Visualizzazione post con etichetta Zafferano. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Zafferano. Mostra tutti i post

venerdì 18 dicembre 2020

Su Coccone in mele: il pane con miele di Mamoiada

Centro uguale cuore 

Mamoiada è un paese di quasi tremila anime nel cuore della Barbagia. 
Chi non ha mai sentito parlare di Barbagia, deve pensare ad una delle aree più autentiche e selvagge della Sardegna, al confine tra il Gennargento e Supramonte. 
Parliamo della provincia di Nuoro quindi del cuore pulsante della Sardegna. 
Di questa parte di isola, ho avuto il piacere di parlare in questo post di qualche anno fa, a cui sono particolarmente affezionata per l'irripetibile esperienza e l'emozione della scoperta. 
Purtroppo, in quella occasione non era in programma una tappa a Mamoiada, ma so per certo, che prima o poi (più prima che poi), ci andrò perché lo desidero da tantissimo tempo. 
Se invece vi dico Mamuthones, qualcosa vi suona familiare in un cassettino della memoria?

Maschere, campanacci e riti ancestrali. 

La grandezza della Sardegna sta nella sua capacità di preservare la propria storia e tradizioni. 
Mamoiada non è un paese celebre per bellezze artistiche, meraviglie architettoniche o spettacoli naturalistici. 
E' un luogo semplice e piccolo ma che ha saputo mantenere viva la propria memoria ancestrale.  
E' proprio grazie alla ritualità legata alla religione ed ai cicli della natura, che i suoi Mamuthones sono conosciuti in tutto il mondo. 
Le maschere in legno d'ontano dai lineamenti animaleschi incise a mano, vengono indossate da uomini coraggiosi (12 come i mesi dell'anno) che per la festa di S. Antonio Abate, il 17 gennaio, quando tutto il paese è in festa illuminato da decine di falò, danno vita all'apertura del Carnevale Barbaricino. 
I Mamuthones rappresentano lo spirito animalesco ed indomito della divinità dionisiaca, per questo il loro aspetto è affascinante ed inquietante al tempo stesso. 
Indossano dei mantelli di pelo di montone su cui viene fissata "Sa carriga", un insieme i campanacci che arrivano a pesare fino a 30 kg, tenuti insieme da cinghie di cuoio. Così vestiti, attraversano il paese toccando ogni falò, in una danza zoppicante che produce una ritmica ipnotica e dissonante. 
Lo spirito della bestia viene tenuto a bada dagli Issohadores, personaggi vestiti elegantemente dove il bianco ed il rosso emergono prepotentemente, il volto coperto da una maschera candida. Gli Issohadores seguono il Mamuthones nella loro faticosa danza, usando la loro fune per domare l'istino bestiale con la razionalità e l'ordine.  Il termine di questo percorso simboleggia la fine della "bestia" ma anche la speranza di un raccolto ricco e prospero, garantito dal potere salvifico del fuoco. 
Vi invito a vedere questo bellissimo video della Regione Sardegna in cui potrete ammirare l'emozionante ed estenuante danza dei Mamuthones. 

Falò, canti e tanto buon cibo. 

Durante la festa di S. Antonio Abate, a Mamoiada arrivano visitatori da tutto il mondo. 
Il paese diviso in rioni, prepara cibo in abbondanza per offrirlo ai visitatori dei rioni vicini ed agli ospiti che arrivano da fuori. 
Ogni rione ha il proprio falò, intorno al quale si danza, si mangia e si canta. 
Non è infatti raro che piccoli gruppi di Tenores si improvvisino in spettacolari canti a cappella. 
Certo, per noi fissati con la gastronomia, l'aspetto del gusto è un traino irresistibile quando si pianifica un viaggio. In questo caso, non ne saremo certo delusi. 
La cara Antonietta Montisci di Mamoiada, grande cuoca e pasticciera che mi ha raccontato delle bellezze della sua terra e donato questa ricetta, mi ha spiegato che i momenti più importanti per questo paese sono 3:
- la Festa di S. Antonio Abate, 16/17 gennaio, durante la quale fanno la loro prima uscita i Mamuthones
- Il Carnevale a Febbraio 
- l'evento novembrino Autunno in Barbagia che vede un'impressionante presenza di ospiti e dove ogni anno vengono predisposte oltre 200 diverse postazioni dove poter assaggiare il cibo della tradizione locale. 
Alcuni dei piatti che non possono mancare in queste occasioni sono il Tarassaco lessato con patate, lardo o pancetta, servito con "pane lentu" (il pane Carasau appena cotto e non tostato), il bollito misto di pecora con verdure, carne e fave, le "patata a perras" (le patate a metà), i maccarrones de busa, il pane frattau (pane carasau arricchito con uovo, pomodoro e formaggio), l'immancabile porcetto arrosto. Non possono mancare i dolci come le orulettas (una sorta di chiacchiere), i s'aranzada, dei deliziosi cestini di scorze d'arancia a julienne caramellati nel miele ed il Coccone in mele. 

Su Coccone in mele, il pane con miele di Mamoiada, è uno dei pani antichi di Sardegna. 
Viene preparato solo in questo paese e probabilmente se ne possono trovare di simili in altre zone, ma è certamente un pane poco conosciuto. 
Ne sono rimasta affascinata ascoltando le parole di Antonietta: Su Coccone in mele viene preparato appositamente per la festa di S. Antonio Abate anche se i forni del paese lo preparano abitualmente, in particolare durante le festività più importanti.
E' un pane povero, semplice nella sua sostanza: semola, acqua, poco zucchero, zafferano per il colore. Oggi si aggiungono un paio di cucchiai di olio extravergine che conferisce maggiore morbidezza e profumo. Per il resto lo si può trovare in forma di semplice ciambella o con decorazioni fantasiose ed eleganti proprio in occasione delle feste. 
Io ho cercato di realizzare dei semplici tagli utilizzando una forbice.  
Le due forme che vedete in foto più sotto, sono veramente molto basiche e credo che potrete realizzarle con facilità se proverete. 
Il nome di questo pane ha spiegazioni contrastanti: qualcuno afferma che la parola mele, che significa miele, sia riferita al colore dorato intenso del pane mentre secondo gli storiografi, essendo un pane molto antico, la prima dolcificazione sia stata fatta proprio con il miele, di cui la Sardegna è ricca, ma che ormai da oltre un secolo, l'utilizzo dello zucchero, più economico e facile da reperire, ha fatto dimenticare la sua primaria composizione. 
Una curiosità: una volta cotto il pane viene tradizionalmente lucidato tuffandolo in una pentola di acqua bollente ed immediatamente rimettendolo in forno ad asciugare per qualche minuto. Questa operazione conferisce al pane una superba lucidità che lo rende bellissimo anche in forma di semplice ciambella. 
Io non ho effettuato questa operazione per semplice timore: essendo la prima volta che lo preparavo, ero certa che con questa tecnica, avrei combinato un pasticcio quindi ho preferito soprassedere e lasciarlo nella sua primordiale opacità. 
Ve lo presento però vestito a festa per il prossimo Natale. 

Ingredienti per due pani da c.ca 300 g l'uno
250 g di farina 0
250 g di semola rimacinata
c.ca 300 ml di acqua 
2 cucchiai colmi di olio extravergine 
100 g di zucchero semolato 
1 bustina e mezza di zafferano 
6 g di lievito di birra 
  • Miscelate le farine insieme allo zucchero. 
  • Sciogliete il lievito in una parte dell'acqua mentre nell'altra sciogliete lo zafferano.
  • Mettete tutto nella ciotola della planetaria e formate una piccola fontana. Versate l'acqua con il lievito e l'olio e cominciate ad impastare con il gancio 
  • Via via che la farina incorpora l'acqua aggiungete il resto (non è detto che dobbiate aggiungerlo tutto), continuando ad impastare a velocità media. Osservate l'impasto che dovrà staccarsi dalla ciotola lasciandola lucida: non dovrà essere appiccicoso, ma elastico e  bello lucido. Continuate ad impastare per c.ca 15 minuti, aumentando la velocità negli ultimi 5 minuti. 
  • Una volta pronta, toglietela dalla ciotola e sistematela su una spianatoia. Dividetela in due pezzi di peso uguale ed arrotolateli formando dei cordoni di c.ca 5/6 cm di diametro. 
  • Con ognuno dei due formate un cerchio che sistemerete su due placche foderate con carta da forno. A questo punto dovrete procedere a tagliare l'impasto per decorare i due pani. Potrete usare delle forbici e seguire l'esempio delle due immagini o usare la vostra fantasia. 

  • Una volta pronti, copriteli con dei teli di cotone puliti (non con la pellicola perché si appiccica sull'impasto. Ve lo dico perché è successo a me). Fateli lievitare per c.ca 1h30 /2 ore. 
  • Accendete il forno a 180°. Una volta pronti i pani, cuoceteli nella parte centrale per 25/30 minuti fino a quando non saranno belli gonfi, dorati e toccandoli sul fondo, suoneranno a vuoto.
  • Lasciateli raffreddare su una gratella. Si conservano bene in sacchetti di plastica e sono ottimi tagliati a fette e tostati. Serviteli con confettura o miele, ma anche del buon formaggio fresco e pecorino. 




mercoledì 17 gennaio 2018

Riso al forno allo zafferano per Starbooks

Sorprendimi - Stadio
Lo Starbooks di questo mese è l'ultimo nato di Jamie Oliver, autore molto apprezzato dal questo gruppo - 5 Ingredients. 
In passato abbiamo esaminato almeno altri 4 suoi libri, sempre divertendoci molto.
Stavolta il tema di questa novità sono ricette da preparare con soli 5 ingredienti, in generale molto facili da reperire. 
La gola mi ha fatto cadere sulla ricetta in fotografia, ovvero un riso allo zafferano cotto in forno. 
Una preparazione facilissima e veloce.
Per sapere cosa ne penso e leggere la ricetta con le note finali, dovete però andare qui, sulla pagina ufficiale Starbooks. 
Una buon ventodì a tutti! 

mercoledì 15 novembre 2017

Creme caramel allo zafferano e caramello alla liquirizia: l'oro rosso cresce in paradiso.

Gold - Spandau Ballet
C'è una spezia che amo davvero molto, una spanna sopra le altre e questa è lo zafferano.
Il suo aroma elegante e complesso mi incanta ogni volta e cerco sempre nuove occasioni per utilizzarlo.
Dopo aver visitato un luogo speciale in cui viene prodotto, poi, sono stata travolta da una sorta di frenesia, complice il ricordo della bellezza dell'Azienda Fruto Prohibido.
La mia regione è conosciuta per la produzione di zafferano.
Nella mia provincia si produce lo Zafferano di S. Gimignano Dop; allontanandoci un po' troviamo quello delle Colline Fiorentine , ma si possono trovare produttori su tutto il territorio regionale e questa è una tradizione che si tramanda da secoli.
Durante l'esplorazione dell'azienda Fruto Prohibido, gestita da José Manuel Carvjal Gil, semplicemente Pepe per gli amici, promossa dal Calendario del Cibo Italiano, ho potuto scoprire di più sulla mia spezia del cuore, in particolare quanto impegno e passione richieda il grande lavoro necessario per ottenerla.
L'azienda si trova a Bellosguardo, una zona di Firenze situata a sud in posizione elevata rispetto al resto della città, da qui ovviamente il nome.
Un nome a cui non si da tanto peso fino al momento in cui non si realizza personalmente quanto azzeccato sia quell'aggettivo "bello" di fronte a "sguardo".
Il nostro ospite, che nella vita ha sempre fatto il giardiniere ma che, quando 30 anni fa ha lasciato la sua Valencia per l'Italia, si è buttato in una nuova avventura, quella del "giardiniere-contadino", ci ha incantato con la sua passione per la campagna la cui estetica deve essere addomesticata dalla saggia mano dell'uomo, e per l'idea primaria della sua "filosofia", ovvero quello della "campagna-giardino", presente ovunque in quel luogo.
Il Crocus, questo bellissimo fiore lilla dai cui pistilli si ottiene il prezioso zafferano, raggiunge la sua "maturazione" quindi fiorisce tra ottobre e novembre.
Non sempre è prevedibile il momento esatto in cui fiorirà, in particolare quest'anno, con un Settembre ed Ottobre praticamente estivi.
Il Crocus ama il freddo ed è proprio quando le mattine sono più rigide che il fiore fa capolino fra l'erba.
Il coltivatore deve essere costante nell'osservazione della zafferaneta, perché la fioritura avviene in qualche settimana ma ci possono essere giornate in cui nel campo spuntano pochi fiori e giornate in cui potrà fiorire anche la metà dell'intero raccolto annuo.
La raccolta avviene in prima mattina, quando il fiore è ancora chiuso.
Una volta raccolti tutti i fiori, si procede al distacco degli stimmi, che poi andranno fatti seccare prima di poter essere messi in commercio. Questo lavoro viene spesso effettuato dalle mani delicate delle donne ed è comunque un lavoro di estrema pazienza ed attenzione.
Il nostro ospite Pepe 
José ci racconta che l'appezzamento destinato alla coltivazione del Crocus è di 700 mq da cui annualmente ricava c.ca 200/250 g di zafferano.
Per ottenere un solo grammo di zafferano ci vogliono 150 fiori e questo vi da una misura del lavoro richiesto per questa attività.
La sua produzione è certificata biologica e José riesce a vendere il suo eccellente raccolto alla maggioranza dei ristoratori locali senza dover impegnarsi in strategie di commercializzazione o partecipare a mercati nella provincia.
Lo spettacolo che si apre davanti ai nostri occhi nella "sorpresa" che ci ha riservato il nostro ospite, al termine del tour della sua splendida campagna, è quanto di più irreale ed inaspettato: una Firenze immersa nel sole autunnale, scevra di elementi disturbanti, coronata da un bosco rigoglioso.
Nel silenzio più assoluto.
Un momento di totale commozione che ci ha tolto le parole per un lungo istante.
Il resto della nostra visita si è limitato alla contemplazione di ciò che ci circondava.
Crocus già privati dei pistilli 
Patricia al termine della raccolta 
Di ritorno da Bellosguardo, avevo nella testa già l'idea della ricetta che avrei voluto preparare al profumo di zafferano.
Un dolce al cucchiaio, un crème caramel (che come ho spesso detto è uno dei dolci del mio cuore), allo zafferano con caramello alla liquirizia.
Una ricetta facile che nella procedura di preparazione, ha preso ispirazione dal Crème caramel allo zenzero di Ottolenghi.
Ve lo propongo qui con la speranza che vorrete provarlo...è assolutamente magnifico.
Ingredienti per 4/5 monoporzioni
390 ml di latte intero
60 ml di panna
5 pistilli di zafferano
1 cucchiaino di estratto di vaniglia
100 g di zucchero semolato
3 uova grandi

Per il Caramello
100 g di zucchero
2 cucchiai di acqua
la punta di un cucchiaino di polvere di liquirizia

  • Miscelate latte e panna e versateli in una ciotola insieme ai pistilli di zafferano. Coprite con una pellicola e lasciate in infusione per 24 ore in frigorifero. 
  • Il giorno dopo filtrate il tutto. Accendete il forno a 170°.
  • Preparate il caramello versando lo zucchero in una casseruola a fondo spesso, insieme all'acqua ed alla liquirizia in polvere. Fate sciogliere lo zucchero a fiamma dolce senza mescolare. Quando comincerete a vedere sciogliere lo zucchero ai bordi, potrete eventualmente aiutarvi ruotando la casseruola fino a che non si sarà sciolto completamente arrivando ad una tonalità ambrata intensa. Sentirete il profumo della liquirizia spandersi. 
  • Versate immediatamente il caramello negli stampi preparati e tenete da parte mentre preparate la crema. 
  • Con una frusta a mano lavorate le uova con lo zucchero e la vaniglia. Non dovrete montare ma solo fare in modo che lo zucchero si sciolga bene e le uova si amalgamino al meglio. A questo punto versate il latte allo zafferano sul composto di uova e mescolate bene. In questa maniera non si formerà schiuma. 
  • Con un mestolo riempite i vostri stampi e preparate la cottura a bagnomaria. 
  • In una pirofila che possa contenere i vostri stampini, appoggiate un paio di fogli di carta assorbente sul fondo (impediranno agli stampini di muoversi) e due dita di acqua bollente. Sistemate gli stampini quindi finite di riempire la pirofila di acqua arrivano a coprire 2/3 degli stampi. Con molta cautela, mettete in forno. 
  • Fate cuocere per c.ca 45/50 minuti facendo la prova con lo stuzzicadente che dovrà uscire pulito. 
  • Togliete gli stampi dal forno e fateli raffreddare completamente a temperatura ambiente fuori dalla pirofila. Quindi copriteli con pellicola e fateli riposare una notte in frigo. 
  • Al momento di sformarli, passate con delicatezza una lama tutto intorno allo stampino, appoggiate un piattino sulla bocca e capovolgete dando delle piccole scosse al per aiutare la crema a staccarsi. Servite subito.

giovedì 7 maggio 2015

Stile di vita, pensieri collaterali e BWell style: farrotto ai pistilli di zafferano.

I feel good - J. Brown (live)
Ultimamente i pensieri sulla qualità della mia vita ed in generale su quella di chi mi circonda, sono praticamente quotidiani.
Quando incontro e parlo con amici che non vedo da tempo, il "come stai" non è più solo il modo di aprire una conversazione, ma una vera e propria domanda che nasconde una reale premura verso chi ho di fronte.
La persona che qui scrive è lontana anni luce dall'ipocondria e dall'ansia generalizzata, ma molte persone che conosco invece lo sono.
La mia sensazione è che oggi il tipo di comunicazione che ci arriva dai media non sia più tanto "informazione preventiva" ma vero e proprio terrorismo psicologico.
Rispetto grandemente tutti coloro che affrontano la malattia, qualunque essa sia, con lo spirito di chi non è malato, ma "diversamente sano". Cosa difficilissima da fare ma possibile, credo.
Ogni malattia è penosa per chi l'affronta. Ma un diverso modo di affrontarla racconta molto della persona che hai di fronte.
Se si cominciasse a ridimensionare certi messaggi che ci pervengono e che ovviamente tendono ad manipolare la nostra percezione, sarebbe un primo passo verso una vita più serena.
Di zucchero, grassi saturi, farine raffinate, proteine animali e continuate voi la lista, si può morire così come è vero che la nostra alimentazione è la prima causa dei nostri malanni. Ma si può vivere una vita piena di demoni e privazioni?
Intolleranze, allergie e malesseri di vario genere per sensibilizzazione agli alimenti sono all'ordine del giorno. La parola dieta invece una sorta di martello pneumatico che comincia a trapanarci i neuroni con il primo sole e paradossalmente si pensa alla dieta solo per apparire belli, snelli, attraenti e giovani.
Uno si guarda di profilo allo specchio e lì scatta il "devo mettermi a dieta" di ordinanza.
Io invece mi deprimo.
Tantissimo. Perché non mi piacciono le rinunce, odio le campagne terroristiche e le misure estreme.
Perché con il passare degli anni il piacere del cibo resta una delle cose che più mi dà felicità, allegria. Non amo abbuffarmi, non sono una mangiatrice occulta (non mi sveglio la notte per saccheggiare il frigo), e sono anche una con una discreta forza di volontà quando voglio raggiungere degli obiettivi. A mio vantaggio va che non ho vizi: non fumo (1000 punti extra), non bevo (una birretta  con gli amici ogni tanto, ma piccola sennò mi gira il capo).
Con molta probabilità, se non mi casca un vaso in testa, potrò vivere fino a 100 anni anche se, vista la mia pressione, avrò vissuto tutta la vita con l'energia di una 90nne.
Ricettario BWell 
Chi la pensa come me è la proprietà dell'Hotel Bristol Buja di Abano, rinomato luogo di vacanza benessere per coloro che cercano sollievo attraverso bagni termali e fanghi rigenerati.
Facile, direte voi: "quello è un centro benessere"! Si, ma non sempre tutto è così scontato.
Il Bristol Buja lavora da anni con una clientela internazionale.
Il mercato principale è quello tedesco, e durante il mio recente soggiorno di cui vi avevo anticipato qui,  mi sono divertita ad osservare il comportamento degli ospiti dell'Hotel a tavola.
Dopo una giornata di fanghi, massaggi, jacuzzi e nuotate nella magnifica piscina termale, ordinavano fior di lasagne, spaghetti, bisteccone e facevano letteralmente festa al buffet dei dolci.
Buffet di inaugurazione - cioccolatini home made
Mica scemi, direte voi!
Eccerto, considerando che la qualità di quanto proposto dalla cucina è altissima.
Ma la coraggiosa sfida della brigata del Bristol Buja capeggiata dallo Chef Claudio Crivellaro, con la consulenza della dottoressa Maria Teresa Nardi dell'Istituto Oncologico Veneto e del cardiologo Gianfranco Buja, è stata proprio quella di cimentarsi in qualcosa di veramente nuovo.
E' possibile realizzare un menù bello e buono che sia al contempo sano e con questo proporre una carta alternativa agli ospiti dell'Hotel?
Ebbene, la sfida è stata vinta attraverso la creazione di ben 14 menù diversificati (4 portate ogni menu) per un totale di 56 ricette.
Le ricette, raccolte su un delizioso ricettario, prevedono l'utilizzo di ingredienti che rispettano alcuni paletti dettati dai medici in equipe, vale a dire la diminuzione delle quantità di proteine animali e l'aumento di utilizzo di vegetali, legumi e cereali. Così carne e pesce 2 volte a settimana abbondanza di fibre, vitamine e antiossidanti in natura.
Ma senza mortificare il palato perché ogni menù proposto ha ricchezza di sapori e prevede un finale dolce (per gli irriducibili come la sottoscritta).
Pavone di asparagi - trionfo di antiossidanti naturali
La creazione di questa nuova linea "gusto e benessere" ha richiesto bel 6 mesi di lavoro, fatto di tentativi, errori, controlli e approvazioni finali dello staff medico.
Ad oggi, dopo c.ca 2 mesi di inserimento nel menù generale dell'Hotel, un buon 20% degli ospiti sceglie i piatti BWell.
E per essere in un'Hotel dove ogni ospite ha ben tre tipologie di scelta (Menu del giorno - menù a la carta e B Well menu), questo è decisamente il miglior segno di apprezzamento e la conferma di aver preso una direzione giusta.
Lo chef Claudio Crivellaro ed alcune delle sue creazioni vegetali. 
Uno degli elementi più eclatanti dei menu B Well è la mancanza della parola "rinuncia".
Ogni giorno c'è la presenza di un antipasto sfizioso, un primo di pasta o favolose zuppe, un secondo creativo ed appetitoso ed un dolce finale.
L'attenzione non è posta solo agli ingredienti usati (di grandissimo livello qualitativo, molti biologici o integrali), ma anche ai metodi di cottura che preservano le proprietà dei prodotti senza mortificarne il sapore: niente riso bollito insomma.
Tutta la parte della pasticceria è stata seguita da uno chef giovanissimo e pieno di energia, Enrico Magro.
Pasticciere tradizionale,  Enrico ha raccolto la sfida, riuscendo a realizzare dessert eleganti e di gratificazione utilizzando ingredienti inediti come farine speciali (canapa sativa), bacche aromatiche (fava tonka), cotture speciali (bagno maria a vapore) tanto per fare alcuni esempi.
Lo chef Enrico Magro ed Anna Maria Pellegrino, Presidente AIFB. 
Muffin con spuma di tofu 
Fava Tonka
Non va dimenticato il pasto più importante del giorno, ovvero la colazione, dove la filosofia BWell ha un posto speciale grazie alla presenza di frutta, yogurt, cereali biologici, una ricca selezione di semi oleosi, centrifugati di frutta e verdura, pani fatti in casa con grande attenzione alle diverse intolleranze.
Trionfo di frutta e dessert BWell sul buffet di inaugurazione
Aperitivo BWell - Un'inedita Caprese

Food blogger al lavoro
Lo stile di vita così amabilmente riassunto dal Prof. Buja durante la tavola rotonda a cui ho potuto partecipare in questi giorni, prevede delle linee guida così semplici da seguire e che tutti noi conosciamo a mena dito, se non fosse che tendiamo a dimenticarle sottovalutandone l'importanza:

  • Attività fisica ogni giorno: anche un'oretta di camminata a passo sostenuto è più che sufficiente per mantenersi in forma. Nessuna sana alimentazione o dieta se non è supportata dal movimento, è in grado di prevenire la degenerazione del nostro organismo. 
  • Sana Alimentazione: che va a braccetto con l'attività fisica. Varia, equilibrata, senza l'abolizione di nessuna categoria alimentare. Alcuni alimenti vanno privilegiati ma nessuno va abolito. Ricordiamocene. 
  • NO FUMO - e non c'è bisogno che dica altro.
  • Preferire alimenti integrali.
  • Frutta e verdura in primo piano. 
  • Carne, pesce, uova e latticini si, con moderazione (2 volte a settimana per ognuna delle categorie). 
  • Diminuzione drastica del consumo di zuccheri (ahí ahí ahí....qui devo abbassare la testa)
  • NO AL DIGIUNO (e che questo sia di monito a chi si lascia prendere da insane abitudini). 
Sulla scia dei buoni propositi, ho voluto riprodurre una delle molteplici ricette presenti all'interno del ricettario BWell. 
Un semplice primo piatto che si prepara in meno di mezz'ora e che rispetta in tutto e per tutto il motto del BWell - se è sano è pure buono! 
FARROTTO CON PISTILLI DI ZAFFERANO
NOTA: la ricetta originale prevede orzo che io non avevo a disposizione. Ho sostituito con il farro ed il risultato è stato molto buono. 
Ingredienti per 4 persone
160 g di Farro IGP della Garfagnana
20 g di scalogno
Brodo vegetale (cc.a 1l 1/2)
4 g di pistilli di zafferano
50 g di olio extravergine d'oliva
1/2 bicchiere di vino bianco secco
50 g di Grana Padano grattugiato
200 g di zucchine 
Mettere i pistilli di zafferano in infusione in 3 dita di acqua tiepida e lasciarcelo per almeno 1 ora.
Tagliare le zucchine nella loro parte verde e ridurle a dadini.
Mettere l'olio in una padella e far saltare le zucchine per qualche minuto. Metterle da parte. 
Tritare lo scalogno e farlo passire con l'olio in una casseruola a fondo alto.
Una volta morbido, aggiungere il farro e farlo brillare per qualche istante quindi alzare la fiamma e aggiungere il vino. Fate sfumare quindi aggiungere l'acqua di zafferano, abbassare la fiamma e piano piano cominciare ad aggiungere il brodo caldo come si fa per un risotto.
Cuocere aggiungendo brodo per c.ca 20 minuti.
A tre quarti della cottura aggiungere le zucchine.
Terminare mantecando con olio extravergine e Grana Padano grattuggiato. 
Guarnire con chips di zucchina e pistilli di zafferano. 

lunedì 20 ottobre 2014

Pane dolce allo zafferano di Navelli e polvere di liquirizia

Scarborough fair - Simon & Garfunkel live
Proseguendo il conto alla rovescia che mi porterà a partire per Torino il prossimo 23 ottobre, vi racconto cosa mi troverò a fare in quel meraviglioso Salone del Gusto che vede riunirsi migliaia di prodotti e produttori da ogni parte del mondo.
Che per un amante di cibo è meglio di un Eldorado o del paese delle Meraviglie.
Grazie al progetto Unforkettable di Garofalo e Niko Romito, sarò al salone come ambasciatrice AIFB (Associazione Italiana Food Blogger) ed avrò un compito come altri 19 soci AIFB che con me vivranno questa esperienza: raccontare un prodotto, un produttore ed una ricetta durante lo show cooking della brigata di Niko Romito.
Il prodotto a me assegnato sono le acciughe.
Che per una terragnola come la sottoscritta è una bella sfida. Ma sto studiando e preparandomi quindi al mio ritorno vi racconterò tutto, ma proprio tutto di questo meraviglioso piccolo pesce tanto amato dalla tavola italiana.
Lasciando da parte l'ansia che già sale come una marea, cerco di concentrarmi sul pre-salone e sulla richiesta che ci è stata fatta, di individuare un prodotto dell'Arca Slow Food con cui preparare una ricetta.
Tutti i prodotti dell'Arca sono difficilmente reperibili proprio perché fortemente territorializzati e spesso restano un miraggio per chi non ha la possibilità di viaggiare seguendo il proprio palato.
Lo scorso maggio ho avuto l'opportunità di trascorrere una giornata a l'Aquila, al Salone dei Parchi e proprio lì ho trovato lo Zafferano di Navelli.
L'oro in polvere si ottiene dagli stimi essiccati del fiore Crocus Sativus (proprio vicino a Siena abbiamo una discreta produzione di zafferano a S. Gimignano, che fiorisce per la festa di S. Fina, come un piccolo miracolo).
In Abruzzo cresce sull'altopiano di Navelli, di cui vi ho già parlato in un altro post, avendo utilizzato i ceci minuscoli e dolci prodotti proprio lì.
L'altopiano si trova tra i parchi del Gran Sasso e del Sirente Velino e grazie al clima asciutto e ventoso, trovano il loro habitat ideale.
I fiori vengono raccolti ancora chiusi alle prime ore del mattino, sistemati in canestri di vimini ed aperti con le unghie, uno per uno (vi immaginate il lavoro), per poi strappare delicatamente gli stimmi dallo stelo.
Una volta finita la sfioratura, i pistilli sono appoggiati su un setaccio posto sulla cenere calda del camino e vengono tostati lentissimamente.
Parte degli stimi vengono macinati ed altri venduti così come sono (io ho utilizzato gli stimmi per questa ricetta), in vasetti da un grammo. Tanto per indicare quanto siano preziosi.
I fili ovviamente sono più pregiati perché oltre ad aromatizzare intensamente, sono splendidi come decorazione di piatti e ricette.
Ecco la ricetta di questo pane super aromatico e facile da fare che ho modificato da una ricetta trovata in un vecchio numero di Sale e Pepe.
400 g di farina di tipo 00 (io ho usato 200 g di 00 e 200 g di farina forte)
140 g di scorza di arancia siciliana candita
170 g di zucchero semolato
1.5 dl di latte
6/7 scaglie di liquirizia dura, tipo Amarelli
3 cucchiai di liquore abruzzese Aurum, all'arancia
un pizzico di zafferano in stimmi
12 g di lievito di birra
50 ml di olio extravergine Trevi DOP emulsionato con 50 ml di acqua
un pizzico di sale
Riducete le scorze candite in dadini di c.ca 5 mm di lato.
Metteteli in ammollo con il liquore (se non avete l'Aurum che è tradizionalmente di terra d'Abruzzo), potete tranquillamente usare del Rum. Lasciateli macerare per c.ca 1 ora.
Preparate il lievitino, intiepidendo il latte dove scioglierete il lievito di birra con gli stimmi di zafferano ed un cucchiaino di zucchero fino a che il lievito non comincerà a fare la classica schiumina in superficie (ci vorranno c.ca 10 minuti).
A questo punto versate il lievito in una ciotola larga con 50 g di farina. Mescolate bene affinché i grumi si sciolgano e lasciate in luogo tiepido per almeno 30 minuti.
Quando il lievitino avrà raddoppiato di volume, versatelo nella planetaria ed aggiungete la farina rimanente, 150 g di zucchero, i canditi con il liquore, l'emulsione di olio ed acqua, un pizzico di sale, ed impastate a velocità media per almeno 10 minuti. Se l'impasto vi sembrasse duro, aggiungete dell'acqua, con molta attenzione, un cucchiaio alla volta, fino a che l'impasto non starà insieme ed avrà una consistenza morbida e liscia. La quantità di acqua dipenderà dalla farina che utilizzerete.
Mettete l'impasto in una ciotola oleata, incidete con una croce e coprite con una pellicola. Fate lievitare per almeno 2 ore in luogo tiepido (io uso il forno con la lucina accesa).
Vedrete la vostra pagnotta bella gonfia.
Rovesciatela sulla spianatoia, sgonfiatela con i pugni, impastatela per qualche minuto quindi sistematela in uno stampo di 26 cm di diametro, incidetela nuovamente e proseguite con la seconda lievitazione, per almeno 45 minuti.
Prima di mettere in forno, preriscaldato a 200°, spennellate la superficie con poco olio extravergine, cospargete con lo zucchero rimasto e la polvere di liquirizia.
Fate cuocere per c.ca 35 minuti.
Una volta cotta, battete sotto il pane e se suona a vuoto, il pane è pronto.
Fate raffreddare su una gratella e servite tiepido o freddo.
Splendido tostato al mattino.