lunedì 4 gennaio 2016

Calendario del cibo italiano: la Giornata Nazionale degli involtini di verza

Stay with me - Sam Smith
Continua la meravigliosa avventura del Calendario del cibo Italiano.
Oggi è la Giornata Nazionale degli Involtini di Verza e la nostra Ambasciatrice è Ottavia Bielli del blog Mirepoix.
Potrete leggere il dettagliato racconto di questo piatto direttamente sulla pagina ufficiale del Blog AIFB  e godere dei numerosi contributi rilasciati su questo argomento.
Sembrerà folle ma neanche oggi ho potuto rinunciare a partecipare ai festeggiamenti, pur essendo stata ieri Ambasciatrice dei Cavatelli.
Questo piatto ha per me un valore affettivo fortissimo, profondo ed è legato a doppio filo (ovviamente, trattandosi di involtino) alla figura della mia nonna materna Teresa, detta Gina.
Non per nulla questa è una ricetta che ritorna su questo blog dopo ben 5 anni.
Uno delle primissimi post da me pubblicati (mi pare addirittura il terzo) e che forse più di altri racconta di come il cibo sia soprattutto un fatto emozionale ed emotivo, legato alla memoria delle piccole cose e delle persone che ci hanno cresciuto ed amato.
Mia nonna Gina era una donna d'acciaio, sia fisicamente che nel carattere.
Piccola, minuta, capelli neri come la pece ed uno sguardo affilato come la lama di un coltello.
Era il terrore dei figli e dei nipoti.
Quando andavamo a trascorrere le estati al lago di Garda, dove viveva, sapevamo benissimo che più lontano le saremmo stati e meno avremmo attirato le sue furie.
Si, perché la Gina non era la classica nonna tutta coccole e regalini, quella che si ferma a giocare con te ed a raccontarti le storie.
Quello piuttosto era mio nonno Donato, suo marito, di cui ho già raccontato ampiamente in passato
Lei era un carabiniere a cui non sfuggiva nulla, una furia della natura che avrò visto ridere di gusto solo una decina di volte nella mia vita.  Di pochissime parole, ma giuste per farsi capire e farti rigare dritto in un attimo.
Aveva un radar per le bugie e le malefatte: le bastava cambiare il tono della sua voce baritonale per far scendere il gelo intorno alla tavola.
In compenso era instancabile, non aveva paura di niente, era in grado di fare lavori maschili pesantissimi, si sciroppava 4 + 4 km a piedi lungo mulattiere impossibili che da casa la portavano al paese, giù al lago, con maggiore agilità di noi ragazzini. Al ritorno, tutto in salita, ci umiliava definitivamente arrivando a casa molto prima di noi.
Non era una cuoca sopraffina ma era una che sapeva far rinascere il nulla. Come tutte le donne figlie della guerra, non sprecava la minima briciola e le mie colazioni più belle sono state a casa sua, con i panini raffermi inzuppati in tazzoni di latte caldo. Il suo budino al cioccolato era un modo non parlato per farsi voler bene ed i suoi formidabili cavalli di battaglia erano lo spiedo e gli involtini di verza.
Con lo spiedo, era lei che gestiva il fuoco e controllava la lenta cottura della carne, irrorando di burro raccolto via via dalla leccarda, i lunghi spiedi da cui sfrigolavano pezzi lucidi di carne e patate.
Mentre scrivo, posso sentirne il profumo ed il sapore pieno e sapido in bocca e quando nella vita si assaggiano cose di tale bontà, si finisce col cercare per sempre quello stesso irripetibile gusto.
Gli involtini invece, sono un piatto che mi parla di lei attraverso le parole di mia madre, perché la verità è che non l'ho mai vista prepararli.
Mia madre sa quanto questa ricetta mi faccia pensare a nonna Gina e me li prepara spesso, sapendo che così sazia più un bisogno del mio cuore che del mio stomaco.
Ho capito ed imparato ad amare profondamente mia nonna solo da adulta, quando era più facile sedersi accanto a lei, ormai fragile ma sempre lucidissima, per farsi raccontare le sue storie.
Dai vent'anni fino al giorno in cui si è spenta, non perdevo occasione per stringerla (mi sembrava così piccola fra le mie braccia) e lei trovava comunque il modo per borbottare bonariamente che la stritolavo.
Che mi manchi moltissimo non descrive il vuoto che ha lasciato.
La mia nonna Gina e mia madre 
In tempo di Guerra la carne non era disponibile quindi questi involtini erano fatti primariamente con pane, aglio e prezzemolo. Successivamente, con il benessere, anche nonna arricchì il ripieno alla sua maniera, utilizzando comunque avanzi e recuperando pane raffermo e quello che trovava in frigorifero.

Gli involtini di verza di nonna Gina
Ingredienti
Involtini di verza di Nonna Gina.
-         400 gr di carne arrosto avanzata
-         80 gr di salame crudo, o salsiccia o mortadella a vs. piacere.
-         30 g di pane raffermo ammollato in acqua e ben strizzato 
-         3 cucchiai di parmigiano
-         3 cucchiai di pan grattato ( a vs. piacere)
-         50 gr. di prezzemolo tritato
-         1 spicchio d’aglio tritato
-         1 uovo
-         sale, pepe, noce moscata, q.b.
-         1 piccola verza (in Toscana è il Cavolo cappuccio) di c.ca 600 gr.
-         brodo vegetale
-         una cipolla
-         pancetta dolce a dadini 
-         vino bianco
Preparate le vs. polpettine tritando la carne nel mixer (io non la faccio troppo fine perché è piacevole sentire una certa consistenza quando si mastica) insieme al salame, quindi aggiungo il parmigiano, il pan grattato, il pane ben strizzato e sbriciolato, l’aglio e il prezzemolo, l’uovo, il sale, il pepe e la noce moscata, e mischio tutto in una ciotola (ben bene con le mani perché i sapori si devono mischiare).
Preparo poi delle polpettine grandi come noci.
Successivamente scelgo le foglie più belle della verza, eliminando le prime più dure e le faccio lessare per un paio di minuti( 4 o 5 alla volta) in una capiente pentola con acqua bollente salata. 
Le faccio asciugare su un canovaccio, tamponandole se necessario con carta assorbente.
Dopo avere eliminato la costa centrale e diviso le foglie a metà, comincio a confezionare i miei pacchettini di verza mettendo al centro una polpettina e chiudendo la foglia con un filo di rafia (o altra cordicella alimentare). 
Questa e l’operazione più laboriosa, ma ci prenderete presto la mano.
Con questa quantità di impasto, dovreste ottenere c.ca 25 involtini.
Se avete un bel coccio di terracotta, sarà perfetto per la cottura. 
Preparate la cipolla tritata e la fate passire con la pancetta in 2 bei cucchiai di olio extra vergine (in Lombardia usano il burro). 
Quindi ponete i vostri involtini nel coccio e fateli rosolare qualche minuto quindi fate sfumare un po’ di vino bianco. Quando il vino si è tirato, cominciate la cottura versando via via del brodo vegetale caldo, coprite e proseguite per c.ca 30 minuti. 
Lasciate che gli involtini assorbano il brodo formando un delizioso sughetto alla fine.
Io li servo con del riso bianco, Arborio o Vialone che si insaporisce con il sughetto degli involtini.



9 commenti:

  1. Complimenti Patrizia, mi hai richiamato alla mente tanti ricordi legati a questi involtini e a come li faceva mia madre :) :)

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  2. Patrizia che tenerezza in questo post quanto amore per la tua nonna, quanto amore ci hanno dato e quanto ci hanno lasciato, donne eccezionali, hanno sopportato gli anni della guerra senza diventare dure, hanno conservato la tenerezza e ce l'hanno donata dopo, non ce l'avrei fatta...e poi quante belle ricette ci hanno lasciato e ogni volta sembrano sempre lì vicino a noi, li involtini di verza li faceva anche mamma, come erano buoni...baci carissima, questo calendario mi piace semrpe di più, ma quanti ricordi vengono a galla...

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  3. Commovente Patty, ma mi fai anche sorridere perché scopro un'altra nonna Gina il cui vero nome è Teresa. Negli anni non mi sono mai spiegata il perché di questo diminutivo per la mamma della moglie di mio papà (rapporti di parentela complessi), pensavo fosse dovuto semplicemente alla bizzarria della famiglia :) Adesso dovrò scoprirne il perché. Un bacione

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    1. Te lo dico io Teresa Teresina Zina Gina, questo è il modo in cui mia nonna Teresa è diventata GIna. Sarà così anche per la tua credimi. Un abbraccione, Pat

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  4. Che dire Patrizia, di fronte ad una ricetta della nonna non si discute! Le tradizioni innanzitutto! Penso che anche in tempi magri questi involtini siano stati deliziosi perchè il pane era fonte di sostentamento e sapientemente lavorato sostituiva egrgiamente la carne. Una delle versione migliori che ho letto!

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  5. oh, una cosa in cui siamo diverse. Perchè io avevo una nonna Van Pelt assolutamente terribile- ma in modo diverso dalla tua. Mi ci son fatta tante di quelle risate che se ci penso rido ancora adesso. Ma è meglio che non ci pensi. Perchè nel vuoto siamo di nuovo in sintonia.
    Ricetta grandiosa, mi ha conquistato quel salame...

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  6. Io invece ho avuto solo zie che fungevano da nonne ma erano dolcissime. Forse per questo motivo, penso, non so comportarmi con chi mi tratta con durezza, eh...

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  7. E le ricette delle nonne non falliscono mai :) Molto belli questi involtini :)

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  8. Carissima Patty tua nonna Gina per alcuni aspetti (carattere forte,autoritario,fare lavori pesanti,non sprecare nulla,non abbandonarsi a smancerie) ricorda tanto la mia,venuta a mancare di recente....mai una lacrima,forte come una roccia,una cuoca eccellente e bravissima che detestava chi non dava le ricette...sono donne appartenenti ad un'altra generazione,che hanno conosciuto guerra e mille difficoltà che le hanno temprate e rese fortissime e in grado di affrontare le difficoltà della vita...la ricetta di tua nonna è favolosa e speciale in quanto per te è carica di valore affettivo come lo sono quelle di mia nonna,alcune delle quali hanno trovato posto nel mio blog:))bravissima,e grazie per aver condiviso questi meravigliosi ricordi:))
    Un bacione:))
    Rosy

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