A ritroso nel tempo e prima che l'Estate scivoli via definitivamente insieme all'acqua degli ultimi temporali di Agosto, voglio tornare col pensiero al colore di un luogo che non finirà mai di stupirmi.
E' l'azzurro del mare di Sardegna ed il giallo delle sue rocce bruciate dal sole.
E' il verde della macchia dal profumo di mirto e cisto, ginepro e lentisco che si incontrano ovunque lungo la costa e nell'entroterra.
Il mio ultimo viaggio di luglio mi ha riportato a Cagliari, grazie all'invito della Provincia di Cagliari ed alle sue Strade del Vino, in una quattro giorni indimenticabile perché vero è che quest'isola andrebbe scoperta fuori stagione, ma certi luoghi in estate ti scavano dentro e ti lasciano impronte indelebili.
A ritroso dicevo, perché voglio raccontare di questi giorni partendo dalla fine.
Nell'ultimo giorno di esplorazione ho capito l'anima di una parte di Sardegna che a dirla tutta di anime ne ha millanta. Non basterebbe una vita a scoprirle.
Al Convento di S. Giuseppe ho imparato il sacro rito dell'accoglienza.
Un secolo fa i viandanti chiedevano ospitalità ai conventi o nelle case dei pastori e l'uso non era quello di aprire immediatamente il portone.
Si sottoponeva il richiedente ad un interrogatorio lungo e dettagliato che non aveva lo scopo di accettare o rifiutare il pretendente, ma di dichiarare fra le righe "io mi fido di te, ti accolgo nella mia casa. Usami lo stesso rispetto".
Con la bocca spalancata ho ascoltato lo scambio fra la misteriosa donna dietro al portone e la mia accompagnatrice in una lingua arcaica e musicale ed in un lampo sono precipitata indietro nel tempo.
Il portone si è aperto.
Nascondeva un giardino rigoglioso, ricco di fiori e frutti come nei migliori racconti delle "Mille e una notte". Si, quella è stata la mia prima impressione.
Solo che il sottofondo non era il canto degli uccelli, ma la voce divertita di un gruppo di "cantores" femminile, in costumi tradizionali.
Narravano in musica storie di vendemmia, amori sbocciati nella campagna, la convivialità del buon cibo e del vino che scorre a fiumi.
Come sempre preferisco partire dalle immagini.
La Sardegna nell'immaginario collettivo è mare e spiagge incontaminate.
Il suo sud effettivamente è anche questo all'ennesima potenza.
Un pomeriggio in visita al sito archeologico di Nora, sconosciuto a molti.
I resti di una florida città fondata dai Fenici (e pare la più antica dell'isola), situati su una lingua di terra incantevole, che denota l'intelligenza dei suoi fondatori, in quali sceglievano accuratamente i luoghi più belli ove edificare (vedi Tharros, città gemella, situata sulla penisola del Sinis).
Intorno al sito, un mare incantevole, una spiaggia corallina ed un silenzio che rende tutto molto mistico.
Consiglio la visita all'ultimo turno, per ammirare i colori del tramonto.
La vita dentro un Convento è laboriosa e parca.
Quello che oggi è un luogo di festa, celebrazioni e incontri, quasi mille anni fa era una piccola Chiesa campestre.
Più tardi i monaci Vittorini la trasformarono in un convento mettendo in pratica il verbo "ora et labora".
Solo nel '600 gli Scolopi dedicarono questo luogo a S. Giuseppe Calasanzio.
Due secoli più tardi, la famiglia che ancora oggi possiede il Convento, ne fece una fattoria che si affacciava alle porte di Cagliari.
Nel tempo, la città che cresceva, lo abbracciò fino a circondarlo.
Paolo e Luisa, i due proprietari, sono un'esplosione di entusiasmo ed idee ed hanno recuperato l'intero complesso restaurandolo con cura amorevole.
Da vent'anni molti ospiti hanno scelto il Convento per ricordare e celebrare momenti felici.
Luisa raccoglie i fioroni nel giardino |
Dalla pasta alla brace, dal pane delle feste e i dolci alla fregola.
Il tutto in una catena produttiva che ha dell'ipnotico, che ricorda quanto le famiglie matriarcali di un lontano passato, fossero in grado di nutrire e crescere generazioni di uomini e donne forti.
Il rito della preparazione del convivio ha una valenza sacra e commovente che personalmente mi porta a rimpiangere quanto abbiamo perduto ed a sperare che luoghi come questi diventino sempre di più, nel recupero di una memoria che è purtroppo è ogni giorno più fragile.
Anna perfetta produttrice di fregola |
Non che non la conoscessi ovviamente.
Ma nella testa non riuscivo a capire come potesse venire prodotta.
E se vi dico che è un lavoro lungo e neanche troppo facile, credetemi. Si parte da una semola di grano duro a grana grossa (che da noi non si trova) e da lì, si aggiungono gocce di un composto di acqua, uova e zafferano e pizzichi della stessa semola, e si ruotano con delicatezza le dita ed i palmi delle mani sulla semola, che piano piano incorpora il tutto e aumenta la sua dimensione dando vita a delle palline perfette e di identico calibro.
Questo ovviamente succede alle mani esperte delle donne sarde.
Dalle mie sono uscite delle palline che avevano la sembianza....lontana di fregola.
Come sempre la ricettina, donatami al volo da Giuseppina, il nostro angelo custode durante il tour, innamorata della sua città e della sua terra che tornerà presto nei miei racconti.
Ricetta facilissima a patto che troviate un'ottima fregola (io l'ho riportata dal viaggio ma si può trovare anche al super scegliendo fra i prodotti regionali), e delle vere arselle (no vongole o vongole veraci - nella maggior parte dei casi questa ricetta in rete utilizza le vongole!)
La mia versione è asciutta, come me l'ha raccontata Giuseppina, ma esiste anche la versione in brodo
Ingredienti per 4 persone
1kg di arselle freschissime
330 g di fregola
2 spicchi di aglio
un bel mazzetto di prezzemolo fresco tritato grossolanamente
una decina di pomodorini datterino maturi
olio extravergine d'oliva Sardegna DOP
mezzo bicchiere di vino bianco secco (facoltativo)
Sale qb - peperoncino a piacere
Fate spurgare bene arselle per una mattinata in acqua fredda salata, cambiandola spesso e mescolando le arselle con una mano affinché rilascino eventuale sabbia.
In una larga padella dove possano entrare tutti i molluschi della quale avete anche un coperchio, versate 4 cucchiai di olio extravergine ed uno spicchio d'aglio e fate insaporire a fiamma dolce.
Versatevi le arselle, mescolate e coprite.
Dovranno aprisi in pochissimi minuti.
Una volta aperte, alzate la fiamma e irroratele con il vino bianco fino a farlo evaporare (questo passaggio è facoltativo, qualcuno non lo usa).
A questo punto con grande pazienza sgusciate tutte le arselle tranne una manciata per decorare i piatti, e tenetele da parte in caldo.
Filtrate accuratamente il liquido rilasciato, possibilmente con un panno di mussolina sottile, quindi tenetelo da parte.
Nella stessa padella versate sempre 3 cucchiai di extravergine ed uno spicchio d'aglio.
Fate imbiondire a fiamma dolce l'aglio quindi eliminatelo ed aggiungete il prezzemolo tritato.
Mescolate sempre con cura per non bruciare gli odori ed aggiungete i pomodorini tagliati a metà.
Fate cuocere qualche minuto in modo che i pomodorini si ammorbidiscano e rilascino parte del succo.
Versate la fregola in una pentola in cui avrete portato ad ebollizione abbondante acqua salata e fate cuocere assaggiando via via. La fregola perde velocemente la cottura quindi siate scrupolose nel controllare.
Una volta pronta scolatela tenendo da parte un po' di acqua di cottura.
Versate la fregola nella padella a fiamma dolce, aggiungete le arselle, il liquido da loro rilasciato e se necessario un po' di acqua di cottura e mescolate qualche istante per amalgamare ed insaporire bene il tutto.
Servite immediatamente nei piatti di portata decorando con le arselle in guscio.
Meravigliosa.