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mercoledì 15 dicembre 2021

Fattu e cottu: la torta di Saba di Quartu Sant'Elena

Nel dicembre del 2014, qualche settimana prima di Natale, partivo per la Sardegna con un gruppo di 15 amiche blogger  per un intenso viaggio di scoperta territoriale e gastronomica nel Sud e centro di questa incredibile regione. 
In soli 4 giorni, a seguito di quel viaggio, tutte le mie certezze, la mia idea e conoscenze dell'isola, in cui mi ero già recata molte volte per lavoro ed anche per piacere, mutarono diventando un "sentimento". 
Si, un sentimento profondo, un'emozione difficile da spiegare, vicina ad un senso di appartenenza che ancora oggi, a distanza di tempo e spazio, è costantemente rinnovato grazie ad amicizie, esperienze e ritorni a cui non riesco a rinunciare. 
In quel primo viaggio nella Sardegna a me ignota, ebbi il privilegio di conoscere una parte di Sarrabus, attraverso i borghi di S. Vito, Muravera con l'incredibile Peschiera Su Feraxi, ma anche Villasalto, uno splendido borgo della provincia del Sud Sardegna. 
Essendo il periodo antecedente le feste più importanti dell'anno, gli abitanti di questi borghi, in particolare le donne, erano in frenetica preparazione di ogni tipo di delizia. 
E' proprio a S. Vito che ho assaggiato il pollo ripieno, prima bollito nel brodo quindi passato in forno per creare una crosticina croccante all'esterno. 
E' qui che ho visto preparare delle enormi Panadas ripiene di agnello, patate e carciofi e visto nascere dei culurgiones belli come gioielli dalle mani di operose signore. 
Qui ho scoperto "la saba". 
Durante la visita ad un'azienda agraria locale circondata da un agrumeto meraviglioso, ci fu servito un pranzo a base di tutti i prodotti di quella terra che per finire, si conclusero con una torta di sapa di arance che divenne il tormentone del viaggio per ognuna di noi. 
Mi sono riportata a casa la ricetta della sapa di arance che ho immediatamente riprodotto per calmare la nostalgia di quei giorni. 
Ma che cos'è la Saba, conosciuta su tutto il territorio sardo ed utilizzata per moltissime ricette? 


La saba o sapa è uno sciroppo simile alla melassa, ottenuto dalla riduzione dei succhi e quindi degli zuccheri della frutta. 
Si realizza in molti territori della nostra penisola, in varie forme e nomi: sapa, vincotto, mosto cotto, ecc, e si ricava da fichi, arance, mosto di vino, melagrana. 
Se ne conoscete altri, mi piacerebbe saperlo. 
I succhi della frutta vengono messi a cuocere con zucchero a fiamma molto dolce, per ore. 
Si riducono fino ad ottenere una salsa fluida come il miele, che viene conservata in barattoli ermetici  molto a lungo. 
E' un nettare prezioso che arricchisce piatti dolci e salati e viene utilizzato soprattutto durante il periodo delle feste, in molti ripieni. 
In Sardegna, su tutto il territorio da Nord a Sud, è conosciuta per essere l'ingrediente principale del Pan 'i saba o Pane e saba, ma studiando e documentandomi sulla ricetta, questo stesso pane dolce lievitato, ha una sua versione più semplice che diventa torta. 
In particolare nella zona a sud di Cagliari, nel paese di Quartu Sant'Elena, delizioso borgo praticamente attaccato alla città, si prepara il "Fattu e cottu", una torta di Saba che assomiglia in tutto e per tutto al pane negli ingredienti contenuti, ma che di fatto un pane non è. 
E' un dolce della tavola di Natale. 
Ogni famiglia ha la sua ricetta perché il Pane di saba o la Torta, sono chiaramente un affare privato che si tramanda da nonna a nipote, spesso senza neanche il "pizzino" con la ricetta ma con l'esperienza diretta del "cucinare a occhio" o a sentimento. 
Quindi so già che gli amici sardi che leggeranno questo post  troveranno delle differenze nella ricetta che propongo, ma io l'ho presa in prestito da una amica sarda che mi ha donato quella della sua famiglia. 
Fattu e cottu. 
Il nome fa immediatamente pensare a qualcosa che si prepara velocemente, senza l'attesa che necessita un pane e quindi sottolinea la sua differenza dal Pane di Sapa più tradizionale. 
Trattasi di una torta ricca, piena di cose preziose: la frutta secca, i canditi, le spezie e questa salsa golosa e scura come una melassa che rende l'impasto color del rame e la sua texture umida e morbidissima.  
E per finire, un trionfo di confettini colorati, codette, foglia d'oro. 
Mi direte: ma la saba o sapa dove la trovo? 
Eh, questa è una bella domanda. 
Non disperate perché se vi fate un giro on line, troverete ampia scelta ed ormai gli acquisti in rete non ci fanno paura. 
Altro ingrediente caratterizzante e imprescindibile, è la Saporita. 
Io l'ho scoperta grazie a mia suocera che la usava per profumare il ripieno di ravioli di ricotta. 
Un misto spezie "dolce" che io uso sempre, in ragù, dolci, ripieni di carne...insomma ne ho una piccola dipendenza. 
Anche qui, nessuna difficoltà a trovarla in rete ed è un prodotto economico di cui vi innamorerete. 
Veniamo ora alla ricetta: l'unica attenzione da fare è sulla cottura. 
Fate la prova stecchino: la torta non si deve asciugare troppo. 
E soprattutto usate tutta la sapa richiesta altrimenti non otterrete la morbidezza prevista. 
Ingredienti per uno stampo da 18 cm di diametro e 8/10 tortine monoporzione
2 uova medie a temperatura ambiente 
200 g di zucchero
50 g di strutto 
170 ml di latte intero tiepido 
1 cucchiaino raso di bicarbonato 
1 bustina di lievito per dolci 
80 g di uvetta 
80 g di mandorle tostate e tritate grossolanamente + qualcuna per decorare
80 g di noci sminuzzate 
50 g di arancia candita a dadini
30 g di cedro candito a dadini 
400 g di farina 00
250 ml di sapa di mosto
la scorza di una arancia non trattata grattugiata 
1 cucchiaino di estratto di vaniglia 
1 bustina di misto spezie La Saporita 
1 cucchiaino di cannella 
1 pizzico di sale

Per la finitura 
200 ml di sapa 
briciole di oro alimentare
codette e monopariglia colorata, confettini d'argento e altro vostro piacere. 
  • Mettete in ammollo l'uvetta in acqua tiepida. Se volete aromatizzatela con del succo d'arancia o liquore. Lasciatela in ammollo almeno mezz'ora. 
  • Fate sciogliere lo strutto nel latte che avrete intiepidito 
  • Setacciate la farina con lievito,  bicarbonato, spezie, sale, cannella e saporita 
  • Nella ciotola della planetaria montate le uova, la scorza di arancia e la vaniglia con lo zucchero fino ad ottenere un composto gonfio e chiaro. Lentamente aggiungete a filo la sapa che avrete leggermente scaldato
  • Quando il composto sarà omogeneo, aggiungete la farina miscelata con lieviti e spezie, in tre tempi, alternandola con il latte e strutto, cominciando e terminando con la farina. 
  • Mentre impastate con una frusta a mano, pulite bene i bordi con una spatola di silicone. 
  • Scolate l'uvetta, strizzatela bene. Mettetela in una ciotola con i canditi, miscelate il tutto e spolveratelo di farina. Incorporateli con la spatola nel composto e poi aggiungete la frutta secca. 
  • Versate il composto in uno stampo a ciambella a cerniera 18 cm di diametro ed il resto in stampini monoporzione della forma che preferite, il tutto imburrato, riempiendo a 2/3 gli stampi. 
  • Cuocete a 170 per c.ca 20/25 minuti (dipende dalla grandezza degli stampini) le monoporzioni e a 35/40 la ciambella. Controllate con lo stecchino: deve uscite pulito ma l'interno deve restare morbido e umido. 
  • Fate raffreddare su una gratella quindi spennellate con il resto della sapa intiepidita e lasciate asciugare quindi decorate con le mandorle, codette, monopariglia ecc. secondo la vostra fantasia e grazia. 




giovedì 10 dicembre 2020

La Panada (Sa Panada) e la "Pentola di Pane"

Oh Holy Night - Matt Nickle Music 

Non appena questo periodo di eremitaggio forzato terminerà e prenderò coscienza che il mondo è tornato un posto sicuro in cui muoversi, la mia voglia e necessità di viaggiare deflagherà come una supernova. 
Il viaggio è una delle ragioni per cui la vita merita di essere vissuta e non per niente l'ho scelto come lavoro. 
So per certo che cercherò di viaggiare nel nostro paese: la tendenza generale sarà quella dei viaggi di prossimità prima che la situazione possa tornare alla completa normalità.
Magari già da questa primavera potrò tornare in Sardegna, a Cagliari, una città di una bellezza decisamente sottovalutata. 
Dalla Toscana abbiamo la fortuna di volare direttamente da Pisa in meno di un'ora e con il trenino metropolitano dall'aeroporto, in un attimo si è nel cuore di questa fantastica città. 
Ci sono stata svariate volte negli ultimi cinque anni ed ogni volta è stata una vera sorpresa.
In un intenso moto di nostalgia, voglio parlarvi di un piatto tradizionale sardo che è un po' una metafora del viaggio: Sa Panada.
Un mondo di sapori racchiuso in una crosta croccante: non sai mai cosa aspettarti fino a quando non avrai dato il primo morso. 
Il viaggio è così: non sai mai cosa ti attenda sino a che non parti. 
I luoghi della Panada
La panada più cara ai cagliaritani è indubbiamente quella di Assemini, piccolo borgo a c.ca 10 km a sud di Cagliari. 
La leggenda vuole che la panada sia nata qui, sui bordi del grande stagno di Santa Gilla, vicino al quale sorge il paese. In queste acque dolci si pescano rinomate anguille che vengono cucinate in molti modi e che spesso finiscono in crosta. Pare che durante una ricca giornata di pesca, i pescatori non avendo un utensile adatto per cuocere questo pesce, lo abbiano avvolto nella onnipresente pasta di pane creando una sorta di pentola e così cotto sul fuoco. 
Il risultato fu talmente sorprendente da diventare presto un piatto molto amato, dal variegato ripieno che oggi possiamo trovare a base di agnello, manzo, carciofi, funghi e quanto la fantasia proponga. 
Altri luoghi in cui gustare la panada sono Cuglieri, Oschiri (una delle poche che viene lucidata con l'immersione nell'acqua bollente), Berchidda e Pattada. 

La "Pentola di pane" 
Nei giorni di festa e spesso sotto Natale, la panada vive il suo momento di gloria. 
Sopra ad una tavola riccamente imbandita, si servono grandi "pentole di pane" ripiene di ogni bontà, eliminando il coperchio con un coltello affilato una volta presentata. 
Nella vita quotidiana, sono apprezzatissime le mono porzioni: panadine riccamente farcite che diventano un facile cibo da strada da consumare in pausa pranzo o mini panade grandi come un boccone servite in aperitivi eleganti. 
Il concetto di "pentola di pane" ovvero contenitore di cibo mangiabile con le mani grazie all'ausilio della crosta, è molto antico e risale già ad epoca romana ma con maggiore utilizzo nel Medioevo, in cui il "pasticcio" non poteva mancare sia sulle nobili tavole dei signori che più in basso, al desco dei meno abbienti, diventando un cibo nutriente e piuttosto bilanciato in quanto conteneva allo stesso tempo, quando disponibili, proteine, carboidrati e fibre. 
Mentre il termine panada, pare rifarsi alla tradizione di influenza iberica dove ancora oggi troviamo la celebre Empanada Gallega o le Empanadas presenti in molti luoghi del Sud America, soprattutto in Argentina. 

Acqua, semola e strutto.
L'impasto che crea la panada, è di semplice semola rimacinata, in parte tagliata con farina 0, strutto ed acqua. L'olio extravergine ha quasi del tutto sostituito lo strutto, ma nel mio caso ho voluto mantenere la tradizione utilizzando come elemento grasso lo strutto aggiungendo anche 2 cucchiai d'olio buono come consigliato da una amica. Inoltre pur essendo una pasta di pane, non vi è alcun agente lievitante. 
Potrei dire che  stiamo parlando di una sorta di frolla salata molto resistente ed elastica, chiamata anche "pasta violata" ed utilizzata anche per la preparazione delle pardulas. 
Le versioni tradizionali della panada sono due: con anguille e con agnello e carciofi. 
Il ripieno deve essere ricco e abbondante per bilanciare con la crosta che lo serve. Inoltre non può mancare la presenza del celebre pomodorino secco sotto sale, il tradizionale insaporitore di molti piatti sardi.
La ricchezza della panada ha fatto nascere anche un simpatico detto originario di Assemini: Sesi tunda comendi una Panada", un modo bonario e carino per indicare una persona florida. 
La "mia" Panadina vegetariana
Non me ne vogliano i puristi, ma essendo la prima volta che mi cimento in questa ricetta, ho voluto provare un ripieno semplice e di mio gusto, utilizzando solo carciofi di stagione (purtroppo non il celebre Spinoso, ma solo dei Morelli toscani comunque saporiti), patate, pomodorini secchi sotto sale e aromi. 
Il risultato mi ha sorpreso moltissimo, soprattutto per la resa della pasta, così duttile, setosa e croccante una volta cotta.
Di certo sperimenterò nuovi ripieni, portando nel cuore il mio infinito affetto per questa isola meravigliosa. 
Per le informazioni storiche sulla Panada devo ringraziare la cara Dr.ssa Alessandra Guigoni che con il suo libro "Cibo Identitario della Sardegna" - Istituto Superiore Regionale Etnografico (Regione Sardegna) - mi ha aiutata a mettere chiarezza sulle origini ed i luoghi di questa importante ricetta. 

Ingredienti per 6 panadine 

Per la pasta di pane 
300 g di semola rimacinata
200 g di farina 0
100 g di strutto ammorbidito 
250 ml c.ca di acqua a temperatura ambiente
2 cucchiai di olio extravergine d'oliva  
1 cucchiaino di sale 

Per il ripieno 
5 carciofi spinosi (io ho usato dei Morelli toscani)
3 patate medie 
50 g di pomodorini secchi sotto sale 
1 spicchio d'aglio
1 mazzetto di prezzemolo 
qualche rametto di timo
1 limone
olio extravergine qb 
sale - pepe a piacere 

  • Miscelate le farine insieme al sale e formate una fontana su una spianatoia. Al centro mettete lo strutto ammorbidito e l'olio extravergine. Versate metà dell'acqua e con una forchetta cominciate ad incorporare la farina all'acqua e ai grassi. Continuate ad aggiungere acqua via via in base a quanta ne incorporano le farine e dopo poco cominciate a lavorare l'impasto con le mani. 
  • Quando la massa starà insieme e sarà morbida ma non molle, lavoratela con energia per una decina di minuti. La texture dovrà essere morbida ma non umida o appiccicosa, ma bella asciutta e setosa. Una volta pronta avvolgetela nella pellicola e fatela riposare al fresco mentre preparate il ripieno. 
  • Sbucciate, lavate e lessate le patate per 20 minuti. Non dovranno essere completamente cotte perché termineranno la cottura nella panada. Fate raffreddare completamente. 
  • Private i carciofi delle foglie più dure e le parti dei gambi più coriacee quindi metteteli in acqua acidulata con il succo di un limone. Successivamente tagliateli a metà, privateli dell'eventuale fieno e affettateli finemente. Pulite i gambi e sminuzzateli.
  • In una larga padella, scaldate 3 cucchiai di olio con lo spicchio d'aglio, aggiungete tutti i carciofi e fate cuocere 7/8 minuti, mescolando via via ed aggiungendo poca acqua se necessario. Salate ed insaporite con un cucchiaio di prezzemolo tritato quindi fate raffreddare. 
  • Stendete l'impasto con un mattarello ad uno spessore di 4/5 mm. Con due coppapasta, uno di 15 cm ed uno di 8 cm di diametro. I ritagli potranno essere reimpastati con facilità. 
  • Al centro del cerchio grande, che sarà il contenitore del ripieno, formate una montagnetta di carciofi e patate intervallati dai pomodorini secchi tagliati a filletti. Condite con un filo d'olio e poco sale, qualche fogliolina di timo ed appoggiate il cerchio piccolo sulla cima. 
  •  Sollevate il lembo della base su un lato e portate a toccare il lembo del coperchio unendoli per attaccarli. Fate lo stesso con il lembo opposto, quindi con quello in alto e quello in basso. A questo punto chiudete bene il tutto schiacciando il bordo con le dita verso l'alto (v. foto seguente). 
  • Il passo successivo sarà realizzare la "spighetta" ovvero la decorazione che assomiglia ad una piccola treccia. Basterà pizzicare il lembo con il pollice e sovrapporlo verso l'indice con una sequenza sempre uguale e continuativa, fino a completare la circonferenza. 
  • Una volta realizzate le vostre panadine, mettetele una ventina di minuti in frigo mentre accendete il forno a 180° C. Sistemate le panadine su una placca coperta con carta da forno e fate cuocere per almeno 1 ora fino a che non saranno ben dorate sopra e sotto, girando la teglia a metà cottura. 
  • Servitele ben calde. 
  • Si conservano a lungo, al fresco coperte con dell'alluminio. Basterà riscaldarle in forno perché tornino buone come appena fatte. 



venerdì 12 aprile 2019

Guida di Siviglia da Azulejos a Tapas: huevos a la flamenca

Sevilla - Sevillana da Suite Espanola - Albeniz 
Sto aspettando di scrivere questo post da un secolo, esattamente dallo scorso Ottobre, dopo essere rientrata da un viaggio per lavoro in Andalusia ed essere tornata con la testa frastornata di meraviglia, come sempre mi succede quando rivedo quei luoghi.
Sarà che ormai la conosco bene; sarà che quella parte di Spagna mi riporta a momenti di pura felicità trascorsi da ragazzina in fiore con la mia famiglia.
Sarà per tutto quel sole, quella luce potente.
La bellezza di una terra piena di contraddizioni profonde a partire da quella costa ormai più simile ad un alverare che alla parola "mare" e quell'interno desertico, silenzioso ed essenziale, quasi estraniante di una rudezza che stringe il cuore.
Vi racconto i miei pensieri sparsi che vorrei spalmare su singoli post perché un viaggio di 8 giorni è già faticoso da dire, figuriamoci da scrivere.
Se deciderete di fare un long week end a Siviglia, scegliete tutto l'anno tranne l'estate.
Invece di optare per la solita Parigi, l'immarcescibile Londra, la old fashioned Praga...pensate al sud.
Siviglia è stupenda in autunno ed in inverno non fa neppure freddo.
Molti si dannano perché se non fanno tutto il giro della regione, credono che una sola città alla volta sia una perdita di tempo. Beata ignoranza.
L'Andalusia è la regione più grande di Spagna; le distanze tra una città e l'altra sono significative ed i collegamenti non sempre velocissimi, e per vederla come si deve ci vorrebbero almeno 10 giorni (e non gli 8 risicati che spesso noi agenti di viaggio dobbiamo adattare alle richieste dei più).
Siviglia in particolare, è una di quelle città in cui tornerei mille volte, perché le cose da vedere e fare sono talmente tante che un paio di notti bastano a malapena a rendersi conto di quanta meraviglia ci sia da scoprire.
Io ci sono arrivata in un pomeriggio di inizio Ottobre, con la bellezza di 31°C all'ombra.
Scendendo su Malaga, mi sono sciroppata un viaggio di oltre 2 ore per arrivarci, ma alle porte della città mi aspettava un tramonto talmente incredibile che tutta la stanchezza è svanita come il sole dietro le colline.
Vorrei cercare di raccontarvela seguendo un alfabeto lievemente zoppicante.
La mia Siviglia dall'Azulejos a las Tapas!
Ballatoi smaltati sui ponticelli di Plaza de Espana
A COME AZULEJOS: adoro questa parola!
Intanto si pronuncia "Asulehos" aspirando al H, cosa che a noi toscani riesce parecchio bene.
Così, incontrando un José o un Juan o ordinando del Jamon, non scivolerete su quella J (il cui nome è Jota) come se foste dei francesi imbarazzati, ma aspirerete ben bene e sarete rispettati dai locali.
Tornando ai nostri Azulejos, ne incontrerete tanti a Siviglia.
Piastrelle meravigliosamente decorate con motivi ornamentali di vario genere, che compaiono su facciate di edifici, porte, ballatoi, pareti e anche nella Plaza de Toros.
A Plaza de Espana ne verrete travolti ed avrete difficolta a scegliere il vostro preferito in quanto l'immensa piazza ne è interamente decorata.
Sono di origine araba, come molte delle meraviglie che contemplerete in questa città.
L'azzurro su bianco è il colore più utilizzato ma la policromia è sempre presente.
B COME BARRIO DE SANTA CRUZ: anche detto la "Juderia", ovvero il quartiere ebraico.
Un labirinto (e credetemi se lo chiamo così) di strade strette intervallate da piccole piazze, micro giardini nascosti da corti interne, Tapas bar, Boutique Hotel e negozietti che vi tenteranno ad ogni angolo.
Un luogo in cui vorrei perdermi ogni giorno.
Le strade strette sono una difesa contro il gran caldo estivo e non vi è casa che al suo ingresso non abbia una piccola corte con fontanella sempre spillante: il rumore stesso dell'acqua è qualcosa che ristora la mente e calma il cuore (quest'usanza è naturalmente araba).
Trascorrerci un'intera mattinata è inevitabile, ma tornarci, specialmente la sera, vi sembrerà necessario.
Santa Cruz ha il pregio di essere sede dei più importanti monumenti di Siviglia, dall'Alcazar de los Reyes (la dimora Reale), alla Giralda, che vedrete sbucare improvvisamente una volta lasciando il quartiere, all'Archivio de las Indias, luogo in cui si conservano i documenti di gran parte delle colonizzazioni spagnole in sud America.
Ma a mio avviso, i luoghi più romantici ed indimenticabili, sono l'incantevole Plaza Dona Elvira, circondata da alberi di arancio (che sono sparsi nei giardini di tutta la città) e panchine smaltate e l'Antico Ricon del Beso, un angolino su Calle Gloria, in cui troverete una targa perfetta da immortalare con un bacio.

C COME CATEDRAL: Vi basti sapere che la Cattedrale di Santa Maria di Siviglia è la terza più grande al mondo, dopo S. Pietro a Roma e St Paul a Londra.
Ma entrandovi, avrete realmente l'impressione che sia immensa.
Il senso di smarrimento è dietro l'angolo, quindi tenete botta, armatevi di una guida o di auricolari e state ben svegli perché di mano leste pronte ad alleggerirvi borse e zaini mentre voi cadete in deliquio come Santa Teresa, ce ne sono in abbondanza.
Contenete l'emozione, che vi garantisco ci sarà, e godetevi uno dei monumenti della cristianità più belli al mondo.
Si paga un ingresso che include anche l'accesso alla Giralda, la torre campanaria che, insieme al giardino degli aranci, è l'unica parte araba restante della grandissima moschea su cui oggi sorge la Cattedrale.
Al suo interno non perdete la Cappella Ovale ed il Monumento funebre a Cristoforo Colombo, i cui resti riposano nell' imponente sarcofago in bronzo sostenuto da 4 araldi che rappresentano le quattro corone di Spagna: Leon, Castiglia, Navarra e Aragona.
Sapevate che Cristoforo Colombo riposa qui?
D COME DOMANI: Che è quando dovrete cominciare a programmare un viaggio per venire in questa città!

E COME ESPOSIZIONE UNIVERSALE: Che c'azzecca con Siviglia, mi direte voi? Beh, se Siviglia è in parte la meravigliosa città che è oggi, è anche grazie a ben due EXPO, chiamiamoli così, che ne hanno arricchito e modificato l'architettura originaria.
La prima, del 1929, fu chiamata Esposizione Ibero-americana in quanto comprendeva quasi tutti i paesi dell'America Latina.  La seconda, più recente, solo nel 1992.
Gli incredibili "padiglioni" realizzati nella prima esposizione, sono in realtà edifici veri e propri rimasti a ricordare la grandezza del progetto e ad abbellire gran parte della Via Cristoforo Colon e il Paseo de Las Delicias.
Per riuscire a vederne la maggioranza, vi consiglio di prenotare un tour panoramico hop on-hop off in bus (a piedi è praticamente impossibile) e fermarvi tutto il tempo che volete ad ammirare i vostri preferiti.
La famosa Plaza de Espana, visitata ogni anno da migliaia di visitatori, è quello che durante questo evento, rappresentava la Spagna: un progetto ambizioso che oggi è divenuto il simbolo stesso di una città (un po' come la Torre Eiffel per Parigi).
Situato nel Parco di Maria Luisa, sarà il luogo in cui lascerete il cuore.
Il mio consiglio è di andarci di prima mattina, quando ancora non è invasa da orde di turisti orientali, o dopo le 18.00, nella luce dorata del tardo pomeriggio.
F COME FLAMENCO,  FICUS BENJAMIN E FERIA DE AVRIL: Parto dall'ultima, la Feria de Avril, che insieme alla Semana Santa è il momento in cui Siviglia mostra tutta la sua sevillanità.
Il popolo della città esce in costume tradizionale, il centro storico è costellato di migliaia di bancarelle che vendono tutto l'artigianato locale, abiti per il flamenco (los trajes de flamenca), cibo e cavalli, che sono simbolo di orgoglio locale.
Si apre la prima Corrida dell'anno e la musica, a suon di Sevillanas y Rumbas, si diffonde in ogni angolo della città.
Il miglior Flamenco si può godere nel quartiere di Triana. Diffidate dei Tablao acchiappaturisti.
Se potete, fatevi consigliare da un locale, ma in ogni caso i detentori della tradizione sono El Arenal e Los Gallos.
Ultima nota: i Ficus Benjamin. Le nostre simpatiche piante di appartamento qui hanno un'occupazione completamente diversa.
Il clima e la luce hanno dato vita a delle piante dalle dimensioni eccezionali, mastodontiche.
Se ci farete caso, potrete scoprire che l'incredibile chioma frondosa dell'albero sotto il quale è sistemato il tavolino su cui state consumando un caffè, è proprio lui, il vostro ficus che qui vive una seconda vita da supereroe.
G COME GIRALDA: Lei la torre più famosa di Siviglia, è croce e delizia di ogni visitatore.
A pianta quadrata, 104 metri per 34 rampe che vi consiglio di percorrere senza alcuna fretta, affacciandovi ad ogni finestra, è il realtà il Minareto della moschea che oggi vede al suo posto la Cattedrale.
Dalla cima la visione non è il massimo in quanto le aperture sono piccole e coperte da griglie, ma la cosa affascinante è osservare come questa cambia durante la vostra salita.
Non essendoci scale, è accessibile a tutti ma la presenza di turisti rende l'ascesa (e discesa) piuttosto impegnativa.
In ogni caso lo sforzo vale la pena.
Giardino degli aranci dalla Giralda. 
Balconi nascosti
Triana e Plaza de Toros dalla Giralda 
H COME HUEVOS A LA FLAMENCA: è la ricetta di oggi, piatto tipico di Siviglia e molto semplice da preparare: un soffritto di cipolla con cui insaporire dell'ottima salsa di pomodoro a cui potrete aggiungere le verdure preferite e di stagione, in particolare piselli, asparagi, peperoni, ecc, che poi verserete in un recipiente di coccio ed aggiungere delle uova freschissime.
La cottura delle uova avverrà in forno a 180° per c.ca 15 minuti, fino a che l'albume non sarà addensato (attenti a non cuocere il tuorlo).
Si serve nel coccio con tanto pane.
M COME MACARENA: La Vergine della Macarena è la più venerata nella città di Siviglia.
Protettrice dei Toreri, viene portata in processione nei giorni della Settimana Santa (ovvero proprio in questi giorni, tra la notte di giovedì e venerdì).
La celebre Chiesa della Macarena, si trova nel quartiere omonimo, fuori dai tradizionali tour turistici, quindi dovrete arrivarci in maniera autonoma, ma la visita vi darà molta soddisfazione in quanto oltre alla bellissima chiesa, potrete scoprire il cuore dell'antico quartiere, a Calle San Luis, con botteghine e ristoranti deliziosi e dare una occhiata al Parlamento di Andalusia, che si trova poco lontano.

O COME OPERA: Se come me amate l'opera, Siviglia è certamente è la città dove perdersi alla ricerca dei luoghi in cui "hanno vissuto" alcuni personaggi indimenticabili come Carmen, la sfortunata sigaraia, la Rosina del più celebre Barbiere e l'indiscusso amante di mille e più donne incarnato da Don Giovanni.
Esistono itinerari guidati, ma arrivarci da soli non è impossibile.
Il cosiddetto "Balcone di Rosina", dove Figaro consigliò al Conte di Almaviva di arrampicarsi per raggiungere la sua amata, si trova in Plaza Alfaro, proprio all'accesso di Santa Cruz.
Dovrete girare intorno all'edificio per osservarlo in tutta al sua bellezza, perchè viene parzialmente nascosto dalle piante del giardino.
il Balcone di Rosina


La Carmen invece (uno dei personaggi d'opera da me più amati), potrete incontrarla nei giardini di fronte alla Real Maestranza, la Plaza de Toros, proprio nel luogo che pone drammaticamente fine alla sua vita, ma la sua presenza potrà essere colta passando di fronte alla Real Fabrica de Tabaco dove lavorava, oggi Università di Siviglia o attraversando il Vicolo dell'Agua (Calle Agua) a Santa Cruz, dove trascorreva le sere ballando il flamenco.

P COME PLAZA DE TOROS: o Real Maestranza, è una delle più importanti di Andalusia e Spagna ma non la più antica (quella si trova a Ronda di cui vi parlerò in un altro post).
Ha una forma ovale ed è immensa, con oltre 14mila posti a sedere.
Ma in questi giorni, sotto Pasqua, non troverete un biglietto a pagarlo oro. I Sevillani non perdono questo momento per niente al mondo.
Non è necessario partecipare alla Corrida per apprezzare l'eleganza di questo edificio, le cui facciate sono dipinte in bianco e giallo oro, colori tradizionali di molti edifici sevillani.
All'interno vi consiglio di visitare il Museo della Real Maestranza, non fosse solo che per ammirare i costumi dei toreri e le immagini storiche in cui appaiono Reali e molti personaggi dell'epoca. E farvi una foto con Carmen (v. O come Opera).

R COME REAL FABRICA DE TABACO: Vedi O come opera

S COME SEMANA SANTA: Insieme alla Feria de Abril, il momento più importante della vita di Siviglia. Comincia esattamente la Domenica delle Palme e si chiude il giorno di Pasqua ed è un susseguirsi di processioni, eventi, folklore e meravigliosa devozione.
Se volete saperne di più, il sito Vivi Andalucia  è fonte di molte interessanti informazioni e potrete approfondire la vostra curiosità. Sappiate però che se decidete di visitare Siviglia in questo periodo, dovrete programmare con largo anticipo ed aspettarvi prezzi un po' più alti della norma.

T COME TAPAS: A Siviglia c'è un'incredibile scelta di ristorazione di qualità ma anche il più piccolo buchino che a voi sembrerà troppo buio o insignificante è in grado di riservare vere sorprese. Intanto sappiate che di base non si pranza, si "tapea", e non c'è orario né quantità.
Se dopo una camminata sarete accaldati (in pratica sempre), ed avete voglia di qualcosa di fresco, diciamo una cervezita (una birretta), potete stare tranquilli che con il costo della birra, per altro ridicolo, vi serviranno sempre un paio di tapas.
In genere dell'ottimo prosciutto Jamon Serrano, leggermente sudato perché a Siviglia i prosciutti stanno appesi al soffitto in qualsiasi momento dell'anno, anche a 40 gradi, oppure dell'Adobo (che altro non è che pesce panato e fritto senza spine) o un'infinità di altre alternative e varianti che dipendono dalla fantasia e gentilezza del gestore. Ma è tradizione, quindi potrete sempre mangiare spendendo cifre bassissime: i miei pranzi composti da una decina di tapas condivise con altri commensali, non hanno mai superato i 10 euro, birra inclusa. In ogni caso non perdetevi un assaggio delle acciughe fritte, i loro "boquerones", una roba che non dimenticherete facilmente.
E siccome avrete modo di scoprirne molte per conto vostro, vi lascio invece qualche dritta per alcuni dei bar e taverne più antichi della città, dove il solo fermarsi per un caffé vi faranno fare un tuffo nella storia, con interni così belli da innamorarsi: 1) El Rinconcillo (1670): qui dovete assaggiare la tapas più tipica di Siviglia, ceci e spinaci. 2) Bodeguita Casa Morales (1850): nel tempo ha apportato alcune innovazioni al menu tradizionale che comunque resta sempre presente.  3) La Teresas (1870): ricco di storia, ha il miglior Jamon Hiberico della città e si trova nel cuore di Santa Cruz. 4) El 3 de Oro (1917): per anni è stato il luogo di incontro di Toreri e calciatori. Bellissimi interni e decor e cucina mediterranea. Perfetto anche per la cena.
Jamon Serrano a Las Teresas
Boquerones e tapas felici

Ho dimenticato di parlarvi di lui, il Guadalquivir, il fiume che attraversa questa potente città e che vi servirà per orientarvi quando vi muoverete da un lato all'altro durante le vostre visite.
Un punto di riferimento utile è la famosa Torre de Oro, l'antica zecca e magazzino aureo della città.
Da qui per altro potrete prendere un battello per un mini crociera di un'ora che vi consentirà di osservare la città dal basso, seguendo le anse del fiume, esperienza che a me piace sempre, specialmente al tramonto quando si accendono le luci della sera.
Ovviamente questa è la "mia Siviglia", che offre molto molto di più.
Vi invito a dare un'occhiata Al sito ufficiale dell'Ente del Turismo Spagnolo e al sito di Vivi Andalucia - ricchi di informazioni e consigli su cosa fare, vedere e naturalmente a scrivermi se avrete bisogno di una mano.