Karta kancion - Ketama
Questo è un post del cavolo.
Un po' come la mia vita in questo periodo, dove non c'è una sola cosa che sia al posto in cui dovrebbe stare e dove la sensazione principale è quella di essere seduta su una macchina sportiva guidata a tutta velocità da un pazzo senza patente: alla prossima curva ti aspetti di volare di sotto!
Che alla fine potrebbe non essere una prospettiva malvagia.
Ma lasciamo stare.
Diciamo che se questo post è qui, è solo perché voglio troppo bene a
Mai per non onorarla
nel mese della sua vittoria. (psss...la canzone è dedicata a te <3)
Per settimane, dal momento in cui la sfida è stata annunciata con uno schioccare di nacchere:
"TAPAS!", mi si è spento l'ultimo neurone ancora vitale ed è calata una saracinesca bianca e spessa.
Ma che tapas e tapas...Le tapas sono l'anticamera della festa.
Lo so bene.
Per tutto il tempo che ho potuto trascorrere in Spagna, da nord a sud un unico comune denominatore: in piedi o seduti, il cibo si condivide festosamente e serve a stimolare la conversazione, magari davanti ad un bel boccale di "clara" (perché sennò mi gira il capo), prima di muoversi verso nuove e esaltanti avventure.
Quando invece si ha poco da festeggiare, si perde brio e fantasia e mi dispiace dire che questa è una delle sfide per me più difficili a livello emozionale.
"Ecchecavolo" mi sono detta. Non sia mai che passo.
Anche se devo prepare delle ricette del cavolo, io ci sono.
Intanto, ho finalmente capito la differenza tra tutti quei piattini che si profilano sui banconi dei bar spagnoli.
Adesso non farò più gaffes, come quella volta che una guida spagnola mi invitò a prendere una tapas al bar mentre aspettavamo che il gruppo tornasse dallo shopping sfrenato.
All'entrata, il mio sguardo cadde sul mezzo metro di briciolame, scontrini, tovaglioli e varie amenità ai piedi del bancone.
Io guardai il mio ospite con la faccia leggermente disgustata e lui, ridendo mi disse: "ma che sei matta? Qui si pulisce solo alla fine del servizio. Più sporco c'è per terra, più il locale più dirsi apprezzato e frequentato...diffida sempre dei bar troppo puliti!"
E dopo questa perla di saggezza spagnola, passiamo alle mie tapas del cavolo!
Le Tapas vanno distinte in tre tipologie, come bene ci ha spiegato Mai nel suo
meraviglioso post.
LAS TAPAS: Tutto ciò che si serve in un piattino e la cui fruizione necessita di una forchetta o cucchiaio.
Mai prenderle con le dita, anatema!
Inoltre possono essere costituite da avanzi "rimaneggiati" per l'occasione.
Insomma: la mezza scodella di ribollita che vi avanza in frigo, scaldata e servita in bicchierini diventa una tapas gagliarda!
LOS MONTADITOS: Tutto ciò che è servito su una fettina di pane. Fresco, tostato, morbido, croccante, non importa. Basta che sia la base d'appoggio dell'universo che vorrete montarci sopra.
E' il cugino iberico del crostino: noi toscani lo sappiamo bene!
LOS PINCHOS: Qui si entra nella raffinatezza. Lo pinchos sono bocconi di qualsiasi delizia, infilzati in uno stecchino. Si portano alla bocca solo e soltanto con l'ausilio di un oggetto a punta unica, bandita la forchetta.
E' chiaro come il sole, che la polpetta qui viva il suo momento di trionfo, ma non si disdegnano souvlaki e spadini caricati di impossibile.
E fin qui ci siamo. Spero che la distinzione sia definitivamente chiara a tutti.
Io ho seguito pedissequamente i dogmi Esteveziani e mi sono votata al cavolo, che è un po' il mantra che riverbera nella mia testa da qualche mese a questa parte: "col cavolo che ce la faccio".
Stranamente funziona per tutto, dalla ricetta alla richiesta impossibile.
Prima mi mortifico con la paura ed il senso di incapacità, poi chiudo gli occhi e muovo il primo passo nel vuoto.
Finisce sempre che lo strapiombo è al piano terra!
VENIAMO ALLE RICETTE!
Tapas - Tortino di verza con gli zoccoli (Com'era verza la mia valle!).
Un tortino che ricorda certi piatti altoatesini o austriaci, ma con un tocco italiano che non guasta mai (questo me lo ha insegnato la mia mamma).
Ingredienti per 4/6 persone
700 g di patate a pasta bianca
200 g di verza
1 uovo
50 g di Emmental grattugiato
50 g di parmigiano grattugiato
80 g di rigatino di pancetta dolce in una sola fetta
1 spicchio d'aglio
Olio extravergine Trevi Dop.
sale - pepe nero macinato al momento
un nulla di noce moscata
- Lavate bene le patate e lessatele con la buccia in abbondante acqua fredda. Fatele cuocere 30 minuti dal momento della bollitura. Quindi sbucciatele e passatele allo schiaccia patate.
- Fate bollire abbondante acqua quindi, dopo avere lavato le foglie di verza ed eliminato la costa centrale, tuffate nell'acqua e fatele cuocere per 5 minuti. Scolatele e sistematele su un canovaccio in modo che perdano l'acqua in eccesso. Affettatele in striscioline larghe un cm. ed aggiungetele alle patate in una larga ciotola.
- Tagliate la fetta di rigatino a dadini di 1 cm di spessore. Fate rosolare bene il rigatino fino a che non sia croccante. Scolatelo dal grasso che avrà rilasciato ed asciugatelo bene in carta assorbente. Versatelo poi nella ciotola insieme alle patate ed alla verza. Il rigatino croccante utilizzato in questa maniera è "lo zoccolo".
- Aggiungete a questo punto i formaggi, il sale, il pepe e la noce moscata e mescolate il tutto.
- Incorporate l'uovo leggermente sbattuto e mescolate bene fino a che l'impasto sia ben amalgamato.
- In una padella antiaderente, fate scaldare un filo d'olio con uno spicchio d'aglio e fate insaporire bene l'olio, quindi eliminate l'aglio ed aggiungete l'impasto, livellandolo bene con un cucchiaio, schiacciandolo sul fondo.
- Fate cuocere a fiamma vivace per 6/7 minuti per lato, in modo che si formi una bella crosticina.
- Sistemate sul piatto di portata e tagliate a losanghe. Servite ben caldo.
Pinchos di cavolo nero e farro della Garfagnana con Pecorino di Pienza su hummus di cannellini - (Ecchecavolo) - Questa è casa mia e come al solito ho difficoltà a staccarmi da lei, dalla mia Toscana. Un tocco esotico in un hummus toscanizzato, che mi è garbato moltissimo.
Le polpettine sono molto gustose e l'amaro del cavolo uno spunto davvero accattivante.
L'idea del farro tritato come elemento aggregante è un piccolo scherzo a chi si aspetta di trovarci del macinato di carne.
La crosticina che si forma all'esterno crea dipendenza.
Ingredienti per 4/6 persone
Per i Pinchos
200 g di Farro della Garfagnana
150 g di cavolo nero (peso al netto dello scarto)
1 porro
1 uovo
3 cucchiai di pan grattato
80 g di Pecorino di Pienza stagionato, grattugiato
Sale - pepe nero macinato fresco
Olio Extravergine Chianti Dop
Sale in fiocchi per rifinire
Per l'hummus di cannellini
200 g di cannellini lessati e scolati della loro acqua di cottura
Il succo di mezzo limone
80 ml di Olio extravergine Chianti Dop
un cucchiaino generoso di salsa tahini chiara
un pizzico di semi di cumino
sale - paprica dolce per rifinire
- Preparate subito l'hummus che potrete fare riposare nel tempo che realizzerete i pinchos, in modo che tutti i sapori si amalgamino bene.
- Mettete i cannellini che avrete preparato secondo il vostro modo abituale, in un bicchiere per mixer a immersione o nel robot con la lama. Aggiungete il limone, l'olio extravergine, la tahini, le spezie ed il sale e frullate emulsionando fino ad ottenere un composto cremoso.
- Assaggiate ed aggiustate di sale ed eventualmente, se ritenete, aggiungete ancora del succo di limone e dell'extravergine. La crema deve essere vellutata e morbida e perfettamente omogenea.
- Una volta pronta, coprite il tutto con una pellicola e tenete da parte al fresco.
- Fate bollire una casseruola con abbondante acqua salata e cuocete il farro per 20 minuti (o secondo le indicazioni riportate in confezione). Scolatelo bene quindi passatelo sotto l'acqua fredda e allargatelo su un piatto piano in modo che si raffreddi velocemente.
- Pulite bene il cavolo nero, privandolo della costa centrale e dei gambi, quindi lavatelo ed asciugatelo.
- Tagliatelo a julienne con un coltello molto affilato.
- Affettate il porro sottilmente quindi fatelo passire con un filo d'olio in una larga padella. Aggiungete dell'acqua per non farlo bruciare. Cuocete per una decina di minuti.
- Aggiungete adesso il cavolo nero e mescolate bene per fare insaporire. Salate e versate dei mestolini di acqua calda e coprite. Fate cuocere almeno 15 minuti a fiamma dolce, mescolando via via e controllando la cottura. Dovrà essere leggermente al dente. Fate raffreddare.
- Una volta freddo, prendere il farro e mettetelo in un mixer con la funzione pulse. Frullatelo per qualche istante per ottenere delle grosse briciole. Versatelo in una ciotola capiente.
- Aggiungete il cavolo nero, il formaggio, il pane grattugiato, sale e pepe e mescolate bene per amalgamare.
- Versatevi l'uovo sbattuto e mescolate prima con un cucchiaio, poi con le mani per amalgamare perfettamente gli ingredienti.
- Ricavate delle polpettine grosse come una noce e friggetele in olio extravergine profondo, fino a che non prenderanno un bel colore dorato e si sarà formata una crosticina croccante.
- Mentre le polpettine friggono, predisponete dei bicchierini in cui verserete l'hummus di cannellini fino a metà bicchiere. Spolverateci sopra un pizzico di paprika dolce.
- Scolate le polpettine su carta assorbente. Cospargetele con una macinata di sale in fiocchi quindi infilzatene un paio su ogni stecchino e servitele ben calde con il loro hummus.
Montaditos con brown bread, salmone selvaggio, broccolo romanesco e stracci di bufala (So' cavoli tuoi) - L'idea è partita dalla sorpresa che ho avuto assaggiando della bufala con il broccolo romanesco: un'epifania.
Uno degli abbinamenti più entusiasmanti provati negli ultimi tempi. Così, andando a ritroso, ho pensato di abbinarci un pane con una punta di dolcezza, come il brown bread irlandese, a cui ho aggiunto delle noci per la croccantezza ed un che di tostato e amarognolo.
Il brown bread chiama il salmone a gran voce ed alla fine salmone, broccolo e bufala si gettano in un festino orgiastico!
Ingredienti per il brown bread di cca 800 g (stampo cake da 1 litro)
350 g di farina integrale macinata a pietra
50 g di farina 0
50 g di noci sgusciate
2 cucchiai di semi di girasole
1 cucchiaino raso di bicarbonato di sodio
1 cucchiaino raso di sale
1 cucchiaino raso di brown sugar o muscovado
1 cucchiaio colmo di melassa
2 cucchiai di olio di semi di mais
1 uovo grande sbattuto
400 ml di latticello
- Accendete il forno a 200°
- In una larga ciotola versate tutti gli ingredienti secchi, comprese le noci sbriciolate grossolanamente (tenetene da parte una manciata) ed i semi di girasole, e con una frusta miscelate il tutto in modo da eliminare grumi.
- In una ciotola più piccola versate il latticello, l'uovo, la melassa e l'olio e mescolate con una frusta fino a che non avrete un composto cremoso
- Fate la fontana con la farina e versavi al centro i liquidi. Mescolate bene con un cucchiaio di legno fino a che non otterrete un composto omogeneo e appiccicoso.
- Versate il tutto nello stampo foderato con carta da forno e livellatelo con una spatola. Con un coltello affilato e bagnato, fate un incisione profonda al centro della lunghezza.
- Fate cuocere per 1 ora. Alla prova stecchino, questo dovrà uscire pulito e asciutto. Il pane una volta battuto sul fondo, dovrà suonare a vuoto.
- Sformatelo e fatelo raffreddare su una griglia. Si conserva per 5/6 giorni avvolto in una pellicola.
A parte la preparazione del pane, che potrete fare anche il giorno prima e magari tostarlo un po' prima di utilizzarlo, questa ricetta non prevede grandi sforzi e si realizza velocemente.
Anche sulle dosi sono andata "a sentimento", perché per 4 persone vi basterà una bufala da 150 g, neanche due etti di cimette di broccolo romanesco sbollentate 7/8 minuti e condite con extravergine e aceto balsamico, e dell'ottimo salmone selvaggio, che più che lo sforzo di aprire la confezione, non dovrete fare altro.
Il classico morso da dare con una mano che regge il tovagliolo sotto il mento perché il rischio "frana" è in agguato.
Non per nulla è un montadito "So cavoli tuoi"!
Una prece per Paolo Picciotto che ovviamente non leggerà questo post: nessun impegno nelle foto. La pretesa di cucinare 3 tapas nell'arco di 3 ore e fotografarle contemporaneamente in cucina, l'unico ambiente in cui c'è luce (anche troppa), dopo che l'intero spazio finisce per assomigliare più ad un campo di battaglia in cui emergono pile di suppellettili sporche e resti umani (i miei), è una mera illusione.
Ti adoro Paolo perché sei fonte di stimoli e sfide a cui risponderò, un giorno.
Ma stavolta mi sento tanto "casalinga disperata". I miei rispetti.
E con queste proposte e calientissimo amor por mi trocito de tia (MAI), partecipo alla sfida #60 sulle Taps Mtc