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martedì 12 novembre 2024

Zuppa di ceci e tagliolini all'olio nuovo: di minimi storici e turbamenti

In tanti anni di blog, questo è quello in cui ho postato di meno. 
Nella media, potrei dire che non sono riuscita a condividere neanche una ricetta al mese. 
Credo di essere vittima di una saturazione da cibo: visto, ascoltato, sprecato
decantato, offeso... 
Ogni volta che vedo una trasmissione sul cibo in televisione, ho un mancamento con relativo attacco di nausea. 
Con questo non voglio dire che questa mia passione si sia estinta, al contrario. 
Se possibile è ancora più forte ma cerco di viverla in maniera privata. 
Amo mangiare e amo cucinare. 
Non saprei dire in quale ordine, ma sono stanca di correre dietro alle tendenze, all'apparire, ai numeri e alla giostra che gira intorno a questo ambiente. 
Ho bisogno di un ritorno ad una condivisione più intima, meno gridata e soprattutto più diretta. 
Un confronto fra amiche ed un foglio di carta scritto a mano. 
So che è un sentire vecchio stravecchio ma tutta questa sovraesposizione, tutto questo cibo esibito in maniera spesso eccessiva e sgradevole (specialmente sui social), mi ha stancata. 
Succede, lo so. 
E' come quando eravamo bambini e ci abboffavamo sulle piante di fichi fino a scoppiare e poi ci veniva la nausea per mesi.  
Adesso sono un po' più grande e le abboffate non mi piacciono più. 

In tema di semplicità, una zuppa di ceci che faccio spessissimo perché è veloce e davvero buonissima. Se non avete voglia di utilizzare ceci secchi, potrete sicuramente scegliere ceci in barattolo (io preferisco quelle in vetro) e insaporirli bene con gli odori che preferite. 

Comunque io amo il tagliolino in brodo. 


Sulla mia pagina Instagram troverete pure un piccolo video sulla preparazione della zuppa, ma non credo che avrete bisogno di ulteriori spiegazioni. 


Ingredienti per 4 persone 


250 g di tagliolini all’uovo secchi 

2 confezioni di ceci da 400 g ciascuna

1 litro 1/2 di brodo di carni miste o vegetale 

100 g di spinacini novelli ben lavati 

1 spicchio d’aglio

Un rametto di rosmarino e di salvia 

Olio extravergine qb 

1 cucchiaio di concentrato di pomodoro 

Sale e pepe nero macinato fresco qb

Peperoncino a piacere 

Olio Extravergine Chianti Classico Dop qb

  • Potrete preparare i ceci in casa mettendoli in ammollo con un pizzico di sale la sera prima e  cuocendoli con 2 foglie di alloro il giorno dopo, oppure comprare dei ceci in vetro ed utilizzarli al momento. 
  • In una ampia casseruola versate 3 o 4 cucchiai di olio extravergine ed aggiungete un trito di salvia e rosmarino ed 1 spicchio di aglio. Fate scaldare l’olio e gli odori facendo attenzione a non bruciarli, quindi versate i ceci scolati e mescolate bene per fare insaporire. Fate cuocere a fiamma media per c.ca 5 minuti quindi aggiungete il concentrato di pomodoro e mescolate cuocendo un altro minuto. 
  • Aggiungete il brodo ben caldo e continuate a cuocere altri 7/8 minuti. Aggiungete acqua calda se necessario ed abbassate la fiamma. 
  • Prelevate 1 terzo dei ceci, lo spicchio d’aglio e uno o due mestoli di brodo e versate tutto nel bicchiere di un mixer a immersione. Frullate bene il tutto e riversatelo nella casseruola. 
  • Portate ad ebollizione il brodo, aggiustate di sale quindi prendete i nidi di tagliolini e frantumateli con le mani direttamente nella pentola. Mescolate bene. Fate cuocere due o tre minuti. 
  • Per finire, aggiungete gli spinacini che si cuoceranno con il calore della zuppa in meno di 1 minuto. 
  • Servite ben calda con un giro abbondante olio nuovo. 





lunedì 21 novembre 2016

Settimana Nazionale dell'Olio Extravergine: Minestra di ceci alloro ed aglio di Vessalico

Green song - Elvis Costello e Anne Sofie von Otter
Oggi parlo di lui, il mio grande amore in cucina.
L'ingrediente a cui non potrei rinunciare, il vero principe della Dieta Mediterranea, l'oro della nostra tavola.
Parlo dell'olio extravergine nella Settimana Nazionale a lui dedicata all'interno del Calendario del Cibo Italiano. 
Sul sito dell'Associazione Italiana Food Blogger  si celebra oggi un simbolo del nostro paese, secondo produttore al mondo solo dopo la Spagna, del grasso vegetale più salutare e prezioso.
Vi invito a leggere l'articolo che ho scritto e che spero potrà chiarire le idee a chi di extravergine sa ancora poco o vuole scoprirne di più.
Per quanto mi riguarda, ho sempre avuto una passione per l'extravergine, pubblicamente ammessa nelle centinaia di ricette in cui l'ho raccontato in questo blog, nella sezione in cui lo celebro e dove ho spiegato spesso come sceglierlo, rispettarlo nella conservazione, utilizzarlo senza timore e capirlo nei suoi pregi e difetti.
L'Olio extravergine è ancora troppo poco conosciuto dal consumatore e merita la dignità che gli compete.
Ricordiamoci che non esiste l'olio ma gli oli extravergine, originati dalle centinaia di cultivar di cui la nostra penisola è ricca.
Impariamo a conoscere le DOP e le IGP partendo da quelle della vostra regione e piano piano andando alla scoperta delle altre, perché ognuno di questi oli ha caratteristiche ben diverse, peculiarità che lo rendono unico e lo trasformano in un vero e proprio ingrediente da utilizzare nelle vostre ricette, non solo come semplice condimento a crudo.

Vin invito anche a leggere il bell'articolo scritto da Lidia del blog The Spicy Note in cui racconta la vita di un'azienda olivicola ed il suo prodotto.
Il vi lascio con una ricetta semplice e veloce, di quelle che tanto piacciono a me per le serate invernali.
Per questa minestra ho voluto usare dell'Olio Extravegine Trevi Dop, particolarmente fruttato e non eccessivamente amaro o piccante come potrebbe essere un giovane olio toscano Chianti Dop o Trequanda Dop, abbinandolo ad un aglio splendido, che arriva da terre liguri, in particolare dalla Valle Arroscia.
Si tratta di un aglio gentile e ben digeribile grazie all'anima estremamente ridotta (causa principale dei disturbi), dall'aroma non aggressivo, prodotto in quantità limitata da pochi produttori di quell'area geografica. Va conservato bene al buio perché tende a seguire proprio ciclo vitale, germogliando con facilità.
Ingredienti per 4 persone
350 g di ceci secchi piccoli del Chianti
3 spicchi di aglio di Vessalico
2 foglie di Alloro
50 ml di passata di pomodori
Olio Extravergine Trevi Dop
Sale - Pepe nero al mulinello.

  • Mettete i ceci a bagno tutta la notte con un pizzico di sale grosso
  • Fateli cuocere in abbondante acqua salata con una foglia di alloro, fino a che non saranno morbidi ma ancora integri.
  • Scolateli ma conservate l'acqua di cottura e divideteli nello stesso peso in due ciotole.
  • Versate 3 cucchiai d'olio in una casseruola insieme all'aglio ed alla foglia di alloro. Fate profumare a fiamma dolce quindi aggiungete la prima metà di ceci. Mescolate bene quindi aggiungete il pomodoro e copriteli a filo con l'acqua di cottura rimasta, e fate cuocere una 20na di minuti.
  • In una bicchiere per mixer a immersione, versate i restanti ceci e versate un mestolo di acqua di cottura, 2 cucchiai di extravergine e frullate fino a ridurre ad una crema. Versate il tutto nella casseruola e proseguite la cottura per altri 10 minuti. 
  • Una volta pronto, servite con pane toscano abbruscato, irrorate di abbondante olio extravergine e completate con una generosa macinata di pepe nero. Servite subito. 

venerdì 20 novembre 2015

Mes-ciuà: un piatto che celebra la diversità meravigliosa.

Let's stay together - Tuck & Patty 
L’Autunno arriva sulle nostre tavole come una sorta di malinconica nostalgia.
Ha i profumi della terra, del bosco, della prima pioggia sulla terra secca e ci costringe a ricercare la casa come viaggiatori in cerca di un rifugio.
Però l’Autunno è anche il momento più amato da chi il cibo lo celebra con passione: è l’arrivo dell’olio nuovo, del vino novello, del tartufo e dei funghi; è il ritorno della carne in tavola, dal sacrificio del maiale all’abbondanza della selvaggina.
Finalmente è il momento delle zuppe: calde, dense, confortanti. 
E’ la celebrazione del cece, dei fagioli, dei legumi e cereali nella loro pienezza e semplicità. 
Per me è l'occasione per ritornare al rito dell'ammollo: la sera, all'ora di cena, riempire una grande ciotola d'acqua con un pizzico di sale e lasciare questi semi della terra rinvenire nell'elemento più prezioso. 
Attendere che siano pronti al secondo passaggio, quello della bollitura, grazie alla quale manifesteranno in pieno il loro straordinario sapore e consistenza. 
La Mes-ciuà, che in italiano significa semplicemente "mescolanza", fa capire immediatamente di cosa stiamo parlando: l'insieme di molti legumi e cereali diversi che finiscono per essere serviti tutti insieme previa cottura separata. 
L'origine di questo piatto pare sia Tosco-Ligure, esattamente dell'area al confine fra le due regioni (Lunigiana e La Spezia) e secondo quanto si narra, pare che nasca dalla parsimonia delle donne che si prodigavano a raccogliere quanto perso o versato dai sacchi che dalla campagna venivano poi imbarcati sulle navi per il trasporto in altre destinazioni. 
La cosa interessante è notare come anche in altre aree si possano trovare preparazioni che prevedono questa mistura di diversi semi: pensiamo alla Mescola Garfagnina (per altro poco lontano dalle zone di origine della mes-ciuà, oppure alla Capriata lucana che al suo interno vede anche fave secche e cicerchia. 
Il principio è esattamente lo stesso: non si butta via niente. 
Radunano i piccoli avanzi di cereali, si mischia tutto insieme e si mangia con grande soddisfazione. 
Voglio considerare la Mes-ciuà un piatto di grande potenza simbolica: tante diverse tipologie di legumi e cereali che convivono in una stessa preparazione in perfetta armonia, portando come unico risultato una bontà innegabile. 
Ingredienti per 4/6 persone
250 g di facioli cannellini
100 g di grano/frumento
250 g di ceci piccoli
2 foglie di alloro
1 piccola cipolla
2 foglie di salvia
olio extra vergine d’oliva Riviera Ligure Dop
Sale
Pepe nero macinato fresco
Mettete in ammollo i cannellini, i ceci ed il grano in ciotole diverse, per almeno 12 ore.
L’indomani sciacquate bene i legumi ed il grano che avrà perso parte della pellicina.
Mettete i ceci ed il grano insieme in una larga casseruola e copriteli con almeno 3 dita acqua fredda. Aggiungete le foglie di alloro.
Fate lo stesso con i cannellini in una casseruola a parte. 
Aggiungete la piccola cipolla pulita ed intera, e le foglie di salvia.
I ceci ed il grano hanno più o meno lo stesso tempo di cottura che si aggira intorno alle 2 ore, mentre i cannellini cuociono più velocemente.
Contate il tempo di cottura dal momento dell’ebollizione dell’acqua.
Via via che i legumi cuociono, eliminate la schiuma che si formerà usando una schiumarola.
Quando non faranno più schiuma, aggiungete il sale e proseguite la cottura sempre a fiamma dolce.
Assaggiate per verificare il grado di cottura. Il grano avrà sempre una consistenza piuttosto croccante anche quando ben cotto.
Quando gli ingredienti saranno cotti, scolate i ceci ed il grano, eliminate le foglie di alloro ed aggiungete legumi ai fagioli.
Mescolate con delicatezza con un cucchiaio di legno e fate cuocere per altri 20 minuti in maniera che i sapori si amalgamino.
Servite in scodelle con abbondante olio extravergine ed una generosa manciata di pepe nero. 
Profumate con rametti di rosmarino.

venerdì 10 gennaio 2014

Fave e cicoria e lo splendore di un borgo antico: Bitonto.

Lu pollo cusutu 'culo - Checco Zalone
Fave e cicoria ovvero: l'ode alla semplicità! 
Se esiste un piatto povero che potrei mangiare fino a sentire uno strappo nei pantaloni, quello è proprio il modestissimo Fave e Cicoria.
Che se potessi, chiamerei in dialetto nella bella lingua della sua terra, la Puglia.
Pugliese non sono, ma fortemente innamorata si, per cui oggi farò una piccola immersione in quella regione, che ho potuto riabbracciare proprio prima del Natale, in una tre giorni intensa e soleggiata nella piccola e poco conosciuta città di Bitonto.
Insieme a tre amiche speciali ed a persone che ti aprono la porta della loro casa come si fa con un parente che non si vede da lungo tempo, che ti accolgono con gli occhi sempre sorridenti, con la battuta pronta e la voglia di scherzare che non manca mai.
I pugliesi sono così e non si può non perderne la testa.
Se poi, dietro allo scherzo, ci sta anche una bella fetta di "fugazza", allora non c'è proprio nulla che li batta!
A Bitonto sono tornata dopo 4 anni, grazie all'ultima tappa di Girolio 2013, organizzato dall'Associazione Nazionale Citta dell'Olio  ed il Comune di Bitonto.
L'ultimo di una serie di interessanti eventi all'interno del progetto MedDiet di cui ho già parlato qui.
Non vi tedierò con troppe parole ma mi farò aiutare dalle immagini, come sempre, perché sono quelle che poi ci trascinano in luoghi lontani anche solo con la fantasia.
Vi parlerò di Bitonto come una turista, una che ama viaggiare e che del viaggio ha fatto il suo lavoro, così magari, un giorno non molto lontano, deciderete anche voi di fare una tappa tra queste mura di pietra chiara.
Bitonto è piccola, ma neanche tanto se si pensa che gli abitanti sono c.ca 56.000, poco meno di quelli della mia città, e si trova nella provincia di Bari.
Da qui, l'unico mare che si vede, è quello degli oliveti che la circondano quasi a proteggerla dietro una barriera argentata.
Il centro storico è un reticolato di viuzze, passaggi stretti, gallerie vicinali, corti e palazzi cinque/seicenteschi in pietra chiara dalla bellezza travolgente.
Non ci siamo perse nel nostro girovagare, grazie alla presenza di una guida bravissima, la simpatica Chiara Cannito, che non ci ha abbandonato un attimo, mostrandoci gli angoli più incantevoli della città.
La cosa più incredibile è stato apprendere che il centro città si è lentamente spopolato negli ultimi 40 anni, lasciando disabitati la maggioranza di questi eleganti palazzi.
Ma negli ultimi anni stanno riprendendo vita grazie alla lungimiranza di appassionati.
Se deciderete di pernottare a Bitonto, sappiate che non ci sono Hotel ma una rete di b&b assolutamente splendidi, molti dei quali situati all'interno di queste strutture storiche.
E per essere coccolati con un costo medio di € 40 a notte, credetemi il gioco vale la candela.
Arrivando a Bitonto, accederete al centro storico dalla Porta Baresana, imponente porta in pietra bianca che guarda in direzione di Bari.
Chiara ha visto bene di aprire le danze prendendoci per la gola, con la sosta ad una delle pasticcerie artigianali storiche del centro città: Boccabò, proprio a due passi dalla porta. Come dire: i bocconotti più buoni della storia!
Giusto per spiegare a chi non è della zona: i bocconotti sono delle pastarelle di frolla tirata molto sottile e dalla ricetta segreta, ripiene di ricotta freschissima e cotte al forno. Di una bellezza delicata e antica.
Non mancano mai sulle tavole della festa a Bitonto, ma la storia vuole che anche i contadini che in passato lasciavano la casa per lavorare la terra restando in campagna tutta la settimana, portassero con se un bocconotto al giorno, che restava fresco per tutto il periodo (è vero, sono buonissimi anche dopo 3 o 4 giorni).
Siamo arrivate che stavano cuocendo, e li abbiamo visti palpitare da dietro il vetro del forno....
Ovviamente ditemi voi come si possa restare indifferenti a questa magia! 
La colazione era già stata fatta ma dire di no a tale bellezza, è un vero sacrilegio!
Ne sa qualcosa la famiglia proprietaria del forno, Amedeo e Mariella Savoni, che con il figlio adolescente, gestiscono con successo questa attività artigianale, fatta di grande attenzione alla qualità, alla storia della tradizione ed anche alle tasche dei loro clienti.
Ed ovviamente, secondo un rito immancabile, il primo bocconotto che esce dal forno, è per il proprietario (ma non abbiamo scoperto chi, tra Mariella ed Amedeo, sia il fortunato!).
Tutto questo per dirvi che perdere una sosta a Boccabò arrivati a Bitonto, è peccato mortale!
Ripartire per la visita dopo una così dolce sosta, non è tanto complicato.
Si attraversa il centro storico in direzione della cattedrale e ciò che si incontra è davvero incantevole.

E' incredibile pensare di essere a Dicembre con un cielo di questo colore.
La Puglia è davvero il paese del sole!
La cattedrale di Bitonto è un vero gioiello e fa parte del trittico delle cattedrali in stile romanico pugliese insieme a quelle di Ruvo e di Minervino.
Soltanto questi tre meravigliosi esempi architettonici della presenza normanna in Puglia, varrebbero un viaggio in questa regione. Vi consiglio di farlo con una guida esperta come la nostra Chiara, per apprezzare in pieno il grande valore di questo monumento, la cui visita richiederà almeno un'ora.


Essere foodblogger ha un unico neo: non ci si può esimere dall'assaggiare ciò che ti viene presentato con grande gentilezza.
Quindi quando Chiara ci ha condotto in uno dei forni più antichi della città (si parla del 1800), è ovvio che tutte noi abbiamo fatto le personcine educate e sorridendo, abbiamo detto si.
Che poi, diciamocela tutta, quanto sarà mai difficile dire di si a questo?
Il Forno di San Giovanni (U' furn de San Giuann), è un'altra realtà a completa gestione familiare.
Le deliziose sorelle Rosa ed Enza Marinelli, insieme al padre che è il "capitano" alla bocca del forno, sono i proprietari di un luogo dove restare senza fiato. Non si tratta di un forno qualsiasi.
Se vi affacciate alla bocca del forno, vi si apre una vera e propria stanza di oltre 50 mq in cui vengono ordinatamente sistemate con l'ausilio di una pala lunghissima e sostenuta da un argano ingegnoso, un numero impressionante di teglie per taralli, focacce, dolci tipici, pani, e tutto quello che la vostra fantasia riesce ad immaginare.
Questa meravigliosa famiglia, tieni in piedi una tradizione secolare, ovvero il forno ad uso conto terzi.
Vale a dire che un tempo non si andava al forno a comprare il pane, ma a cuocere quello che si preparava in casa. Un concetto ed un uso assolutamente magnifico, tutt'ora ancora valido al Forno San Giovanni, ma che sarebbe bello ripristinare in molte zone della nostra penisola.
Non c'è bisogno che vi dica che la focaccia è fantastica vero?

Dopo molte fatiche (che sono quelle di assaggiare), siamo entrate sfacciatamente in casa di una adorabile signora di Bitonto, la suocera della nostra Chiara, e l'abbiamo osservata preparare delle favolose orecchiette, con religioso silenzio (solo il rumore degli scatti era percepibile! )

Vi tranquillizzo: non abbiamo mangiato le orecchiette, purtroppo non queste, però di cose buone lungo il nostro cammino ce ne sono state tante, ma tante che se vi facessi l'elenco, vi verrei a noia!
O no?
Il pomeriggio è volato in un attimo all'interno di una splendida azienda olivicola e produttrice di mandorle nonché ciliegie ferrovia.
Si tratta del Feudo dei Verità , un'antica masseria che apparteneva in origine ad una famiglia nobile di origine spagnola e che adesso invece, è di proprietà della famiglia Delorusso.
La sorpresa più piacevole è stata scoprire che l'azienda viene intelligentemente guidata dall'abilità di una  donna, una ragazza in verità, Francesca Delorusso, che si occupa della qualità del prodotto e del settore commerciale e che ha portato l'azienda verso una direzione dinamica e di successo con l'apertura del settore di trasformazione delle mandorle prodotte, vendute ed esportate anche fuori Italia.
Per altro di una bontà unica: possono spedirle ovunque ed il costo è assolutamente onesto.
Abbiamo brindato a Francesca con l'olio appena spremuto! Evviva le donne!
Le mie stupende amiche Benedetta, Anna e Cristiana con cui ho trascorso un week end di emozione e di risate, mi hanno abbandonata la mattina della domenica, sfuggendo allo show cooking che era stato previsto dall'organizzazione insieme allo chef Emanuele Natalizio del ristorante Il Patriarca Natalizio.
Emanuele è una forza della natura, cucina da Dio e domina la scena alla grande.
Quando ho saputo che avrei dovuto cucinare con lui davanti a tutti, sono entrata modalità stand by.
Poi come al solito, è emersa la faccia a gomitolo della sottoscritta e mi sono buttata.
Prima di me però si sono esibite due belle ragazze di Bitonto, entrambe grandissime cuoche ed ho scoperto con mio grande piacere che una di loro, Elena Piscopo, è anche una bravissima blogger!
In meno di mezz'ora ha preparato un tortino di patate e polpo con pesto di rucola e crema al balsamico da leccarsi i baffi.
Anche nella splendida presentazione, ha dimostrato di essere veramente molto brava.
La mia partecipazione a Girolio si è conclusa con questo gioco sul palco, in cui ho "fatto finta" di cucinare a fianco di questo omone simpatico e pieno di energia e mi sono divertita come non mai.
Le mie facce probabilmente lo raccontano.
 Mi porto ancora nel cuore il ricordo di questi splendi tagliolini con gamberi, cime di rapa, funghi cardoncelli e pomodorini: di una facilità estrema ma di un sapore unico e pieno come il carattere dei pugliesi!
Grazie Bitonto!
E per finire, sperando che non siate svenute stremate sul computer, vi lascio la ricetta delle fave e cicoria con la speranza che vogliate provarle: sarà un colpo di fulmine anche per voi, ne sono certa!
Ingredienti per 4 persone
300 g di fave secche decorticate (le mie non lo erano)
1 patata media
1 o 2 foglie di alloro
700 g di verdura come cicoria o catalogna o cicoria selvatica
olio extravergine Terre d'Otranto Dop
Sale
Mettete le fave secche in una grande ciotola e copritele abbondantemente con acqua fredda ed un pizzico di sale. Lasciatele a bagno tutta la notte.
Il giorno dopo scolate le fave.
Sbucciate e tagliate la patata a fette di c.ca 1 cm di spessore, riponetela sul fondo di una pentola, possibilmente di coccio (io ho usato il mio coccio toscano), versatevi sopra le fave e coprite il tutto con acqua fredda. L'acqua deve coprire le fave di almeno un paio di cm.
Aggiungete la foglia di alloro e cominciate a cuocere a fuoco dolce per almeno 1h30.
All'inizio dovrete schiumare le fave perché cuocendo, il bordo si coprirà di schiuma.
Cercate di non mescolare il composto nei primi 45 minuti di cottura.
Aggiungete acqua calda quando questa raggiungerà il livello delle fave: dovranno essere sempre lievemente sommerse dall'acqua.
Aggiungete il sale una decina di minuti prima della fine della cottura, e mescolate energicamente.
Le fave si trasformeranno in una purea granulosa.
Possono essere servite frullate con un mixer a immersione o anche nella loro consistenza di fine cottura. L'arte di questa ricetta è far si che il purea di fave non sia troppo asciutto e duro, ma neanche brodoso.
Mentre cuociono le fave, lavate bene e pulite la cicoria.
Cuocetela in abbondante acqua salata per 5/6 minuti affinché resti croccante.
Scolatela.
Versate la purea di fave nel fondo di una scodella.
Prendente una forchettata di cicoria, realizzate un piccolo nido e disponetelo sul pure.
Servite irrorando con abbondante olio extravergine pugliese ed aggiungete pepe macinato fresco o peperoncino a piacere.

NOTA: scusate l'irriverenza della colonna sonora: non ho potuto esimermi. 
Un pugliese che si prende gioco dei suoi conterranei è da sentirsi male dal ridere! Vedetelo

DIMENTICAVO: NON MANCATE LUNEDI' - 
C'E' UNA FESTA DA ANDATE CON GUSTO! 

mercoledì 23 ottobre 2013

Mescola Garfagnina e l'affascinante storia di un grano.

The fool on the Hill - The Beatles 
Una cara amica, che ultimamente mi ha accusata di portare pioggia e tempesta dove passo, tranne poi trovarsi a dover guadare una strada vicinale a bordo di un trattore laddove io non ero presente (a questo punto bisognerebbe farsi venire dei dubbi su chi è l'uomo della pioggia!), mi ha gentilmente trascinata in un tunnel dal quale sarà ben difficile uscire: il tunnel dei grani antichi! E con me ha trascinato questa folla di entusiaste! 
La curiosità si è accesa questa estate durante l'evento Siena & Stars, grazie al famoso Grano Verna di cui ho parlato ampiamente qui.
Ma grazie a questa amica misteriosa e ad un uomo che del grano e dell'amore per la sua terra, ne ha fatto praticamente il suo mestiere, ho avuto l'onore di entrare a far parte di un progetto molto bello dal nome che è tutto un programma: Mangiare Matera.
Questa realtà commerciale ha anche e soprattutto lo scopo di valorizzare prodotti di grandissimo pregio (dalle farine, al grano, al pane meraviglioso e la pasta che non può mancare, ma anche alla pasticceria da "credenza") attraverso il forte legame con un territorio ancora non conosciuto nella sua completezza, la Basilicata o Lucania che dir si voglia. 
In un prossimo post vi parlerò di un libro che dovrete leggere assolutamente, perché di una bellezza senza eguali e soprattutto una dichiarazione d'amore a questa terra che molti, a gravissimo torto, considerano abbandonata da Dio.

Spesso ci dimentichiamo che la natura è il più grande artista dell'universo ma che dove la natura non è arrivata, ci ha pensato la mano dell'uomo. 
Ed il genio italico, in questo, non è secondo a nessuno.
Purtroppo un piatto di pasta fatta a regola d'arte, ha la capacità di farci dimenticare l'immenso lavoro che rappresenta, fermandoci alla creatività ed alla tecnica di chi quella pasta l'ha preparata. Ma la pasta ha una storia e la sua storia è legata a quella del suo grano.
Qualche tempo fa, dopo aver ricevuto uno splendido campione di prodotti da Mangiare Matera, in cui trionfavano semola rimacinata, farina e grano Senatore Cappelli, oltre che un pane di semola da commozione, ho realizzato di non sapere praticamente nulla di questo grano.
Che esiste grazie agli studi ed all'incessante lavoro di un genetista, Nazareno Strampelli, sconosciuto ai più, che agli inizi del '900 cominciò a lavorare sul miglioramento genetico del grano tenero. 
A questo proposito vi invito a leggere questo splendido articolo di Dario Bressanini che percorre i momenti salienti della vita di Strampelli e di come ottenne il grano Senatore Cappelli. 
Il nome di questo grano, che oggi è sinonimo di altissima qualità e prestigio, fu dedicato al deputato del regno d'Italia Raffaele Cappelli, che consentì al genetista di utilizzare i propri terreni in Puglia per semine sperimentali. 
Fu proprio sui campi di Cappelli che Nazareno Strampelli riuscì a perfezionare i suoi studi, stabilizzando l'incrocio di grani autoctoni con una varietà tunisina resistente e molto adattabile al clima italiano. 
Nel 1923 il grano che otterrà da questi tentativi, prenderà il nome di Senatore Cappelli (nel frattempo il deputato era diventato Senatore) e diventerà un successo senza precedenti fra i coltivatori e produttori italiani. 
Adesso, quando infilzerete con la vostra forchetta un bel piatto di pasta Senatore Cappelli, avrete probabilmente tutta un'altra gratitudine. 
Io personalmente, mi inchino al lavoro di Nazareno Strampelli. 

La prima ricetta che ho deciso di realizzare con i prodotti Mangiare Matera, è un piatto tradizionale della Garfagnana, quella zona a ridosso della Versilia e della provincia di Lucca, arroccata sui monti adiacenti le Alpi Apuane. 
Un'area splendida, in parte ancora selvaggia, dove si coltiva e si produce una grande quantità di farro.
Ho modificato la ricetta, eliminando il farro ed aggiungendo il grano Senatore Cappelli, ed ho ricavato questa minestra che ha un sapore fantastico e che, accompagnata da una porzione di verdure saltate, può essere considerata senza problemi, un piatto unico.
Facilissima, non richiede preparazioni lunghe, se non i tempi di cottura. Non avrete bisogno neanche dell'ammollo se userete varietà di legumi piccoli.

Ingredienti per 4/6 persone
500 g di misto legumi. Non comprate quelli già pronti, preparatelo voi con:
100 g di grano Senatore Cappelli (al posto del tradizionale farro).
100 g di ceci piccoli (io ho usato quelli di Navelli)
100 g di fagioli bianchi piccoli (cannellini o di Sorana o se li trovate, Zolfini)
100 g di lenticchie di Castelluccio
100 g di piselli secchi
1 cipolla
1 carota
2 coste di sedano
1 porro
1 piccola patata
1 spicchio d'aglio
3 o 4 foglie di salvia
un rametto di rosmarino
1 bicchiere di pomodori pelati o salsa di pomodoro
sale e pepe
peperoncino a piacere
Miscelate tutti i legumi e sciacquateli con cura.
Metteteli in una pentola capiente e copriteli con acqua fredda. Aggiungete la patata, la cipolla e la salvia. Fate cuocere a fiamma media.
In una padella antiaderente, fate soffriggere a fiamma dolcissima l'aglio ed io porro triati, la carota ed il sedano a tocchetti, la salvia ed il rosmarino.
Mescolate e fate in modo che le verdure cuociano lentamente senza bruciare. Quando saranno morbide, aggiungete la salsa di pomodoro e se necessario un mestolino di acqua. Aggiustate di sale e pepe, eliminate il rosmarino quindi aggiungete il tutto alla pentola della mescola. 
Continuate la cottura per c.ca 2 ore facendo sobbollire lievemente.
Quando i legumi saranno morbidi ma non sfatti, eliminate la patat e la cipolla, servite con un filo d'olio, una macinata di pepe fresco e del pane tostato. 


Da oggi e nei prossimi mesi, troverete spesso ricette con semola e grano Senatore Cappelli. 
Grazie a Mangiare Matera e a Giovanni Schiuma per questa stupenda opportunità!