E dopo Eleonora, Gaia, Greta e Mai, tocca a me chiudere la rassegna dedicata alle donne straordinarie. Lo farò con un'altra donna di musica, che nel mio cuore, non vogliatemene, è in assoluto la più grande. La più grande di tutto il '900, ad oggi insuperata e onestamente inimitabile per l'immensità del dono di cui è stata portatrice: Maria Callas.
Non c'è altra donna che nel mondo della musica sia riuscita a creare attorno a se un tale alone di mitologia e meraviglia come questa incredibile donna. Una dea scesa dall'Olimpo che per un breve istante ha preso sembianze mortali ed ha lasciato dietro se una traccia ed un ricordo immortali. L'aggettivo Divina è ormai sinonimo di Maria Callas.
Non vi racconterò della sua infanzia di bambina prodigio divisa tra le spire di una madre anaffettiva ed un padre molto amato ma lontano, né della sua ascesa inarrestabile nel paese che l'accolse senza compromessi e nel quale divenne Maria Callas. Non mi soffermerò sul mito metropolitano della tenia che avrebbe ingoiato per perdere quasi 30 chili e trasformarsi nell'icona di bellezza ed eleganza imitata da milioni di donne, né sull'amore assoluto per l'uomo che divenne per lei l'isola su cui ritornare e causa di naufragio emotivo.
Desidero parlarvi della donna che non conoscete, della musa che aveva una parte così terrena da renderla vicina, molto vicina a noi e per questo ancora più amata.
Maria Callas amava cucinare. Quella per il cibo era per lei una vera e propria passione, un amore che crebbe e prosperò in Italia e del quale furono testimoni molti degli amici che frequentavano la sua casa. Ma il cibo era per lei anche un grande piacere, che si concedeva frequentando ristoranti di grande prestigio dove spesso, al termine della cena, entrava in cucina per complimentarsi con lo chef e chiedere la ricetta. Vi ricorda qualcuna di voi?
Maria Callas non sapeva cucinare quando arrivò in Italia ma dimostrò immediatamente di essere molto dotata e istintiva. Le sue maestre furono la suocera Giuseppina Meneghini e Nela Rubinstein, moglie del grande pianista e cara amica. Nella sua casa di Verona volle una grande ed attrezzatissima cucina in cui esprimersi. "Cucinare bene è come creare, chi ama la cucina ama anche inventare" confidò una volta ad una amica. Ve la immaginate la donna più osannata ed ammirata del mondo con un grembiulino, mentre assaggia il sugo d'anatra per i bigoli o prepara le cocotte per i tagliolini gratinati al prosciutto? Io si, e mi si allarga il cuore.
La divina soffriva di una strana malattia di cui siamo affette anche noi foodblogger: nella sua cucina stazionavano oltre 40 volumi di libri di ricette provenienti da ogni parte del mondo e tra i quali occhieggiavano titoli come "Il Vero re dei Cucinieri", l' immancabile "Artusi", il "Talismano della Felicità" e la raccolta di "Petronilla". Erano numerosi anche i quadernini su cui appuntava e conservava le ricette carpite durante i suoi viaggi. Fra una rappresentazione e l'altra, si concedeva intere giornate chiusa nella sua cucina a preparare sontuose cene per i suoi più cari amici e riempiendo di orgoglio il marito Titta. Alcuni dei suoi cavalli di battaglia erano le Ostriche Fritte, il Baccalà alla Veronese, la Vitella Ripiena alla francese, la Torta Giamaica alle fragole. Inoltre era golosa di sorbetto, che amava preparare e mangiava senza controllarsi, a tal punto che la sua domestica nascondeva le vaschette su ordine della stessa Callas.
Tutti questi aspetti di lei così poco conosciuti al grande pubblico, hanno trasformato l'ammirazione incondizionata per un personaggio talmente immenso da apparire irreale e infinitamente lontano, in un sentimento di tenerezza e simpatia/empatia. Non posso smettere di pensare a lei che crea armonie di sapori ed ingredienti con lo stesso impegno e maestria con cui affronta la Caballetta della Norma, e magari qualche volta combina un pasticcio, perché in cucina è umana e non una Dea e come noi, butta tutto nella spazzatura senza farsi vedere perché è peccato. In cucina è Maria, solo Maria; in cucina può essere una donna normale e sedurre attraverso altri sensi tenendo per un istante la Divina lontana da sé.
Come dice mia sorella Alessandra, che da buona soprano ha per Maria Callas una vera adorazione, "non doveva essere facile essere lei. Chi ha un dono come il suo è costretto a scegliere tra normalità e successo e spesso questo conduce alla solitudine. La cucina era diventato per lei il luogo dove essere "normale". In fondo studiare un'opera è come cucinare: la musica, la melodia, le parole sono gli ingredienti su cui si crea il personaggio, ed il personaggio è il piatto finito." Hai proprio ragione Sandrina.
Potrete leggere ancora di questa grande passione sul libro "Le ricette di Maria Callas" scritto da Bruno Tosi nel 2006 ed edito dalla Gremese Ernesto.
Maria Callas ha rivoluzionato l'intero mondo della lirica, del canto e dell'interpretazione, entrando così visceralmente nel personaggio da diventare lei stessa Norma, o Tosca o Violetta. Come spesso succedere quando la personalità di un interprete è talmente intensa ed unica, un ruolo o un'aria gli si appiccicano addosso in maniera indissolubile. Pensate al "Vincerò" della Turandot. Io non riesco ad immaginarlo se non dalla inconfondibile voce e potenza di Pavarotti. Così "Casta Diva" è per me Maria Callas. Quell'attacco profondo e drammatico, quel colore scuro, denso, liquido ha fatto si che Norma/Callas siano tutt'oggi la pietra di paragone per chiunque si accinga ad affrontare un'opera di tale altissima difficoltà e bellezza. A quest'opera così splendida e poco rappresentata proprio per oggettive difficoltà tecniche, è stata per così dire "dedicata" una pasta creata ai primi del '900 a Catania. La storia vuole che a dare il nome a questa ricetta sia stato il commediografo catanese Nino Martoglio, che assaggiandola per la prima volta disse "Chista è 'na vera Norma", riferendosi ovviamente al capolavoro Belliniano. Il destino, oltre un secolo dopo, ha voluto che proprio durante una passata edizione della BIT di Milano, fiera sul turismo alla quale partecipo per ovvie ragioni, la Pasta alla Norma venisse proclamata la specialità regionale più amata dagli Italiani, mettendo a tacere bistecca alla Fiorentina e Pizzoccheri della Valtellina.
Maria Callas e Pasta alla Norma: due miti e un solo sapore.
Ingredienti per 4 persone:
500 gr di pomodori pelati (io quelli fatti in casa da mia suocera)
350 gr di pasta corta (maccheroni, o pennette rigate o tortiglioni)
200 gr di ricotta salata (infornata per chi preferisce)
2 belle melanzane lunghe
1 o 2 spicchi d'aglio
Basilico fresco
Olio extra vergine
Sale
Lavare bene le melanzane e tagliarle a fette di c.ca 5 mm quindi posizionatele in uno scolapasta leggermente inclinato, cospargetele di sale grosso e lasciatele spurgare il liquido amarognolo per almeno 1 ora. Sciacquatele bene per eliminare il sale ed asciugatele con attenzione. Friggetele in olio caldo finché non saranno ben dorate, scolatele e sistematele su carta assorbente affinché si asciughino dall'olio. Tenete in caldo
Preparate la salsa. Fate rosolare l'aglio in olio extra vergine quindi buttate i pomodori pelati e fate cuocere facendo insaporire bene ed aggiungendo qualche foglia di basilico. Salate. Tagliate le melanzane a strisce non troppo piccole tenendo qualche fetta intera per la decorazione del piatto, e mettetele nella salsa. Buttate la pasta in acqua bollente salata e fate cuocere al dente. Scolate e passatela nel sugo saltandola per un istante, impiattate e cospargete di abbondante ricotta salata grattugiata a fori grandi. Decorate con un ciuffetto di basilico fresco. Servite, gustate e ascoltate la voce degli angeli!
Con questa ricetta do il mio contributo alle Donne (St)raordinarie di marzo per la raccolta delle Strenne.