Le donne sono vanitose, lo sappiamo tutti, tranne che sorprendentemente a volte gli uomini ci battono. Alle donne piace cambiare d'abito, rinnovarsi, credere per un attimo di essere donne diverse. Anche quelle che portano da sempre lo stesso taglio di capelli sognano segretamente di cambiare e poi non trovano il coraggio. Ma lo vorrebbero tanto. Così anche io, spinta dalla voglia di cose nuove, ho scelto un nuovo vestito per questo mio piccolo spazio. Un po' minimal, un po' essenziale ma simile a me e la cosa mi da una lieve eccitazione come quando trovo un paio di scarpe comode ma anche carine. Però non è di vanità che voglio parlare oggi, ma del senso di attesa che percepisco nell'aria, del desiderio di novità ma paradossalmente di cose riconoscibili e confortanti. E' che nella mia testa il conto alla rovescia è già iniziato ed io non me ne voglio perdere neanche un istante. La causa è un Cd (come sempre la musica ci mette lo zampino) che mi ha portato mio marito la scorsa settimana, l'ultimo di Michael Bublé - It's beginning to look alot like Christmas - veramente delizioso e di cui vi consiglio di dotarvi per cominciare ad immergervi nell'atmosfera. Generalmente nella tradizione familiare, l'8 dicembre si fa l'albero e si addobba la casa ed il tutto avviene rigorosamente con colonna sonora adeguata. Credo di avere a casa circa 50 ore di musica natalizia raccolta in giro durante i miei viaggi, la maggior quantità proveniente da N.Y. e USA con versioni pazzesche, generi diversissimi, dal country al cajun, senza ovviamente dimenticare i grandi classici. Lo so, lo so che è presto, ma quest'anno ne ho una voglia pazzesca. Sarà che manca meno di un mese, sarà che ho l'impressione che se comincio l'8 dicembre poi tutto volerà in un attimo...allora chissene frega, non posso resistere al pensiero natalizio, così comincio con la musica. E voi? Non vi sembra che tutto cominci a sembrare Natale?
domenica 27 novembre 2011
Un nuovo vestito, voglia di colore e non posso resistere: Mafalde con verza rossa e crema di zucca.
Etichette:
contest,
cucina creativa,
Garofalo,
Pasta,
Zucca
mercoledì 23 novembre 2011
Coming out proteico e la mia prima Tajine
Zobi la mouche - Les Negresses Vertes
Oggi farò outing coming out (grazie Marco!) anche se ormai questa cosa, dopo quasi un anno di post, è piuttosto palese: io sono una schiappa a cucinare la carne! Non è che non mi piaccia, tutt'altro, ma non mi viene mai come vorrei. Non ho mai avuto problemi con le carni bianche, che per altro sono quelle che cucino più spesso, ma con gli arrosti, gli spezzatini ecc., tutti quei bei sughetti e crosticine...dovrei stendere un velo pietoso. L'unica cosa in cui posso dire di riuscire decentemente, è il brasato o lo stracotto, insomma le cotture eterne, perché in questo caso metto tutto lì e lo lascio andare per esaurimento, fino a che stremato il pezzo di carne mi chiama dalla pentola e mi dice: "Oh nina, quando pensi di togliermi e darmi degna sepoltura?" - Ecco, solo allora lo tolgo dal fuoco ed mi rendo conto che è pronto ed anche buono.
Un desiderio che ho sempre avuto è quello di possedere una Tajine e questo piccolo sogno è stato espresso da mio marito durante il suo ultimo viaggio in Marocco. E' tornato con questa meravigliosa pentola di coccio fatta a mano che potete trovare in qualsiasi Suk nord-africano, insieme con 2 sacchettate di spezie di mille tipi e 3 pubblicazioni con ricette per tradizionali Tajine e cous cous. Esistono molti tipi di Tajine e le più belle sono indubbiamente quelle smaltate. Ma se vi capita e volete comprarle, assicuratevi di prenderne anche una di coccio, perché è in questa che le donne marocchine cucinano, mentre le smaltate sono per il servizio in tavola.
Prima di mettere alla prova la suppellettile, ho letto e mi sono documentata sul suo uso. Quello di seguito è il primo esperimento, che nonostante l'aspetto modesto, aveva un sapore fantastico ed una consistenza tenerissima.
Un desiderio che ho sempre avuto è quello di possedere una Tajine e questo piccolo sogno è stato espresso da mio marito durante il suo ultimo viaggio in Marocco. E' tornato con questa meravigliosa pentola di coccio fatta a mano che potete trovare in qualsiasi Suk nord-africano, insieme con 2 sacchettate di spezie di mille tipi e 3 pubblicazioni con ricette per tradizionali Tajine e cous cous. Esistono molti tipi di Tajine e le più belle sono indubbiamente quelle smaltate. Ma se vi capita e volete comprarle, assicuratevi di prenderne anche una di coccio, perché è in questa che le donne marocchine cucinano, mentre le smaltate sono per il servizio in tavola.
Prima di mettere alla prova la suppellettile, ho letto e mi sono documentata sul suo uso. Quello di seguito è il primo esperimento, che nonostante l'aspetto modesto, aveva un sapore fantastico ed una consistenza tenerissima.
Etichette:
Carne,
chianina,
cucina etnica,
Tajine
lunedì 21 novembre 2011
Lunedì elefantiaco: funghetti sablé al cioccolato
Sono stanco - Mina
Ossignur che stanchezza! Un lunedì che più peso non si può. Quando ha suonato la sveglia stamattina, non riuscivo neanche a ricordare dov'ero. Vi capita mai? I festeggiamenti di S. Cecilia hanno colpito: sono rientrata a casa che era mezzanotte passata e riuscivo a malapena ad infilare le chiavi nella toppa. Una volta a letto, sono praticamente svenuta e stamattina, quando sono riuscita a raggiungere lo specchio, la mia faccia assomigliava ad una slavina che precipita mortalmente a valle. Hai voglia a restaurare con correttore e robe simili: qui ci vuole il cemento a pronta presa, ma per coprire definitivamente il tutto! Snort. Ho un umore che rasenta l'apocalisse. Purtroppo quando sono in deficit di ore di sonno, comincio a sdare di capo e ho reazioni improbabili che l'Idra a 3 teste in confronto sembra un gattino appena nato. E' veramente terribile. Io non so come facciano le persone che dormono 5 ore a notte: sinceramente, dopo un paio di giorni di questi ritmi io potrei morirne.
Scusatemi se questo post è un po' bislacco, ma non sono propriamente lucida oggi. Però volevo comunque dare un piccolo contributo all'iniziativa promossa dalla Melagranata per aiutare la Cooperativa Gulliver di Borghetto Vara. Sul blog di Patrizia, troverete tutte le informazioni ed immagini eloquenti più di mille parole.
Potrete contribuire con un piccolo aiuto in denaro inviando il vostro pensiero ai seguenti dati bancari. Anche una piccola goccia fa grande il mare.
Ossignur che stanchezza! Un lunedì che più peso non si può. Quando ha suonato la sveglia stamattina, non riuscivo neanche a ricordare dov'ero. Vi capita mai? I festeggiamenti di S. Cecilia hanno colpito: sono rientrata a casa che era mezzanotte passata e riuscivo a malapena ad infilare le chiavi nella toppa. Una volta a letto, sono praticamente svenuta e stamattina, quando sono riuscita a raggiungere lo specchio, la mia faccia assomigliava ad una slavina che precipita mortalmente a valle. Hai voglia a restaurare con correttore e robe simili: qui ci vuole il cemento a pronta presa, ma per coprire definitivamente il tutto! Snort. Ho un umore che rasenta l'apocalisse. Purtroppo quando sono in deficit di ore di sonno, comincio a sdare di capo e ho reazioni improbabili che l'Idra a 3 teste in confronto sembra un gattino appena nato. E' veramente terribile. Io non so come facciano le persone che dormono 5 ore a notte: sinceramente, dopo un paio di giorni di questi ritmi io potrei morirne.
Scusatemi se questo post è un po' bislacco, ma non sono propriamente lucida oggi. Però volevo comunque dare un piccolo contributo all'iniziativa promossa dalla Melagranata per aiutare la Cooperativa Gulliver di Borghetto Vara. Sul blog di Patrizia, troverete tutte le informazioni ed immagini eloquenti più di mille parole.
Potrete contribuire con un piccolo aiuto in denaro inviando il vostro pensiero ai seguenti dati bancari. Anche una piccola goccia fa grande il mare.
E qui di seguito trovate la ricetta che ho pensato per i bambini di Rocchetta Vara
giovedì 17 novembre 2011
Quando il Maremmano incontra il Livornese: maremmani ripieni di Baccalà per l'MTC
L'inno del corpo sciolto - R. Benigni
Prescrizione d’uso: Quando leggerete questo post si raccomandano alcune precauzioni: aspirate ogni C seguita dalle vocali A oppure O, scivolatela quando è seguita da una I o una E. Stessa cosa fate con la G quando si accoppia con la I e con la E. Soffiate stancamente la T iniziale di parola (per questo esercitatevi su “Oh Tito, tu t’ha’ ritinto il tetto…ecc”). Allargate allo spasimo le E, e per un attimo, se ci riuscite, immaginate di essere toscani.
Prescrizione d’uso: Quando leggerete questo post si raccomandano alcune precauzioni: aspirate ogni C seguita dalle vocali A oppure O, scivolatela quando è seguita da una I o una E. Stessa cosa fate con la G quando si accoppia con la I e con la E. Soffiate stancamente la T iniziale di parola (per questo esercitatevi su “Oh Tito, tu t’ha’ ritinto il tetto…ecc”). Allargate allo spasimo le E, e per un attimo, se ci riuscite, immaginate di essere toscani.
I Toscani so’ dei tipini un po’ complicati. La sapeva lunga
Curzio Malaparte quando scrisse “Maledetti Toscani”, ed in quella
“maledizione” c’è tutto l’amore che non ti aspetteresti. Avea ragione lui: per
questi tipini ci si può anche perde’ il capo e ve lo dice una che toscana è diventata
più per caso che per scelta.
Mi fa fatica però a slungagnarmi parlandovi di tutti i tipi Toscani, che
sono un monte, e neanche mi par il
caso visto che qui devo raccontarvi tutta un’altra storia.
Ci so’ du’ tipi in Toscana che vivono agli antipodi: il
Maremmano e il Livornese. Così diversi che sfido chiunque a trovare punti di
contatto tra queste belle gentine. Eppure non si parla di distanze geografiche
siderali, ma di un par di cento chilometri di costa tirrenica. Però.
Il Maremmano somiglia alla su' terra: aspro, ruvido,
parzialmente addomesticato ma schietto, piedi piantati ben a terra e sguardo
diretto. Il Maremmano è abituato a combatte' contro la su' Maremma, contro
l’acqua che per secoli ha coperto la su' terra, contro i boschi intricati e
spaventosi che guadagnano terreno lontano dalla costa. Il Maremmano ha domato
la natura come ancora doma i cavalli: con nerbo e determinazione, pazienza e volontà.
Dal Maremmano non t'aspettà grandi parole. Il verbo non si spreca. E' l’atto
affà la differenza e forse per questa tendenza alla chiusura, l’immagine che
ti arriva al primo incontro, è quella di un tipo burbero, scontroso e grezzo.
Nulla di più sbagliato. Il Maremmano è chiuso come il su' raviolo: sotto una
sfoglia ruvida e grezza, è custodito un cuore morbido, lieve, avvolgente.
E il Livornese? Il Livornese è l’esatto contrario. La su' fortuna è il mare e del mare ha tutti i segni nei suoi geni. Il sale è spesso
nelle su' parole e nella zucca. Becerone, schietto, sarcastico, bizzarro, l'è figlio dell’avventura. La su' città aperta sull’infinito lo ha reso libero,
curioso e senza paura. Paura di dirti quel che pensa senza mezzi termini, con
un senso critico intriso di sana ironia. Il livornese non si prende mai sur serio, ma prende seriamente la propria città e il proprio mare a cui è legato a
triplo filo. Il Livornese ha il salmastro dentro a ir cuore ed è tosto, saporito
e ricco come il su' baccalà, un piatto che lo rappresenta in toto.
E se du' tipini così si incontrano? Ma ve lo immaginate se un giorno il Maremmano si apre al Livornese? Di certo, son solo cose strepitose. La ricotta
più fresca che abbraccia un pesce povero vestito di rosso e lo addolcisce, lo
placa. E il cuore salmastro del baccalà che finalmente fa parlare un raviolo delicato,
questa volta non accompagnato da un ricco ragù di carne tirato da lunga
cottura, ma da un ragù di pesce che riempie la bocca ed i sensi al primo
assaggio. Io ce li vedo bene insieme, il Maremmano e il Livornese!
martedì 15 novembre 2011
Una Santa Cecilia speciale: la crostata di mele di Michel Roux
Eine Kleine Nachtmusik - W.A.Mozart
Per ogni musicista che si rispetti, amatoriale o professionista che sia, il 22 novembre è una data speciale: S. Cecilia, patrona della musica. Dal momento in cui ho cominciato a leggere le note, ad abbracciare uno strumento ed a fare musica d'insieme, l'esibizione più importante avveniva puntualmente a S. Cecilia, giorno più giorno meno ed era, per noi ragazzi innamorati persi dietro uno spartito, un po' come l'attesa del Natale. Ricordo come fosse adesso l'emozione della preparazione, la prova di acustica in teatro qualche ora prima del concerto, la scelta degli abiti, la cura nel presentarsi al pubblico come al proprio principe azzurro. E ancora, l'attesa della cena, che avrebbe coronato la serata e dove inevitabilmente molte storie d'amore nascevano complice una passione comune. E poi lui, il Concerto, il momento così atteso e temuto, un'emozione palpabile e sensuale. Ho stampate nella memoria le parole di un caro amico che adesso non c'è più, al primo concerto della mia vita (avrò avuto 12 anni):"anche se suonerai insieme a 40 elementi, sarà come se tu stia suonando da sola e ti sembrerà che lo sguardo del pubblico sia solo su di te. Non ti perdere, non tremare, respira e fallo con gioia." Aveva ragione, sante parole. Ancora oggi è così e quanta emozione. Questa domenica sarà la nostra Santa Cecilia. Specialissima quest'anno perché la "mia" orchestra festeggia i 90 anni dalla fondazione. Un compleanno unico, pieno di storia come piena di memoria è la nostra sede: un piccolo museo di foto, cimeli, premi ed un patrimonio di oltre 900 spartiti e trascrizioni originali per Orchestra a Plettro. Domenica festeggeremo la nostra Santa Cecilia e spegneremo 90 candeline (io festeggerò il mio 20mo anno in orchestra). Una cosa più unica che rara nel paese della musica che non ha più orchestre.
domenica 13 novembre 2011
Nulla è certo, tranne il cambiamento: Cappellacci con cavolo nero
Alleluja - Haendel
Mi rifugio nuovamente qui. Questo spazio è catartico. Concentrandomi su quello che amo, il resto sembra lontano e in dissolvenza. Così, animata da nuova energia, mi lancio. Lo posso dire? Posso essere
schietta? Avrei voluto essere lì, in quel coro, a cantare l'Alleluja di Haendel
ed al termine, invece dell'inchino, esibirmi in una ola forsennata. Ragazzi, 17
anni sono un po' troppi no? Lo so che con questa dichiarazione mi attirerò
molte inimicizie, ma quando ce vò ce vò. E per me quello che è successo sabato sera a Roma è qualcosa di epocale. Una notizia che mi sollevato lo spirito, che
fa intravedere uno spiraglio, lontano, ma comunque uno spiraglio. Tutte le
televisioni internazionali ieri ed oggi parlano dell'Italia e la cosa fa una certa
sensazione. Probabilmente tutti i nostri problemi non svaniranno all'alba di
queste dimissioni, ma un segno di volontà di cambiamento, quello almeno si può
sperare. Non amo parlare di politica, anzi cerco quanto possibile di
evitarlo perché sono una che si infervora facilmente e gli ultimi 17 anni anni
ci hanno offerto tante di quelle occasioni per infervorarsi che ci abbiamo
fatto il callo. Staremo così, con gli
occhi e le orecchie ben aperte, con le dita incrociate (anche quelle dei piedi)
ed assolutamente consapevoli che nulla è certo in questa vita, tranne il
cambiamento. E speriamo che sia in meglio!
venerdì 11 novembre 2011
Doveva andare così. Una pausa e 7 links project
Crash - The primitives
Mercoledì 9 novembre, mentre guidavo tutta felice per andare a fare una sorpresa con torta all'ufficio di mio marito per il suo compleanno, sono andata ad infilarmi sotto un camion. Macchina distrutta. Io illesa. Nessun graffio, niente di niente, solo un discreto colpo di frusta che se ne andrà con il tempo, ma io sono qui. Non sto a raccontare dinamiche e ragioni o torti. E' successo tutto velocemente e la paura è tutt'ora dentro di me così spessa che si potrebbe affettare e probabilmente si diluirà solo quando riuscirò a farmi un bel pianto, cosa che non sono riuscita a fare al momento dell'impatto talmente ero gelata dallo spavento. Ho vissuto tutto lucidamente, ricordo la frenata, l'impatto e il tempo che ho avuto per dire a me stessa che non lo avrei mai evitato e che non potevo credere che tutto quello stesse succedendo a me. I secondi sono sembrati minuti, i metri centimetri. Quello che mi resta dentro in questo momento è la terribile consapevolezza che non posso riavvolgere il nastro, che non posso tornare indietro e scegliere di fare quella strada panoramica così bella che un istante prima avrei voluto fare. E' andata così, poteva andare molto peggio. Non se se potete capire il mio stato d'animo. In questo momento la casa è il solo luogo dove voglio stare. Mi affatica l'idea di uscire anche solo per andare dal dottore. Mi angoscia l'idea di salire in macchina. Dovrei essere grata al mio angelo custode eppure il senso di sollievo non sconfigge il senso di impotenza da cui adesso sono pervasa. Avrò tutto il week end per leccarmi le ferite e cercare di riprendere un po' di buonumore.
Questo momento mi da l'opportunità di ricevere con gioia il testimone del 7 Links Project da Giulietta di Alterkitchen. Si tratta di un gioco che ultimamente sta imperversando nella blogosfera e che per prima volta ho visto da Juls, restandone immediatamente folgorata. Mai avrei sperato che qualcuno mi coinvolgesse nella catena. Bisogna individuare tra i propri post, i 7 che rispondono a determinate caratteristiche imposte dal gioco e spiegarne la ragione. Il che offre l'opportunità di fare un viaggio a ritroso nella propria blog-storia e rispolverare memorie e piaceri. Dopo di che, si passa ad altri amici (che non sono ovviamente obbligati a partecipare se non lo desiderano) la palla della scelta, facendosi conoscere meglio a chi li segue. E così, cominciamo:
Mercoledì 9 novembre, mentre guidavo tutta felice per andare a fare una sorpresa con torta all'ufficio di mio marito per il suo compleanno, sono andata ad infilarmi sotto un camion. Macchina distrutta. Io illesa. Nessun graffio, niente di niente, solo un discreto colpo di frusta che se ne andrà con il tempo, ma io sono qui. Non sto a raccontare dinamiche e ragioni o torti. E' successo tutto velocemente e la paura è tutt'ora dentro di me così spessa che si potrebbe affettare e probabilmente si diluirà solo quando riuscirò a farmi un bel pianto, cosa che non sono riuscita a fare al momento dell'impatto talmente ero gelata dallo spavento. Ho vissuto tutto lucidamente, ricordo la frenata, l'impatto e il tempo che ho avuto per dire a me stessa che non lo avrei mai evitato e che non potevo credere che tutto quello stesse succedendo a me. I secondi sono sembrati minuti, i metri centimetri. Quello che mi resta dentro in questo momento è la terribile consapevolezza che non posso riavvolgere il nastro, che non posso tornare indietro e scegliere di fare quella strada panoramica così bella che un istante prima avrei voluto fare. E' andata così, poteva andare molto peggio. Non se se potete capire il mio stato d'animo. In questo momento la casa è il solo luogo dove voglio stare. Mi affatica l'idea di uscire anche solo per andare dal dottore. Mi angoscia l'idea di salire in macchina. Dovrei essere grata al mio angelo custode eppure il senso di sollievo non sconfigge il senso di impotenza da cui adesso sono pervasa. Avrò tutto il week end per leccarmi le ferite e cercare di riprendere un po' di buonumore.
Questo momento mi da l'opportunità di ricevere con gioia il testimone del 7 Links Project da Giulietta di Alterkitchen. Si tratta di un gioco che ultimamente sta imperversando nella blogosfera e che per prima volta ho visto da Juls, restandone immediatamente folgorata. Mai avrei sperato che qualcuno mi coinvolgesse nella catena. Bisogna individuare tra i propri post, i 7 che rispondono a determinate caratteristiche imposte dal gioco e spiegarne la ragione. Il che offre l'opportunità di fare un viaggio a ritroso nella propria blog-storia e rispolverare memorie e piaceri. Dopo di che, si passa ad altri amici (che non sono ovviamente obbligati a partecipare se non lo desiderano) la palla della scelta, facendosi conoscere meglio a chi li segue. E così, cominciamo:
lunedì 7 novembre 2011
Barcellona e la malattia del viaggiatore: Arroz con leche
Barcelona - Freddy Mercury e Montserrat Caballé
La malattia del viaggiatore è semplicemente la dipendenza dalla prossima partenza. Tutto il suo mondo gira intorno al desiderio di partire. Il profumo dell'aeroporto lo manda in visibilio; la fila al check in gli procura un lieve fastidio perché lo tiene lontano dalla carta d'imbarco che gli è più cara di un biglietto d'amore. Una volta seduto in aereo, anche se la paura lo incolla al sedile, chiude gli occhi e sussurra: sto arrivando. Una volta in viaggio, segue il suo programma ma lascia spazio ai contrattempi, alle avventure, ai percorsi sbagliati che gli regalano qualcosa da raccontare. O semplicemente beve con gli occhi tutto ciò che è possibile, poi li chiude e cerca di sognare quei luoghi ancora per una volta. La malattia di questa viaggiatrice è un po' la stessa. Ha il bisogno di lasciarsi spesso tutto alle spalle, dimenticarsi del suo mondo per scoprirne uno nuovo e ritornare nel suo mondo amandolo di più.
Barcellona mi ha accolto piovosa questa volta. Una pioggia ostinata, un vento caldo insopportabile. Ma il suo cuore mediterraneo era lì, come sempre, vitale e aperto sul mare e sulla libertà. Barcellona mi fa pensare alla libertà, alla gioia. Mi fa pensare che non c'è poi bisogno di correre sempre e comunque, ma si può camminare o sedersi a tapear e lasciare che tutto passi intorno a te tranne la bellezza. Barcellona è sfacciatamente bella e uomini che l'hanno molto amata, come Antoni Gaudi, le hanno regalato il siero dell'eterna giovinezza. Anche se attraversate il Barrio Gotico, perdendovi dietro le viuzze strette ed animate intorno alla Cattedrale, sentite vibrare la vita ed un senso della storia tutto proteso verso il divenire. Barcellona è una donna fiera e libera che gode del suo essere provocante. Barcellona è piena di musica e anche per questo io la amo. E' piena di buon cibo e di gente che ama ben mangiare e per questo è una gioia viverla.
Ci sono più ristoranti stellati a Barcellona ed in Catalunia che in tutta la Spagna, quindi è veramente difficile sbagliare. E 3 giorni sono pochi per non sentirne la mancanza ma sufficienti per innamorarsi perdutamente.
Non sto a farvi una guida della città perchè avrebbe poco senso. Quello che posso raccontarvi sono sensazioni forti e piene di energia che spero possano farvi venire voglia di partire ed andarla a scoprire, anche se penso che molti di voi lo avranno già fatto e rifatto come un peccato inconfessabile e come non smetto di fare io. Per celebrare una città così bella ho pensato di lasciarvi con una ricetta non propriamente catalana ma nazionale, il celebre Arroz con leche, il riso al latte, di una semplicità e velocità di preparazione estrema come estrema e semplice è la sua bontà.
Barcellona mi ha accolto piovosa questa volta. Una pioggia ostinata, un vento caldo insopportabile. Ma il suo cuore mediterraneo era lì, come sempre, vitale e aperto sul mare e sulla libertà. Barcellona mi fa pensare alla libertà, alla gioia. Mi fa pensare che non c'è poi bisogno di correre sempre e comunque, ma si può camminare o sedersi a tapear e lasciare che tutto passi intorno a te tranne la bellezza. Barcellona è sfacciatamente bella e uomini che l'hanno molto amata, come Antoni Gaudi, le hanno regalato il siero dell'eterna giovinezza. Anche se attraversate il Barrio Gotico, perdendovi dietro le viuzze strette ed animate intorno alla Cattedrale, sentite vibrare la vita ed un senso della storia tutto proteso verso il divenire. Barcellona è una donna fiera e libera che gode del suo essere provocante. Barcellona è piena di musica e anche per questo io la amo. E' piena di buon cibo e di gente che ama ben mangiare e per questo è una gioia viverla.
Ci sono più ristoranti stellati a Barcellona ed in Catalunia che in tutta la Spagna, quindi è veramente difficile sbagliare. E 3 giorni sono pochi per non sentirne la mancanza ma sufficienti per innamorarsi perdutamente.
Non sto a farvi una guida della città perchè avrebbe poco senso. Quello che posso raccontarvi sono sensazioni forti e piene di energia che spero possano farvi venire voglia di partire ed andarla a scoprire, anche se penso che molti di voi lo avranno già fatto e rifatto come un peccato inconfessabile e come non smetto di fare io. Per celebrare una città così bella ho pensato di lasciarvi con una ricetta non propriamente catalana ma nazionale, il celebre Arroz con leche, il riso al latte, di una semplicità e velocità di preparazione estrema come estrema e semplice è la sua bontà.
giovedì 3 novembre 2011
Oddio mi sto rimpicciolendo! Crema di marroni dell'Amiata
Eye in the sky - Alan Parsons Project
Fresca di diploma di maturità al linguistico (la bellezza di c.ca 26 anni fa), una sparuta spedizione di 4 sgallettate piene di sogni ed illusioni, tra cui la sottoscritta, prese il bus per Firenze e si recò all'allora sede dell'Alitalia, situata proprio a due passi da Ponte Vecchio. Timide ma risolute, le quattro signorine di provincia, chiesero informazioni su come si potesse diventare hostess di volo e quali fossero i requisiti fondamentali. Venne loro consegnato un modulo da compilare per la richiesta di partecipare all'esame di selezione, e fu comunicato frettolosamente che oltre alla perfetta conoscenza di due lingue, i requisiti fisici erano chiari: altezza non inferiore al m 1.68 e non superiore al m. 1,74, 10/10 di vista e bella presenza. In un colpo solo, delle 4 potenziali hostess, ne vennero fatte fuori 2: la mia amica Laura e la sottoscritta, entrambe cecate come talpe, che dall'alto dei nostri m.1,76, secondo Alitalia avremmo potuto dedicarci a spolverare allegramente il soffitto della fusoliera con il solo utilizzo delle nostre code di cavallo. In quel momento però uno dei sogni di gioventù si chiuse frantumandosi contro l'ingiusto destino che mi aveva tolto diottrie e dotata di lunga coscia! Non vi sembri strano: per anni ho sofferto il fatto di essere lunga o alta, chiamatelo come volete. A 12 anni con il 40 di piede e già alta come adesso, i nomignoli più gentili che mi son portata dietro per anni sono stati Piedone a Hong Kong o "La cavalla" e voi sapete bene quanto possano essere crudeli gli adolescenti. Ero alta e atletica, una sorta di maschiaccio. Stavo nella squadra sportiva per obbligo perché ero un mastino competitivo e per anni sono stata una promessa dell'atletica locale; promessa interrotta repentinamente quando ho scoperto la musica. Quando poi ho capito di essere una femmina ed ho cominciato ad andare alle feste, a fine anni '80, è stato ancora peggio. Le feste erano nel pomeriggio. Si ballava e il tutto finiva relativamente presto perché la musica disturbava il vicinato. Ricordo con angoscia quella volta che mossa da delirio di vanità decisi di mettermi i tacchi e restai tutta la sera appiccicata alla parete per la vergogna di sentirmi come la giraffa Carmelina in un parterre di Puffi. Purtroppo, come sempre accade, ci accorgiamo della nostra fortuna quando ormai è troppo tardi. Ultimamente durante una visita medica generale, alla misurazione dell'altezza, il dottore ha sentenziato: "Altezza m 1,74". A bocca spalancata ho chiesto: "Mi scusi sa, ma io ho sempre saputo di essere alta 1,76". Lui, di tutta risposta, ridendo mi fa: "lei ERA alta 1,76, non sa che con gli anni ci si riduce? Lei ha perso 2 cm."
Gosh...mioddio sto rimpicciolendo!
Fresca di diploma di maturità al linguistico (la bellezza di c.ca 26 anni fa), una sparuta spedizione di 4 sgallettate piene di sogni ed illusioni, tra cui la sottoscritta, prese il bus per Firenze e si recò all'allora sede dell'Alitalia, situata proprio a due passi da Ponte Vecchio. Timide ma risolute, le quattro signorine di provincia, chiesero informazioni su come si potesse diventare hostess di volo e quali fossero i requisiti fondamentali. Venne loro consegnato un modulo da compilare per la richiesta di partecipare all'esame di selezione, e fu comunicato frettolosamente che oltre alla perfetta conoscenza di due lingue, i requisiti fisici erano chiari: altezza non inferiore al m 1.68 e non superiore al m. 1,74, 10/10 di vista e bella presenza. In un colpo solo, delle 4 potenziali hostess, ne vennero fatte fuori 2: la mia amica Laura e la sottoscritta, entrambe cecate come talpe, che dall'alto dei nostri m.1,76, secondo Alitalia avremmo potuto dedicarci a spolverare allegramente il soffitto della fusoliera con il solo utilizzo delle nostre code di cavallo. In quel momento però uno dei sogni di gioventù si chiuse frantumandosi contro l'ingiusto destino che mi aveva tolto diottrie e dotata di lunga coscia! Non vi sembri strano: per anni ho sofferto il fatto di essere lunga o alta, chiamatelo come volete. A 12 anni con il 40 di piede e già alta come adesso, i nomignoli più gentili che mi son portata dietro per anni sono stati Piedone a Hong Kong o "La cavalla" e voi sapete bene quanto possano essere crudeli gli adolescenti. Ero alta e atletica, una sorta di maschiaccio. Stavo nella squadra sportiva per obbligo perché ero un mastino competitivo e per anni sono stata una promessa dell'atletica locale; promessa interrotta repentinamente quando ho scoperto la musica. Quando poi ho capito di essere una femmina ed ho cominciato ad andare alle feste, a fine anni '80, è stato ancora peggio. Le feste erano nel pomeriggio. Si ballava e il tutto finiva relativamente presto perché la musica disturbava il vicinato. Ricordo con angoscia quella volta che mossa da delirio di vanità decisi di mettermi i tacchi e restai tutta la sera appiccicata alla parete per la vergogna di sentirmi come la giraffa Carmelina in un parterre di Puffi. Purtroppo, come sempre accade, ci accorgiamo della nostra fortuna quando ormai è troppo tardi. Ultimamente durante una visita medica generale, alla misurazione dell'altezza, il dottore ha sentenziato: "Altezza m 1,74". A bocca spalancata ho chiesto: "Mi scusi sa, ma io ho sempre saputo di essere alta 1,76". Lui, di tutta risposta, ridendo mi fa: "lei ERA alta 1,76, non sa che con gli anni ci si riduce? Lei ha perso 2 cm."
Gosh...mioddio sto rimpicciolendo!
mercoledì 2 novembre 2011
Storie de paura: arrivederci Halloween
This is Halloween - A night before Christmas
Non credo mi passerà mai la voglia di giocare. Di comportarmi come una ragazzetta impertinente, di aver voglia di fare scherzi, dispetti, di non prendere mai troppo sul serio la situazione. Purtroppo l'altra parte di me, quella seriosa, la "maledetta Capricorno", quella sta sempre lì con la faccia un po' antipatica a dirmi: ma sono cose da farsi? Si, perché se non fosse stato per lei, io ieri sera me lo sarei messo il cappellone nero a punta orlato di meravigliose piume arancioni, il rossetto viola e l'ombretto nero come la pece e mi sarei nascosta dietro gli angoli bui del nostro piazzale con una pila flesciante sotto il mento a spaventare a morte quei nugoli di ragazzini urlanti. Lo avrei fatto eccome! E invece no. Mi è toccato restare seduta con le altre mamme a badare al buffet, a fare la brava signora composta, ad invidiare quei begli orridi travestimenti. Però, ad un certo punto, ho visto un cerchietto con un paio di sfavillanti corna da diavolo rosse come il corallo, tristi e abbandonate sul tavolino da qualche bambina distratta. Fino alle dieci sono state mie. Che soddisfazioneeeee...
Non credo mi passerà mai la voglia di giocare. Di comportarmi come una ragazzetta impertinente, di aver voglia di fare scherzi, dispetti, di non prendere mai troppo sul serio la situazione. Purtroppo l'altra parte di me, quella seriosa, la "maledetta Capricorno", quella sta sempre lì con la faccia un po' antipatica a dirmi: ma sono cose da farsi? Si, perché se non fosse stato per lei, io ieri sera me lo sarei messo il cappellone nero a punta orlato di meravigliose piume arancioni, il rossetto viola e l'ombretto nero come la pece e mi sarei nascosta dietro gli angoli bui del nostro piazzale con una pila flesciante sotto il mento a spaventare a morte quei nugoli di ragazzini urlanti. Lo avrei fatto eccome! E invece no. Mi è toccato restare seduta con le altre mamme a badare al buffet, a fare la brava signora composta, ad invidiare quei begli orridi travestimenti. Però, ad un certo punto, ho visto un cerchietto con un paio di sfavillanti corna da diavolo rosse come il corallo, tristi e abbandonate sul tavolino da qualche bambina distratta. Fino alle dieci sono state mie. Che soddisfazioneeeee...
Etichette:
cioccolata,
Coca Cola,
contest,
Halloween,
Torte
Iscriviti a:
Post (Atom)