sabato 24 giugno 2017

Metti l'Artusi a cena...

Chanson de nuit - Edward Elgar
Mi capita spesso di pensare di essere nata nell'epoca sbagliata.
Non per essere fraintesa: la modernità, la tecnologia, i viaggi supersonici da far girar la testa, son tutte cose che adoro e mi ci adatto, sia ben chiaro.
Però all'atto pratico, fallisco miseramente ed emerge la vera natura di una donna incapace di stare al passo con i tempi.
Me ne rendo conto soprattutto in cucina.
Quello è il vero campanello rivelatore di un modo di essere che non saprei se chiamare "classico" o "retrò" o, come qualche perfido potrebbe pensare, "antico".
Questo blog ne è il più onesto testimone: tradizione batte modernità 5 a 0!
Quando devo organizzare una cena fra parenti o amici, che so benissimo potrebbero apprezzare preparazioni di estrema semplicità, a me sembra di fare chissà quale torto se fra i piatti non c'è almeno una pasta fatta in casa o un ragù che ha pippiato per oltre 3 ore, un arrosto abbandonatosi a dolce morte fra verdure saporite ed un dessert con la sua salsina, bello come una donna vestita a festa.
Non ce la faccio.
Passo ore ed ore in cucina, senza accorgermene (se non fosse per il caldo di questo periodo), ed alla fine ho sempre la sensazione di non avere fatto abbastanza.
In questo rivedo le mie nonne, mia madre che quando dice di aver fatto poco, tira fuori almeno 2 piatti di carne e 4 contorni, mia suocera con i suoi menu della festa che assomigliano a quelle maratone di ballo dove i concorrenti sono eliminati dallo stremo delle forze.
Ma se loro posso capirle perché figlie di un retaggio bellico o post bellico in cui la fame atavica non è mai finita, neanche col benessere, io che c'azzecco in tutto questo?
Ecco che ritorna il busillis sull'inadeguatezza di essere una donna 2.0.
A pensarci bene, il grande Pellegrino Artusi era ben più moderno di me quando scrisse il suo capolavoro e guida per generazioni e generazioni di donne dopo di lui.
Moderno e imprescindibile visto che la sua opera è presente in ogni casa di appassionati di cucina che si rispettino.
Quella che vi racconto oggi è la storia di una cena insieme a Pellegrino, il simpatico edonista che ha fatto del ben mangiare, la missione della sua vita.
Nel giorno delle celebrazioni in sua memoria promosse da Casa Artusi a Forlimpopoli, il Calendario del Cibo Italiano ed un gruppo di amiche blogger, odierne Mariette,  festeggiano con lui preparando un intero menù tratto da La Scienza in Cucina e l'Arte di Mangiar Bene, rigorosamente condiviso con amici e buone forchette in una cena conviviale.
Scegliere fra le quasi 800 ricette del suo manuale, non è stato facile.
Quello che avevo ben chiaro in testa è che come primo piatto, non avrei potuto tralasciare una pasta fresca, in onore di Marietta, la sua fedele cuoca e governante.
Il caldo di questi giorni ha fatto il resto.
Sono andata a studiarmi i "rifreddi", quei piatti che secondo tradizione sono serviti freddi inframezzando portate significative in un pranzo importante o anche in maniera autonoma, per una cena fredda o veloce, un "dopo teatro", ecc.
Per finire, ho optato per un dolce al cucchiaio da preparare in anticipo senza fretta.
Ed ecco il mio menù Artusiano:
Tagliatelle verdi con ragù bolognese 
Pollo in galantina servito con la sua maionese
Pomodorini ripieni al forno 
Budino di mandorle tostate con coulis di lamponi (mia concessione).  
Una ricetta dell'Artusi è una macchina del tempo: ti trasporta in un'epoca di carrozze e candele, di marsine e manicotti, di argenti e ceramiche preziose.
E' un racconto destinato a chi lo sa capire, quindi al buongustaio ed alla donna che cucina.
Sfogliando le pagine della Scienza in Cucina, è chiaro che il principiante avrà vita dura nel trasformare il verbo artusiano in piatto.
Mentre la donna abituata ai fornelli, troverà consigli preziosi intrattenuta dall'umorismo complice dell'autore.
Sulle tagliatelle verdi Pellegrino racconta: "Si usano per minestra asciutta e sono più leggiere e digeribili di quelle intrise di tutte uova. Per da loro il color verde cuocete spinaci lessi, strizzateli bene e tritateli colla lunetta. Con due uova ed un pugno di questi spinaci intridete sulla spianatoia quanta farina potete per ottenere una pasta ben soda che lavorerete molto colle mani. Poi, col matterello, tiratela a sfoglia sottile e quando dà cenno d'appiccicarsi a motivo dell'erba che produce viscosità, spruzzatela leggermente di farina. Avvolgete la sfoglia in un canovaccio e quando sarà asciutta, tagliatela alquanto più larga de' taglierini da brodo, avvertendo che il bello di tali paste è la loro lunghezza, il che indica l'abilità di chi le fece. Appena alzato il bollore, levatele asciutte e conditele come..."
Vero è che se facessi leggere queste righe ad un ragazza che non ha mai preparato la pasta in casa, potrei osservare uno sguardo perso ed aspettarmi millanta domande.
Ma una vera massaia dell'epoca non avrebbe avuto dubbi su come procedere.

Gli ingredienti per 4 persone sono
200 g di farina
2 uova di gallina
100 g di spinaci (non si dice se il peso è da crudo o da cotto - io ho interpretato la seconda ipotesi).

Per 6 persone, ho raddoppiato la dose ma considerando l'umidità portata dagli spinaci (che Pellegrino chiama viscosità), ho usato 3 uova intere ed un tuorlo, riservandomi di usare l'albume qualora l'impasto risultasse troppo asciutto. Non ne ho avuto bisogno.
Ho tritato gli spinaci finemente al coltello (la mia lunetta mi ha abbandonata) ed ho lavorato l'impasto con energia per buoni 15 minuti.
Ho poi avvolto il tutto in una pellicola ed ho lasciato riposare la pasta per 1 oretta.
Ho steso l'impasto col matterello fino ad ottenere delle sfoglie non troppo sottili che a noi le tagliatelle all'uovo piacciono croccanti e di "corpo", quindi le ho fatte asciugare adagiandole su una tovaglia stesa sulla spalliera del mio divano (mia nonna le faceva asciugare sul suo letto).
Una volta asciutte ma ancora in grado di essere piegate senza spezzarsi, le ho tagliate con la coltellina ed ho formato i nidi che hanno atteso la loro fine asciugando su un canovaccio infarinato.
A condimento delle tagliatelle verdi, Pellegrino consiglia il "sugo alla rustica" o "il sugo al prosciutto" o il così detto "bolognese", o più semplicemente cacio e burro.
Io ho optato per il ragù bianco "bolognese", ricetta nr. 87, con cui sono presentati i tradizionali "Maccheroni alla bolognese", certa che i miei ospiti avrebbero apprezzato la novità (qui in Toscana la maggior parte dei condimenti sono "rossi").
Ingredienti per 4 persone:
150 g di carne magra di vitello (meglio se di filetto)
50 g di carnesecca (pancetta stagionata)
40 g di burro
Cipolla, carota, sedano qb
Farina di frumento qb
Brodo sgrassato di manzo e pollo
Sale, pepe, noce moscata qb
Parmigiano grattugiato qb
L'Artusi ci spiega: "Tagliare la carne a piccoli dadi, tritare fine colla lunetta la carnesecca, la cipolla e gli odori per poi mettere al fuoco ogni cosa insieme, compreso il burro, e quando la carne avrà preso colore, aggiungere il pizzico della farina, bagnando con brodo fino a cottura intera".
Queste sono le sole indicazioni che fornisce per la preparazione del condimento.
Non sono oscure, ma ancora una volta si percepisce come dia per scontato che chi l'ascolta abbia mano sicura ed esperienza in materia.
Nella stessa ricetta invece, ed è questo il punto più interessante dell'intera spiegazione, l'autore si dilunga sulla questione della cottura della pasta, affermando che "una minestra troppo cotta, masticandosi poco, scende compatta a pesar sullo stomaco e vi fa palla, mentre se ha bisogno di essere triturata, la masticazione produce saliva e questa contiene un fermento detto ptialina, che serve a convertire l'amido o la fecola in zucchero ed in destrina(...) e questo facilita l'inghiottimento e la digestione".
Ecco il più importante aspetto della sua produzione: una divulgazione scientifica di facile comprensione che per la prima volta tocca l'aspetto "benessere e salute" collegato all'alimentazione ma soprattutto al buon cibo.
Informazioni precise che ritroviamo all'interno di una ricetta, come pizzichi di odori e spezie a rendere il tutto più accattivante e saporito.
Relativamente al ragù, la quantità che si ottiene da 200 g di carne o poco più mi è sembrata insufficiente per condire pasta per 4 persone, considerando che con la cottura, la carne perde i propri succhi anche se integrati dal brodo, e riduce il suo peso.
Naturalmente ho raddoppiato tutto e nel finale ho colto il suggerimento di Pellegrino, aggiungendo all'"intingolo" poca panna ed ottenere una struttura più vellutata al palato.
Per la portata principale ho scelto un piatto che desideravo preparare da tempo: il pollo in galantina.
Nella versione originale, l'Artusi parla di cappone spiegando che questa sontuosa preparazione si serve durante le feste di Natale.
Non disponendo di cappone ed essendo più vicini a Ferragosto che a Natale, ho optato per un pollo nostrale che ho disossato come già fatto molte in questo blog e farcito secondo le indicazioni di Pellegrino.
La ricetta del Cappone dell'Artusi prevede:
700 g di Cappone vuotato e disossato (il mio pollo, una volta disossato pesava 600 g)
200 g di carne magra di vitello
200 g di carne magra di maiale
100 g di petto di pollo
100 g di lardone
80 g di lingua salmistrata
40 g di prosciutto crudo grasso e magro
40 g di tartufi neri
20 g di pistacchi
Battuto
100 g di Carne magra di vitello
100 g di carne magra di maiale
60 g di midolla di pane
1 uovo di gallina
Il nostro Pellegrino ce lo racconta così:
"I tartufi tagliateli a pezzi grossi come le nocciuole e i pistacchi sbucciateli nell'acqua calda. Tutto il resto tagliatelo a filetti della grossezza di un dito scarso e mettetelo da parte salando le carni. Fate un battuto con altro maiale e con altra vitella di latte, grammi 200 in tutto. Pestatelo fine in un mortaio con grammi 60 di midolla di pane bagnata nel brodo; aggiungete un uovo, le bucce dei tartufi , i ritagli della lingua e del prosciutto, conditelo con sale e pepe e quando ogni cosa e ben pesta, passatelo per istaccio. Ora, allargate il cappone, salatelo alquanto e cominciate a distendervi sopra un poco di battuto e poi un suolo di filetti intercalati nelle diverse qualità, qualche pezzetto di tartufo e qualche pistacchio.
E così di seguito finché avrete roba, avvertendo che i filetti di petto di pollastra è meglio collocarli verso la coda del cappone per non accumulare sul petto di questo la stessa qualità di carne.
Ciò eseguito, tirate su i lembi del cappone dalle due parti laterali non badando se non si uniscono perfettamente, che ciò non importa, e cucitelo. Legatelo per il lungo con uno spago, involtatelo stretto in un pannolinp, che avrete prima lavato onde toglierli l'odore di bucato, legate le due estremità del medesimo e mettetelo a bollire nell'acqua per 2 ore e mezzo. Dopo, scioglietelo, rivoltatelo e mettetelo sotto un peso in piano e in modo che il petto di cappone resti al disotto o al disopra di questa posizione, tenetelo per un paio d'ore almeno, onde a prendere una forma alquanto schiacciata.
L'acqua dove ha bollito il cappone può servire per brodo e anche per la gelatina."

Ho apportato una variante personale, che è stata quella di non utilizzare il filetto di petto di pollo avendo già la base della stessa carne, e sostituendo lo stesso peso con della mortadella di Bologna Dop.
Niente lingua salmistrata, che non credo si possibile trovare e che non saprei davvero come preparare. Pellegrino mi perdonerà.
Una volta cotto, ho lasciato il pollo per oltre 2 ore sotto il peso del Grande Libro della Cucina Albeisa e lo Zanichelli della Lingua Italiana, visto che nella mia vita cibo e parole vanno spesso a braccetto.
Se lo conservate in frigo dovendolo preparare in anticipo, toglietelo almeno una mezz'ora prima di servirlo in modo che una volta in tavola sia a temperatura ambiente e tutti i sapori possano sprigionarsi al meglio.
Asciugandosi con la bollitura, la galantina gradisce l'accompagnamento di una salsa ed io ho optato per una classica maionese fatta sempre secondo la ricetta artusiana (che non sto qui a riportare - la nr 126 della sezione salse).
 Per completare l'accompagnamento, ho scelto dei semplici pomodori ripieni, ricetta nr 430, nella variante del battuto di aglio e prezzemolo mescolati a semplice pangrattato, per non caricare la già sostanziosa portata, e li ho serviti tiepidi.
A chiusura del nostro convivio, è arrivato il budino di mandorle, purtroppo vittima del solito incidente di percorso, ovvero lo spatascio in fase di sformatura.
Una decisione sbagliata è stata quella di non coprire il fondo dello stampo in alluminio con il caramello, che aiuta il dolce a non attaccarsi.
Ho deciso di non caramellarlo perché avrei accompagnato il budino con un coulis di lamponi, per dare un po' di freschezza ed acidità ad un dolce di per sé avvolgente e leggermente "grasso" in bocca.
Purtroppo una parte del budino non si è staccata ed il dolce ha finito con il dividersi a metà.
Ho cercato di recuperare il disastro con un decoro "indecoroso", ma ormai il danno era fatto.
Ricetta del Budino di mandorle tostate nr 669
8 dl di latte vaccino (800 g)
100 g di zucchero
60 g di savoiardi
60 g di mandorle dolci
3 uova di gallina.
"Prima preparate le mandorle, cioè sbucciatele nell'acqua calda e abbrustolitele al fuoco sopra una lastra di pietra o di ferro; poscia pestatele riducendole quasi impalpabili e, messo il composto al fuoco senza le uova, aggiungeteci le mandorle e dopo poca cottura, passatelo allo staccio. Ora uniteci le uova frullate e assodatelo a bagno maria con un velo di zucchero fuso in fondo allo stampo. Non occorre nessun odore. La tostatura delle mandorle farà prendere a questo budino il color cenerino e gli darà un sapore così grato da meritarsi il plauso degli uomini e più quello delle donne di gusto delicato. Per dare più bell'apparenza, si può coprire con una crema fiorita di confetto a colori, oppure di panna montata.

Questa è stata la ricetta che mi ha richiesto maggior interpretazione.
Soltanto dopo averla riletta svariate volte, ho capito che dovevo far bollire il latte con lo zucchero, le mandorle tritate ed i savoiardi.
Dopo aver portato il latte a bollitura con gli ingredienti indicati, l'ho lasciato riposare una mezz'ora affinché assorbisse al massimo l'aroma delle mandorle.
Quello che mi sono chiesta è quale sia il ruolo dei savoiardi, visto che poi l'intero composto va passato al setaccio e questi, ormai in poltiglia, non rimangono nel latte così come le mandorle.
Ho pensato che la ragione fosse quella di dare al budino una consistenza meno viscida e più sostenuta ma non ne sono sicura.
Questo è un mistero che spero qualcuno possa aiutarmi a svelare.
Il sapore è ovviamente delizioso, e se come me siete amanti delle mandorle, non potrete che apprezzarlo.

Per finire, la cena è stata un momento di grande divertimento oltre che di buona tavola e bella compagnia.
Non ho avuto un solo attimo di disagio nell'inoltrarmi nel gustoso mondo di Pellegrino, anzi, potrei dire di essermi mossa in scioltezza, e questo la dice lunga sulla mia modernità.


30 commenti:

  1. Ma non potevi invitarmi con un po' di anticipo, mannaggia? Sei un mito, chettelodicoaffà...

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    1. Mannaggia, un posto a tavola per te c'era di sicuro! Peccato che tu sia così lontana. Un forte abbraccio.

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  2. Ma che post meraviglioso Patrizia ! Una cena veramente d'altri tempi come sei tu e per queto motivo ti voglio bene e tu lo sai, vero ? Artusi è stato una scoperta nella sua in fin dei conti modernità ma forse è così per noi che cuciniamo per passione e se non quotidianamente allora molto ma molto spesso. E poi il suo modo così leggermente bacchetone che mi ha conquistato ! Hai un terrazzo meraviglioso, la cosa che a me manca purtroppo...
    La galantina è stupenda...complimenti !!
    Un abbraccio,
    Marina

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    1. Tesoro bello...io adoro l'ironica severità di Pellegrino. Ci avrebbe bacchettate sulle dita ma poi ci avrebbe offerto un cordiale.
      Siamo proprio romantiche!
      Ti abbraccio mia cara.

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  3. Ma che bel post e che bella cena Patrizia!!!

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  4. No, fermi tutti!!! E te con sta calura mi prepari tutto sto popò di roba? No, ma te sei una super donna da sposare, guarda...perché é arrivato prima Antonio e io sono occupata con il Capo...altrimenti un pensierino ce lo farei!!niente sesso che mi fa senso,però per tutto il resto si!!!! <3 ma la tua bimba...ha superato la zia??? Un bacioneeeee

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    1. Ho lavorato di notte e cenato all'aperto. Questo mi ha aiutato un bel po'.
      Per il resto si sa, io e te dobbiamo stare "viscine viscine"....
      La bimba ha superato la zia e la mamma.
      Ti strizzolo socia.

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  5. Sono in attesa di questo articolo da quando hai accennato la prima volta che avresti catturato i piccoli gesti e la convivialità della cena, idea che ho trovato geniale e che hai realizzato alla perfezione. Mi sono sentita lì con voi, in questa cena sontuosa e figlia di altri tempi, in cui la fretta sembrava non esistere.
    Io mi sento molto donna 2.0, che non è in realtà molto positivo perché sento la frenesia dei ritmi del nuovo millennio, per quanto riesco a ritagliarmi momenti per gustare la tavola, la compagnia e la vita.
    Quando preparo cene per i miei amici, la mia intolleranza ai latticini mi impedisce di proporre moltissimi piatti della tradizione emiliana e lombarda, che magari preparo per me ma non offrirei a loro nella versione "senza". Ma questo non è il solo motivo per cui comunque mi diletto nella preparazione di cene dal sapore più internazionale, l'ultima aveva come tema "al pub con Gordon Ramsay".
    Riscoprire l'Artusi per me è stata una vera gioia, anche se l'ho interpretato a modo mio, senza apparecchiate sontuose ed eleganti (che non sarei in grado di riprodurre, in primis perché non sono capace di smacchiare a dovere le tovaglie e rimangono socialmente accettabili per per periodi molto brevi).
    Ora devo uscire ma sarà una gioia passare a leggere tutti gli articoli e vedere lo spirito con cui tutti noi abbiamo interpretato l'Artusi. Perdonami il tema ma il tuo post mi ha fatto pensare un sacco :D
    Un grosso abbraccio e spero in futuro che riusciremo a prepararla insieme una cena con le ricette dell'Artusi :)

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    1. Dani grazie con tutto il cuore delle tue parole. I ritmi lenti sono una cosa che dobbiamo imporci di recuperare, per quanto possibile. Il piacere di stare a tavola senza fretta, un obbligo morale e di rispetto nei confronti dell'impegno che mettiamo nel dedicarci alla cucina.
      Questo viaggio nel mondo artusiano credo che abbia offerto a tutti noi molti spunti su cui riflettere.
      Sulla cena da preparare insieme, spero che accada presto, con tutto il cuore.
      Tanti baci Pensacuoca de mi corazon.

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  6. Bellissime foto e splendida introduzione.. Guardando le foto sembra di essere lì a cena con voi!

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  7. ... ma no! Più che della TUA "modernità", il fatto di sentirti a pieno agio nel mondo di Pellegrino Artusi la dice lunga sulla SUA, modernità! Che dire Pat? Le foto: splendide è dire poco. Mi hanno proiettato sulla tua terrazza facendomi sentire il frescolino del vino da sorseggiare, le risate in compagnia, i piatti pieni di robine deliziose. Mi sarebbe piaciuto esserci. E te lo dico io, che come sai non mangio carne. Un budino (un altro, però, non il tuo ai savoiardi in-cui-neanch'io-ho-capito-a-che-servissero) era stata anche la mia prima scelta, fallita miseramente, come avrai letto :D . Però anch'io devo dire che avevo dato libero sfogo alla fantasia, variando un poco la ricetta, e alla fine disastro fu. Anche per te Pellegrino risulta immacolato e senza colpa, mica come il Luraschi! Io ci riproverò perché, pur spatasciato com'era, quel budino ce lo siamo pappato molto goduriosamente e alla fine mio marito... voleva lo rifacessi subito. Alla fine posso spendere due parole anche su quella pasta tirata e tagliata a mano? Se è il risultato del tuo animo "d'altri tempi", teniamocelo stretto! Un bacione

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    1. p.s. grazie per avermi segnalato l'errore commesso nel citare MaLvaldi, semplicemente nominandolo in modo esatto. Con la tua delicatezza. Sei unica. Baci bella (ora ho corretto, se cerchi l'errore... è sparito! Ahahah...)

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    2. Sei un tesoro, e mi lasci sempre senza parole. Prima o poi potremo farle insieme le tagliatelle. Io tiro e tu fotografi :D
      Un fortissimo abbraccio.

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  8. Un'interpretazione delle ricette spettacolari, invidiabile il posto e i clima di convivialità. Tutte ricette che vien voglia di provare in buona compagnia.

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  9. Mamma mia, Patty, che super cuoca che sei!! Non ti sei risparmiata, e questo la dice lunga su di te, non come cuoca ma come donna :-)
    Una sfilata di piatti da far girare la testa, quando vedo queste cose capisco che di cucina "vera", quelle delle nostra nonne, per l'appunto, io non so proprio nulla. Ma non è che organizzi qualche corso con annessa cena in terrazzo?
    Ti mando un grande bacio e bravissima, ma non c'è bisogno che te lo dica io :-)

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    1. A dire la verità, a parte le tagliatelle, ho preparato tutto in anticipo cucinando la sera, così da non patire troppo il caldo e con un minimo di organizzazione. Altrimenti non sarebbe possibile. Figurati se non saresti in grado di preparare tutto questo. Sei assolutamente bravissima.
      Ti ringrazio per le tue parole e ti mando un bacione grande.

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  10. Questa sera spiegavo a mia madre che cos'è il calendario del cibo e la cena artusiana a cui non ho partecipato. Non riuscivo a rendere l'idea e così, senza nemmeno pensare di passare dal mio di blog, l'ho portata qui da te, mostrandole il tuo pollo ripieno, le frangipane, la pasta fatta a mano e questa splendida cena. Sono venuta qui perchè la tua non è una cucina antica, ma genuina e autentica, è quella dove ogni cosa anche il contesto e l'ambiente circostante ha un peso e "un pensiero". Nel tuo blog puoi respirare il profumo di casa, di terra, di sole e prati verdi. E' una cucina la tua che tocca le corde del cuore perchè fatta con amore e sapienza e che rimanda a quel modo di vivere che ha contraddistinto la vita di mia mamma, e anche la mia fino ad una decina di anni fa. Crescere in una famiglia dove il cibo ha un ruolo importante, dove la quotidianità si svolge prevalentemente tra l'ambiente domestico, cucina e soggiorno, e quello esterno fatto di campi, boschi, orti, di terra concimata e frutti staccati dall'albero, di gesti e mani che impastano e cucinano allo stesso modo in cui si respira, ti fa crescere in un certo modo... e da li in poi non mettere qualcosa nel piatto per cena, non sarà mai abbastanza..... Tu cara Patty con i tuoi piatti racconti un mondo e mille storie che parlano di tutti noi! E io non posso che ringraziarti per questo! Scusa per il papiro forse un po' convulso ma è quello che che d'istinto sento ogni volta che mi fermo qui...

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    1. Ecco, adesso non so più cosa dire. Sei riuscita a mettermi muta.
      Grazie di cuore. Ti abbraccio. E anche la tua mamma.

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  11. Che dire: una spanna sopra. 👏🍷💐

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  12. Ecchettelodicoaffà? sei sempre la prima della classe...delle Mariette <3
    Cena stratosferica!!!

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    1. Ma io un po' Marietta mi ci sento da sempre. Grazie infinite Maria Teresa.
      Abbraccione

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  13. Che menù sontuoso Patrizia! Hai perfettamente ragione, non è affatto facile sceglie tra 800 ricette ma... quanto mi sarei seduta volentieri anche io a quella tavola!

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    1. Come dicevo sopra, a quella tavola c'erano anche le mie amiche di blog e le persone amano la cucina come l'amiamo noi, con un senso romantico del termine.
      Un forte abbraccio.

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  14. Patty, penso che alla Marietta sia comparso un enorme orgoglioso e soddisfatto sorriso, dovunque lei sia, a vedere questa splendida cenetta!
    Vedo che JEanPoll è tornato a salutarti, come degno ospite alla tua tavola. A me pare tutto perfetto, e son sicura che i tuoi ospiti abbiano apprezzato enormemente la tua qualità di donna 1.0 che non significa essere antica ma semplicemente ancorata alle tradizioni (e che poi, a dir la verità, tu sei anche un po' 2.0, ammettilo!! )
    bacioni

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