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lunedì 21 novembre 2016

Settimana Nazionale dell'Olio Extravergine: Minestra di ceci alloro ed aglio di Vessalico

Green song - Elvis Costello e Anne Sofie von Otter
Oggi parlo di lui, il mio grande amore in cucina.
L'ingrediente a cui non potrei rinunciare, il vero principe della Dieta Mediterranea, l'oro della nostra tavola.
Parlo dell'olio extravergine nella Settimana Nazionale a lui dedicata all'interno del Calendario del Cibo Italiano. 
Sul sito dell'Associazione Italiana Food Blogger  si celebra oggi un simbolo del nostro paese, secondo produttore al mondo solo dopo la Spagna, del grasso vegetale più salutare e prezioso.
Vi invito a leggere l'articolo che ho scritto e che spero potrà chiarire le idee a chi di extravergine sa ancora poco o vuole scoprirne di più.
Per quanto mi riguarda, ho sempre avuto una passione per l'extravergine, pubblicamente ammessa nelle centinaia di ricette in cui l'ho raccontato in questo blog, nella sezione in cui lo celebro e dove ho spiegato spesso come sceglierlo, rispettarlo nella conservazione, utilizzarlo senza timore e capirlo nei suoi pregi e difetti.
L'Olio extravergine è ancora troppo poco conosciuto dal consumatore e merita la dignità che gli compete.
Ricordiamoci che non esiste l'olio ma gli oli extravergine, originati dalle centinaia di cultivar di cui la nostra penisola è ricca.
Impariamo a conoscere le DOP e le IGP partendo da quelle della vostra regione e piano piano andando alla scoperta delle altre, perché ognuno di questi oli ha caratteristiche ben diverse, peculiarità che lo rendono unico e lo trasformano in un vero e proprio ingrediente da utilizzare nelle vostre ricette, non solo come semplice condimento a crudo.

Vin invito anche a leggere il bell'articolo scritto da Lidia del blog The Spicy Note in cui racconta la vita di un'azienda olivicola ed il suo prodotto.
Il vi lascio con una ricetta semplice e veloce, di quelle che tanto piacciono a me per le serate invernali.
Per questa minestra ho voluto usare dell'Olio Extravegine Trevi Dop, particolarmente fruttato e non eccessivamente amaro o piccante come potrebbe essere un giovane olio toscano Chianti Dop o Trequanda Dop, abbinandolo ad un aglio splendido, che arriva da terre liguri, in particolare dalla Valle Arroscia.
Si tratta di un aglio gentile e ben digeribile grazie all'anima estremamente ridotta (causa principale dei disturbi), dall'aroma non aggressivo, prodotto in quantità limitata da pochi produttori di quell'area geografica. Va conservato bene al buio perché tende a seguire proprio ciclo vitale, germogliando con facilità.
Ingredienti per 4 persone
350 g di ceci secchi piccoli del Chianti
3 spicchi di aglio di Vessalico
2 foglie di Alloro
50 ml di passata di pomodori
Olio Extravergine Trevi Dop
Sale - Pepe nero al mulinello.

  • Mettete i ceci a bagno tutta la notte con un pizzico di sale grosso
  • Fateli cuocere in abbondante acqua salata con una foglia di alloro, fino a che non saranno morbidi ma ancora integri.
  • Scolateli ma conservate l'acqua di cottura e divideteli nello stesso peso in due ciotole.
  • Versate 3 cucchiai d'olio in una casseruola insieme all'aglio ed alla foglia di alloro. Fate profumare a fiamma dolce quindi aggiungete la prima metà di ceci. Mescolate bene quindi aggiungete il pomodoro e copriteli a filo con l'acqua di cottura rimasta, e fate cuocere una 20na di minuti.
  • In una bicchiere per mixer a immersione, versate i restanti ceci e versate un mestolo di acqua di cottura, 2 cucchiai di extravergine e frullate fino a ridurre ad una crema. Versate il tutto nella casseruola e proseguite la cottura per altri 10 minuti. 
  • Una volta pronto, servite con pane toscano abbruscato, irrorate di abbondante olio extravergine e completate con una generosa macinata di pepe nero. Servite subito. 

sabato 22 ottobre 2016

Castagnaccio di Saturnia per la Settimana Nazionale della Castagna e la Giornata Nazionale del Castagnaccio

Walk on the wild side - Lou Reed
Siamo entrati in stagione di castagne.
Quest'anno non le ho ancora assaggiate ma si avvicina la fine del mese e con lei, tutte le feste più belle che il nostro Monte Amiata possa produrre per celebrare questo "pane dei poveri".
Che oggi, tanto per poveri non è più, visto che un chilo di castagne al super mi costa 7 euro.
Non parliamo poi delle caldarroste: ha fatto la sua apparizione anche l'omino che le vende in Piazza della Posta, poco lontano da quel gioielliere tanto carino (chissà perché avrò fatto questa associazione di idee).
Bando alle ciance, oggi è la Giornata Nazionale del Castagnaccio per il Calendario del Cibo Italiano Aifb, inserita all'interno della Settimana Nazionale della Castagna .
Per entrambi i bellissimi temi vi invito ad andare al leggere i post delle nostre Ambasciatrici, Alice del Re per il Castagnaccio e Silvia Leoncini per la Castagna.
Potrete scoprire tutti i segreti, la storia e le origini di questo magnifico frutto, raccontati dalla penna felice di due blogger bravissime.
Non avendo potuto onorare la castagna appena raccolta, ho scelto di utilizzare la sua farina e preparare un particolare Castagnaccio di cui ho già parlato in questo post.
Si tratta del Castagnaccio di Saturnia, preparato sotto le feste Natalizie e caratterizzato per questo, da una ricca presenza di frutta secca, candita e cioccolato.
Una versione forse un tantinello eretica rispetto a quella più tradizionale che conosciamo, ma posso garantirvi che piacerà anche a quei palati che non amano il caratteristico aroma "affumicato" della farina di castagne e soprattutto, riempirà di festa la vostra tavola.
Ingredienti per una teglia quadrata 23x23
250 g di farina di castagne
320 g di acqua a temperatura ambiente
1 cucchiaio e 1/2 di olio extravergine dell'Amiata Seggiano Dop
80 g di scorza di arancia candita
50 g di uva sultatina o zibibbo
25 g di pinoli sgusciati
25 g di noci sguasciate
50 g di cioccolato fondente tritato grossolanamente
2 rametti di rosmarino
1 bicchierino di Vin Santo

  • Mettete l'uvetta in ammollo nel Vin Santo almeno un'ora
  • In un'ampia ciotola versate la farina a fontana ed al centro mettete l'extravergine. Incorporate piano l'acqua e mescolate con una forchetta cercando di sciogliere i grumi che possono formarsi. Quando la farina comincerà ad avere un composto morbido, prendete una frusta e mescolate la pastella che via via andrà formandosi.
  • Utilizzate tutta l'acqua e se necessario aggiungetene altra: il composto deve essere liscio e fluido un po' come il miele liquido. 
  • Sistemate un foglio di carta da forno bagnato e strizzato, nella teglia preposta quindi versatevi la pastella. Dovrete ottenere uno strato alto c.ca 1 cm
  • Cospargete il tutto con la frutta secca, l'arancia, il cioccolato e gli aghetti di rosmarino.
  • Cuocete per c.ca 30/35 minuti a 160°. Dovrete ottenere un castagnaccio senza le caratteristiche crepe, in quando non deve seccarsi troppo. 
  • Fate raffreddare e servite con un ottimo Vin Santo.
  • Si conserva coperto per 3/4 giorni. 
NOTA: Se vi piace una versione più ricca, potete mischiare una parte della frutta secca, cioccolato e canditi direttamente nell'impasto di castagne. 



mercoledì 23 marzo 2016

Coniglio in Carciofaia per la Settimana della Cucina di Pasqua, Calendario del Cibo Italiano

The Truth will always be - Pat Metheny
Ci sono giornate in cui non si ha nulla da dire perché si avrebbe troppo da dire.
Così si preferisce evitare parole che rischierebbero di deflagrare più dolorose di un bomba piena di chiodi.
Si sta in silenzio, confusi, dissociati, cercando di tenere a bada un sentimento nuovo che non è paura, non è scoramento, non è neanche rabbia.
E' qualcosa di più simile alla violenza, qualcosa che non riconosci perché tu dalla violenza, hai sempre voluto allontanarti, l'hai condannata fino a farti andare via la voce.
Eppure quella vibrazione che non ti fa dormire, ti chiude la gola e ti sussurra intenzioni sibilanti ed amare, assomiglia a lei.
Lei che riesce a farti guardare candele, bandiere arcobaleno, nastri a lutto e lacrime senza alcun altro sentimento, adesso, che la necessità di gridare come un lupo ferito che si getta rabbioso su chi l'ha colpito.
Certi fatti sono in grado di annientare il buon senso, la razionalità, il controllo e farti dimenticare il desiderio di pace a favore di un unico, devastante, maledetto senso di rivalsa.
Con questa ricetta tradizionalmente Toscana, do' il mio contributo alla Settimana Nazionale della Cucina della Pasqua per il Calendario del Cibo Italiano dell'Associazione Italiana Food Blogger. 
Vi consiglio di fare un giro sul sito ufficiale dell'Associazione per leggere l'interessante post di Silvia Lanconelli del blog Moglie da una vita, ambasciatrice della settimana, dove troverete interessanti contributi per arricchire la vostra tavola di Pasqua.

In Toscana il coniglio è una carne molto utilizzata ed apprezzata e sotto Pasqua è spesso sulle tavole a sostituzione dei più tradizionali agnello o capretto. Cucinato in umido, arrosto o al forno, le alternative sono molteplici, ma io ho preferito questa, accompagnata dalla mia verdura di stagione preferita, il carciofo (che è anche in assoluto la verdura del mio cuore).
Semplice e saporito, ve lo consiglio vivamente.

CONIGLIO IN CARCIOFAIA
Ingredienti per 4 persone
1 kg di coniglio tagliato a pezzetti
250 ml di brodo vegetale
1 bicchiere di vino bianco secco
2 rametti di rosmarino
2 foglie di salvia
2 rametti di timo
1 ciuffo di prezzemolo
6 carciofi
2 spicchi di aglio
1 limone
olio extra vergine d’oliva
sale, pepe qb
·       Tagliate a pezzi il coniglio lavandolo ed asciugandolo bene
·       In una larga casseruola che possa contenere facilmente il coniglio e successivamente i carciofi, fate scaldare 3 cucchiai d’olio con i rametti di rosmarino. Rosolate il coniglio bene su tutti i lati a fiamma media.
·       Una volta ben rosolato, aggiungete il trito delle erbe aromatiche ed aglio (senza però il rosmarino), mescolate bene ed alzate la fiamma.
·       Sfumate immediatamente con il vino bianco, mescolate e abbassate la fiamma. Coprite e continuate la cottura per 20 minuti, mescolando di tanto in tanto.
·       Mentre il coniglio cuoce, pulite i carciofi, tagliateli in quarti se sono piccoli o in 6 parti se sono grandi, e metteteli a bagno in una ciotola d’acqua acidulata con il succo del limone.
·       Continuate la cottura del coniglio aggiungendo 200 ml di brodo caldo e proseguite per altri 10 minuti.
·       Dopo questo tempo, scolate bene i carciofi, tamponateli ed aggiungeteli al coniglio.
·       Aggiustate di sale e pepe e proseguite la cottura coperta per altri 10/15 minuti, fino a che la carne del coniglio sarà tenera ed i carciofi cotti ma non sfatti
Prima di servire, tritate il prezzemolo ed aggiungetelo al coniglio, mescolando bene. 
Servite con il suo liquido di cottura.

martedì 15 marzo 2016

Torcet e Bicerin per la Settimana Nazionale dell'Unità d'Italia: Torino ed i caffè che hanno fatto la Storia d'Italia.

Torino - A. Venditti 
Il 17 marzo si festeggia il compleanno della nostra Italia.
Non è una festa nazionale, tanto che si celebra ogni cinquantenario ed il prossimo (2061) non potrò proprio raccontarvelo.
La data è così misconosciuta, che in questa giornata è più facile vedere gente vestita di verde folletto celebrare S. Patrizio dietro un boccale di Guinness, che sentir parlare di Unità d'Italia.
Per questa ragione, con l'Associazione Italiana Food blogger, il Calendario del Cibo Italiano celebra per un'intera settimana, la Cucina dell'Unità d'Italia, ricordando attraverso alcuni piatti emblematici, un momento cruciale della nostra storia.
Vi invito a questo proposito, a leggere lo splendido post scritto da Giulia Robert autrice del blog Alterkitchen, Ambasciatrice della Settimana, che ha dipinto in maniera magistrale il panorama storico e gastronomico dell'Italia Risorgimentale.
Perché se è vero che all'epoca vi era chi spianava la strada al concetto di "Suolo Patrio" attraverso brecce e combattimenti alla baionetta, vi era anche chi prendeva decisioni strategiche seduto comodamente in meravigliosi caffè in stile liberty, sorbendo corroboranti bevande accompagnate da ogni delizia.
Questo è uno degli aspetti che mi ha sempre affascinato di questo periodo storico.
Se si vuole fare un salto a ritroso nel tempo visitando una città come Torino, cuore pulsante del Risorgimento italiano, non si possono trascurare i suoi caffè storici.
Durante il mio primo viaggio in questa città, una quindicina di anni fa, ho avuto la fortuna di essere invitata dall'Ufficio di Promozione Turistica e di poterla scoprirla insieme a chi la vive.
Ricordo che erano i famigerati "giorni della merla": dietro un cielo terso e azzurrissimo, si stagliavano le Alpi innevate che grazie alla rifrazione, sembravano a portata di mano.
Il freddo intenso costringeva i nostri ospiti a fare delle tappe in luoghi caldi per ritemprarci, e strategicamente erano stati scelti i caffè risorgimentali.
La prima tappa fu dedicata al Caffè San Carlo, affacciato sull'omonima piazza considerata il "salotto buono" della città: specchi, stucchi, fregi dorati in art deco', tappezzerie in velluto rosso, cristalli e imponenti lampadari, sale e salette di uno charme ed un eleganza senza fine (il "gabinetto cinese" è un piccolo gioiello).
Non so se fui più impressionata dalla ricchezza degli ambienti o dal parterre des rois che gravitò in quei locali: Cavour, D'Azeglio, Lamarmora, Giolitti, Einaudi, alcuni dei nomi.
Forse Alessandro Dumas trovò qui ispirazione per uno dei suo avventurosi romanzi dopo aver sorseggiato il suo primo "Bicerin".
Di certo Gramsci qui concepì l'idea dei "Ordine Nuovo".
Poco distante vi è un'altro caffè spettacolare: Il Caffè Torino, aperto solo i primi del novecento, è diventato presto uno dei luoghi più amati dai torinesi e dalla mondanità internazionale e negli anni '50 era il punto di incontro di nomi del Jet Set cinematografico: da Ava Gardner a Brigitte Bardot, da James Stewart a Erminio Macario.
Anche solo facendo il giro dei caffè storici di Torino, si può scoprire la città attraverso uno speciale punto di vista, che è quello delle delizie che qui vengono servite.
Uno dei miei preferiti e che in questo momento è chiuso per restauri, è il Caffè Platti, su Corso Vittorio Emanuele, frequentato all'epoca da Cesare Pavese.
Mentre al Florio, rifugio di Gozzano, ho il ricordo di un bellissimo pomeriggio trascorso in compagnia di Giulia, Alessandra e tanta cioccolata, dopo aver girato a lungo per trovare un tavolino che ci ospitasse.
Al Mulassano, dov'è nato il "tramezzino", ho fatto colazione con frolle e tramezzini al salmone sentendomi quasi una regina, ma il posto che non posso dimenticare è lui, il mitico "Al Bicerin".
Io, che mi aspettavo un locale imponente sulla scia dei precedenti, mi sono ritrovata in un buchino che a malapena ospita una decina di tavolini tondi per due: boiserie eleganti ma sobrie, scaffali carichi di caraffe in cristallo contenenti confetti di ogni forma e colore, un'atmosfera ovattata e fuori dal tempo.
Il caffè non è centralissimo e merita una bella passeggiata.
Di fronte al Santuario della Consolata, era il caffè prediletto da Puccini, che abitava proprio nei pressi, ma anche Cavour, che adorava la bevanda che ha dato il nome al caffè, spesso trascorreva qui il suo tempo libero (c'è ancora il tavolino a cui si sedeva).
Dalla sua nascita, nel 1763, "Al Bicerin" ha subito una sola modifica ai primi dell'800 e da allora ha mantenuto integro il suo aspetto, testimoniando la tradizione delle cioccolaterie torinesi del XIX secolo.
Senza alcuna pretesa di insegnarvi come si prepara un Bicerin (la ricetta è tenuta segreta dai proprietari da secoli), ho voluto giocare "alle signore" e per questa occasione ho preparato i tradizionali "Torcet", biscotti secchi tutto burro originari delle valli di Lanzo, da servire con la celebre bevanda.
Ho cercato a lungo una ricetta che mi convincesse perché ho un ricordo chiaro del sapore e della consistenza di questi dolcetti, che all'assaggio assomigliano ad un misto fra frolla e sfoglia, friabili e leggeri da sembrare sfogliati.
Fra tutte le paste secche servite nei caffè Torinesi, garibaldin, briciolan, parisien, crocion, michette, ecc, i Torcet, Torchietti o universalmente Torcetti, sono i miei preferiti.
Sarà per la loro modestia, la non eccessiva dolcezza e l'inebriante sapore del burro, ma li trovo irresistibili e ringrazio proprio Giulia per avermi fornito questa ricetta attraverso la quale ho ritrovato quel sapore e quella fragranza.
Se vi consiglio di non dimezzare la quantità di ingredienti è perché non potrete fare a meno di finirvi da sole la prima placca una volta tolti dal forno.
Vi prego, fateli raffreddare e contenetevi.
Creano una fortissima dipendenza.
Il Bicerin è una bevanda a base di cioccolata, caffè e crema di latte (panna semimontata e non dolcificata).
Secondo la tradizione (e sta qui l'abilità nel preparare un Bicerin perfetto), i tre strati devono essere perfettamente separati e l'uso è di servire il tutto in bicchierini di vetro per consentire la vista di questi 3 livelli di godimento.
La cioccolata deve essere sufficientemente densa e cremosa per sostenere il caffè espresso senza inglobarlo mentre la panna deve essere leggera e sufficientemente spumosa per consentire al cucchiaino di attraversarla senza difficoltà e raggiungere i due strati inferiori morbidamente. 
Pare semplice eh?
Non avendo la ricetta, sono andata per sperimentazione ed ho preparato una cioccolata/ganache, facendo sciogliere 70 g di cioccolata fondente al 50% e tritata finemente, dentro 40 ml di panna scaldata fino a farla fremere.
Ho lasciato la cioccolata riposare qualche istante mentre preparavo il caffè (moka).
Ho mescolato bene la cioccolata fino ad ottenere una crema fluida e lucida.
Ho montato 25 ml di panna fino ad una consistenza spumosa ma ferma.
Ho versato la cioccolata in due bicchierini coprendone i primi  2/4.
Aiutandomi con un cucchiaino, ho versato il caffè sopra la cioccolata per 1/4 del bicchiere facendo attenzione a non versarlo tutto nello stesso punto per non creare un buco al centro della cioccolata.
In ultimo ho versato con molta delicatezza la panna fino al bordo del bicchierino.
Come primo esperimento, niente male.
Ingredienti per c.ca 80/100 torcetti
500 g di farina 00
250 g di burro morbido di ottima qualità
10g di lievito di birra fresco
30 g di zucchero semolato (un cucchiaino per il lievito)
100 g di latte (o birra a scelta)
un cucchiaino di estratto naturale di vaniglia
zucchero di canna Demerara a cristalli grandi per rifinire
In una ciotolina sciogliete il lievito nel latte tiepido con un cucchiaino di zucchero. Lasciate attivare.
Intanto setacciate la farina e con lo zucchero fate una fontana nella ciotola dell'impastatrice.
Al centro mettete il burro morbido quindi aggiungete il latte con il lievito una volta attivo ed impastate a velocità media per ottenere un composto omogeneo simile ad una frolla.
Avvolgetelo in una pellicola e fatelo riposare 30 minuti (non in frigo).
Su una spianatoia tagliate dei pezzi di impasto e ricavate dei bastoncini lunghi e sottili come matite (cresceranno in cottura quindi non fateli troppo spessi), e tagliateli alla lunghezza di 10/12 cm.
Adesso su un lato della spianatoia versate un mucchietto di zucchero demerara e rotolatevi dentro i bastoncini e richiudeteli formando la tradizionale goccia.
Sistemateli su una placca ricoperta da carta da forno.
Riscaldate il forno a 180°.
Prima di infornare picchiettate i torcetti con un pennellino bagnato (questa operazione aiuterà la caramellatura dello zucchero) e fate cuocere per 15/18 minuti, ruotando la teglia a metà cottura.
Toglieteli quando avranno raggiunto un bel colore caramello.
Continuate così fino al termine dell'impasto.
Fate raffreddare bene quindi conservate in scatole ermetiche.
Si conservano a lungo e migliorano nel tempo.

UNA RACCOMANDAZIONE:
- Usate del burro molto molto buono. Non fateli con il primo che vi capita fra le mani.
- Non dimenticate il passaggio con il pennello inumidito
- Conservateli in maniera che non prendano aria.
- Cercate di manipolarli il meno possibile quando li formerete.
- Non aggiungete zucchero alla ricetta. Quello è più che sufficiente.


lunedì 8 febbraio 2016

Settimana Nazionale del Carnevale: La Schiacciata alla Fiorentina per il Calendario del Cibo Italiano

La vida es un carnaval - Celia Cruz live 
In Toscana il Carnevale è particolarmente sentito.
Esistono tradizioni secolari, come il ben noto Carnevale di Viareggio dagli imponenti carri allegorici, a cui molti cittadini lavorano nel proprio tempo libero per buona parte dell’anno.
A Torre del Lago invece si celebra il Carnevale Puccini che gira intorno alla figura di “Gambe di Merlo”, un personaggio realmente esistito, grande amico del compositore.
La Versilia vede poi Pietrasanta fra le cittadine che festeggiano questo periodo, ma il meno conosciuto e nonostante tutto molto affascinante è quello di Castiglion Fibocchi, Il Carnevale dei Figli di Bocco, nella provincia di Arezzo, in cui il piccolo e delizioso borgo medievale si riempie di maschere mute dai costumi incantevoli in sete, velluti e broccati, che nulla hanno da invidiare al Carnevale di Venezia.
Firenze invece ha celebrato il proprio Carnevale in maniera trionfale e maestosa sotto la Signoria di Lorenzo de Medici fino a tutto il Seicento, con spettacoli, danze, giostre e divertimento sfrenato sia in strada che sulle tavole della nobiltà, ma oggi, di tutta quella gloria, ci resta solo la figura di Stenterello, la maschera del Teatro Dell’Arte, inventata a fine ‘700 dall’attore fiorentino Lorenzo del Buono.
Anche l’Artusi ricorda Stenterello nei suoi scritti e lo cita come l’ultima maschera del teatro fiorentino e della Commedia dell’Arte antica. Insieme a Stenterello, personaggio semplicione, un po’ pauroso, dalle reazioni impulsive e spesso comiche, il Carnevale di Firenze conserva gelosamente un dolce che appare nelle pasticcerie cittadine poco dopo la fine delle festività natalizie: la Schiacchiata o Stiacciata Fiorentina.
E' di questo soffice e fragrante lievitato, pochissimo dolce e spesso farcito con creme, con cui desidero dare il mio contributo alla "Settimana Nazionale del Carnevale" per il Calendario del Cibo Italiano, la cui bravissima Ilaria Talimani, del blog Soffici  ambasciatrice per l'occasione, ci racconta tutto in maniera appassionata.
La schiacciata Fiorentina possiede un nome che trae spesso in inganno. 
In Toscana esistono due tipi di schiacciata: quella salata, morbida o croccante, all’olio extravergine (molto simile alla pizza bianca), che spesso viene farcita con cipolle o pomodori e durante la vendemmia si riempie di chicchi di uva rossa.

Oppure la schiacciata dolce, una sorta di pagnotta alta, ricca di aromi (spesso anice), che necessita lunghi tempi di lievitazione e viene consumata durante il periodo pasquale.
In questo caso, così come per la Schiacchiata alla Fiorentina, il nome arriva direttamente dall’azione di “schiacciare” ovvero rompere le uova, uno degli ingredienti predominanti di queste preparazioni.
La nostra Schiacciata originariamente era seguita dall’appellativo di “Unta”, in quanto ricca di strutto, che è proprio l’elemento che conferisce estrema morbidezza al risultato finale.
Gli aromi di base, ancora l’anice o l’arancia, che è restato quello preferito dagli appassionati di questa ricetta. 
Sulle quantità di strutto presente così come l’utilizzo di latte al posto dell’acqua per la preparazione del lievito, vi sono opinioni discordanti.
Certo è che se volete assaggiare la vera Schiacciata alla Fiorentina, non dovete confonderla con il normale ciambellone che è poi quello che molti preparano spacciandolo per l’originale.
La vera Stiacciata Unta richiede tempo, energia (il modo migliore per impastarla è a mano) e come sempre rispetto per la tradizione.
Che poi i più golosi decidano di farcirla con panna o crema al cioccolato, è una divagazione ben tollerata dai tradizionalisti.
Non dimenticate ovviamente, di decorare il dolce con l'immancabile giglio di Firenze: solo così potrete dire di avere preparato la Schiacciata perfetta.

SCHIACCIATA FIORENTINA
Ingredienti per 8/10 persone

500 g di farina 00
2 uova medie + 1 tuorlo
12 g di lievito di birra fresco
250 ml di acqua tiepida
un pizzico di sale
120 g di zucchero semolato
150 g di strutto a temperatura ambiente
la scorza grattugiata di 2 arance non trattate
1 cucchiaino di estratto di vaniglia
zucchero a velo e cacao in polvere per rifinire

In una ciotola capiente versate l’acqua tiepida e scioglietevi il lievito con un cucchiaino di zucchero quindi attendete che si attivi formando le classiche bollicine in superficie (c.ca 10 minuti). 
A questo punto aggiungete mescolando ( e prelevandola dalla quantità complessiva), tanta farina bianca quanta te ne servirà ad ottenere una sorta di pastella non troppo soda, che metterete a lievitare in luogo caldo e riparato fino al raddoppio del volume.

In una ciotola più grande, versate la farina rimasta setacciata, insieme allo zucchero, il sale, le due uova ed il tuorlo, l’estratto di vaniglia e le zeste di arancia.

Quando la pastella lievitata sarà pronta (ci vorranno c.ca 35/40 minuti), versatela sul resto degli ingredienti e mescolate con energia dall’alto in basso utilizzando un cucchiaio di legno. 
Avraete ottenuto un composto morbido che farai riposare una decina di minuti.

Nel frattempo fate fondere lo strutto e quando l’impasto avrà riposato, cominciate a versare lo strutto a filo ed a lavorare l’impasto con la mano, usandola come un gancio, energicamente, dal basso in alto ed in circolo, per almeno una decina di minuti o più.
L’impasto sarà duttile e vellutato e scorrerà con facilità fra le dita, ma più il lavoro andrà avanti con energia, più comincerà ad incordarsi, restando attaccato fermamente alle dita.

Capirete che è pronto quando comincerà a staccarsi nettamente dalle punta delle dita, assomigliando a dei guanti bucati.

Rivestite con carta da forno una teglia quadrata con bordi alti 3 cm, di c.ca 23/25 cm di lato.
Versateci il composto livellandolo con una spatola e lascialo lievitare fino al raddoppio in luogo tiepido. Ci vorrà da un’ora ad un’ora e mezza. Se toccando l’impasto con un dito resterà l’impronta, allora sarà pronto da infornare.

Cuocete in forno pre-riscaldato a 200° per 15/20 minuti, senza farlo scurire troppo. La superficie dovrà diventare color nocciola.
Togliete con delicatezza dallo stampo e fate raffreddare completamente, quindi spolverate generosamente con zucchero a velo e con uno stencil di carta, riproducete il giglio fiorentino al centro del dolce utilizzando la polvere di cacao. Si conserva morbido se protetto dall'aria, per 3/4 giorni. 

giovedì 21 gennaio 2016

Insalata di arance finocchiella e spinaci novelli ai due pepi per la Giornata Nazionale dell'insalata di Arance e Finocchi

Fields of Gold - Sting
Ho dovuto correre ai ripari.
Dopo un inconsulto Dicembre fatto di totale sregolatezza nel mangiare (credo che un po' tutti ne siano stati vittime), ho cominciato gennaio con propositi di "alleggerimento" e da una decina di giorni sto seguendo un regime alimentare piuttosto rigido anche se completo, che con mio enorme piacere mi sta facendo sentire molto meglio.
La mia dieta di questo periodo è ricchissima di vegetali, molto pesce, poca carne e misurata, pasta ogni tanto e cereali e legumi in buona dose.
Zero zuccheri e latticini (e qui si soffre e parecchio).
Ma voglio essere brava e mantenere l'impegno una volta tanto, così i prossimi due mesi cercherò di non farmi distrarre dalle tentazioni.
Ovviamente ogni tanto mi capiterà di postare qualche dolcino perché ultimamente sto facendo il buon samaritano, distribuendo ai colleghi d'ufficio (la torta del mio compleanno se la son pappata loro!), ma principalmente vi proporrò ricettine sane e leggere.
Una delle quali è proprio questa stupenda insalata di finocchiella e arance Tarocco arrivate da un produttore siciliano, alla quale ho deciso di aggiungere delle foglioline di spinacini novelli, per dare un piccolo spunto tannico.
Condimento semplice: Olio extravergine Riva del Garda Dop, con una bella nota piccante, emulsionato con il succo delle arance, un pizzico di sale di Cervia in fiocchi, pepe nero macinato fresco e pepe rosa per finire con una sfumatura aromatica inattesa.
Ah, dimenticavo: io l'ho chiamata "ai due pepi", ma il pepe rosa in realtà non è un pepe ma una bacca aromatica chiamata anche "falso pepe", per la sua somiglianza al primo.
Facile e veloce, a me è piaciuta moltissimo.

Oggi è la Giornata Nazionale dell'Insalata di Finocchi e Arance per il Calendario del Cibo Italiano, inserita nella Settimana Nazionale degli Agrumi.
L'ambasciatrice di questa giornata è Raffaella Fenoglio del blog Tre Civette sul Comò.
Il suo bellissimo articolo racconta la storia di questo piatto e vi offre l'opportunità di leggere numerose versioni attraverso i contributi dei soci AIFB 
Che aspettate allora? A tutta vitamina C!
Ingredienti per 4 persone:

4 piccole finocchielle maschi
8 arance Tarocco di media dimensione + 1
100 g di Spinacini novelli (le foglie più piccole e tenere)
Olio Extravergine Riva del Garda Dop
Sale di Cervia in fiocchi qb
Pepe nero e pepe rosa qb

Pulite al vivo le arance soltanto nella parte esterna ed ai poli quindi tagliatele a fettine non più spesse di 5 mm.  Spremete una arancia e tenete il succo da parte.
Pulite i finocchi togliendo le estemità con le barbe e le parti più dure, ma  mantenendo il "globo" intero. Con un coltello affilato o una mandolina, affettate i finocchi sottilmente partendo dal "culetto" cercando di mantenere le fettine integre con tutti i cerchi concentrici.
Pulite bene gli spinaci eliminando i gambi.
Assemblate il piatto alternando arance a finocchi e completando con gli spinaci.
Condite con l'emulsione ottenuta dal succo di arancia, 3 cucchiai di olio extravergine.
Completate con il sale in fiocchi, una macinata di pepe nero e chicchi di pepe rosa a piacere.
Servite subito.


mercoledì 20 gennaio 2016

Cake di Clementine per la Settimana Nazionale degli Agrumi - Calendario del Cibo Italiano

Here comes the sun - The Beatles
Un dolce facile, di casa, che si vorrebbe sempre trovare sulla tavola della colazione o al pomeriggio, quando si affaccia quel certo languorino.
I cake sono sempre i benvenuti, in tutte le loro molteplici versioni.
Io non ho resistito quando l'ho visto la prima volta a casa sua, la persona con cui credo di avere il maggior numero di coincidenze vitali (alcune direi pure telepatiche) e quella che al momento mi procura più trauma da separazione.
Bando alle ciance, vista e fatta e a questo punto quale occasione migliore per condividerla con voi in occasione della Settimana degli Agrumi in corso proprio in questi giorni grazie al Calendario del Cibo Italiano di cui già vi ho parlato ampiamente nei giorni scorsi?
La nostra Ambasciatrice Aurelia del blog Profumi in Cucina racconta proprio tutto sulla storia ed utilizzo di questi frutti meravigliosi e sulla pagina ufficiale del Sito AIFB potrete trovare una lista incredibile di proposte tutte piene di vitamina C.
Vi invito a dare una occhiata prima di buttarvi sulla preparazione di questo facilissimo dolce.
Un raccomandazione quando vi accingerete a preparare questo dolce: tutti gli ingredienti devono possibilmente avere la stessa temperatura. Se ad esempio userete uova di frigo, al momento in cui le aggiungerete al composto a base di burro, vedrete che questo si indurirà creando un effetto "stracciatella", compromettendo la texture della torta.

Ingredienti per uno stampo da cake di 750 ml
250 g farina 00
250 g di burro ammorbidito
250 g di zucchero
4 uova medie intere a temperatura ambiente
un bicchierino di liquore Aurum
4 clementine intere
1 cucchiaino di estratto naturale di vaniglia
1 bustina di lievito

Pelate gli spicchi di clementine al vivo.
Montate il burro con lo zucchero con le fruste elettriche fino a che non otterrete un composto bianco e soffice.
Continuando a montare, aggiungete un uovo alla volta, senza aggiungere il successivo prima che il precedente non sia stato perfettamente incorporato.
Unite poi gli aromi: il liquore, la vaniglia e per ultimo la farina setacciata con il lievito.
Mescolate bene quindi versate metà composto nello stampo foderato con carta da forno.
Disponete le clementine pelate su tutta la superficie, leggermente sovrapposti l'uno all'altro.
Completate versando il resto del composto e muovendo lo stampo per livellare bene.
Fate cuocere a 180° per c.ca 40/50 minuti, controllando con lo stecchino.
Se notate che la superficie tende a scurirsi, coprite con un foglio di alluminio.
Una volta pronto, fate raffreddare un attimo quindi toglietelo dallo stampo e fate raffreddare completamente su una gratella.
Decorate con glassa alle clementine se preferite, o servite nature, che è comunque strepitoso.
Si conserva a lungo protetto da una pellicola.


lunedì 11 gennaio 2016

Calendario Italiano del Cibo: Filetto di Maiale alla salvia ed uva per la Settimana del Maiale

Canzone Intelligente - Cochi e Renato 
Riesumo una ricettina facile facile di 3 anni fa. 
Sono certa che non la ricordate ma desidero riproporla per un'occasione speciale. 
Si apre oggi la "Settimana Nazionale del maiale" all'interno del Calendario Italiano del Cibo.
L'Ambasciatore prestigioso di questa settimana è Corrado Tumminelli del blog Corrado T e potrete leggere il suo esaustivo e divertente articolo sul sito ufficiale dell'Associazione Italiana Food Blogger .
Del maiale non si butta via nulla e la grande generosità di questo animale in ambito culinario è la sua peculiarità più importante, diventando una risorsa indispensabile per le famiglie contadine dei secoli passati.
Il maiale era la più grande ricchezza di una famiglia: veniva nutrito, vezzeggiato, protetto e il momento del suo sacrificio assumeva un significato rituale a sottolineare la gratitudine di quel dono estremo, che spesso coincideva con la celebrazione della festa di S. Antonio Abate, accanto al quale è sempre rappresentato nell'iconografia tradizionale.
Noi possiamo solo raccontare la bontà della sua carne e della moltitudine di preparazioni che si ottengono da ogni singola parte del suo corpo,  alcune delle quali hanno reso il nostro paese celebre in tutto il mondo.
Ammetto che la mia proposta non sia prettamente stagionale. 
E' un piatto che infatti avevo preparato in Settembre ma la variazione che potrei consigliarvi in questo periodo quella di accompagnare il filetto da mele caramellate brevemente nel liquido di cottura del filetto. 
La carne del maiale ama moltissimo l'abbinamento dolce con numerosi tipi di frutta, in particolare quella dolce/acidula che aiuta a "pulire" il palato dalla leggera grassezza tipica di questa carne. Perfette quindi anche le prugne (sia secche che fresche), la melagrana, le albicocche e quanto la vostra fantasia vi suggerisce. 
Il filetto richiede di essere trattato il meno possibile e la cottura è piuttosto breve. 
Anche per gli assoluti principianti questa è una ricetta di estrema facilità e sono convinta che vi farà fare una splendida figura. 

Ingredienti per 4 persone
600 gr di filetto di maiale
100 gr di uva bianca tipo Italia
100 gr di uva rossa tipo Cardinal
1 bicchierino di Cointreau
20 gr di burro
2 cucchiai di olio extra vergine
½ limone
qualche foglia di salvia sale - 
pepe bianco qb 

Lasciate il filetto fuori dal frigo almeno un'ora prima di cucinarlo.
Massaggiate tutta la superficie con una miscela di sale e pepe bianco abbondantemente.  
Disponete le foglie di salvia sulla lunghezza, quindi usate dello spago da cucina per arrotolarlo affinchè non perda la forma in cottura. Cercate di imprigionare le foglie di salvia con lo spago.
Fate fondere a fiamma media il burro con l’olio in una casseruola che possa contenere tutto il filetto. Fate rosolare bene la carne su tutti i lati fino a che non sia bella dorata quindi alzare la fiamma e bagnare con il liquore. 
Una volta evaporato, versate un mestolino di acqua bollente sul filetto e fate cuocere a fiamma bassa per almeno 25/30 minuti, coperto. 
Passato questo tempo, aggiungete gli acini d’uva lavati e la buccia grattugiata del limone. 
Continuate a cuocere per 5/8 minuti fino a che noterete che la buccia degli acini comincerà a incresparsi. 
Togliete dal fuoco. Fate riposare la carne per almeno 10 minuti prima di tagliarla e servitela con l’uva, il suoi succhi ed il contorno che preferite. 
Io ho preparato una tempura di verdure di stagione e salvia. 
Accompagnatelo da un Morellino di Scansano DOC.