo negli ultimi giorni, del Carnevale, porello, non importa proprio a nessuno. ⁠
Un effetto immediato la questione Ucraina lo ha avuto: si è smesso di parlare di Covid. ⁠
La cosa potrebbe far sorridere se la notizia in prima pagina non fosse una delle più terribili dalle Torri Gemelle. ⁠
Spesso mi è capitato di pensare quanto l'essere nata a cavallo di due secoli, di cui uno che segna la fine di un millennio e l'altro l'inizio di una nuova era, fosse un dono speciale, un osservatorio di cambiamenti epocali, di mutamenti che rendessero la mia generazione un testimone speciale della storia. Pensavo. ⁠
Ma quando da piccola immaginavo il 2000 come la porta di ingresso al "futuro", tutto quello che riuscivo a visualizzare nella mia candida mente, era una civiltà evoluta, tecnologica ed intelligente. Guerre non contemplate. ⁠
Fantasie di bambina, purtroppo. ⁠
Questa è una ricetta d'autore. 
Arriva direttamente dalle cucine dello chef Peppe Guida ma chi me l'ha consegnata è stata lei, la mia cara amica Pasqualina , dispensatrice di molte ricette che sono in questo blog, tra cui una delle Pastiere più buon che io abbia mai mangiato (e preparato). 
Se cerco l'autenticità della tradizione campana, mi rivolgo a lei e so di non sbagliare. 
Per di più è una delle cuoche più brave che io conosca e questo la dice lunga dell'origine della mia affezione per lei. 
Avevo voglia da tempo di provare questa preparazione.  
Con la scusa del carnevale ed il desiderio di impellente di fritto, eccoci alla ragione di queste Graffe. 
Siete ancora in tempo a prepararle per domani. 
E a farle di nascosto in altri momenti. 

Ingredienti per 4 persone
300 g di patate 
500 g di farina W260
110 g di zucchero 
130 g di burro morbido
5 g di lievito disidratato 
25 g di latte 
2 uova grandi 
la scorza grattugiata di un limone

10 g di sale 

Zucchero semolato per rifinire 
Olio di semi di arachidi (o extravergine) per friggere (frittura in olio profondo)
  • Lessate le patate con la buccia. Una volta pronte, sbucciatele e schiacciatele calde.
  • Nella ciotola dell'impastatrice, versate la farina e fate la fontana. Al centro mettete le patate schiacciate con lo schiacciapatate, le uova, lo zucchero e la scorza grattugiata e cominciate ad impastare fino a che l'insieme non comincerà a stare insieme.  Aggiungete il sale e mescolate ancora. 
  • Aggiungete adesso il latte tiepido in cui avrete sciolto il lievito e continuate ad impastare fino a che la ciotola non risulterà pulita sulle pareti. Cominciate ad aggiungere il burro morbido a pezzetti senza aggiungere il pezzo successivo se il precedente non è stato ben incorporato. Al termine dovrete avere un impasto liscio,  elastico e lucido e tirandolo, dovrete riuscire ad ottenere il velo. 
  • Mettete l'impasto in una ciotola oleata e coprite con pellicola, facendolo lievitare fino al raddoppio in un luogo tiepido.  Ci vorranno c.ca 2h30 - 3h 
  • Quando l'impasto sarà pronto, sgonfiatelo e stendetelo su una spianatoia ad uno spessore di 2 cm c.ca e coppatela con un cerchio d'acciaio di 8 cm, bucandolo al centro con un altro cerchio di un paio di cm. 
  • Sistemate le ciambelle su teglie foderate con carta da forno. Copritele con pellicola e fate lievitare sino al raddoppio per un'altra ora. 
  • Scaldate l'olio in una padella di ferro a bordi alti. La temperatura deve essere di 170° in modo che le ciambelle si cuociano senza scurirsi troppo in fretta. Giratele quando saranno dorate su un lato, scolatele una volta pronte e fatele asciugare su carta assorbente. Passatele nello zucchero ancora calde. 
  • Fate in modo di friggere poche ciambelle alla volta, 3, massimo 4. Consumatele tiepide o a temperatura ambiente. Sono perfette il giorno di preparazione ma molto buone anche il giorno successivo. 



martedì 8 febbraio 2022

Marmellata di arance: cicale o formiche?

Se qualcuno mi facesse questa domanda non saprei onestamente cosa rispondere. 
Guardando indietro la mia vita, posso quasi affermare di essere entrambe in una strana, disarmonica combinazione.
Sono stata cicala ogni volta che ho avuto la possibilità di partire, di viaggiare, anche solo per brevi periodi, per il piacere e la necessità di scoprire qualcosa di più di questo pazzo mondo (e quindi di me stessa).  
Il destino ha voluto accompagnarmi ad una persona che non si è mai posta limiti se non quelli della sopravvivenza al quotidiano, diventando un complice di follie itineranti fino a che un virus maligno ha messo i freni a fughe e scorribande. 
Sono formica in cucina, quando metto via vasetti, conserve, congelo alimenti da utilizzare nel tempo, stipo farine e spezie in dispensa, centellino gli ingredienti preferiti sperando che non finiscano mai.
A volte questo accantonare mi prende la mano e finisce che scopro alimenti scaduti che ahimé non riesco a riutilizzare e mi darei padellate in testa. 
Allora capisco che essere formica in questo ambito è rischioso e forse la misura sta sempre nel mezzo. 
Una cosa che so, che ho imparato, è che bisogna smettere di rimandare l'opportunità. 
Se si ha occasione di fare qualcosa che desideriamo, se ne si ha la possibilità, non si deve rimandare. 
Come diceva il buon vecchio Battiato "ne abbiamo avute di occasioni, perdendole, non rimpiangerle mai". 
Quest'anno grazie al dono di una conoscente, sono venuta in possesso di diversi chili di ottime arance biologiche, ancora un poco asprine, così che ho deciso di lasciarle maturare per poi farne della marmellata da tenere in dispensa per la mia colazione (da buona formica). 
Erano arance rosse, con una buccia sottile il che non mi avrebbe dato dei problemi sul fronte dell'"amaro" che rilascia in genere la parte bianca della zeste di agrumi. 
Ho cercato in rete e mi è venuta in aiuto la cara Anna Gentile con la ricetta che ha fatto lo scorso anno quindi considerando quanto io stimi questa meravigliosa donna, blogger ed amica, ho deciso che avrei seguito la sua ricetta. 
Che poi ho scoperto arrivare direttamente da un'altra incredibile persona e blogger eccezionale, la bravissima Giulia di Jul's Kitchen
Insomma, ho potuto tuffarmi sul morbido, se capite cosa voglio dire. 
Quello che mi sento di consigliarvi, quando vi accingerete a preparare la marmellata, lavorate sempre un chilo di arance alla volta. 
Controllerete bene la cottura ed il risultato sarà eccellente. 
Soprattutto, non abbiate fretta. Le cose buone richiedono calma e pazienza. 

PS - La brioche che vedete in foto, è quella con biga che trovate sul blog. 

Ingredienti per c.ca 8/10 vasetti da 200g 
1 kg di arance biologiche con buccia edibile
2 litri di acqua
il succo di 2 limoni 
1500 g di zucchero 

Termometro digitale per zucchero
Una garza di mussola non trattata 
  • La sera prima lavate accuratamente le arance, asciugatele, tagliatele a metà e spremetele, raccogliendo tutto il succo in una ciotola. Dalle mezze sfere delle arance, aiutandovi con uno spilucchino, esportate la parte delle pellicine che contengono il succo e mettetele nella garza, così come anche gli eventuali residui e noccioli che resteranno sul vostro spremiagrumi. Chiudete la garza a sacchetto con poco spago e tenete da parte. 
  • A questo punto tagliate in 4 parti ogni metà di scorza e con un coltello affilato, riducetela in fettine sottili, anche la parte bianca senza nessun problema. Mettete le scorzette che otterrete in una ciotola. 
  • Versate il succo d'arancia, le scorzette e 2 litri d'acqua in una pentola o caldaietta per confetture, aggiungete il sacchetto di garza nel liquido e lasciate riposare tutta la notte. 
  • Il giorno dopo, accendete la fiamma sotto la pentola a calore alto e portata ad ebollizione, quindi abbassate la fiamma (medio bassa) e fate sobbollire fino a che il liquido non si sia ridotto della sua metà. Ci vorranno un paio d'ore. 
  • Una volta ridotti i liquidi, prendete una ciotola su cui appoggerete un setaccio di metallo rotondo, togliete la garza dalla pentola e trasferitela sul setaccio, quindi con un cucchiaio di legno o un pesta carne, cercate di strizzarla per fare uscire tutto il liquido. Importante perché questo liquido contiene la pectina che servirà alla vostra marmellata per farla addensare. Buttate il contenuto della garza. 
  • Versate il liquido nella pentola, seguito dal succo dei due limoni e dallo zucchero, mescolare e riprendete la cottura a fiamma media
  • Quando il liquido ricomincerà a bollire munitevi di termometro e cominciate a monitorare la temperatura. La vostra marmellata dovrà arrivare a 105° affinché la pectina dia il via al processo di gelificazione. Se interromperete la cottura a 105° otterrete una marmellata morbida, a 108° una marmellata stile quella inglese. Oltre non è consigliabile perché raffreddando diventerebbe molto dura. Io ho optato per una via di mezzo, 106°, spalmabile ma ancora morbida. 
  • Appena sarà pronta, riempite i vasetti che avrete preventivamente sterilizzato, chiudeteli con tappi nuovi e ben funzionanti e capovolgete su un foglio di carta o canovaccio e lasciate raffreddare completamente prima di toccarli. 
  • Per apprezzare al pieno la marmellata, consiglio di conservare al buio in luogo fresco per almeno 2 settimane prima utilizzarla.