Credo di non essere ancora diventata una persona di cui avere stima.
Mi chiedo se l'incapacità di reagire a situazioni sgradevoli, palesemente volgari o inique sia sinonimo di vigliaccheria.
O pudore.
O condizionamento da anni di educazione alla gentilezza.
Mi sento frustrata ed arrabbiata perché non sono in grado di rispondere quando necessario, per mettere al suo posto chi se lo meriterebbe una volta per tutte.
Il dolore è ovunque, ma più di tutto in un luogo che del dolore è fisico custode.
La frequentazione di ospedali è diventata ultimamente un'attività quotidiana così che le ore di attesa le spendo osservando da dietro un libro, le disperazioni del prossimo.
La paura che mi attanagliava all'inizio, quando pensavo che non avrei mai potuto affrontare lo sguardo di chi sta soffrendo per se stesso o per qualcuno che ama, è svanita un minuto dopo essermi seduta nella sala d'attesa del reparto di oncologia.
Decine di persone comuni, giovani, anziane, famiglie, figli, padri, madri.
Non riesco a riconoscere chi è me o loro.
Siamo lì, aspettiamo aggrappati alla speranza e non vi è alcuna differenza tra la ragazza che digita sul telefono in attesa che la madre entri, ed ogni individuo in quei pochi metri quadrati illuminati dal neon.
Mentre le ore scorrono, faccio il giro dell'ospedale.
Ritiro esami, parlo con medici.
Arrivo ai piani alti, nel reparto dei professoroni, i chirurghi di oncologia.
Devo ritirare l'ultimo referto e sono tesa.
Guardo la porta chiusa di fronte a me: il professore che di lì a poco mi riceverà. Sento le voci che arrivano da dietro.
Mi precipito dentro il mio libro e cerco la calma.
Vicino a me si siede un signore anziano, dimesso.
Con sé ha solo un piccolo ombrello tascabile e si alza più volte camminando con difficoltà.
Poco più avanti, lungo il corridoio, una famiglia di 3 persone che siedono strette, quasi a sostenersi a vicenda. Parlano piano, sono sospesi nel silenzio.
La porta dietro le mie spalle si apre di colpo e ne esce un medico con il suo bel camice, cartellino e si ferma, osservando il corridoio. Poi con voce sgradevolemente alta esordisce:
"Che cosa abbiamo qui? La lista dei questuanti?" e urlando alla segretaria con voce divertita, continua " Eh Marisa? hai visto la lista dei questuanti?"
Io sono seduta a pochi centimetri della sua gamba e nel silenzio del corridoio, sento la mia voce calma ma vibrante di orgoglio che risponde: "No gran coglione, non siamo qui a mendicare la tua attenzione di supereroe. Mi chiedo chi ti abbia indirizzato alla medicina se la tua vera vocazione è quella del pagliaccio, cosa che ti riesce egregiamente, anche se non fai ridere in verità.
Probabilmente neanche il lavoro del medico ti riesce bene, se senti la necessità di umiliare persone che stanno praticando una corsa a tempo contro la morte."
Nel corridoio il silenzio.
Il medico è già lontano ed io ho testa immersa nel libro.
La rabbia ribolle e sono invasa da un profondo senso di vergogna per non aver detto una parola.
Certe cose fanno più male di una malattia.
Le amarezze vanno sempre addolcite.
Quello che vedete qui sopra è un dolce meraviglioso che volevo preparare da tanto tempo.
Ed è solo grazie a Cecilia del blog Kitchening, che oggi lo trovate qui.
Per altro vi consiglio di farvi un giro sul blog di Cecilia perché ne resterete sorpresi, per le splendide ricette e la scrittura profonda e delicata.
La ricetta arriva dal maitre patissier Christophe Felder che pare abbia preso ispirazione da alcuni dolci di origine nordafricana. Del nordafrica ma anche del medio oriente, la Torta Olga ha tutti i profumi: fiori d'arancio, mandorle, pistacchio.
La consistenza è soffice ma granulosa grazie alla presenza della semola e mandorle, e come vuole la tradizione mediorientale, lo sciroppo rende il tutto umido e fondente.
La preparazione è semplice, veloce ed il risultato straordinario. Provatela.
L'autore ha scelto uno stampo quadrato di 26 cm di diametro.
Non avendolo a disposizione, ho usato uno stampo rotondo a cerniera con 24 cm di diametro, ed ho rialzato i bordi con la carta da forno per paura che l'impasto strabordasse durante la cottura.
Ingredienti per un ostampo a cerniera quadrato 24 cm di lato.
4 uova a temperatura ambiente
300 g di zucchero
180 g di succo di arance filtrato (circa 2 arance)
200 ml di olio neutro (io ho usato quello di mais)
2 gocce di aroma di mandorla (io ho aggiunto 10 g di armelline tritate alla farina di mandorle)
150 g di semola rimacinata di grano duro
100 g di farina 00
150 g di farina di mandorle
1 bustina di lievito per dolci
1 bacca di vaniglia
la scorza grattugiata di un’arancia
Per lo sciroppo
100 ml di orzata (io non avendolo, ho usato la stessa quantità di latte di mandorle)
50 ml di acqua
2 cucchiai da cucina di acqua di fiori d'arancio
confettura o gelatina di albicocche
200 g di pistacchi tostati e spellati tritati al coltello
Per lo sciroppo
100 ml di orzata (io non avendolo, ho usato la stessa quantità di latte di mandorle)
50 ml di acqua
2 cucchiai da cucina di acqua di fiori d'arancio
confettura o gelatina di albicocche
200 g di pistacchi tostati e spellati tritati al coltello
- Accendete il forno a 200°. Imburrate lo stampo. Scegliete degli stampi a cerniera perché il dolce è molto delicato da sfornare una volta bagnato.
- In una ampia ciotola montate con la frusta elettrica montate le uova con lo zucchero fino a che non avrete un impasto bianco gonfio e leggero.
- Miscelate il succo di arancia con l'olio e l'estratto di mandorla e versatelo lentamente nella ciotola continuando a montare.
- Miscelate le farine precedentemente setacciate con il lievito. Aggiungete i semi della bacca di vaniglia e le scorze di arancia e versate in più tempi nell'impasto, amalgamando con una spatola (o anche con una frusta a mano visto che l'impasto sarà piuttosto liquido).
- Quando l'impasto sarà liscio ed omogeneo, versatelo nella tortiera quindi informate cuocendo per 5 minuti a 200°. Passato questo tempo abbassate la temperatura a 180° e continuate la cottura per 45 minuti c.ca. Fate la prova stecchino che dovrà uscire asciutto.
- Mentre il dolce cuoce, preparate la bagna con lo sciroppo, l'acqua e l'acqua di fiori d'arancia.
- Appena toglierete il dolce dal forno, versatevi sopra lentamente la bagna in modo che la assorba bene su tutta la superficie.
- Lasciate raffreddare il dolce nello stampo.
- Quando il dolce è freddo, sformatelo con delicatezza e trasferitelo su un piatto di portata. Cospargete la superficie di confettura di albicocche e rifinite con i pistacchi tritati.
- NOTA: Io ho lasciato riposare il dolce nello stampo per tutta la notte. Il giorno dopo ho decorato e servito. L'impasto era perfettamente stabile e umido al post giusto. Il taglio perfetto come potrete vedere in foto. E' piaciuto tantissimo a tutta la famiglia.
- Per i pistacchi, dovete spellarli. Fateli tostare per 15 minuti a 100° smuovendoli via via, poi ancora caldi, metteteli in uno strofinaccio e chiudeteli a sacchetto. Adesso strofinateli con energia. Perderanno la pellicina e potrete tritarli.
Cara Patty, come ti capisco. Tante volte mi sono sentita come te. E mi sono vergognata anche io. Forse con il tempo imparerò a farmi sentire di più, o più facile di no, non è nel mio carattere, purtroppo.
RispondiEliminaLa torta Olga è rimasta anche nel mio cuore e aspetto l'occasione giusta per farla.
Un bacio cara Patty, e coraggio.
La cosa terribile cara Alice, è che ci vergogniamo per noi stessi e non per l'atteggiamento dell'altro, per l'appunto vergognoso. Siamo vittime due volte, come quegli animaletti che per non essere attaccati si fingono morti. Io preferirei essere un gatto rabbioso certe volte. Perché se certa gente si comporta così, è perché noi glielo permettiamo.
EliminaTi abbraccio mia cara.
Patty, cosa aggiungere alle tue parole se non che forse non è un caso se hai fatto questa torta, se mi hai pensato, se sai che anch'io sto vivendo le stesse tue angosce e a momenti non so neanche come faccio ad andare avanti. Fare un dolce, un ricco e buon dolce, però, mi fa sempre stare meglio, e credo che anche a te faccia un po' lo stesso effetto. Coraggio Patty, lo dico a te e a me, ti sento vicina in tante cose <3
RispondiEliminaCara Cecilia, ho intuito ma non so esattamente. Purtroppo sono molto pudica del dolore degli altri. Dobbiamo parlare.
EliminaIn compenso la tua Olga è stata di gran conforto, sia prepararla che mangiarla.
Ti abbraccio fortissimo.
Ciao buongiorno, non temere non sei la sola! Capita anche a me di trovarmi in situazioni in cui le parole rimangono dentro e la rabbia resta lì, inesplosa. Chissà se riuscirò mai a farle uscire.. sei un animo sensibile, e non si cambia, purtroppo o per fortuna! Farò la tua torta...la dolcezza vince sempre. Un abbraccio e forza.
RispondiEliminaGrazie mille per le tue parole. Hai ragione, difficile cambiare quando per una vita si ha orrore della maleducazione e dell'ignoranza.
EliminaLa dolcezza aiuta sempre, questo è sicuro. La Olga è una garanzia. Se la farai fammi sapere.
Un caro saluto lettrice/ore senza nome.
cara patty, l´aggressività verbale e la stupiditá lasciano le persone sensibili sempre basite e atterrite. se ti puó consolare non sei la sola a dare ottime risposte solo in testa. l´opinione su certi medici é molto brutta, in un posto delicato come il tuo blog meglio non esprimerla. un abbraccio e un daje! (sperando che ti strappi un sorriso)PS la torta é da provare il prima possibile :)
RispondiEliminaCarissima, tu sapessi che meravigliose risposte mi arrivano a scoppio ritardato. E' sempre stato così. Poi uno campa con la voglia di rivalsa, vaglielo a fare capire :D
EliminaE' bello rivederti qui. Un bacione grande grande.
Cara Patrizia un abbraccio fortissimo,non sei tu che ti devi vergognare ma chi ti lascia sola con il tuo dolore,purtroppo conosco bene ciò di cui parli ma a volte si incontrano anche delle persone che sanno essere empaticamente vicine!
RispondiEliminati auguro ogni bene!
Cara Giusi, ti ringrazio e ti mando un forte abbraccio.
EliminaCome hai ragione, cara Patrizia!!! Anch'io mi ritrovo in ciò che hai scritto. Ho provato spesso il rammarico per non aver detto in certe situazioni quelle parole chiare e nette che qualcuno meritava. Credo anch'io che ce lo impediscano anni di educazione alla gentilezza e a volte temo che, se facessi la "sparata" che vorrei, alla fine invece di sentirmi liberata, mi sentirei solo in colpa.
RispondiEliminaMa più passa il tempo e più penso che il coraggio di ribellarsi a certi comportamenti sia assolutamente necessario...soprattutto se vanno a colpire persone che vivono un momento di particolare preoccupazione come quello di cui hai parlato.
Ti abbraccio forte forte e passo a gustare la tua meravigliosa torta!!!
Grazie per essere come sei!!!
Cara Annamaria, il senso di colpa è una delle altre trappole di cui siamo vittime.
EliminaNon so se sapere che siamo in tanti a sentirci così sia consolatorio o preoccupante. Però sulla verità che certi comportamenti sono tali perché sono concessi, ci metto la firma. Purtroppo gli idioti proliferano come certe spore velenose.
Grazie per le tue sempre bellissime parole. Un grande abbraccio.
Mi spiace di capire che non è un bel momento e capisco bene cosa vuol dire dover affrontare la malattia, qualunque essa sia. Come dici tu oltre alla sofferenza di questa c'è altro che fa male ed uccide proprio la nei luoghi in cui si dovrebbe trovare una speranza di cura, dove si dovrebbe curare il corpo e si finisce per uscirne con la mente e il cuore distrutti dalla mancanza di rispetto, dalla mancanza di umanità e pure di professionalità. Si esce umiliati. E quando poi non c'è più nulla da fare non ti rimane altro che dolore fisico e mentale. Mi spiace molto. Leggere queste cose fa davvero male. Purtroppo è proprio così... Quando si iniziano a frequentare le corsie degli ospedali si finisce per fare i conti con rabbia, frustrazione costante e risentimento.... Anche verso se stessi. Ma infondo sarebbero state parole perse nel vento.... Meglio non abbassarsi al livello di certi individui per cui la vita degli altri sembra proprio non avere valore. Un abbraccio. PS: la torta è stupenda e deve essere davvero ottima. Adoro i dolci con la frutta secca!
RispondiEliminaEsatto Mile, la frustrazione più grande è trovare totale mancanza di sensibilità ed empatia proprio in quei luoghi dove sarebbe più importante, fondamentale. Sul non abbassarsi a certi livelli ti dò ragione, ma la sensazione di passare per stupida, rimane.
EliminaGrazie per essere passata. Un abbraccio grande.
Purtroppo spesso la "validità" del medico non corrisponde alla sua sensibilità ed invece in un ambiente come quello dell'ospedale dovrebbe essere la prima cosa. Troppo spesso mi sono trovata di fronte ad individui simili. Ricorderò sempre, nel reparto dell'ospedale di Pisa dove ero ricoverata al 7 mese di gravidanza, il primario che nel suo giro mattutino, davanti a tutte noi, disse alla ragazza che stava nel letto accanto al mio che forse il figlio che stava aspettando e che aveva smesso di crescere sarebbe nato. Alle sue lacrime di gioia il grande primario aggiunse: "Non si rallegri tanto. Se nascesse avrebbe comunque danni cerebrali che le farebbero rimpiangere che sia nato". Allora parlai. Gridai. E non ne provai alcun conforto, ti assicuro, perché davanti ad esseri simili la disapprovazione, le parole, non servono. Andrebbero semplicemente rimossi. Non sentirti in colpa quindi per non aver parlato. Non sarebbe servito e ti saresti avvelenata ulteriormente. Quello che servirebbe, forse, sarebbe qualcosa di ufficiale, con le firme di quanti si lamentano dei suoi modi ma anche in quel caso probabilmente nulla sarebbe cambierebbe. Questo è il nostro paese, un paese che abbiamo anche il coraggio di definire civile ma non c'è niente di civile in un paese che non difende i propri malati, i propri anziani, i propri bimbi. Ti abbraccio forte ❤️
RispondiEliminaEcco, il cinismo e la totale mancanza di umanità è quello che più ho notato girando per questi ambienti. Capisco anche che di fronte alla sofferenza se ci si lascia troppo coinvolgere poi è difficile continuare a vivere come se nulla fosse, ma per i medici questo diktat è stato preso troppo alla lettera, fino a trasformarli in freddi operatori per i quali non siamo che numeri. Esistono le vie di mezzo, come esiste l'obbligo di gentilezza per chi lavora al pubblico, l'educazione per chiunque voglia essere definito un individuo sociale, e via parlando.
EliminaPer me non c'è alcuna giustificazione per comportamenti del genere e come dici tu, andrebbero giustamente denunciati pubblicamente.
Grazie per il tuo commento. Un abbraccio fortissimo.