giovedì 20 marzo 2014

L'Etica che non c'è - ovvero, dell'abusata usanza di farsi delle domande e darsi delle risposte.

Desidero condividere questo articolo appena pubblicato sul sito dell'Associazione Italiana Food Blogger e che credo possa interessare molte di voi che si sentono attaccate ogni qualvolta vi salta in mente di pronunciare la parola food blogger.
Ultimamente stiamo notando una vera e proprio accanimento nei confronti di chi ha avuto la malaugurata idea di aprire un blog di cucina e di sbandierare il proprio entusiasmo sull'argomento.
La nascita dell'Associazione poi, è stato l'ultimo pretesto per osservare con maggiore critica e dubbi una "categoria" principalmente formata da persone tutte moooolto diverse l'una dall'altra, dedicandosi così  al trito e ritrito giochino del "fare di tutta l'erba un fascio".
Spero che abbiate voglia di leggere l'articolo  e magari farci sapere cosa ne pensate.
Un caro saluto.

4 commenti:

  1. Cara Pat, poiché chiedi il parere dei lettori e immagino di conseguenza che tu sia tra coloro che accettano e lasciano pubblicare anche pareri discordanti con il proprio, cosa che non necessariamente, ahimé, pare accada tra i blogger pur nel rispetto di ogni netiquette e semplicemente del buon senso, ti dirò che a me il pezzo non è piaciuto.
    Quando discuto sono molto franca, per cui, ti prego di credermi, non si tratta di nulla di personale, ma soltanto di libertà di espressione nella discussione, fermo restando, spero, l'educazione.
    Per un motivo innanzitutto di metodo. Trovo estremamente scorretto non citare in maniera estesa e verificabile chi avanza le critiche a cui si risponde, con nome, cognome e indirizzo, visto che siamo nel mondo virtuale e non si rischiano invasioni illegittime delle sfere altrui, onde permettere ad ogni lettore, se vuole, di approfondire direttamente e farsi le sue opinioni personali. "Sul mezzo più libero che esista" (come scrive il pezzo) e quando si scomoda addirittura la storia medievale.
    In senso generale, questo darsi sempre l'aria del io lo so ma non lo dico, per cui ciò che noi lettori, o meglio a questo punto spettatori da like dislake, possiamo o non possiamo sapere, dev'essere sempre filtrato dal giudizio e dal mezzo altrui, mi irrita personalmente al di là dell'immaginabile. Ma comunque, non è corretto, non è serio, non informa e non rispetta il cervello di coloro che vengono sollecitati a esprimere un libero! parere.
    La polemica, come questa innegabilmente è, si fa anche chiamando le cose e le persone con il loro nome. Non organizzando sintesi interpretative del pensiero altrui senza citare le fonti - oltretutto, come in questo caso, pubbliche.
    Altrimenti è solo un ricercare incensi, e francamente, con il cibo, non aguzzano l'appetito.
    Dopodiché potrei avere anche delle perplessità sul contenuto. Ad esempio, non ritengo affatto che un giornalista che scrive un pezzo essendo spesato dal produttore faccia informazione. Fa pubblicità, qualunque sia la sua opinione del produttore medesimo, e ciò dovrebbe essere dichiarato a chiare lettere in testa, in coda e a fianco di ciò che scrive. Farebbe pubblicità anche se fosse spesato dalla propria testata qualora essa incassasse pubblicità dal produttore medesimo. Che poi ciò sia necessario alla sopravvivenza di testate e giornalisti per tutta una serie di splendidi motivi economici, non cambia la sostanza né la definizione dell'operazione pubblicitaria. (Ah, e per inciso ricordiamo che non esiste cattiva pubblicità.)
    1 - segue

    P.

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  2. 2- fine
    Che vi siano fra i foodblogger anche coloro che di fatto fanno principalmente pubblicità a produttori e riunioni promozionali dei medesimi è innegabile, giornalisti o meno che siano. Sovente con un linguaggio ripetitivo e banale, dalle tecniche più di marketing che di reale cronaca e critica - non parliamo poi di cultura. Potrebbe benissimo essere un comunicato redatto e impacchettato dagli uffici stampa dei produttori o dei cosiddetti "eventi", e consegnato insieme all'accredito - foto patinate e sempre uguali incluse, of course. A volte il confine fra organizzatori e blogger potrebbe quasi parere incerto. Francamente questo tipo di blog a me non piace, anche perché lo trovo piuttosto noioso, dato che ,ambiguità a parte, non informa realmente. Più che un blog è un bollettino stampa aziendale a largo raggio e per interposta persona, appunto e faccio volentieri a meno di leggerlo (ciò che come si sa rientra nei diritti del lettore ;-) ).
    Inoltre si dovrebbe sempre tenere presente che le altrui incoerenze non diminuiscono le proprie. Semplicemente si sommano.
    Non c'è solo questo a non convincermi, ma la questione di metodo, come dicevo su, è il punto principale.
    P.S.: non ho mai partecipato in alcun modo, nemmeno passivo, alle discussioni in questione, né ho avuto modo di conoscerle, né tantomeno ho avuto rapporti, almeno consapevoli, con chiunque vi abbia preso direttamente parte, esclusi, eventualmente, i blogger a cui mi sono unita ma il cui ruolo, in tale contesto, mi è assolutamente sconosciuto. Non son giornalista, non son foodblogger e non ho alcun rapporto con nessuna testata. Ho semplicemente letto il pezzo che tu invitavi a vedere e allo stesso modo scritto il mio parere.
    E adesso il diluvio...
    Un bacio a te,
    P.

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    Risposte
    1. Ciao Carissima. Ti posso chiedere di riportare questo tuo commento sul post dell'Associazione così da continuare questa interessante discussione di là? Credo che sia importante questa tua considerazione. Grazie, non vorrei perderla. Un bel bacione.

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