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lunedì 4 dicembre 2023

Canapé di Rosti e Salmone affumicato

Giunti all'ultimo mese di un anno tribolato, con la velocità di mille cavalli, mi appresto a fare bilanci e pubblicare più ricette di quanto previsto. 

I bilanci sul fronte personale sono quasi positivi. 

Se mi lamentassi sarei scorretta ed ingiusta ma come sempre accade, non siamo mai contenti.

Ho lavorato come se non ci fosse un domani e sono arrivata alla fine di Novembre con il fiatone e la sensazione di essere svuotata. Di non avere più nulla da dare. Niente. 

La stanchezza mi ha reso così vulnerabile che ho ripreso il Covid con una facilità disarmante e ne ho portato gli strascichi per tutto il mese scorso. 

Quindi in questo momento ho solo voglia di non fare niente. 

Nel mese in cui vorrei scatenare la mia creatività, mi sento bloccata dalla voglia di fare il meno possibile. 

Forse mi passerà o forse no. Non me ne faccio un cruccio.

Intanto cerco di rimettermi in pari con alcune ricettine preparate in tempi non sospetti per le feste in arrivo. 

Questo è un antipasto facilissimo ed anche di grande effetto. 

Un rosti gigante che diventa la base di deliziosi canapé al salmone. 


Ingredienti per 4/8 persone


1 kg di patate a pasta gialla 

2 cipolle bionde 

Le foglioline di un ciuffetto di timo fresco

2 uova grandi 

30 g di burro

1 ciuffetto di erba cipollina

1 ciuffetto di aneto 

Olio extravergine

Sale - pepe nero macinato fresco 

200 g di Salmone affumicato 


Per la crema di accompagnamento 

100 g di formaggio cremoso 

2 cucchiai di yogurt greco 

Una macinata di pepe rosa 

La scorza grattugiata di un limone non trattato 

  • Affettate finemente le cipolle. In una larga padella versate 3 generosi cucchiai di olio extravergine, fate scaldare e fate passire le cipolle fino a caramellarle, aggiungendo poca acqua via via che cuociono se necessario. Devono dorare ma non bruciarsi.
  • Mentre le cipolle cuociono a fiamma dolce, preparate le patate. Pelatele, lavatele e asciugatele, quindi grattugiatele in una larga ciotola con la grattugia a fori larghi. Una volta pronte, mettetele in un canovaccio pulito e strizzatele cercando di eliminare quanta più acqua possibile. Potrete aiutarvi spingendo il canovaccio contro i lati di uno scolapasta. 
  • Quando saranno ben strizzate, mettetele in una larga ciotola, salate e mescolate bene. Aspettate una decina di minuti ed eliminate nuovamente l’acqua che si sarà formata. A questo punto potrete aggiungere le cipolle, mescolando bene fino a completa distribuzione nel composto, le uova sbattute, il timo e l’erba cipollina tagliata finemente con una forbice ed il pepe. Se necessario aggiustate di sale. 
  • Foderate con carta forno la base di uno stampo da 23 cm di diametro con bordo a cerniera ed imburrate il bordo. Distribuite le patate uniformemente senza però pressare troppo. Livellate bene. Non vi preoccupate se formeranno uno strato alto: cuocendo si abbasserà si e asciugherà. 
  • Cuocete a forno preriscaldato a 200° per un’ora, nel terzo inferiore del forno. Terminato il tempo, cospargete la superficie con i fiocchetti di burro e continuate per altri 15 minuti fino a completa doratura. 
  • Fate intiepidire mentre preparate la crema: mescolate con un cucchiaio il formaggio cremoso con tutti gli ingredienti e tenete in frigo. 
  • Liberate il Rosti dallo stampo, mettetelo su un piatto di servizio. Sistemate le fettine di salmone con roselline su ogni fetta e aggiungete un ciuffo di crema (usando un sac a poche o facendo delle piccole quenelle) sulla punta della fetta. 
  • Servite calde o tiepide. 
  • Il rosti può essere preparato in anticipo e riscaldato in forno al momento del servizio. 


 

martedì 19 gennaio 2021

Culurgiones ogliastrini: una pasta che sembra un gioiello

No potho reposare - Andrea Parodi

Questo post è l'ennesima appassionata dichiarazione d'amore per la pasta fresca.
Non che chi mi segue non se ne sia accorto in questi lunghi 10 anni. 
Basterebbe semplicemente dare un'occhiata alla pagina "le mie Ricette", per capire come questo amore rasenti la mania. 
Ho una profonda attrazione per il mistero che c'è dietro un formato di pasta, dietro la il suo disegno, il suo spessore, la sua capacità di vestirsi a festa nel suo condimento e celare gelosamente il ripieno in forme dalle architetture impossibili e complesse. 
Più la sfida si mostra ardua, più la curiosità si accende.

Is Culurgiones, gioielli d'Ogliastra. 
Da tempo desideravo cimentarmi nella preparazione dei Culurgiones. 
Credo che molti di voi conoscano questa pasta ripiena che arriva dalla Sardegna, più esattamente dalle terre di Ogliastra, nell'area centro orientale dell'isola. 
Gli appassionati di mare conosceranno questi luoghi  grazie alle meravigliose spiagge di Arbatax e Tortolì, ma è l'interno che come sempre riserva le sorprese più grandi. 
Ebbene, i Culurgiones o Culurgionis (vi risparmio le altre versioni del nome), vengono prodotti nei 23 comuni di questo territorio e sono protetti dal marchio IGP.
Una tradizione antichissima che racconta di una cucina essenziale, povera, radicata ad un territorio ed una economia fatti di agricoltura e pastorizia. 
Il guscio di pasta di semola ed acqua, racchiudeva un ripieno basico: patate e formaggio (dono della pastorizia), aromatizzato con i profumi della campagna: menta, basilico, a volte zafferano e quanto l'occasione e la possibilità concedevano di volta in volta. 
Le abili mani delle donne furono in grado di trasformare un semplice fagottino di pasta, in un piccolo gioiello grazie ad una chiusura bella come un ricamo: sa spighitta, la spiga.

La spiga e l'amuleto
Tradizione vuole che la chiusura a spiga di grano, renda onore ai riti della mietitura come buon auspicio per un raccolto fortunato: l'uso in passato era proprio quello di servire questa pasta durante quel periodo. La forma delicata ed elegante rendeva I Culurgiones, la pasta prediletta per le occasioni  importanti, per farne dono speciale come ringraziamento, ma anche ad uso commemorativo, durante la festa dei Morti o trasformandosi in vero e proprio amuleto a protezione dei propri cari contro lutti e malasorte. 

Non chiamateli Ravioli
Ogni famiglia custodisce gelosamente la ricetta del proprio ripieno. Esistono numerosi varianti: in alcuni comuni, il basilico sostituisce la menta. A Villagrande Strisaili, arrostiti e serviti in piccoli coni di carta, diventano un ottimo cibo da passeggio. 
In ogni caso, non chiamateli ravioli. 
I veri Culurgiones con la chiusura a spiga, sono solo Ogliastrini. 

Cari Amici della Sardegna, perdonate ogni errore ed imperfezione.
I miei Culurgiones sono brutti. 
Non sono orribili, ma da qui a dire che siano perfetti ce ne passa. 
I veri culurgiones, quelli che escono dalle mani magiche delle donne ogliastrine, hanno pieghe morbide come drappeggi, una pancia tonda ed orgogliosa, una codina elegante. 
La spighetta scorre come un ricamo affondando armoniosa nel ripieno, le pieghe fitte e simmetriche. 
La spiga del principiante è schiacciata, irregolare ed inarcata come la colonna vertebrale di un dinosauro, mostrando inevitabilmente una cresta segno di inesperienza. 
Ecco, i miei culurgiones hanno la cresta e per questo chiedo perdono ai miei lettori. 
Spero che tutto questo entusiasmo possa essere letto come un amore profondo e senza limiti per questa incredibile regione che è la Sardegna. 
Ingredienti per c.ca 40 Culurgiones 
250 g di semola rimacinata 
1 cucchiaio di olio Extravergine 
150 ml di acqua (o comunque quanta ne assorbe la farina)
1 pizzico di sale 

Per il ripieno 
700 g di patate rosse 
una decina di foglie di menta fresca 
120 g di pecorino sardo fresco grattugiato
50 g di pecorino sardo stagionato grattugiato 
30 ml di olio extravergine 
1 spicchio d'aglio 
1 pizzico di sale - pepe nero macinato fresco 
  • Importante preparare il ripieno il giorno primo, in modo che tutti gli aromi possano maturare ed esprimersi al meglio. 
  • Versare l'olio in un bicchierino insieme allo spicchio d'aglio e lasciare insaporire l'olio per almeno un paio d'ore 
  • Bollire le patate in abbondante acqua non salata. Schiacciarle immediatamente in una larga ciotola ed aggiungere la menta tritata finemente, l'olio privato dell'aglio, il formaggio ed una grattugiata di pepe e mescolate con energia in modo da amalgamare con cura gli ingredienti e far si che il formaggio si sciolga. Assaggiate per aggiustare di sale quindi fate raffreddare. una volta freddo, mettete in frigo tutta la notte. 
  • Il giorno dopo preparate la pasta: versate a fontana la semola su una spianatoia. Al centro versate poca acqua, l'olio ed il sale, e cominciate ad incorporare acqua e farina. Aggiungete acqua via via che impastate, in modo da ottenere una massa morbida ma sostenuta. Impastate con energia una decina di minuti, fino ad ottenere un panetto vellutato ed uniforme che lascerete riposare avvolto nella pellicola per 30 minuti. 
  • Stendete la sfoglia con l'aiuto di una macchina per la pasta. Stendete poca pasta alla volta in sfoglie dallo spessore non troppo sottile (io ho usato lo spessore 5/6).
  • Con un coppapasta dal diametro 6/7 o con un bicchiere, ricavate dei cerchi su cui posizionerete una noce di ripieno a cui darete una forma ovale e leggermente schiacciata. A questo punto procedete con la chiusura a spiga che ho cercato di spiegarvi in un video decisamente casalingo che vi metto qui di seguito. Spero che sia abbastanza chiaro. 
  • Cercate di prendere un po' di manualità con i primi tentativi, poi vedrete che verrà piuttosto naturale. Come per ogni cosa, bisogna provare, provare, provare, provare ...:) 
  • Via via che procedete nella formatura, appoggiate i Culurgiones su un vassoio cosparso generosamente con semola in modo che non si attacchino. 
  • Una volta pronti, potrete cuocerli per c.ca 5 minuti in acqua bollente salata e servirli con un semplice sughetto di pomodoro, basilico, tanto pecorino ed olio buono, magari delle terre di Oliena, oppure in bianco, con olio insaporito da una generosa grattugiata di bottarga. 
  • Qualora vogliate congelarli, è possibile ma il consiglio è quello di sbianchirli prima di passarli in congelatore. Tuffateli in una pentola con abbondante acqua in ebollizione e lasciateli per 1 minuto, quindi scolateli e fateli asciugare su un canovaccio pulito. Una volta asciutti, sistemateli su un vassoio e passateli in freezer per una mezz'oretta. Una volta congelati potrete porzionarli in sacchetti da freezer e conservarli per c.ca 3 mesi. 






giovedì 10 dicembre 2020

La Panada (Sa Panada) e la "Pentola di Pane"

Oh Holy Night - Matt Nickle Music 

Non appena questo periodo di eremitaggio forzato terminerà e prenderò coscienza che il mondo è tornato un posto sicuro in cui muoversi, la mia voglia e necessità di viaggiare deflagherà come una supernova. 
Il viaggio è una delle ragioni per cui la vita merita di essere vissuta e non per niente l'ho scelto come lavoro. 
So per certo che cercherò di viaggiare nel nostro paese: la tendenza generale sarà quella dei viaggi di prossimità prima che la situazione possa tornare alla completa normalità.
Magari già da questa primavera potrò tornare in Sardegna, a Cagliari, una città di una bellezza decisamente sottovalutata. 
Dalla Toscana abbiamo la fortuna di volare direttamente da Pisa in meno di un'ora e con il trenino metropolitano dall'aeroporto, in un attimo si è nel cuore di questa fantastica città. 
Ci sono stata svariate volte negli ultimi cinque anni ed ogni volta è stata una vera sorpresa.
In un intenso moto di nostalgia, voglio parlarvi di un piatto tradizionale sardo che è un po' una metafora del viaggio: Sa Panada.
Un mondo di sapori racchiuso in una crosta croccante: non sai mai cosa aspettarti fino a quando non avrai dato il primo morso. 
Il viaggio è così: non sai mai cosa ti attenda sino a che non parti. 
I luoghi della Panada
La panada più cara ai cagliaritani è indubbiamente quella di Assemini, piccolo borgo a c.ca 10 km a sud di Cagliari. 
La leggenda vuole che la panada sia nata qui, sui bordi del grande stagno di Santa Gilla, vicino al quale sorge il paese. In queste acque dolci si pescano rinomate anguille che vengono cucinate in molti modi e che spesso finiscono in crosta. Pare che durante una ricca giornata di pesca, i pescatori non avendo un utensile adatto per cuocere questo pesce, lo abbiano avvolto nella onnipresente pasta di pane creando una sorta di pentola e così cotto sul fuoco. 
Il risultato fu talmente sorprendente da diventare presto un piatto molto amato, dal variegato ripieno che oggi possiamo trovare a base di agnello, manzo, carciofi, funghi e quanto la fantasia proponga. 
Altri luoghi in cui gustare la panada sono Cuglieri, Oschiri (una delle poche che viene lucidata con l'immersione nell'acqua bollente), Berchidda e Pattada. 

La "Pentola di pane" 
Nei giorni di festa e spesso sotto Natale, la panada vive il suo momento di gloria. 
Sopra ad una tavola riccamente imbandita, si servono grandi "pentole di pane" ripiene di ogni bontà, eliminando il coperchio con un coltello affilato una volta presentata. 
Nella vita quotidiana, sono apprezzatissime le mono porzioni: panadine riccamente farcite che diventano un facile cibo da strada da consumare in pausa pranzo o mini panade grandi come un boccone servite in aperitivi eleganti. 
Il concetto di "pentola di pane" ovvero contenitore di cibo mangiabile con le mani grazie all'ausilio della crosta, è molto antico e risale già ad epoca romana ma con maggiore utilizzo nel Medioevo, in cui il "pasticcio" non poteva mancare sia sulle nobili tavole dei signori che più in basso, al desco dei meno abbienti, diventando un cibo nutriente e piuttosto bilanciato in quanto conteneva allo stesso tempo, quando disponibili, proteine, carboidrati e fibre. 
Mentre il termine panada, pare rifarsi alla tradizione di influenza iberica dove ancora oggi troviamo la celebre Empanada Gallega o le Empanadas presenti in molti luoghi del Sud America, soprattutto in Argentina. 

Acqua, semola e strutto.
L'impasto che crea la panada, è di semplice semola rimacinata, in parte tagliata con farina 0, strutto ed acqua. L'olio extravergine ha quasi del tutto sostituito lo strutto, ma nel mio caso ho voluto mantenere la tradizione utilizzando come elemento grasso lo strutto aggiungendo anche 2 cucchiai d'olio buono come consigliato da una amica. Inoltre pur essendo una pasta di pane, non vi è alcun agente lievitante. 
Potrei dire che  stiamo parlando di una sorta di frolla salata molto resistente ed elastica, chiamata anche "pasta violata" ed utilizzata anche per la preparazione delle pardulas. 
Le versioni tradizionali della panada sono due: con anguille e con agnello e carciofi. 
Il ripieno deve essere ricco e abbondante per bilanciare con la crosta che lo serve. Inoltre non può mancare la presenza del celebre pomodorino secco sotto sale, il tradizionale insaporitore di molti piatti sardi.
La ricchezza della panada ha fatto nascere anche un simpatico detto originario di Assemini: Sesi tunda comendi una Panada", un modo bonario e carino per indicare una persona florida. 
La "mia" Panadina vegetariana
Non me ne vogliano i puristi, ma essendo la prima volta che mi cimento in questa ricetta, ho voluto provare un ripieno semplice e di mio gusto, utilizzando solo carciofi di stagione (purtroppo non il celebre Spinoso, ma solo dei Morelli toscani comunque saporiti), patate, pomodorini secchi sotto sale e aromi. 
Il risultato mi ha sorpreso moltissimo, soprattutto per la resa della pasta, così duttile, setosa e croccante una volta cotta.
Di certo sperimenterò nuovi ripieni, portando nel cuore il mio infinito affetto per questa isola meravigliosa. 
Per le informazioni storiche sulla Panada devo ringraziare la cara Dr.ssa Alessandra Guigoni che con il suo libro "Cibo Identitario della Sardegna" - Istituto Superiore Regionale Etnografico (Regione Sardegna) - mi ha aiutata a mettere chiarezza sulle origini ed i luoghi di questa importante ricetta. 

Ingredienti per 6 panadine 

Per la pasta di pane 
300 g di semola rimacinata
200 g di farina 0
100 g di strutto ammorbidito 
250 ml c.ca di acqua a temperatura ambiente
2 cucchiai di olio extravergine d'oliva  
1 cucchiaino di sale 

Per il ripieno 
5 carciofi spinosi (io ho usato dei Morelli toscani)
3 patate medie 
50 g di pomodorini secchi sotto sale 
1 spicchio d'aglio
1 mazzetto di prezzemolo 
qualche rametto di timo
1 limone
olio extravergine qb 
sale - pepe a piacere 

  • Miscelate le farine insieme al sale e formate una fontana su una spianatoia. Al centro mettete lo strutto ammorbidito e l'olio extravergine. Versate metà dell'acqua e con una forchetta cominciate ad incorporare la farina all'acqua e ai grassi. Continuate ad aggiungere acqua via via in base a quanta ne incorporano le farine e dopo poco cominciate a lavorare l'impasto con le mani. 
  • Quando la massa starà insieme e sarà morbida ma non molle, lavoratela con energia per una decina di minuti. La texture dovrà essere morbida ma non umida o appiccicosa, ma bella asciutta e setosa. Una volta pronta avvolgetela nella pellicola e fatela riposare al fresco mentre preparate il ripieno. 
  • Sbucciate, lavate e lessate le patate per 20 minuti. Non dovranno essere completamente cotte perché termineranno la cottura nella panada. Fate raffreddare completamente. 
  • Private i carciofi delle foglie più dure e le parti dei gambi più coriacee quindi metteteli in acqua acidulata con il succo di un limone. Successivamente tagliateli a metà, privateli dell'eventuale fieno e affettateli finemente. Pulite i gambi e sminuzzateli.
  • In una larga padella, scaldate 3 cucchiai di olio con lo spicchio d'aglio, aggiungete tutti i carciofi e fate cuocere 7/8 minuti, mescolando via via ed aggiungendo poca acqua se necessario. Salate ed insaporite con un cucchiaio di prezzemolo tritato quindi fate raffreddare. 
  • Stendete l'impasto con un mattarello ad uno spessore di 4/5 mm. Con due coppapasta, uno di 15 cm ed uno di 8 cm di diametro. I ritagli potranno essere reimpastati con facilità. 
  • Al centro del cerchio grande, che sarà il contenitore del ripieno, formate una montagnetta di carciofi e patate intervallati dai pomodorini secchi tagliati a filletti. Condite con un filo d'olio e poco sale, qualche fogliolina di timo ed appoggiate il cerchio piccolo sulla cima. 
  •  Sollevate il lembo della base su un lato e portate a toccare il lembo del coperchio unendoli per attaccarli. Fate lo stesso con il lembo opposto, quindi con quello in alto e quello in basso. A questo punto chiudete bene il tutto schiacciando il bordo con le dita verso l'alto (v. foto seguente). 
  • Il passo successivo sarà realizzare la "spighetta" ovvero la decorazione che assomiglia ad una piccola treccia. Basterà pizzicare il lembo con il pollice e sovrapporlo verso l'indice con una sequenza sempre uguale e continuativa, fino a completare la circonferenza. 
  • Una volta realizzate le vostre panadine, mettetele una ventina di minuti in frigo mentre accendete il forno a 180° C. Sistemate le panadine su una placca coperta con carta da forno e fate cuocere per almeno 1 ora fino a che non saranno ben dorate sopra e sotto, girando la teglia a metà cottura. 
  • Servitele ben calde. 
  • Si conservano a lungo, al fresco coperte con dell'alluminio. Basterà riscaldarle in forno perché tornino buone come appena fatte. 



lunedì 5 ottobre 2020

Gratin di patate con ripieno a sorpresa

Let's call the whole thing off - E. Fitzgerald 

Le ricette su questo blog sono quasi un migliaio. 
Tanta tradizione ma anche tanta esplorazione dei sapori del mondo. 
Eppure se controllo bene, mi rendo conto che c'è un ingrediente che non utilizzo spesso, o per lo meno non fra queste pagine. 
Mi dispiace dirlo, non ho nulla contro di loro perché mi piacciono da morire, ma le patate qui dentro sono un po' trascurate. 
E' come se la patata fosse un ingrediente comprimario, relegato a ruoli di spalla a protagonisti ben più importanti...insomma uno di quegli attori che valorizza la star e magari gli fa prendere anche l'Oscar.  
Però lei, di nomination neanche una. 
Così, dopo una vita che aspettavo di fare questa ricetta, vista su un vecchio numero di Saveur France (Settembre 2017) eccomi qua con questo delizioso gratin di patate con un ripieno a sorpresa. 
Le patate devono essere di media grandezza, con una polpa soda e compatta. 
Con queste si crea una sorta di guscio che fodera lo stampo al posto della tradizionale pasta sfoglia o brisé. 
Il ripieno è poi ricoperto in maniera elegante con una spirale di patate che cuoceranno creando una crosticina irresistibile e proteggendo a dovere il ripieno. 
Un piatto perfettamente autunnale, veloce da preparare e anche semplice e senza grandissime pretese, ma che sicuramente arrivando in tavola, strapperà un gridolino di entusiasmo. 
Ingredienti per uno stampo da 22 cm di diametro 

1 kg di patate con polpa ben ferma 
2 uova 
25 cl di latte 
700 g di macinato di macinato di manzo 
2 cipolle bionde 
1 spicchio d'aglio 
mezzo bicchiere di birra rossa 
2 cucchiaini di senape in polvere 
2 cucchiaini di Paprika dolce 
1 rametto di rosmarino 
sale - pepe nero macinato fresco qb
olio extravergine d'oliva qb 

  • Affettate sottilmente le cipolle. Fate scaldare 3 generosi cucchiai di extravergine in una larga casseruola e versatevi le cipolle e lo spicchio d'aglio. Fatele passire a fiamma dolce per fino a che le cipolle non siano traslucide e cominciano a dorare. A questo punto aggiungete la carne e mescolatela bene con le cipolle alzando leggermente la fiamma per cuocerla bene e completamente, per una decina di minuti.
  • Quando la carne avrà perso tutti i suoi succhi e sarà ben rosolata, alzate la fiamma e aggiungete la birra. Fate sfumare mescolando continuamente. 
  • Adesso aggiungete senape, paprika, condite bene con pepe e sale ed assaggiate. Lasciate intiepidire da parte. 
  • Accendete il forno a 200° quindi sbucciate le patate ed affettatele finemente con una mandolina o con un coltello ben affilato.
  • Preparate lo stampo: ungetelo bene quindi create una base con le fettine di patata leggermente sovrapposte e allineatele anche sui lati in modo da creare una sorta di guscio. Versatevi la carne cotta e pressatela leggermente con un cucchiaio. 
  •  Cominciate a coprire il ripieno con uno strato di patate disposte ordinatamente come vedete in foto in modo da creare un coperchio. Quando avete disposto la prima fila, condite con sale e pepe e proseguite con il secondo giro e completate la decorazione. Salate e pepate. 
  • Tritate finemente il rosmarino e spolverate la superficie quindi condite con un filo d'olio extravergine.
  • Cuocete per 1 ora circa. Controllate la cottura e coprite con un foglio di alluminio in caso le patate si colorino troppo.
  • Dopo un'ora sbattete le uova con il latte,  sale e paprika, quindi versate delicatamente il tutto sul guscio di patate (in caso aiutatevi con un pennello da cucina per distribuire bene il liquido) quindi proseguite la cottura per altri 15 minuti fino a che il tutto non sia ben dorato e gratinato. 
  • Servite ben caldo con insalata di stagione. 


venerdì 17 luglio 2020

Insalata di patate novelle alla Mediterranea

Onda su onda - P. Conte 
Sono capitata a Cetara molti anni fa, fresca sposina che accompagnava il marito in una missione di lavoro.
Era il 28 giugno.
Come faccio a ricordarmelo? Perché il giorno dopo avrebbe avuto luogo la celebrazione dell'Apostolo S. Pietro ed il paese era già in festa.
Cetara è l'ultimo borgo sulla Costiera Amalfitana prima di giungere a Vietri sul Mare.
Il borgo come lo ricordo (ci sono tornata poi in inverno e mi ha sempre fatta sognare), piccolo, aperto direttamente sul mare e abbarbicato alle colline circostanti che si trasformano in un monte alle sue spalle, è ancora autentico e lontano dai fasti turistici di un'Amalfi o Positano, quindi assolutamente incantevole.
Arrivarci durante una festa così importante che coinvolge tutto il paese, mi ha lasciato un ricordo splendido nel cuore, grande come l'emozione dei fuochi d'artificio sul mare a chiusura della processione del Santo, portato su una barca.
Cetara è anche il posto dove ho mangiato i miei primi spaghetti con la colatura di alici, prodotto per cui è famosa nel mondo: uno dei piatti più straordinari che uno possa immaginare, considerando che è realizzato con praticamente 3 ingredienti.
Ma non c'è solo colatura a Cetara: uno dei prodotti principe è il tonno, che ancora viene lavorato a artigianalmente spesso da mani femminili, e le acciughe ovviamente, messe sotto sale con antica maestria e dalla cui acqua di vegetazione si ottiene il celebre condimento.
La ricetta di oggi nasce dalla collaborazione con un'eccellenza di Cetara, l'azienda IASA che dal 1969 lavora il tonno ed è la prima in Italia a conservarlo in filetti interi nel vetro.
Per me è stato un'enorme sorpresa scoprire la qualità del prodotto di questa piccola azienda familiare che non potrete trovare nella grande distribuzione, ma che volendo potrete provare ordinando direttamente dal loro sito.
Dimenticatevi qualsiasi "tonno che si taglia con un grissino".
La qualità del tonno sott'olio non è data dalla sua "morbidezza" se così vogliamo chiamarla. Nella maggior parte dei casi aprendo un scatoletta o un vasetto, il prodotto si sbriciola a toccarlo.
Per la prima volta ho assaggiato un filetto di tonno consistente, dal gusto intenso, non eccessivamente sapido, favoloso per essere utilizzato in tantissime preparazioni.
Anche se confesso che io lo mangerei al naturale senza pensarci su troppo.
Per questa prima ricetta, perché ne arriveranno altre, ho usato un Tonno bianco sott'olio e patate novelle con un condimento a base di colatura che conferisce una spinta di salinità marina davvero interessante. Semplice semplice.

Ingredienti per 4 persone
1500 g di patate novelle con la buccia
200 g di Tonno Bianco Iasa
due cucchiai di fiori di cappero sottaceto
50 g di Olive Taggiasche sott'olio
Un mazzetto di prezzemolo tritato grossolanamente
1 cucchiaino di colatura di Alici Iasa
il succo di mezzo limone
30 ml di Olio extravergine d'Oliva Colline Salernitante Dop
Sale in fiocchi qb
  • Lavate accuratamente le patate scegliendo fra le più piccole. Mettetele in abbondante acqua fredda e portatela a ebollizione. Cuocete sino a quando le patate non saranno morbide ma la buccia ancora integra (ci vorranno c.ca 25 minuti).  Scolatele, raffreddatele sotto acqua fredda e pelatele con le mani velocemente e lasciatele raffreddare. 
  • Nel frattempo preparate una citronette con l'olio extravergine, il limone, la colatura sbattendo bene gli ingredienti.
  • Condite le patate con la citronette ed aggiungete il prezzemolo mescolando bene. Salate con i fiocchi di sale. 
  • Versate il tutto nella ciotola di portata e disponete con grazia i filetti di tonno bianco privati del loro liquido di conservazione, le olive taggiasche ed i fiori di cappero sott'aceto. Servite a temperatura ambiente. 

lunedì 24 settembre 2018

Quaglie arrosto con funghi e patate per Starbooks

Gymnopedie 1 - E. Satie
Continua la scoperta del libro "How to eat a Peach" di Diana Henry, che sfoglio praticamente ogni giorno.
Ma ognuno dei menù contenuti al suo interno, fanno parte di un racconto così vivo ed entusiasmante della ragione per cui sono stati realizzati, che leggendolo mi sento trasportata in luoghi che sin da adesso vorrei poter visitare.
Il post di oggi su Starbooks, vi svelerà da dove arrivano queste quaglie arrosto e la facilità con cui si preparano.
Quindi, cosa aspettate? Bon Apetit!

mercoledì 1 agosto 2018

Polpettone di fagiolini e patate: delirio e paura a Ferragosto

Magic moments - Perry Como
Quest'anno guardo alle ferie come un naufrago aggrappato ad un relitto cerca l'isola.
La stanchezza del lavoro accumulata, la calura che sta raggiungendo livelli epici, vari strati di stress sedimentati ed ormai cronicizzati, mi rendono tranquilla come una belva in gabbia.
Credo che capiate il mood, non c'è bisogno di spiegare altro.
Le mie vacanze però, coincidono ogni anno con quel bel periodo da bollino nero in cui si riversa la metà sfigata degli italiani.
Quelli che "le ferie me le danno a Ferragosto".
E mi ci viene pure da ridere perché, per deformazione professionale, ho sempre guardato con compassione quei clienti che entravano in agenzia chiedendomi di partire le due settimane centrali di Agosto.
Pensavo "cacchio che fortuna poter andarmene in vacanza i primi di giugno, quando tutti sono ancora a casa!".
Pensavo.
Perché ormai da anni, mi trovo nella stessa posizione di quei clienti sfortunati, che tanto assomiglia a quella dell'omino di Altan con l'ombrello non proprio appoggiato all'avambraccio.
Quindi ho ancora ben 10 giorni di agonia prima della partenza, per poi andare incontro al mondo che come me scapperà dalle gabbie. Divertente prospettiva.
Quest'anno pare che forse riuscirò ad avere una 6 giorni di totale isolamento.
Dico pare perché sono scaramantica e come sempre non sciolgo riserve fino al giorno della partenza, visto che la fortuna è cieca ma la sfiga ci vede assai meglio di me.
Batto la stecca, come nelle migliori tradizioni e sogno falò di e.mail, telefoni precipitati in un orrido senza fine e calendari usati per imballare merci da trasloco.
Però vi giuro che non sono cattiva. E' che mi disegnano così.
Continua la mia ricerca di leggerezza ed alienazione dallo zucchero.
Da giorni non tocco carne.
Avrei una voglia illimitata di pesce ma qui non è sempre facile trovarlo, quindi mi sono data ai festival delle verdure, che in questa stagione sono le migliori di sempre.
Io amo i fagiolini quanto mio marito li detesta.
Dovevo pur trovare il modo di propinarglieli senza che potesse lamentarsi?
Così ho comprato questi "fagiolini burrini" che effettivamente sono teneri come il burro e dolcissimi e mi è venuto in mente che avrei potuto provare il famoso "polpettone alla genovese" con patate che certamente piace a tutti.
Per andare sul sicuro, mi sono allineata alla ricetta dei miei amici liguri Monica e Luca , che sono sempre  garanzia di qualità in questo senso (oltre ad avere immagini meravigliose), ed ho tirato fuori la mia personale versione con crosticina alla curcuma che tanto mi piace e si presta con  questi ingredienti.
Provatelo, è delizioso.
Polpettone di Fagiolini e patate alla ligure
500 g di fagiolini privati di estremità ed eventuale filo
400 g di patate
6 uova a temperatura ambiente
50 g di Parmigiano grattugiato
Abbondante maggiorana (io ho aggiunto anche del timo fresco)
Una piccola cipolla tritata
Olio extravergine d'oliva (io Riviera Ligure di Ponente Dop)
Pangrattato al profumo di curcuma
Sale e pepe qb

  • Fate bollire abbondante acqua salata in un casseruola e cuocetevi i fagiolini puliti per c.ca 13 minuti. Assaggiate: dovranno essere cotti ma croccanti. Una volta pronti passateli velocemente sotto l'acqua fredda per interrompere la cottura e preservare il colore brillante. Una volta fretti tritateli grossolanamente al coltello 
  • Pelate le patate e fatele cuocere nella pentola a pressione (io dal fischio le faccio cuocere 25 minuti). Una volta cotte passatele immediatamente allo schiacciapatate in una larga ciotola. 
  • In una padella fate passire dolcemente la cipolla fino a che non sarà morbida e trasparente, quindi saltatevi i fagiolini per insaporirli bene. 
  • Nella ciotola con le patate aggiungete i fagiolini, le uova, il parmigiano, le erbe aromatiche spezzettate e mescolate bene per amalgamare il tutto. Assaggiate e regolate di sale e pepe.
  • Oleate una teglia rotonda di 20 cm di diametro e cospargete il fondo ed i bordi con pan grattato quindi distribuite uniformemente l'impasto e stendetelo con una spatola. Secondo la tradizione, non dovrebbe avere uno spessore superiore ai 3 cm. 
  • Cospargete con il pan grattato, e rifinite con un filo d'olio extravergine. 
  • Fate cuocere a 180° per c.ca 30 minuti o comunque fino a che la superficie non sia ben dorata 
  • Servite tiepido o a temperatura ambiente accompagnato dal vostro contorno preferito. E' un ottimo piatto unico saporito e leggero. 






domenica 23 ottobre 2016

Le mie tapas del cavolo per l'Mtc #60

Karta kancion - Ketama
Questo è un post del cavolo.
Un po' come la mia vita in questo periodo, dove non c'è una sola cosa che sia al posto in cui dovrebbe stare e dove la sensazione principale è quella di essere seduta su una macchina sportiva guidata a tutta velocità da un pazzo senza patente: alla prossima curva ti aspetti di volare di sotto!
Che alla fine potrebbe non essere una prospettiva malvagia.
Ma lasciamo stare.
Diciamo che se questo post è qui, è solo perché voglio troppo bene a Mai per non onorarla nel mese della sua vittoria. (psss...la canzone è dedicata a te <3)
Per settimane, dal momento in cui la sfida è stata annunciata con uno schioccare di nacchere: "TAPAS!", mi si è spento l'ultimo neurone ancora vitale ed è calata una saracinesca bianca e spessa.
Ma che tapas e tapas...Le tapas sono l'anticamera della festa.
Lo so bene.
Per tutto il tempo che ho potuto trascorrere in Spagna, da nord a sud un unico comune denominatore: in piedi o seduti, il cibo si condivide festosamente e serve a stimolare la conversazione, magari davanti ad un bel boccale di "clara" (perché sennò mi gira il capo), prima di muoversi verso nuove e esaltanti avventure.
Quando invece si ha poco da festeggiare, si perde brio e fantasia e mi dispiace dire che questa è una delle sfide per me più difficili a livello emozionale.
"Ecchecavolo" mi sono detta. Non sia mai che passo.
Anche se devo prepare delle ricette del cavolo, io ci sono.
Intanto, ho finalmente capito la differenza tra tutti quei piattini che si profilano sui banconi dei bar spagnoli.
Adesso non farò più gaffes, come quella volta che una guida spagnola mi invitò a prendere una tapas al bar mentre aspettavamo che il gruppo tornasse dallo shopping sfrenato.
All'entrata, il mio sguardo cadde sul mezzo metro di briciolame, scontrini, tovaglioli e varie amenità ai piedi del bancone.
Io guardai il mio ospite con la faccia leggermente disgustata e lui, ridendo mi disse: "ma che sei matta? Qui si pulisce solo alla fine del servizio. Più sporco c'è per terra, più il locale più dirsi apprezzato e frequentato...diffida sempre dei bar troppo puliti!"
E dopo questa perla di saggezza spagnola, passiamo alle mie tapas del cavolo!
Le Tapas vanno distinte in tre tipologie, come bene ci ha spiegato Mai nel suo meraviglioso post.
LAS TAPAS: Tutto ciò che si serve in un piattino e la cui fruizione necessita di una forchetta o cucchiaio.
Mai prenderle con le dita, anatema!
Inoltre possono essere costituite da avanzi "rimaneggiati" per l'occasione.
Insomma: la mezza scodella di ribollita che vi avanza in frigo, scaldata e servita in bicchierini diventa una tapas gagliarda!
LOS MONTADITOS: Tutto ciò che è servito su una fettina di pane. Fresco, tostato, morbido, croccante, non importa. Basta che sia la base d'appoggio dell'universo che vorrete montarci sopra.
E' il cugino iberico del crostino: noi toscani lo sappiamo bene!
LOS PINCHOS: Qui si entra nella raffinatezza. Lo pinchos sono bocconi di qualsiasi delizia, infilzati in uno stecchino. Si portano alla bocca solo e soltanto con l'ausilio di un oggetto a punta unica, bandita la forchetta.
E' chiaro come il sole, che la polpetta qui viva il suo momento di trionfo, ma non si disdegnano souvlaki e spadini caricati di impossibile.

E fin qui ci siamo. Spero che la distinzione sia definitivamente chiara a tutti.
Io ho seguito pedissequamente i dogmi Esteveziani e mi sono votata al cavolo, che è un po' il mantra che riverbera nella mia testa da qualche mese a questa parte: "col cavolo che ce la faccio".
Stranamente funziona per tutto, dalla ricetta alla richiesta impossibile.
Prima mi mortifico con la paura ed il senso di incapacità, poi chiudo gli occhi e muovo il primo passo nel vuoto.
Finisce sempre che lo strapiombo è al piano terra!

VENIAMO ALLE RICETTE!

Tapas - Tortino di verza con gli zoccoli (Com'era verza la mia valle!). 
Un tortino che ricorda certi piatti altoatesini o austriaci, ma con un tocco italiano che non guasta mai (questo me lo ha insegnato la mia mamma).

Ingredienti per 4/6 persone
700 g di patate a pasta bianca
200 g di verza
1 uovo
50 g di Emmental grattugiato
50 g di parmigiano grattugiato
80 g di rigatino di pancetta dolce in una sola fetta
1 spicchio d'aglio
Olio extravergine Trevi Dop.
sale - pepe nero macinato al momento
un nulla di noce moscata

  • Lavate bene le patate e lessatele con la buccia in abbondante acqua fredda. Fatele cuocere 30 minuti dal momento della bollitura. Quindi sbucciatele e passatele allo schiaccia patate.
  • Fate bollire abbondante acqua quindi, dopo avere lavato le foglie di verza ed eliminato la costa centrale, tuffate nell'acqua e fatele cuocere per 5 minuti. Scolatele e sistematele su un canovaccio in modo che perdano l'acqua in eccesso. Affettatele in striscioline larghe un cm. ed aggiungetele alle patate in una larga ciotola. 
  • Tagliate la fetta di rigatino a dadini di 1 cm di spessore. Fate rosolare bene il rigatino fino a che non sia croccante. Scolatelo dal grasso che avrà rilasciato ed asciugatelo bene in carta assorbente. Versatelo poi nella ciotola insieme alle patate ed alla verza. Il rigatino croccante utilizzato in questa maniera è "lo zoccolo". 
  • Aggiungete a questo punto i formaggi, il sale, il pepe e la noce moscata e mescolate il tutto.
  • Incorporate l'uovo leggermente sbattuto e mescolate bene fino a che l'impasto sia ben amalgamato. 
  • In una padella antiaderente, fate scaldare un filo d'olio con uno spicchio d'aglio e fate insaporire bene l'olio, quindi eliminate l'aglio ed aggiungete l'impasto, livellandolo bene con un cucchiaio, schiacciandolo sul fondo. 
  • Fate cuocere a fiamma vivace per 6/7 minuti per lato, in modo che si formi una bella crosticina. 
  • Sistemate sul piatto di portata e tagliate a losanghe. Servite ben caldo. 

Pinchos di cavolo nero e farro della Garfagnana con Pecorino di Pienza su hummus di cannellini - (Ecchecavolo) - Questa è casa mia e come al solito ho difficoltà a staccarmi da lei, dalla mia Toscana. Un tocco esotico in un hummus toscanizzato, che mi è garbato moltissimo.
Le polpettine sono molto gustose e l'amaro del cavolo uno spunto davvero accattivante.
L'idea del farro tritato come elemento aggregante è un piccolo scherzo a chi si aspetta di trovarci del macinato di carne.
La crosticina che si forma all'esterno crea dipendenza.

Ingredienti per 4/6 persone

Per i Pinchos
200 g di Farro della Garfagnana
150 g di cavolo nero (peso al netto dello scarto)
1 porro
1 uovo
3 cucchiai di pan grattato
80 g di Pecorino di Pienza stagionato, grattugiato
Sale - pepe nero macinato fresco
Olio Extravergine Chianti Dop
Sale in fiocchi per rifinire

Per l'hummus di cannellini
200 g di cannellini lessati e scolati della loro acqua di cottura
Il succo di mezzo limone
80 ml di Olio extravergine Chianti Dop
un cucchiaino generoso di salsa tahini chiara
un pizzico di semi di cumino
sale - paprica dolce per rifinire

  • Preparate subito l'hummus che potrete fare riposare nel tempo che realizzerete i pinchos, in modo che tutti i sapori si amalgamino bene.
  • Mettete i cannellini che avrete preparato secondo il vostro modo abituale, in un bicchiere per mixer a immersione o nel robot con la lama. Aggiungete il limone, l'olio extravergine, la tahini, le spezie ed il sale e frullate emulsionando fino ad ottenere un composto cremoso.
  • Assaggiate ed aggiustate di sale ed eventualmente, se ritenete, aggiungete ancora del succo di limone e dell'extravergine. La crema deve essere vellutata e morbida e perfettamente omogenea. 
  • Una volta pronta, coprite il tutto con una pellicola e tenete da parte al fresco. 
  • Fate bollire una casseruola con abbondante acqua salata e cuocete il farro per 20 minuti (o secondo le indicazioni riportate in confezione). Scolatelo bene quindi passatelo sotto l'acqua fredda e allargatelo su un piatto piano in modo che si raffreddi velocemente. 
  • Pulite bene il cavolo nero, privandolo della costa centrale e dei gambi, quindi lavatelo ed asciugatelo. 
  • Tagliatelo a julienne con un coltello molto affilato.
  • Affettate il porro sottilmente quindi fatelo passire con un filo d'olio in una larga padella. Aggiungete dell'acqua per non farlo bruciare. Cuocete per una decina di minuti.
  • Aggiungete adesso il cavolo nero e mescolate bene per fare insaporire. Salate e versate dei mestolini di acqua calda e coprite. Fate cuocere almeno 15 minuti a fiamma dolce, mescolando via via e controllando la cottura. Dovrà essere leggermente al dente. Fate raffreddare.
  • Una volta freddo, prendere il farro e mettetelo in un mixer con la funzione pulse. Frullatelo per qualche istante per ottenere delle grosse briciole. Versatelo in una ciotola capiente. 
  • Aggiungete il cavolo nero, il formaggio, il pane grattugiato, sale e pepe e mescolate bene per amalgamare. 
  • Versatevi l'uovo sbattuto e mescolate prima con un cucchiaio, poi con le mani per amalgamare perfettamente gli ingredienti. 
  • Ricavate delle polpettine grosse come una noce e friggetele in olio extravergine profondo, fino a che non prenderanno un bel colore dorato e si sarà formata una crosticina croccante. 
  • Mentre le polpettine friggono, predisponete dei bicchierini in cui verserete l'hummus di cannellini fino a metà bicchiere. Spolverateci sopra un pizzico di paprika dolce. 
  • Scolate le polpettine su carta assorbente. Cospargetele con una macinata di sale in fiocchi quindi infilzatene un paio su ogni stecchino e servitele ben calde con il loro hummus. 

Montaditos con brown bread, salmone selvaggio, broccolo romanesco e stracci di bufala (So' cavoli tuoi) - L'idea è partita dalla sorpresa che ho avuto assaggiando della bufala con il broccolo romanesco: un'epifania.
Uno degli abbinamenti più entusiasmanti provati negli ultimi tempi. Così, andando a ritroso, ho pensato di abbinarci un pane con una punta di dolcezza, come il brown bread irlandese, a cui ho aggiunto delle noci per la croccantezza ed un che di tostato e amarognolo.
Il brown bread chiama il salmone a gran voce ed alla fine salmone, broccolo e bufala si gettano in un festino orgiastico!

Ingredienti per il brown bread di cca 800 g (stampo cake da 1 litro)
350 g di farina integrale macinata a pietra
50 g di farina 0
50 g di noci sgusciate
2 cucchiai di semi di girasole
1 cucchiaino raso di bicarbonato di sodio
1 cucchiaino raso di sale
1 cucchiaino raso di brown sugar o muscovado
1 cucchiaio colmo di melassa
2 cucchiai di olio di semi di mais
1 uovo grande sbattuto
400 ml di latticello

  • Accendete il forno a 200°
  • In una larga ciotola versate tutti gli ingredienti secchi, comprese le noci sbriciolate grossolanamente (tenetene da parte una manciata) ed i semi di girasole, e con una frusta miscelate il tutto in modo da eliminare grumi.
  • In una ciotola più piccola versate il latticello, l'uovo, la melassa e l'olio e mescolate con una frusta fino a che non avrete un composto cremoso
  • Fate la fontana con la farina e versavi al centro i liquidi. Mescolate bene con un cucchiaio di legno fino a che non otterrete un composto omogeneo e appiccicoso. 
  • Versate il tutto nello stampo foderato con carta da forno e livellatelo con una spatola. Con un coltello affilato e bagnato, fate un incisione profonda al centro della lunghezza. 
  • Fate cuocere per 1 ora. Alla prova stecchino, questo dovrà uscire pulito e asciutto. Il pane una volta battuto sul fondo, dovrà suonare a vuoto. 
  • Sformatelo e fatelo raffreddare su una griglia. Si conserva per 5/6 giorni avvolto in una pellicola. 
A parte la preparazione del pane, che potrete fare anche il giorno prima e magari tostarlo un po' prima di utilizzarlo, questa ricetta non prevede grandi sforzi e si realizza velocemente. 
Anche sulle dosi sono andata "a sentimento", perché per 4 persone vi basterà una bufala da 150 g, neanche due etti di cimette di broccolo romanesco sbollentate 7/8 minuti e condite con extravergine e aceto balsamico, e dell'ottimo salmone selvaggio, che più che lo sforzo di aprire la confezione, non dovrete fare altro. 
Il classico morso da dare con una mano che regge il tovagliolo sotto il mento perché il rischio "frana" è in agguato.  
Non per nulla è un montadito "So cavoli tuoi"! 

Una prece per Paolo Picciotto che ovviamente non leggerà questo post: nessun impegno nelle foto. La pretesa di cucinare 3 tapas nell'arco di 3 ore e fotografarle contemporaneamente in cucina, l'unico ambiente in cui c'è luce (anche troppa), dopo che l'intero spazio finisce per assomigliare più ad un campo di battaglia in cui emergono pile di suppellettili sporche e resti umani (i miei), è una mera illusione. 
Ti adoro Paolo perché sei fonte di stimoli e sfide a cui risponderò, un giorno. 
Ma stavolta mi sento tanto "casalinga disperata". I miei rispetti. 

E con queste proposte e calientissimo amor por mi trocito de tia (MAI), partecipo alla sfida #60 sulle Taps Mtc 


mercoledì 12 ottobre 2016

Patate "crispy" al forno al profumo di Toscana.

The Autumn Leaves - Nat King Cole
Il balzo nell'autunno è appena stato fatto.
Ci mancherebbe altro, siamo al 12 ottobre: basta con le infradito.
Per me che lavoro a casa, è il momento più fastidioso, perché ancora i termosifoni sono spenti e la mattina c'è quel frescolino che ti costringe ad intabarrarti come un clochard.
Seduta per ore davanti al computer, perdo la sensibilità degli alluci e continuo a ballettare sulla sedia come i bambini irrequieti all'asilo. Che stress.
L'idea che a breve sarò nuovamente alle prese con il cambio di stagione (ma non l'avevo appena fatto?) mi fa uscire di cervello.
Per il resto, l'autunno è una stagione che amo decisamente più della primavera (non fosse altro per la mancanza di allergia).
Intanto si ricomincia a preparare le zuppe!
La sera a cena, mi sembra quasi un delitto non avere un bel piatto caldo e cremoso da sorbirsi finalmente tutti insieme intorno alla tavola.
L'argomento non entusiasma la più giovane della famiglia, che quando sente la parola minestra, ha reazioni sorprendenti.
"Ma uffa...anche ieri hai fatto quella zuppa di...facocero"..
"Ehhhh? Facocero? Ma che dici.."
"Si, quella roba verde, puzzolente! "
"Era una vellutata di asparagi!"
"Si, quella, non mi veniva il nome!"
Insomma. Ecco.
Poi se le mangia fino all'ultima goccia, ma prima certo, devo sentirne delle belle.
L'autunno è anche il periodo delle verdure da cuocere in maniera fantasiosa.
In effetti prossimamente le verdure compariranno spesso su questo blog.
Il ritorno delle mie amate crucifere (finalmente), così sane e buone da mangiare anche da sole.
Questa volta ho voluto provare un nuovo modo per cuocere le patate al forno, affettandole sottilmente ma mantenendole il più possibile nella loro forma originale.
Questo creerà un bordo croccante e saporito ed un cuore fondente e tenero.
Il modo migliore per realizzarle è utilizzare un coltello grande e molto affilato.
La mandolina non vi consentirà di tenere le fettine "in forma" mentre le affetterete.

Ingredienti per 4 persone 
4 patate grandi o 6 medie
50 g di rigatino di Cinta Senese
qualche rametto di timo
5/6 foglie di salvia
2 rametti di rosmarino
1 cucchiaino di paprica dolce
sale aromatico del Chianti (una miscela di sale, pepe e erbe aromatiche locali)
Olio extravergine Chianti Dop

  • Pelate, lavate ed asciugate bene le patate. Con un coltello molto affilato, tagliatele a fettine dello spessore di 2/3 mm. Cercate di conservare la forma della patata via via che affettate. 
  • Sistemate le patate in una teglia bel oleata, che possa contenerle alla perfezione, con le fette in verticale. 
  • Tritate finemente le erbe aromatiche e cospargetele sulle patate
  • In una ciotolina versate 3 generosi cucchiai di olio extravergine e la paprica ed emulsionate. Spennellate il composto sulle patate con cura. 
  • Salate generosamente e mettete in forno preriscaldato a 180°
  • Fate cuocere per 45 minuti, ma ogni 15 minuti spennellate la superficie delle patate con l'olio alla paprica
  • Mentre le patate cuociono, tostate le fettine del rigatino su una bistecchiera. Una volta croccanti, asciugatele bene nella carta assorbente e tenetele in caldo. 
  • 10 minuti prima di togliere le patate dal forno, passatele sotto il grill.
  • Una volta pronte, sbriciolatevi sopra il rigatino e servite immediatamente (perderanno croccantezza raffreddandosi).




sabato 24 settembre 2016

Gnocchi ripieni di salmone al curry su crema di pisellini speziati per Mtc #59: l'esperimento del Dr. K

Surprise - A chorus line 
Non so chi di voi ricordi il film "L'esperimetno del Dr. K".
Non sono sicura che gli under 30 ma forse neanche qualcuno under 40 sappia di cosa stia parlando perché il film è vecchiotto (1958).
Però sono certa che quelli della mia generazione che l'hanno visto da ragazzini, non possono non ricordarlo con un piccolo brivido se non di terrore, di pura inquietudine.
Il titolo purtroppo, è frutto di una delle solite traduzione infelici all'italiana, ma l'originale dice tutto: "The Fly".
Che poi da questo film nel 1987 sia stato fatto un remake pazzesco (dal grande David Cronenberg) con all'epoca i fighissimi e giovanissimi Geena Davis e Jeff Goldblum, non è  fondamentale visto che la storia è totalmente diversa.
Senza divagare troppo, del film originale io ricordo alla perfezione un'unica scena, l'ultima, quando una vocetta stridula attira l'attenzione dello spettatore verso una ragnatela e la camera zoomma lentamente inquadrando una mosca la cui testa è quella del povero protagonista, il professore dell'esperimento, che grida "Aiuto, aiuto, qualcuno mi aiutiiiiii".
Ecco, questa ricetta è un vero e proprio esperimento.
Che ho nella testa dal giorno in cui è uscito il tema della sfida.
Ovviamente non è un tentativo di teletrasportare la materia con il rischio che uno gnocco si trasformi in un tubero parlante, ma è prima di tutto il desiderio di giocare con ingredienti, forme e sapori come da sempre è lo scopo di questa sfida.
Quando fermenta un'idea, la visualizzo immediatamente nella mia testa.
Ho desiderato da subito preparare gli gnocchi ripieni con salmone, ma l'esigenza di base era quella di poter infilare il salmone crudo in pezzi interi (da cotto si sarebbe sbriciolato), possibilmente filetti, e poter dare agli gnocchi la forma di tronchetti e non le classiche sfere.
Però c'era sempre quella vocina che gridava: aiutatemiiiii...
Chi mi dice che il salmone crudo si cuocerà alla perfezione all'interno degli gnocchi?
E come posso insaporirlo senza cuocerlo preventivamente?
Che stress... Ho continuato a pensarci anche se avevo ormai deciso di lasciar perdere.
L'idea me l'ha data una ricetta di Glynn Purnell, il grande chef di Birmingham, in cui realizzava una sorta gravlax di salmone con curry di estrema semplicità.
Il gravlax è un procedimento con cui si marina il salmone o altro pesce, in una miscela di sale, zucchero e aneto fresco, e successivamente lasciato marinare a lungo in limone ed aromi.
La miscela con cui viene coperta la polpa, finisce col "cuocere" il pesce, conservandolo a lungo, nonostante l'aspetto e la consistenza resti simile a quella del salmone fresco.
In questo caso l'aneto viene sostituito da un curry dal gusto morbido e non piccante e viene saltata la fase della marinatura nel limone, quindi il salmone risulta più morbido di un gravlax tradizionale.
Ho voluto dare un nulla di freschezza allo gnocco aggiungendo della scorza di lime nell'impasto ed ho servito il tutto su una crema di pisellini al profumo di curry e menta senza altre sovrastrutture.
Non essendo certa del risultato finale, in particolare di come sarebbe riuscita la cottura del salmone all'interno dello gnocco, la marinatura in gravlax mi toglieva dall'empasse.
Alla fine il salmone si è comunque cotto mantenendo una consistenza succosa ed un delicato aroma di curry.

Ingredienti per 4 persone

Gnocchi
600 g di patate vecchie a pasta bianca
130 g di farina 00
1 uovo medio
la scorza di 1 lime

Ripieno
1 filetto di salmone fresco da 400 g c.ca (preventivamente abbattuto per evitare il rischio Anisakis)
100 g di sale grosso
100 g di zucchero semolato
25 g di curry in polvere (dolce)

Crema di pisellini speziati
200 g di piselli finissimi surgelati (io ho la mia scorta personale)
1 piccola cipolla bionda
25 ml di panna fresca
qualche foglia di menta
un ciuffetto di aneto fresco
mezzo cucchiaino di curry (lo stesso per il salmone)
Pepe nero al mulinello
Sale qb
Olio Extravergine Garda Trentino Dop.
  • Per prima cosa preparate il salmone. Bisogna cominciare 2 giorni prima.  Eliminate eventuali parti grasse. Con i polpastrelli verificate la presenza di lische ed estirpatele con una pinzetta. Sciacquate bene quindi asciugate bene il filetto tamponandolo con della carta assorbente.
  • In una ciotola miscelate sale, zucchero e curry. 
  • In un vassoio in grado di contenere il filetto, spargete un piccolo strato di miscela di sale, quindi adagiatevi sopra il salmone, pelle a contatto, e copritelo completamente con la rimanente miscela. Coprite con della pellicola e tenete in frigo per 2 giorni. 
  • Quando sarete pronti per preparare gli gnocchi, eliminate la miscela, sciacquate molto bene il salmone sotto acqua fredda corrente quindi asciugatelo bene e copritelo con pellicola conservandolo in frigo fino al momento dell'utilizzo. 
  • Preparate gli gnocchi.
  • Come spiegato alla perfezione da Annarita nel suo illuminante post, la cottura è un momento importantissimo per evitare alle patate l'assorbimento di acqua che richiederebbe maggiore farina nell'impasto, compromettendo la morbidezza finale dello gnocco. Questa volta ho cotto le patate al forno a 200° per 40 minuti. Il delirio è sbucciarle ancora calde, ma ci si può fare. 
  • Una volta sbucciate, schiacciatele e allargatele sulla spianatoia affinché perdano un po' di umidità. Cospargetevi sopra un cucchiaino di scorza di lime grattugiata finissimamente. Aggiungete la metà della farina e l'uovo e cominciate ad impastare. Non aggiungete sale in quanto il ripieno sarà già ben saporito. Aggiungete il resto della farina gradatamente, fino a quanta ne prenderà l'impasto. Formate una palla.
  • A questo punto tirate fuori il salmone dal frigo. Con un coltello affilatissimo, private il filetto della pelle e tagliatene delle strisce larghe poco meno di un cm. Cercate di  ricavare dei filettini tutti della stessa dimensione. 
  • Posizionate l'impasto tra due fogli di carta da forno e stendete l'impasto ad uno spessore di 4/5 mm. Eliminate il foglio superiore con delicatezza quindi sistemate i filetti a 2 cm dal bordo dell'impasto degli gnocchi, formando una striscia lunga.
  • Aiutandovi con il foglio inferiore, capovolgete l'impasto sui filetti formando un rotolo (come vede in foto).
  • Staccate con delicatezza la carta dall'impasto e aiutandovi con un coltello affilato, staccate il rotolo di patate dalla carta e tagliatelo in tronchetti lunghi 4 cm. 
  • Chiudete i lati dei tagli con un po' di impasto di patate ed aggiustate bene la forma rollandoli sulla spianatoia. Preparatene 5 a persona. 
  • Fate bollire abbondante acqua salata e intanto preparate la crema di pisellini. 
  • Affettate finemente la cipolla. Fatela passire a fuoco dolce con il cucchiaino di curry e mescolate bene. Quando la cipolla sarà trasparente, aggiungete i piselli e un mestolo di acqua calda, le erbe aromatiche e fate cuocere una decina di minuti. 
  • Quando i piselli saranno morbidi, aggiustate di sale e pepe e trasferite il tutto in un bicchiere da mixer a immersione. Aggiungete la panna ed un cucchiaio di olio extravergine del Garda Trentino Dop (particolarmente fruttato e fresco) e frullate tutto con cura per ottenere una crema fluida e vellutata. 
  • Assaggiate ed aggiustate di sale se necessario.
  • Cuocete gli gnocchi (non tutti insieme, massimo 2 piatti alla volta) e quando saliranno in superficie, scolateli e sistemateli su un piatto. 
  • Quando saranno tutti pronti, saltateli velocemente in un larga padella dove avrete scaldato 3 cucchiai di extravergine e qualche foglia di menta. 
  • Versate la crema di piselli sul fondo dei piatti di portata, aggiungete gli gnocchi e rifinite con foglioline di menta. Servite subito. 

Con questa ricetta partecipo in corner con la mia seconda proposta all'MTC #59 sugli gnocchi di Annarita