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giovedì 26 aprile 2018

Chocolate Digestive: poche storie da raccontare.

Saturday in the Park - Chicago 
A volte ritornano.
Negli ultimi tempi ho messo da parte una gran quantità di ricette realizzate via via e mai pubblicate.
Le ragioni sono molte, la prima delle quali è il poco tempo a disposizione per scrivere, sistemare foto, dedicare attenzione a questo spazio.
La secondo è che quando non so cosa scrivere o non ho nulla da dire, trovo che abbia poco senso pubblicare.
Voi direte: ma c'è la ricetta, non basta quella?
No, purtroppo per me no.
Questo spazio non è nato per la cucina, o almeno non principalmente.
La cucina è sempre stato un pretesto, la scusa dietro la quale nascondere il desiderio di confrontarmi con chi sta' dall'altra parte dello schermo. Su qualsiasi argomento.
Invece ultimamente ho la testa vuota, immersa completamente nel lavoro e forse anche un po' appannata dalla primavera.
Avete presente quella nebbiolina che non vi fa vedere chiaro e vi distrae in continuazione? No, ovviamente...in questo momento mi sembra che siano tutti molto più lucidi di me e la cosa mi preoccupa assai.
In ogni modo, ho molto poco da raccontare se non di cose che vi annoierebbero a morte quindi lascio parlare questi biscotti.
Certamente più eloquenti della sottoscritta.
Sono stata fulminata da questa ricetta di Paul Hollywood vista per caso ad una puntata di City Bakes su Food Network, mentre facevo zapping insieme al consorte.
Forse era destino che li vedessi, perché in realtà quello che mi ha affascinato di più è stata la storia di questi biscotti, che per tanto tempo sono stata la merenda di molti ragazzini nati generazioni prima della mia.
Il nome Digestive, che è stato poi brevettato dalla McVities che ci ha fatto un bel business, nacque dal fatto che nel loro impasto era presente il bicarbonato di sodio, che oltre a renderli più friabili dopo la cottura, si pensava che "digerendo" parte dell'amido contenuto nell'impasto, donasse ai biscotti più digeribilità
Molte persone invece, sono ancora convinte che questi biscotti venissero serviti a fine pasto per favorire la digestione (se penso a certi convivi all'italiana, il biscotto dopo pasto mi fa venir male!).
In ogni caso fatti in casa sono una vera delizia.
C'è una discreta quantità di burro, questo è vero.
Ma non sono affatto dolci e restano veramente friabilissimi se lavorati nei tempi giusti.
Inoltre lo strato di cioccolato in superficie li rende davvero golosi e saranno la gioia per piacevoli snack per grandi e piccini.

PS - Per avere dei fiocchi d'avena "fini" come richiede la ricetta, io ho messo la quantità richiesta di fiocchi biologici già piuttosto piccoli, nel mixer con la lama, e li ho frullati ottenendo un composto simile alla crusca. Non li ho voluti portare a farina perché non avrebbe avuto senso ed i biscotti non avrebbero questo carattere rustico ma intrigante.

Ingredienti per c.ca 20 biscotti
165 g di farina integrale
135 g di fiocchi d'avena fini (per porridge)
1/4 di cucchiaino di sale
1/4 di cucchiaino di bicarbonato
130 g di burro freddo a dadini
40 g di brown sugar
2 cucchiai di latte intero
150 g di cioccolato fondente
  • Metti la farina, l'avena, il sale ed il bicarbonato in una larga ciotola. Sabbia con le mani il burro con le farine fino a che non otterrai delle briciole sottili. 
  • Aggiungi adesso lo zucchero ed il latte ed impasta fino a che il tutto non starà insieme, direttamente nella ciotola. 
  • Appiattisci l'impasto e coprilo con la pellicola. Fallo riposare in frigo per 30 minuti.
  • Prepara due teglie coperte con carta da forno. Una volta riposata, stendi l'impasto fra due fogli di carta da forno allo spessore di 4 mm. 
  • Con un coppapasta di c 6,5 cm di diametro, ricava i biscotti e sistemali sulle placche da forno e rimettili in frigo per altri 20 minuti.
  • Accendi il forno a 190° C. Prendi i biscotti raffreddati e cuocili in forno per 15/20 minuti. Controlla la cottura perché potrebbero bastarti 18 minuti. La superficie deve essere dorata ma non scurire troppo. 
  • Una volta tolti dal forno, con una spatola trasferiscili su una gratella e falli raffreddare completamente. 
  • Mentre i biscotti raffreddano, prepara la copertura tritando il cioccolato finemente e facendolo sciogliere a bagnomaria. Una volta sciolto, rimuovilo dal calore. Lascialo riposare 5 minuti.
  • Riempi un cucchiaino di cioccolato e versalo al centro del biscotto quindi spandilo verso i bordi fino che la superficie sia ben coperta. Aspetta qualche minuto quindi con uno stuzzicadenti traccia una griglia sulla superficie o dei decori come preferisci. Ripeti con tutti i biscotti e lasciali all'aria fino a che il cioccolato non sia completamente solidificato (ci vorranno un paio d'ore, dipende dal calore che hai in casa.)
  • Conservali in una scatola di latta. 

giovedì 16 aprile 2015

72 ore in Irlanda: Connemara e Soda Bread

Il cielo d'Irlanda - F. Mannoia
Improvvisamente, quando ormai non ci speravo più, l'Irlanda è entrata nella mia vita.
Sono stata una bambina fantasiosa, un'adolescente sognante ed una ragazza innamorata delle fiabe e per molti anni (forse ancora adesso), ho avuto la certezza che la mia vita precedente mi avesse vista calpestare la terra irlandese.
Ridete pure, ma ho già parlato spesso in passato di come certe passioni abbiano dominato la mia vita e l'abbiano trascinata in direzioni inaspettate.
La passione per l'Irlanda è arrivata come un presentimento ai tempi del liceo ed è cresciuta nutrendosi di musica, letteratura, storia e più avanti dal desiderio di partire che è rimasto inevaso fino a qualche settimana fa. Sono stata talmente tanto coinvolta dai racconti di Yeats, dai romanzi della O'Brien e dalla musica dei Chieftains e U2 che qualche notte prima della maturità Bono Vox mi è apparso in sogno come la Madonna, dicendomi in perfetto inglese intervallato da gaelico, che sarebbe andato tutto bene.
Quando all'università mi iscrissi ad Erasmus, la destinazione fu Galway. Che poi non sia più partita è un'altra storia, ma già a quel tempo l'isola mi chiamava.
L'invito dell'Ente del Turismo Irlandese e della Cocktail è piombato come il più bel regalo un paio di settimane fa e fino alla partenza ho vissuto in una sorta di trance per l'emozione.
Quando in aeroporto, il giorno della partenza, ho visto che sul tabellone tutti i voli erano stati cancellati tranne quello per Dublino, l'ho preso come un segno indiscutibile che quello sarebbe stato il mio viaggio irlandese e sarebbe stato perfetto!
Il primo suono che ho riconosciuto svegliandomi senza ricordare dove fossi, è stato lo stridio dei gabbiani. Che mi ha immediatamente disorientato richiedendomi qualche istante per mettere insieme i pezzi. Quello che ricordo è stata l'immediata eccitazione della consapevolezza: sono qua, finalmente.
Alle spalle avevo solo il trasferimento da Dublino a Galway con la sosta al sito di Clonmacnoise, un sito monastico di struggente bellezza.
Arrivare all'imbrunire ha reso ancora più suggestiva la visita di questo luogo, silenzioso e denso di atmosfera: per secoli ha rappresentato un centro culturale e religioso molto importante. Nel Medioevo fu anche sede di una università ma con l'avvento di Cromwell nel XVII sec. fu devastato per suo ordine ed il suo declino fu definitivo.
Il pellegrinaggio di molti irlandesi in questo luogo magico è tutt'ora intenso. Qualcuno si impossessa segretamente di "zolle" della terra di Clonmacnoise per sistemarle intorno alla propria casa e chiamare la buona sorte, e non è difficile osservare la traccia di questi "passaggi" visitando il sito.
Galway è una cittadina colorata è allegra come d'altronde molti luoghi di questa isola, ed è l'accesso obbligato alla regione del Connemara ed alle isole Aran, che purtroppo non ho visitato stavolta.
Arrivare la sera della vittoria degli irlandesi contro la Scozia, nel torneo di Rugby 4 Nazioni, ha resto tutto più animato. Purtroppo il tempo per visitare Galway con la luce del sole non c'è stato, ma l'impressione è stata bella, di quelle che ti invitano a ritornare per scoprire di più.
La baia di Galway è però uno spettacolo che non va trascurato.
Chilometri di spiagge affacciate sull'oceano, sabbia e ciottoli dai colori cangianti, le nubi che si gettano nell'orizzonte e un cielo che sembra così vicino da poterlo toccare.
C'è sempre vento, ma il sabato mattina con sole o con la pioggia, decine di persone si riversano sul lungomare per correre e giocare con i propri bambini e cani.
Una tradizione vuole che se ti bagni i piedi nelle acque gelide della Baia, allunghi la tua vita di un giorno. Se ti tuffi, la tua vita si allungherà di tre giorni. E vi garantisco che c'è qualcuno che questa tradizione la prende in parola.
Sono tante le emozioni che ho provato e che ancora mi smuovono dentro al ricordo di questo viaggio, ma la giornata in Connemara è probabilmente quella che più porterò nel cuore.
Non so, forse perché è stato il primo vero giorno di viaggio, forse perché dopo una mattina brumosa e grigia, il sole ha messo da parte la timidezza e si è donato a noi in tutta la sua potenza, o forse per il racconto di un passato così sofferto e tragico di cui l'Isola porta ancora i segni e che così bene ci è stato raccontato dalla nostra guida Cecilia.
Fatto sta che senza vergogna, sento la gola che si stringe al pensiero della bellezza indomabile di questi luoghi.
Lasciando Galway si percorre la strada costiera R336 in direzione Maam Cross, addentrandoci nel Connemara national Park. Questa zona così particolare è lontana dall'immagine che ci si fa dell'Irlanda tutta verde e coperta di pascoli.
In realtà il Connemara e l'Irlanda dell'ovest sono stati i territori più colpiti dalla grave carestia delle patate che si abbatté sull'isola dal 1845 per 5 anni.
Adesso provate ad immaginare un paese che all'epoca contava c.ca 8 milioni di abitanti in grande aumento demografico, e che al termine di questa carestia, fra persone morte letteralmente di fame ed altre fuggite in America per non morire (cc.a 2 milioni), si ritrova con c.ca 2 milioni di sopravvissuti.
Le ragioni di questa tragedia furono molteplici, in primis l'occupazione inglese che sfruttava la produzione alimentare locale esportandola e lasciando agli irlandesi il minimo della sussistenza, tra cui ovviamente le patate, principale fonte di nutrimento.
Tutto questo territorio, per altro ingrato in quanto difficile da coltivare, è caratterizzato dalla presenza di estese "miniere" di torba, materiale organico preistorico che viene estratto e lasciato asciugare all'aria o in balle di plastica quindi utilizzato come combustibile. Quando il fungo della peronospora attaccò le coltivazioni, per questa gente non ci fu più nulla da fare.
Viaggiando si notano continui giacimenti di torba intervallati da laghetti, ruscelli e greggi di pecore a perdita d'occhio.
Immancabili, le "casette della carestia"(famine in inglese), che si possono incontrare in gran numero lungo la costa.
Spesso gli irlandesi che acquistano terreni in cui sorgono i ruderi di queste casette, costruiscono la propria dimora nelle vicinanze per mantenerne viva la memoria e per il rispetto di chi prima di loro, ha vissuto questa tragedia.
Lungo le strade tortuose del Connemara, i campi mostrano continue ferite nere a contrasto con improvvisi specchi d'acqua e colline brulle, aspre, selvagge.
Se si ha la fortuna di incontrare una giornata di sole, il colore e la bellezza di questi paesaggi di estrema rudezza è toccante ed unico.
Il nome Connemara deriva dal gaelico, e prende il nome da una tribù di nome Conne, unita alla parola Mara che in gaelico significa mare.
Per l'ora di pranzo, Lough Inagh ci ha accolto con questa luce e questi colori.
Potete bene immaginare la mia faccia e la sensazione di essere arrivata direttamente dentro un sogno.
Di fronte al laghetto si trova un lodge, Lodge Lough Inagh assolutamente delizioso, dove è possibile fermarsi per un light lunch, anche perché intorno non c'è assolutamente nulla per chilometri e la sosta vale davvero il viaggio.
Lasciando il lago in direzione Kylemore, si arriva in brevissimo tempo alla splendida Abbazia omonima. Questo stupendo monumento ha una storia molto romantica, come spesso hanno edifici dall'aspetto sognante. Mitchell Henry e la sua bellissima moglie Margaret trascorsero la luna di miele in un cottage a Kylemore vivendo giorni meravigliosi al punto che il marito decise di fare un regalo alla moglie tanto amata costruendogli il Castello di Kylemore ed i meravigliosi giardini.
Qui vissero anni stupendi, dando alla luce 9 bambini ma l'improvvisa morte della moglie tanto amata non fu mai superata da Mitchell, che decise di vendere il castello. Successivamente divenne un college per ragazze di buona famiglia ed oggi invece è un museo gestito oculatamente da monache.
Si percepisce un'atmosfera speciale e camminando fra i sentieri dell'enorme giardino, si ha come la sensazione che qui il tempo si sia irrimediabilmente fermato.
Le pecore di Aran, questo è il tipo autoctono che abbiamo incontrato mille e mille volte, non sono originarie delle Isole omonime come molti pensano, ma realmente irlandesi. Sull'isola di Aran veniva lavorata la lana dalle abili mani delle donne e successivamente venduta.
Quindi per comprare un capo con questo meraviglioso materiale, qualcora non possiate andare ad Aran, non avrete certo difficoltà a trovarlo girando per l'Isola.
Queste pecore sono molto particolari: zampe e muso nerissimi.
Da lontano sembrano quadrate, un po' come quelle dei cartoni animati, ed è stato divertente tentare di immortalarle dal bus o quando le abbiamo incontrate live, perché sono particolarmente sfuggenti e ritrose.
Altri animali che incontrerete durante il vostro pellegrinare in terra irlandese, sono le mucche ed i pony.
La tradizione vuole che se ne contate 13 (di pony - ma attenzione devono essere quelli irlandesi e non semplici cavalli) durante il giorno, sarete fortunati nei giorni a venire. Beh, io li ho contati tutti e 13!
Tornando a Galway da Kylemore,  si percorre la N59 fino a Leenaun costeggiando il grande fiordo di Killary e si prosegue sulla 336 fino al delizioso paese di Maum An Mam. Proprio lungo questa strada si incontra il famoso ponticello del film "A quiet man" che fu costruito appositamente per il set ma che non è mai stato "smontato" a memoria del grande film. Dal pullman purtroppo non sono riuscita a fotografarlo ma potrete farlo voi se ci andrete.
Credo di averi tediato abbastanza, ma tornerò a parlare di Irlanda molto presto, con la seconda puntata del mio viaggio ed un nuova ricetta. Vi lascio però un pane profumato di burro che si fa in un baleno e che è proprio tradizionale di questa terra.
Buonissimo mangiato il giorno stesso, a me è rimasto morbido per 3 giorni avvolto in un panno di lino.
Il Soda bread è un pane povero che si prepara in un attimo, non necessità di impasto e va fatto riposare 30 minuti prima di infornare.
L'agente lievitante è il bicarbonato di sodio che a contatto con il latticello (la parte sierosa che si separa dalla massa grassa quando viene prodotto il burro) ha una reazione chimica e provoca la lievitazione. 
Si trova praticamente in tutte le case irlandesi proprio per la facilità con cui si può preparare. 
L'impasto viene inciso profondamente con una croce per "fare uscire le fate", come dicono gli irlandesi. 
Ho trovato questa motivazione così deliziosa che ho voluto immediatamente prepararlo e se vi dico che si fa in un attimo, credetemi.
Perfetto tostato con ottimo burro e marmellata o con burro salato e salmone irlandese!
Da una ricetta di Paul Hollywood - Bread
250 g di farina 0 
250 g di farina integrale (io ho usato la mia farina Verna)
1 cucchiaino di bicarbonato di sodio
1 cucchiaino di sale
420 ml di latticello (si trova nei negozi bio ma si può fare anche in casa)
Setacciare entrambe le farine e metterle in una larga ciotola miscelandole.
Aggiungere il bicarbonato ed il sale e mescolare bene.
Fate un buco al centro ed aggiungete il latticello e mescolate con un cucchiaio di legno o con una mano per ottenere un impasto denso e appiccicoso.
Infarinate un piano di lavoro e buttateci sopra l'impasto. Rollatelo con delicatezza e richiudetelo su se stesso un paio di volte per far stare insieme il composto.
Con le mani a coppa fate ruotare l'impasto per ottenere una palla che metterete su una teglia coperta di carta da forno ben infarinata.
Con un coltello ben affilato fate delle profonde incisioni a croce per fare uscire le fate. 
Non vi preoccupate se vi sembrerà che le parti si separino. Si ricongiungeranno di nuovo con la cottura e lievitazione.
Lasciate riposare l'impasto 30 minuti mentre scaldate il forno a 200°.
Cuocete il pane al centro del forno per 30/40 minuti, fino a quando la crosta non sarà marrone dorato e marrone pallido sui tagli. 
Battete il pane nella parte inferiore e se suona a vuoto, vuol dire che è pronto. 
Fate raffreddare su una griglia e servitelo come più vi piace. 

venerdì 25 ottobre 2013

Pain de Savoie per lo Starbooks di Paul Hollywood

Staying alive - Bee Gees
Questo è il mio secondo contributo allo Starbooks di Ottobre. 
Uno Starbooks che profuma di lievito e crosta di pane come i migliori Champagne in circolazione. 
Spumeggiante, curioso, utile e imperdibile, ve lo consiglio vivamente. 
Come questa ricetta, di un pane che contiene già il suo companatico e che per una volta vi farà dire che di solo pane, vivere si può!

Vi aspetto di là per la ricetta. Buon week end e buon Starbooks!



venerdì 11 ottobre 2013

L'arte di fare il pane dalle mani di Paul Hollywood

Scenes form an Italian Restaurant - B. Joel live 
Mi sono buttata sul lievitato! 
E tutto questo grazie allo Starbooks, che per questo mese ha deciso di mettere alla prova le ricette di uno che di pane e lievitati non solo se ne intende, ma è un vero e proprio guru d'Oltremanica. 
Non so se ne avete sentito parlare: confesso che per me fosse un nome piovuto dal cielo. 
Ma nell'ambiente della panificazione se pronunci Paul Hollywood, puoi assistere a dei veri e propri inchini e riverenze.
Il nostro "panettiere" dagli occhi di ghiaccio (se volete sapere tutto, ma proprio tutto di lui, andate qui), ha pubblicato diversi libri sull'argomento, un successo dietro l'altro, e per il mese di Ottobre noi testeremo decine di ricette soffici e fragranti dal profumo di lievito e vi consiglio di cuore di non perdervi questo straordinario Starbooks. 
Se ci sono riuscita io, che sui lievitati ho un vero e proprio complesso, voi non potrete che tirar fuori dei capolavori. 
E perdonatemi se con questo meraviglioso Bloomer ho abbinato un tocco di cioccolato nero di Modica. 
Pane appena sfornato e cioccolato fondente per la sottoscritta sono assolutamente irresistibili! 
Per la ricetta andate qui! Buona lettura e buon fine settimana!