Visualizzazione post con etichetta Yotam Ottolenghi. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Yotam Ottolenghi. Mostra tutti i post

venerdì 13 gennaio 2023

"Take Home chocolate cake": torta al cioccolato di Ottolenghi. Un altro compleanno.

"Volver 
con la frente marchita
las nieves del tiempo platearon mi sien
sentir que es un soplo la vida
que veinte años no es nada
que febril la mirada, errante en las sombras
te busca y te nombra
vivir con el alma aferrada
a un dulce recuerdo
que lloro otra vez…”. 
(Carlos Gardel) 

Quanti compleanni su questo blog. 
Quante parole, quanti ragionamenti solitari condivisi con volti sconosciuti, quante storie piccole, sorrisi, malumori e desideri espressi mai esauditi. 
Quante ore davanti ad un forno ingolosita dall'aspettativa.  
O instancabile dietro a un treppiede sbirciando da un obbiettivo a caccia di luce e ispirazione. 
Entusiasmo e disillusione mescolati malamente, mossi come maree nell'oceano della mia irrequietezza. 
Dodici anni di tempo dedicato ad una passione che, nonostante tutto, pare non placarsi. 
Si, sono una persona diversa da quel 13 gennaio del 2011, quando intimorita, ho lanciato il primo post nell'etere della blogosfera. 
Lo sono a tal punto che per ricordarla, ogni tanto mi soffermo a leggere i miei scritti. 
Mi intenerisco e mi sorprendo e nuovamente mi chiedo "ero io?". 
Quello a cui sono arrivata dopo tanto tempo di blogging, è la certezza che quanto resterà qui dentro, servirà di certo più a me che a voi, cari amici. 
La memoria piano piano sbiadisce. 
Le parole e l'emozione che le definisce restano, come le indicazioni su una mappa da seguire per ritrovarmi. 
Tanti auguri a me. 
Tanti auguri ad Andantecongusto. 
Ho aspettato il momento buono per preparare questa torta. 
Era sulla mia lista da qualche anno, dopo l'uscita di Sweet, il libro di Ottolenghi e Helen Goh sulla pasticceria. 
Non è una torta "economica" in senso stretto. Per costi e calorie. 
Ma è una signora torta al cioccolato. Una di quelle che vi fanno ricordare da chi l'assaggia. 
L'ho offerta agli amici dell'Orchestra in cui suono, ed è scattata l'ovazione. 
Quindi non faccio riferimento al mio palato, spesso troppo esigente e critico, ma a quello di chi ha assaggiato senza sapere nulla di questo dolce, non il suo contenuto né la sua provenienza. 
Ha solo spazzolato una fetta di "pura torta al cioccolato", di quelle che ci si immaginano quando ci viene voglia: non stucchevole, non dolce, non eccessiva. 
Puro velluto da godersi in pace accoccolati sul divano. 

Ingredienti per uno stampo a cerniera da 23 cm di diametro 
250 g di burro a temperatura ambiente
200 g di cioccolato fondente al 70% sminuzzato 
1 cucchiaino e mezzo di caffè istantaneo in granuli
350 ml di acqua bollente 
220 g di zucchero semolato 
2 uova grandi a temperatura ambiente leggermente sbattute
2 cucchiaini di estratto di vaniglia 
240 g di farina autolievitante
30 g di cacao amaro 
un pizzico di sale 

Per la ganache 
200 g di cioccolata al 70% tritata finemente
200 g di panna liquida, fresca 
1 cucchiaino di miele millefiori
20 g di burro morbido

Per la farcitura (se vi piace) 
375 ml di panna fresca
190 g di mascarpone
i semi di un baccello di vaniglia
2 cucchiaini e mezzo di caffé espresso macinato finissimo
mezzo cucchiaino di cannella 
2 cucchiai e mezzo di zucchero a velo 
  • Accendete il forno a 170° C statico. Imburrate e foderate bene lo stampo cercando di isolare dall'interno la possibilità che parte dell'impasto possa fuoriuscire dalla base (sarà piuttosto liquido).
  • Mettete il burro, il cioccolato e l'acqua bollente in cui avrete sciolto il caffè, in una larga ciotola, mescolando con una spatola fino a che tutto sia perfettamente sciolto ed omogeneo.
  • Aggiungete e mescolate lo zucchero con una frusta fino a scioglimento. Aggiungete le uova e la vaniglia e proseguite mescolando bene. 
  • Per ultimo aggiungete la farina, il cacao e il sale mescolati e setacciati ed incorporate bene nei liquidi aiutandovi con una frusta o una spatola. Il composto sarà molto liquindo ma è così che deve essere. 
  • Versate tutto nello stampo ben foderato e cuocete per 60 minuti. Fate la prova stecchino, che dovrà uscire asciutto con solo pochi briciole attaccate. Non cuocete troppo. Noterete che sulla superficie si saranno formate delle crepe: è così che deve presentarsi. 
  • Una volta tolto dal forno, lasciatelo raffreddare almeno 20 minuti nello stampo prima di estrarlo. Quindi lasciatelo raffreddare completamente prima delle operazioni successive. Io l'ho fatto raffreddare e l'ho avvolto nella pellicola per terminarlo il giorno dopo.
  • Preparate la ganache. Fate scaldare la panna con il miele e toglietela dal fuoco prima che arrivi a bollore. Versatela sul cioccolato tritato che avrete sistemato in una ciotola di acciaio. 
  • Lasciate in infusione un paio di minuti quindi mescolate con una spatola senza incorporare aria. Quando il composto sarà vellutato ed omogeneo aggiungete il burro a pezzettini e mescolate fino a scioglimento. 
  • Adesso mettete la pellicola a contatto con la cioccolata e fate riposare in luogo fresco per c.ca 2 ore (dipende dalla temperatura della vostra casa o dell'esterno in cui lo lascerete. Valutate la consistenza. Se desiderate una glassatura liscia e lucida, attendete una mezz'ora. Se volete una consistenza spalmabile come ho scelto io, attendete un po' di più. 
FARCITURA 
  • Se optate per una farcitura, scegliete il vostro ripieno del cuore o seguite la ricetta, mettendo tutti gli ingredienti in una ciotola ben fredda e montateli con una frusta elettrica. Quando si formeranno dei picchi stabili, potrete farcire. Solo successivamente procedete alla glassatura. 
  • Una volta glassata, lasciate riposare fino a indurimento della glassa. La torta si conserva perfettamente per 4 o 5 giorni in frigo. Tenerla a temperatura ambiente almeno 1 ora prima di servirla. 
  • Solo un commento: da perderci la testa! 



martedì 21 aprile 2020

Polpette con fave e limone: il cibo ai tempi dell'ASMR

Il baccalà - Nino Ferrer
Che non si dica che in questo blog trovate solo dolci.
E' molto complicato riuscire a pubblicare ricette salate quando devi mettete a tavola una famiglia.
Ho smesso di fotografare qualsiasi cosa che debba essere servita immediatamente al termine degli scatti, molto molto tempo fa.
Se non avete un blog di cucina, non potete capire quanto tutto questo rasenti la follia.
Preparare un set, sempre che si abbia a disposizione una luce decente, in uno spazio decente (io fotografo generalmente in cucina), tirando fuori una quantità di ammennicoli tra props, accessori, tessuti, pannelli diffusori...un incubo ad occhi aperti.
Il tutto per poi mangiare qualcosa che ha perso la sua qualità dell'appena fatto e finendo col dover riscaldare ogni cosa. Passo.
Ho deciso che non l'avrei più fatto e così è stato.
Adesso fotografo solo cose che possono attendere, o essere preparate prima, oppure che possano essere mangiate da me quando sono sola in casa (ed in questo periodo non succede spesso :D ).
Io non mi faccio problemi di mangiare una pasta semicruda, o fredda, o gommosa.
Ma quando servo un piatto in tavola voglio che la gente sia felice e che ognuno sia concentrato sul suo piatto e sulla conversazione. Non certo sull'attesa.
Questa è anche una ragione abbastanza primaria per cui nei blog e nei social, i dolci la facciano da padrone.
E' la "praticità fotografica".
La seconda ragione è l'"effetto porno" o bramosia di gola, che non devo spiegare perché si spiega da solo, basti scrollare la home di Instagram e capirete.
Da pochissimo ho scoperto un fenomeno che mi ha quasi sconvolto: sono i video della gente che mangia.
I cosiddetti video ASMR food.
ASMR è un acronimo di Auronimous Sensory Meridian response, che altro non è quella sensazione di rilassatezza del cuoio capelluto che scende lungo la schiena in situazioni di grande serenità e piacere.
Pare che guardare gente che mangia in maniera entusiastica emettendo suoni e mugolii, provochi un immediato senso di benessere.
Questa teoria sta riscuotendo talmente tanto successo che sono nati decine di siti con video a hoc. Dalla spazzolatura di capelli lunghi, alla spazzolatura di piatti giganti colmi di spaghetti.
La cosa fondamentale è che chi mangia, deve riempirsi in maniera estrema la bocca ed emettere suoni di ogni genere, altrimenti non funziona (alla faccia delle buone maniere).
Ognuno ha i suoi gusti, ma a livello economico le aziende di food, in particolare Junk food, stanno gongolando.
Ho scoperto tutto questo incontrando casualmente una pagina su Instagram chiamata asmreating (quasi un milione di follower).
Non potevo credere che una persona potesse ingoiare in un colpo solo così tanto cibo, a volte senza neanche masticare.
Dopo un istante di visione, tra suono ed immagini, mi sono sentita male.
Ho avuto una nausea potentissima e ho appoggiato il telefono che non ho ripreso per un bel po'.
Posso affermare che sulla sottoscritta questa modalità di ricerca del benessere, non funziona.
Sarei curiosa di sapere se sono l'unica!
Queste polpette vi porteranno del reale benessere mangiandone una alla volta (anche se ho l'impressione che ve le ruberete dal piatto).
La ricetta è del grande Ottolenghi, direttamente dal mio libro feticcio Jerusalem, continua fonte di scoperte.
Volevo utilizzare le favette appena comprate in un piatto di carne e questa si è rivelata perfetta.
Ho apportato delle mie varianti, come al solito, vale a dire ho omesso la carne di agnello, prevista in parte nella miscela, ed ho aggiunto la cipolla caramellata, che conferisce un guizzo di dolcezza delizioso.
Non omettete il limone e non abbiate paura di far cuocere le polpette nel brodo.
Avrete una salsa magnifica che spazzolerete fino all'ultima goccia.

Ingredienti per 4 persone
350 g di fave fresche o congelate
4 rametti di timo
2 spicchi d'aglio
8 cipolline novelle affettate finemente
3 cucchiai di succo di limone
500 ml di brodo di pollo o vegetale
olio extra vergine d'oliva
sale e pepe nero macinato fresco

Per le polpette
450 g di carne di manzo macinata
1 cipolla grande affettata finemente
60 g di pangrattato
2 cucchiai di prezzemolo e menta tritati + extra per rifinire il piatto
2 spicchi d'aglio schiacciati
1 cucchiaio di spezie miste tipo "baharat" (pepe nero, coriandolo, cannella, chiodi di garofano, cumino, cardamomo e noce moscata)
2 cucchiai di capperi tritati
1 uovo grande sbattuto
1 cucchiaio di zucchero di canna
1 cucchiaio di aceto balsamico o melassa di melograno
sale - pepe qb
olio extravergine

  • In una larga padella dove poi cuocerete anche le polpette, versata 3 cucchiai di olio e la cipolla affettata e fate cuocere a fiamma dolce fino a che la cipolla non passisca e diventi traslucida e molto morbida. A questo punto aggiungete un pizzico di sale, lo zucchero e l'aceto e fate caramellare a fiamma vivace per uno o due minuti. Una volta pronta tenete da parte. 
  • Un una ampia ciotola mettete la carne, tutti gli ingredienti per le polpette tra cui le cipolle caramellate e mescolate bene con le mani per qualche minuto, aggiustando di sale e pepe se necessario (fate la prova cuocendo una pallina di composto ed assaggiandola.) Fate delle polpettine della grandezza di una pallina da ping pong.  
  • Nella padella versate 3 abbondanti cucchiaiate di olio, fate scaldare quindi rosolate bene le polpette a fiamma vivace, girandole via via su tutti i lati. Cuocete la quantità in due tempi in modo da avere lo spazio nella padella per movimentarle con facilità. Una volta pronte, adagiatele su della carta assorbente. 
  • Mentre le polpette cuociono, preparate le fave. Fate bollire dell'acqua in una casseruola e versatevi le fave più grandi (2 terzi della quantità totale), fatele sbollentare per 2 minuti quindi toglietele e fatele raffreddare sotto l'acqua fredda. Privatele della buccia che verrà via velocemente. 
  • Ripulite la padella in cui avete cotto le polpette quindi versate 3 bei cucchiai di olio, aggiungete gli spicchi d'aglio schiacciati, la cipollina tritata, il timo e fate cuocere a fiamma vivace per 5 minuti. Aggiungete il resto delle fave con la buccia, il limone e un mestolo di brodo. Le fave devono essere quasi coperte con il liquido. Fate cuocere con coperchio a fiamma dolce per una decina di minuti. 
  • A questo punto aggiungete le polpette e versate il rimanente brodo. Coprite e fate sobbollire per c.ca 25 minuti, mescolando di tanto in tanto. Aggiustate di sale e pepe se necessario. Potete lasciare le polpette coperte in attesa di essere servite. 
  • Proprio prima di servire, scaldate nuovamente le polpette, aggiungendo dell'acqua se necessario per ottenere una bella salsa, aggiungete le fave sbucciate, le erbe aromatiche ed un cucchiaio di limone e mescolate con delicatezza. Servite immediatamente. 


lunedì 9 settembre 2019

Torta di prugne con Armagnac e noci: se solo me ne fregasse qualcosa.

Lady don't mind - Talking Heads
Ok, per pubblicare questa ricetta ci ho messo esattamente due anni.
La ragione non è né la mancanza di tempo, né la qualità della ricetta che se devo pronunciarmi, è assolutamente strepitosa.
Il problema è un altro, di cui mi imbarazzo solo a confessarlo - ma adesso lo faccio - con un impeto di liberatorio menefreghismo: il problema sono le foto.
Non mi sono piaciute e non mi piacciono tutt'ora. 
Sono mal fatte, piene di errori a partire dall'esposizione, il fuoco e la nitidezza ed una lista lunga che non starò qui ad elencare per rispetto alla vostra intelligenza. 
Questo per farvi capire come 'sta faccenda delle foto abbia e stia condizionando buona parte del mio impegno nei confronti del blog.
Perché se da una parte scrivere non mi mette fatica, non mi crea ansia né tensione, fotografare si, tantissimo. 
Intendiamoci: amo la fotografia, follemente. 
Ma fotografare il cibo è un'altra cosa. 
Tanto sono rilassata e giocosa quando scatto in viaggio e con gli amici, tanto sono schizofrenica e incazzosa quando fotografo il cibo. 
Mi stanco dopo dieci minuti. 
Tutto sto togli e metti, e sposta e gira perché la luce cambia, e scherma e alza, e pulisci perché il pannello è piombato sul piatto, e ricomponi il piatto perché il pannello ha spatasciato la fetta, e li mortacci de sto treppiede dove inciampo quaranta volte al minuto....
Uccidetemi.
Scarico sul computer la fatica del mio lavoro e 90 volte su 100 non ce n'è una che mi piaccia seriamente. 
Al che, ho in archivio una quantità di ricette meravigliose e buonissime che mai vedranno la luce su questo blog. 
Perché stavolta allora ho pubblicato? 
Semplicemente per cogliere l'occasione di sdoganare la mia insofferenza al dover produrre foto belle per attirare l'attenzione qui sopra,  così da farvi scattare la voglia di cucinare, per rispetto di chi legge o guarda o semplicemente cerca una buona ricetta ben presentata. 
Non è quello che tutti dicono? Nel foodblogging quello che più conta è una bella foto. 
Ecco, se solo me ne fregasse qualcosa. 

E' tempo di prugne quindi quale migliore occasione di provare un dolce davvero speciale?
Prima che decidiate di buttarvi nella preparazione di questa torta, alcune piccole raccomandazioni:
- Le prugne: devono essere preparate un giorno prima affinché assorbano l'aroma del liquore. Lasciatele in ammollo tutta la notte e sarà perfetto.
- Il dolce è fantastico servito tiepido e lo stesso giorno che lo preparate. Dura tranquillamente fino a 3 giorni ma abbiate occhio di riscaldarlo un poco prima di servirlo.
- La ricetta è tratta dal libro Sweet di Ottolenghi e Helen Goh, ormai un feticcio di questo blog.

Ingredienti per uno stampo a ciambella da 23 cm di diametro

250 g di prugne denocciolate e ridotte in quarti
100 ml di Armagnac (o Brandy)
la scorza di una arancia non trattata finemente grattugiata
300 g di farina 00 setacciata
1 cucchiaino di lievito per dolci
1 cucchiaino di bicarbonato
1/2 cucchiaino di sale
200 g di burro non salato a temperatura ambiente + extra per imburrare
200 g di zucchero
1 cucchiaino di estratto di vaniglia
2 uova grandi a temperatura ambiente
230 g di panna acida (crème fraiche) tolta dal frigo 30 minuti prima di usarla
zucchero a velo per rifinire

Per il crumble di noci
40 g di light brown sugar (si può sostituire con del muscovado)
2 cucchiaini di cannella in polvere
40 noci tritate grossolanamente
un pizzico di sale
  • Mettete le prugne in una ciotola con l'Armagnac (o il brandy) e la scorza d'arancia. Coprite la ciotola con pellicola e lasciate riposare a temperatura ambiente durante la notte, mescolando un paio di volte prima di utilizzarle. 
  • Preriscaldate il forno a 200°. Imburrate lo stampo ed infarinatelo. 
  • Preparate il crumble combinando tutti gli ingredienti e tenete da parte. 
  • Setacciate la farina, il lievito e bicarbonato ed il sale in una larga ciotola e tenete da parte.
  • Montate il burro con lo zucchero con una frusta elettrica o nella planetaria fino a che non avrete un composto soffice, leggero e gonfio.  Aggiungete la vaniglia quindi le uova, una alla volta, battendo bene per incorporare ed aggiungendo la seconda solo quando la prima è ben amalgamata. Ripulite le pareti della ciotola con la spatola ad ogni aggiunta. 
  • Adesso è tempo di inserire la farina e la panna acida. Dovrete farlo in tre tempi, alternando farina e panna, cominciando e finendo con la farina, in modo che l'impasto si stabilizzi e prevenga l'effetto "cagliata"
  • Togliete la ciotola dal mixer ed aggiungete le prugne con il loro sciroppo alcolico, incorporandole delicatamente con una spatola .
  • Versate metà dell'impasto nello stampo quindi cospargete il crumble di noci e ricoprite con il rimanete. Fate cuocere per 50/55 minuti e fate la prova stecchino, che dovrà uscire ben asciutto. 
  • Fate raffreddare 10 minuti su una griglia quindi capovolgetelo sul piatto di servizio. Spolveratelo di zucchero a velo solo al momento di servire. 


mercoledì 23 gennaio 2019

Burro di avocado per Starbooks e Simple di Ottolenghi

Simple things - Jim Brickman
Questo povero blog soffre di abbandono.
Se non ci fosse lo Starbooks che mi pungola nella preparazione di qualcosa, ormai le ragnatele avrebbero preso la residenza su queste pagine.
Gennaio sigla il nuovo libro di Ottolenghi, Simple, fonte di ispirazione per ricette di facile esecuzione e tempi adeguati per chi non ha mezze giornate da dedicare alla cucina.
Inoltre questo autore è ormai diventato un feticcio per noi fissate della cucina "di cuore" e "di fantasia".
Questi crostoni con burro di avocado sono la soluzione vincente per uno snack ma anche un piccolo antipasto diverso. Se volete leggere la ricetta, di estrema facilità, vi invito a visitare la pagina del post on line proprio oggi.
Buona giornata amici.


venerdì 8 giugno 2018

Crumble cake Fragole e Rabarbaro di Ottolenghi

Coming around again - Carly Simon
Questa torta arriva da quel grande libro che è Sweet di Ottolenghi.
Ogni tanto se riesco, trovo anche il tempo di sfogliarlo e considerata la mia piantina di rabarbaro bella rigogliosa in terrazza, ho deciso di mettermi all'opera complice il periodo delle fragole.
Una torta preparata quasi un mese fa, quando ancora avevo un pochino di tempo nel weekend ed accendere il forno era ancora una cosa praticabile.
Non che adesso non lo sia, per carità, oggi poi con il diluvio universale alle porte.
E' il tempo che manca per fare il resto, perché nella normalità delle cose, quando per tutti l'inizio dell'estate è l'anticamera alla vacanza ed allo scazzo, la sottoscritta comincia a pedalare duro.
Neanche nel weekend riesco a dedicarmi alla cucina come vorrei.
Mi sembra di essere entrata in un fade come nei film...dissolvenza nel finale.
Quindi cari amici, abbiate pazienza se appaio e scompaio senza preavviso.
In effetti sono sempre un po' stata così, a intermittenza.
Ingredienti per una torta da 24/26 cm di diametro

Per il Crumble 
120 g di burro non salato e fuso
150 g di light brown sugar
190 g di frina 00
30 g di farina di cocco (che io ho sostituito con farina di mandorle)
1/2 cucchiaino di sale

Per il ripieno
250 g di rabarbaro (2 o 3 gambi medi) tagliato in pezzetti di 1 cm
250 g di fragole private del picciolo e tagliate a fettine di 5 mm di spessore
25 g di light brown sugar
30 g di maizena
2 cucchiai di succo di limone
i semi di un baccello di vaniglia
1/2 cucchiaino di sale

Per la base
185 g di farina 00
La punta di un cucchiaino di lievito in polvere
1 pizzico di sale
160 g di burro non salato a temperatura ambiente tagliato a dadini
220 g di zucchero a velo
3 uova grandi a temperatura ambiente
1 cucchiaino di estratto di vaniglia

  • Preriscalda il forno a 190° e imburra uno stampo a cerniera con la base foderata di carta da forno e tieni da parte. 
  • Prepara il crumble mettendo tutti gli ingredienti in una larga ciotola ed usando le tue mani o un cucchiaio di legno, lavora il composto per ottenere briciole grandi e irregolari, ben definite quindi tieni da parte.
  • Prepara la frutta per il ripieno. Metti tutti gli ingredienti in una ciotola, mescola con cura e lascia da parte. 
  • Per la base del dolce: setaccia la farina insieme al lievito e sale e versa in una ciotola. Metti il burro e lo zucchero a velo nella ciotola della planetaria e lavora con la foglia per almeno 3 minuti a velocità media, per ottenere un composto leggero, gonfio e molto chiaro. Aggiungi un uovo alla volta, continuando ad impastare fino a che non sarà ben incorporato, quindi aggiungi il successivo fino ad esaurimento. In fine aggiungi l'estratto di vaniglia, quindi gli ingredienti secchie e spegni non appena il tutto sarà stato incorporato.  Con una spatola versa la base nello stampo e livellalo con delicatezza. Quindi aggiungi la frutta distribuendola armonicamente e per ultimo copri il tutto con il crumble in maniera uniforme. 
  • Metti in forno a cuocere per c.ca 60/70 minuti fino a che il dolce sono sarà ben dorato in superficie ed inserendo uno stecchino questo non uscirà con poche briciole umide. Dai un'occhiata alla cottura 15/20 minuti prima della fine per osservare che la superficie non si colori troppo. In quel caso coprila con un foglio di alluminio.
  • Una volta pronto, metti il dolce su una gratella nel suo stampo ed attendi che sia completamente freddo prima di sformarlo. Servilo con un caffè o un buon te, un ciuffo di panna o de gelato. O mangiatelo da solo in meritata pace. 
  • Si conserva 2/3 giorni coperto da alluminio o da una cloche. 

mercoledì 18 ottobre 2017

Tortine al cioccolato senza farina per Starbooks

Shine on you crazy diamond - Pink Floyd
La novità di oggi su Starbooks, sono delle tortine senza farina, al super cioccolato con una ganache molto particolare dal riflesso a specchio.
Facilissime e veloci, un po' più di attenzione per la copertura, ma da dolci per il te, possono trasformarsi in speciali dessert di fine cena.
Tutti da provare.
Se siete curiosi di questa ennesima golosità targata Ottolenghi, andate subito a leggere qui.
Buon giornata.


mercoledì 11 ottobre 2017

Biscottoni d'avena, cranberries e mandorle per lo Starbooks di Ottobre

Sweetest thing - U2
Il libro Starbooks di questo mese è Sweet di Yotam Ottoleghi.
Questo meraviglioso chef è presente con più di una ricetta su questo blog e le sue invenzioni, pervase dai profumi e sapori delle sue radici mediorientali,  riescono a conquistarmi ogni volta.
Dopo Plenty, Plenty more, Jerusalem, adesso tocca ai dolci e la dolcezza ha reso noi starbookers più gasate che mai.
Sweet si preannuncia un libro feticcio per tutti gli amanti della pasticceria. Vi invito a seguirci.
Questa è la prima di una lunga serie di ricette che piomberanno a breve fra queste pagine.
Non vogliatemene, anzi correte a leggere.
Tanta dolcezza a tutti!

martedì 6 dicembre 2016

Riso libanese con lenticchie: Mujaddara. Ma la gente cucina ancora?

Please come home for Christmas - Bon Jovi
Ma la gente cucina ancora?
Voi, cari lettori silenziosi, cucinate ancora?
E per cucinare non intendo saper aprire con maestria una busta di minestrone surgelato, versarlo con grazia nella straordinaria pentola antiaderente fighissima, accendere il fuoco secondo istruzioni e cuocere quegli esatti 8 minuti che vi separano dalla ciotola fumante e dal cucchiaio.
Intendo cucinare.
Sedersi al tavolo e pensare a quale menu preparare per la cena della vostra famiglia o quella per gli amici che verranno a trovarvi; stilare una lista di ingredienti, andare a comprarli scegliendoli con cura, leggendo le etichette, non lasciandovi incantare dal richiamo delle sirene dal banco dei precotti, facendovi domande sulla provenienza di quel ceppo di insalata così croccante che vi fa l'occhiolino dal reparto verdure, su quel taglio di carne rosea già arrotolata nel suo bello spago, eccetera eccetera eccetera.
Beh, perché cucinare è anche e soprattutto questo.
E' anche ovviamente farsi uno spaghetto aglio e olio, buono, specialmente se è nuovo ed è Dop, ma è tutto quello che viene prima, perché alla fine cucinare è una cosa semplice se si hanno prodotti buoni, certificati, scelti con cura ogni tanto svicolando il super.
Oppure cucinare è un'azione anacronistica?
E' una storia vecchia e svuotata di morale, un mito acchiappacitrulli per arricchire i già troppo ricchi, una perdita di tempo e di denaro perché sappiamo bene quanto il tempo sia denaro.
Perché si parla così tanto di cibo, di cucina, di ricette se nessuno, diciamoci la verità, cucina più?
Fate come me. Giocate a "Cos'ha nel carrello".
Quando andate a fare la spesa al super, buttate l'occhio nel carrello del vicino, che non è detto sia sempre il più verde. Si imparano tante cose.
In particolare nel carrello delle mamme con bambini piccoli o in quello dei clienti un po' più in carne. Queste due categorie sono le più affezionate al precotto, surgelato e confezionato. Alla faccia della salute per la crescita. Alla faccia di tutte le blogger mamme che si prodigano in messaggi positivi e salutari.
I carrelli più oculati e corretti sono quelli degli anziani, dove c'è poco di tutto, ma esclusivamente prodotti che devono essere per forza trasformati da un'operazione culinaria. Che sono quelli più economici. Nei loro carrelli non troverete mai un'insalata in busta o un pollo a pezzi.
Sono anche quelli più tristi in verità perché mi è capitato spesso di vedere togliere dal mucchio una volta alla cassa, perché superato il budget di spesa.
Ma è proprio lì, nel supermercato che capisci che la gente non cucina più. Cioè lo fa sempre meno, disimparando, perdendo il senso ed il valore di questo gesto che non è soltanto nutrirsi come pensano in molti: da che mondo è mondo, si mangia per nutrirsi!
Quando sento questa frase mi viene una tristezza che rasenta la depressione. Un po' come dire che da che mondo è mondo si fa sesso per riprodursi.
Ok, non perdiamo di vista il concetto base: chi cucina ancora?
Ha senso farlo? Ha senso amare il cibo, preoccuparsi di ciò che mangiamo, dispiacersi della sparizione di prodotti e produttori, arrabbiarsi di fronte a chi cucina prendendo in giro il nostro palato e la nostra intelligenza, dare tutta questa importanza all'argomento?
La risposta sta tutta qui, proprio nel concetto che "si mangia solo per nutrirsi".
Che pare il preferito da chi il cibo lo ha portato in una fabbrica e te lo serve bello che pronto.
Un po' come essere tornati alla preistoria, solo che lì si correva per cacciare e si faticava a seminare.
Oggi basta un microonde.
Per chi come me ha ancora voglia di perdere tempo nutrendosi con la gioia di farlo bene, un piatto meraviglioso, semplice, profumato e sensuale come tante ricette che arrivano dal Medio Oriente e da un libro straordinario come Jerusalem di Yotam Ottolenghi.
Ci vuole poco, qualche spezia facile da reperire e un sano e curioso appetito.
Mi raccomando, non lesinate con quelle cipolle fritte: vi faranno uscire di testa!

Ingredienti per 4 persone
4 cipolle dorate affettate finemente
50 g di farina 00
200 g di lenticchie di Castelluccio
olio extravergine qb
1 cucchiaino di semi di cumino
1 cucchiaino di semi di coriandolo
1/2 cucchiaino di curcuma
1 cucchiaino e mezzo di cannella
250 g di riso Basmati
Un cucchiaino di zucchero di canna
700ml di acqua calda.
Un ciuffetto di coriandolo fresco (a piacere).
  • Cuocete le lenticchie in abbondante acqua leggermente salata, e scolatele quando saranno ancora al dente (2 o 3 minuti meno della cottura prevista dalla confezione). Versatevi uno o due cucchiai di olio extravergine e tenete da parte.
  • Riscaldate 2 dita di olio extravergine in una padella di ferro quindi quando avrà raggiunto i 179/180°, friggetevi le cipolle affettate, che avrete prima passato velocemente nella farina. Friggete in più tempi in modo che le cipolle non siano troppo affollate nell'olio e possano divenire dorate e croccanti. Scolatele su carta assorbente e tenetele in caldo. Se avrete fritto alla giusta temperatura, manterranno la loro croccantezza per lungo tempo. 
  • In una larga padella tipo wok, versate 3 cucchiai di olio ed aggiungete il cumino ed il coriandolo che avrete prima schiacciato leggermente in un piccolo mortaio. Cuocete mescolando a fiamma media fino a che le spezie non emaneranno la loro fragranza. 
  • Aggiungete la cannella e la curcuma, mescolate e cuocete per altri 2 minuti.
  • Aggiungete adesso il riso e lo zucchero e mescolate bene fino a che il riso non sarà ben avvolto dalle spezie, quindi versate le lenticchie e l'acqua e portate a ebollizione. 
  • Abbassate la fiamma e lasciate sobbollire per c.a 15 minuti fino a che il riso non sarà tenero. 
  • Una volta pronto, spegnete, rimuovete il riso dal calore, coprite la padella con un telo pulito e coprite con un coperchio, lasciando riposare per 10 minuti. 
  • Versate il riso sul piatto di portata e sgranatelo con una forchetta aggiungendo metà della cipolla fritta. Mettete il resto della cipolla sulla cima del piatto, decorate con coriandolo fresco e servite immediatamente, magari accompagnato con una salsa allo yogurt. 



venerdì 20 febbraio 2015

Il carciofo, passione spinosa.

Another one bite the dust - Queen
Il mio amore per i carciofi non è una passione segreta, visto che più volte ne ho parlato in questo blog. E quando la stagione arriva, finalmente (per me) trovo il sistema per studiare nuovi modi per metterlo alla prova.
E' per questo che oggi su Starbooks, troverete questa deliziosa ricetta di Yotam Ottolenghi, che sposa carciofi, fregola e olive di Kalamata.
Vi invito a provare questo piatto, delizioso, leggero, che anticipa la primavera e trova un nuovo significato all'uso della fregola.
Spero che vi piaccia.
Intanto buon week end.

mercoledì 15 maggio 2013

"Mi porti quello che ha portato alla signorina": Zuppa di ceci, pane e pomodori di Ottolenghi

Where or When - Harry Connick Jr
Siamo vicini al Festival di Cannes. 
Prossimamente le news alla televisione ci mostreranno passerelle di star e registi guru.
Quando si pensa al cinema, molti di noi non si staccano dall'idea che il successo di una pellicola sia legato ad una regia particolarmente ispirata o ad un interprete in stato di grazia. 
Ci ricordiamo volti, situazioni, momenti di magia e frasi che diventano immediatamente citazioni. 
Oggi voglio parlare proprio di questo. 
Delle parole dietro ad un film, ma in particolare di una donna che le parole le sapeva usare bene e che grazie alla sua scrittura ironica, intelligente, profondamente divertente, ha saputo regalarci alcuni dei film più belli degli anni  80/90. 
Parlava di donne, Nora Ephron, e lo ha fatto così bene da riuscire a dire quello che molte di noi (orgasmo incluso) non oserebbero dire. 
Questa incredibile scrittrice è morta poco meno di un anno fa e la notizia della sua scomparsa a suo tempo mi addolorò profondamente. 
Ho sempre avuto desiderio di parlare di lei in uno dei miei post ma fino ad oggi non ne ho avuta l'occasione. 
Mi è ritornata in mente rivedendo uno dei suoi film recentemente, pensando a quanto siano perfetti certi dialoghi, certe battute ad effetto, l'intelligenza nell'analisi caratteriale dei personaggi e lo sguardo leggero e disincantato sulla realtà in cui si svolge l'azione. 
Tutt'oggi penso che il mondo del cinema abbia perso una grandissima autrice.
Tutte voi conoscete almeno uno dei suoi film, dal meraviglioso Harry ti presento Sally, al romanticissimo Insonnia d'Amore, dall'amore ai tempi di internet in C'è posta per te, ad una commedia sovrannaturale, Michael, con un John Travolta nei panni di un angelo sovrappeso goloso di zucchero. 
L'ultimo, che tutte noi blogger abbiamo amato senza compromessi e che ha creato l'immagine icona della foodblogger, è Julie & Julia. Lo sapevate?
Questi sono solo alcuni. 
Mi rendo conto però che mentre questi film resteranno nella memoria di tanti, Nora è ancora sconosciuta ai più. 
Come spesso succede, la professione dell'autore di film o di sceneggiatore che dir si voglia, gode di fama solo nel suo ambiente ma il mondo finisce con l'ignorare che se certe storie sono così immensamente belle da farci sognare, dietro c'è la mano di chi la storia l'ha scritta. 
Nora ha vissuto la sua vita con la stessa ironia che riportava nei suoi film. Voglio condividere con voi una deliziosa intervista rilasciata al NY Times non tanto tempo prima di morire, in cui emerge la personalità di una donna che sinceramente avrei voluto avere come amica.
Vi segnalo anche un suo libro, divertente e sagace, scritto nel 2007 ed edito da Feltrinelli: "Il mio collo mi fa impazzire. Tormenti e beatitudini dell'essere donna" 

Ingredienti per 4/6 persone
1 cipolla grande a fette
1 finocchio di media grandezza a fette
120 ml di olio extra vergine
1 carota grande tagliata a rondelle
3 gambi di sedano
1 cucchiaio di concentrato di pomodoro
250 ml di vino bianco 
400 gr di pomodori pelati
1 cucchiaio di origano fresco tritato
1 cucchiaio di prezzemolo tritato
1 cucchiaio di foglie di timo fresco
2 foglie di alloro
2 cucchiaini di zucchero
1 litro di brodo vegetale
160 gr di pane raffermo senza crosta
400 gr di   ceci freschi cotti (vanno bene anche quelli in scatola)
4 cucchiai di pesto 
una manciata di foglie di basilico
sale e pepe nero per servire.
Scaldate il forno a 180°
Mettete la cipolla ed il finocchio il una larga casseruola, aggiungete 3 cucchiai di olio e saltate a temperatura media per cic.a 4 minuti.
Aggiungete la carota ed il sedano e continuate a cuocere per 4 minuti, giusto per ammorbidire le verdure, mescolando occasionalmente.
Aggiungete il concentrato, mescolate e cuocete per un altro minuto.
Aggiungete il vino e fate sfumare per un paio di minuti.
Successivamente aggiungete i pomodori pelati con il loro succo, le erbe aromatiche, lo zucchero, il brodo vegetale ed un po' di sale e pepe. Portate a bollore quindi abbassate la fiamma, coprire e fate sobbollire per c.ca 30 minuti.
Mentre aspettate, mettete il pane in forno spezzato grossolanamente con le mani e spruzzato con un po' di olio e sale. Fate tostare per 10 minuti fino a che croccante.
Dieci minuti prima di servire, mettete i ceci in una ciotola e schiacciateli un po' con un batticarne. Se vi piacciono interi, potete lasciarli così. Aggiungete alla zuppa e fate cuocere per 5 minuti.
Aggiungete il pane e fate cuocere per ulteriori 5 minuti.
Servite la zuppa in ciotole con un po' di pesto a parte e irroratela con ottimo extravergine. 


venerdì 8 marzo 2013

Biscotti al burro di mandorle. De Profundis per una città.

In Trutina - C. Orff
Comunque 8 marzo.
E' una pura coincidenza postare in questo giorno, quindi non mi dilungherò a parlare di donne e di una festa per celebrare poi cosa, non si sa, quando lo capiremo forse sarà tardi. 
E so già che questo post avrà un tono cupo, pesante, forse non avrei neanche dovuto scrivere ma scrivere mi aiuta e forse poi starò meglio. 
A dir la verità non ne sono sicura per niente ma vado avanti lo stesso. Non troverete la solita Patty di sempre...oggi no. 
Non è facile. Per niente. Essere spettatore impotente di una slavina che trascina a valle tutto quello che ti sembrava di conoscere. 
Parlo purtroppo della mia città, di un luogo che è il sogno per migliaia di persone ed oggi l'incubo per chi ci vive. 
Non so spiegarvi cosa si provi ma è assolutamente terribile. 
Una catena di disastri che stanno distruggendo un rinascimento durato quasi trent'anni, riportando una città nel medioevo in cui sembra cristallizzata. 
Se ci si pensa, è stato facile. E' tutto così facile in Italia e soprattutto è un lavoro che possono fare anche solo in due o tre, non c'è bisogno di grande sforzo. In Italia è tutto così facile quando si tratta di agire nell'illegalità, di distruggere coscientemente, di pensare a se stessi. Tutto diventa impossibile e giurassico quando di cerca di costruire, di agire, di migliorare, di creare speranza. Questa è l'Italia di adesso. Questa è la mia città.
Non si può capire se non si vive qui. 
Siena è oggi una città annichilita nel suo sgomento. 
Entri in un bar per un caffè e senti la gente parlare e l'argomento è sempre quello. I negozi sono vuoti, passeggiare per il Corso è come camminare in un pantano di fango, faticosissimo. 
Forse sono io, forse sono i fatti degli ultimi giorni, ma non riesco a smettere di pensarci, ad avere la terribile sensazione che il verminaio non sia stato ancora scoperchiato e che questa meravigliosa città stia per sprofondare sulle proprie fondamenta marcite. 
Se guardiamo con la lente di ingrandimento, questo è in piccolo (se si può considerare piccolo), il modello italiano. 
Scrivo con il groppo in gola perché una città non si rialza dopo un colpo del genere. Un comune commissariato che con certezza lo sarà a lungo, Enti locali allo sbando, Università ai minimi termini, e poi ce lei, la banca più antica del mondo assassinata senza pietà. 
Responsabilità? Ad oggi nessuna. 
Nessuno paga, tutti pagano. 
Io ci vivo in questo posto, tento di lavorarci, di costruire il mio futuro, ma ogni istante da mesi mi chiedo: e domani? 
Ha poco senso postare una ricetta con un umore altezza parquet, ma questo è anche un blog di cucina e la cucina è il luogo che mi da rifugio e mi conforta in momenti come questi. 
I biscotti di oggi sono una delle cose più buone che abbia mangiato uscite dal mio forno. Sono nati da una curiosità e da un esperimento.
Qualche tempo fa mio marito, il vero viaggiatore di casa, mi ha portato da Israele un barattolo di Burro di Mandorle. Non che l'abbia capito subito visto che le scritte sull'etichetta sono assolutamente incomprensibili, ma il disegno delle mandorle è un indizio chiaro e quando l'ho aperto ho immediatamente capito. E per una che conosce il burro d'arachidi e non lo compra MAI per evitare di finirselo in solitaria, per una che ha una seria dipendenza da mandorle, quel vasetto è come un tesoro preziosissimo. 
Per un periodo è stato lì, nascosto. Ogni tanto il pensiero ci andava, l'ho anche assaggiato (cosa da non fare assolutamente a meno che non siate pronte per usarlo), ma nulla, non mi venivano idee.
Poi sono arrivati loro e l'idea è partita. Se questi biscotti sono così buoni con la Thaini, mi domando come saranno con il burro di mandorle, che a consistenza è piuttosto simile ma di sapore decisamente più dolce, più smooth, come dicono gli americani. 
E biscotti al burro di mandorle siano. Provateli perché sono una rivelazione senza pari.
La ricetta è esattamente quella dei biscotti con Thaini di Ottolenghi, preparata dalla mia amica Alessandra, ma per il burro di mandorle, che non è di facile reperibilità in Italia, vi rimando qui, perché prepararlo è una vera banalità, per di più velocissimo. Un'operazione di qualche minuto che regala grandi soddisfazioni. In più, se vi piacciono le mandorle, potrete spalmarvele direttamente su del pane croccante o condirci la pasta....vedete voi. 

Biscotti al burro di Mandorle
Ingredienti (per 30-32 biscotti)

130 g di zucchero semolato
150 g di burro a temperatura  ambiente
100 g di burro di mandorle
½ cucchiaino di essenza di vaniglia (per i semi di ½ baccello)
25 ml di panna fresca
270 g di farina bianca (00)
1 cucchiaino di cannella in polvere (io l'ho omessa)
Preriscaldare il forno a 180°- 200°C (statico). 
Mettere burro e zucchero in una ciotola e lavorarli con lo sbattitore elettrico per un minuto circa, a velocità media. Il composto dovrà essere amalgamato ma senza essere montato. Con lo sbattitore ancora acceso, unire il burro di mandorle, la vaniglia e la panna. 
Unire anche la farina e lavorare ancora per un minuto circa, finché l'impasto starà insieme. Traferire su una superficie di lavoro e impastare finché sarà liscio (pochi istanti). Prelevare dei pezzi d'impasto del peso di 20 g (circa) l'uno e formare delle palline tra i palmi delle mani. 
Con il dorso di una forchetta, fare una leggera pressione sulla pallina, in modo che vi rimangano impressi i rebbi della forchetta.  Io ho messo anche una mandorla spellata sulla metà dei biscotti.
Trasferire su una teglia rivestita con carta forno, tendendo una distanza di 3 cm circa tra una pallina e l'altra. Continuare fino all'esaurimento dell'impasto. Spolverizzare con la cannella in polvere (io li ho lasciati al "naturale") e cuocere per 15-17 minuti, fino a doratura. 
Trasferire su una gratella e far raffreddare bene, poi trasferire in una scatola per biscotti. Si conservano fino a 10 giorni (ma non dureranno tanto!).
I biscotti sono estremamente friabili, croccanti all'esterno, con una sensazione "fondente" al centro. Mangiandoli si ha la sensazione di una texture vellutata. Per me sono assolutamente irresistibili.




mercoledì 27 febbraio 2013

Arrivederci Jerusalem: pollo all'Arak e clementine

Shalom Shalom - Noa
Arrivederci è la parola giusta. 
Si chiude lo Starbooks del mese ma non si chiude la storia d'amore tra me e questo libro, come credo continui anche per le mie compagne di viaggio. 
Come recita il buon vecchio Venditti "certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano..." 
Giri non troppo immensi nel mio caso, perché il libro in questione comincia già ad avere tracce di vissuto, patacche di unto, impronte lasciate dalla mia sbadatezza, note fitte a pie di pagina, promemoria....Mi piace pensare che fra una decina d'anni, mia figlia possa sfogliarlo pensando che sia un volume prezioso, come certi quaderni delle nostre mamme, pieni della loro presenza raccontata non solo dalla loro grafia ordinata e retrò. 
Il mio Jerusalem sta diventando questo, un manuale familiare, che non smetterò di consultare perché fonte di continua ispirazione. 
Non devo quindi impegnarmi troppo per dirvi che questo libro mi è piaciuto e tanto e che quest'ultima ricetta mi ha definitivamente dimostrato quanto sia preciso e bilanciato nel raccontare tutti i piatti proposti. 
Un pollo all'Arak e clementine. 
Ora, ce ne vuole di fantasia per immaginare che l'anice si sposi con pollo e agrumi. 
Si, perché per chi non sapesse che cosa è l'Arak, posso dire che si tratta di un liquore altamente alcolico presente in molti paesi mediorientali, dall'intenso sapore di anice. Assomiglia molto al Pernod o all'Ouzo, ma anche alla nostra Sambuca (ma meno dolce). 
La prima volta che l'ho assaggiato restando senza fiato, ero in un ristorante Libanese a Praga, con cari amici libanesi che pasteggiavano allegramente a gotti di Arak. Dopo il primo sorso entusiastico, la sottoscritta contava i camerieri gemelli che le giravano intorno e cercava di darsi un tono finendo una ciotola di hummus in solitaria.
Quindi, vedere la foto del pollo, leggere Arak e avere il masochistico desiderio di provarlo, è stato tutt'uno. 
Apoteosi, epifania, meraviglia
Metteteci voi la parola che volete: fatto sta che questo pollo, copiosamente avvolto da aromi intensissimi a partire dall'Arak, dalla freschezza acidula delle clementine e dalla leggerezza aromatica dei finocchi, è una scoperta che mi ha conquistata in toto. 
La quantità degli ingredienti è perfetta al millesimo, così come i tempi di cottura. Rispettateli perché il pollo non deve asciugarsi troppo o perderà parte della sua bontà. E se potete, fate marinare il tutto dalla sera prima perché avrete il risultato perfetto.  
Se vi piace il connubio tra dolce e salato, questo è il piatto che fa per voi.
Prima di passare alla ricetta, due annunci importanti: come anticipato negli scorsi post Starbooks, dal prossimo mercoledì che sarà il primo mercoledì di marzo, avrà inizio lo Starbooks Redone
Tutte le amiche che seguono la nostra rubrica e che hanno provato alcune delle ricette proposte o che abbiano acquistato uno dei libri trattati, realizzando ricette diverse da quelle da noi proposte, potranno essere protagoniste pubblicando le proprie ricette e raccontandoci la loro opinione in merito. 
Potranno lasciare il proprio link sull'ultimo post del blog da cui hanno preso la ricetta in questione oppure sulla pagina predisposta da Menu Turistico dove potrete trovare anche tutti i link delle ricette realizzate fino ad oggi. 
Lo Starbooks Redone vuole essere una ulteriore riprova che le nostre impressioni non siano errate. Vorremmo condividere maggiormente con voi questa esperienza estremamente positiva. 
In secondo luogo, non posso dimenticare le splendide proposte delle mie compagne di avventura che salutando Ottolenghi ed il suo Jerusalem, hanno preparato queste meraviglie:
Torta al fieno greco a casa di Menu Turistico
Basic Hummus a casa di Arriciaspiccia
Pollo arrosto con topinambur e limone a casa di Vissi d'Arte e di Cucina
Budino di riso al cardamomo con pistacchi ed acqua di rose a casa di La Apple pie di Mary Pie
Chocolate Krantz cakes a casa di Le Chat Egoiste
Mejadra a casa di La Gaia Celiaca
Polpette al limone e porri a casa di Ale Only Kitchen
Kofta b'siniyah a casa di Arabafelice 
Pollo arrosto con clementine ed Arak (per 4 persone)
100 ml di Arak (in alternativa Ouzo o Pernod)
4 cucchiai di olio extra vergine d'oliva
3 cucchiai di spremuta di succo d'arancia
3 cucchiai di succo di limone
2 cucchiai di mostarda in grani
3 cucchiai di brown sugar light (io ho usato zucchero di canna)
2 finocchi medi (femmine - 500 gr in totale)
1 pollo ruspante grande (c.ca 1,300 gr) diviso in 8 parti senza eliminare la pelle
4 clementine con la buccia affettate orizzontalmente in fette da 5 mm
1 cucchiaio di foglie di timo
2 cucchiaini e mezzo di semi di finocchio leggermente schiacciati
sale - pepe nero 
Prezzemolo fresco tritato grossolanamente per servire. 
Mettete i primi 6 ingredienti in una larga ciotola ed aggiungete 2 cucchiaini 1/2 di sale e 1 cucchiaino 1/2 di pepe. Mescolate bene e mettete da parte.
Pulite i finocchi tagliandoli a metà e poi in quarti ed ogni quarto ulteriormente in 2 spicchi. Aggiungete i finocchi ai liquidi insieme ai pezzi di pollo, le fettine di clementine , il timo ed i semi di finocchio. Mescolate bene con le mani affinché tutti gli ingredienti siano ben mischiati quindi lasciate marinare per qualche ora o tutta la notte (potete evitare anche la fase di marinatura se avete fretta).
Preriscaldate il forno a 220° e trasferite il pollo e la sua marinata in una teglia larga abbastanza per ospitare comodamente tutti gli ingredienti in un solo strato. La pelle del pollo dovrà essere rivolta verso l'alto.
Una volta che il forno è a temperatura mettete la teglia e fate cuocere per 35/45 minuti, fino a che il pollo non sia ben colorito e cotto. Rimuovete dal forno.
Togliete il pollo, i finocchi e le clementine dalla teglia e sistemateli su un piatto di portata, coprite e tenete al caldo.
Mettete i liquidi di cottura (se ne formerà una discreta quantità) in una piccola casseruola e fate cuocere a fuoco medio, portando a bollore e facendo ridurre di un terzo. Ne resteranno c.ca 80 ml. Versate la salsa calda sul pollo, guarnite con prezzemolo sminuzzato e servite. 
Piatto sorprendente, a me è piaciuto immensamente. 
L'Arak non è invasivo, la parte alcolica evapora durante la cottura ed il suo aroma si fonde perfettamente con i sapore dei finocchi e dei suoi semini. 
Clementine e finocchi si caramellano in cottura acquisendo un sapore assolutamente delizioso.
La carne tenera e dolce del pollo si esalta grazie a questi elementi armoniosamente sposati. Una ricetta che ripeterò spesso in stagione di clementine.
Vi aspettiamo mercoledì prossimo con lo Starbooks Redone e poi via con una nuova pubblicazione strabiliante.