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venerdì 29 settembre 2017

Prataioli gratin per la Giornata Nazionale dei Funghi

Let 'em in - Paul McCartney
Sono cresciuta in una tenuta circondata da fitti boschi, dove prosperano tutt'ora, cinghiali, daini, fagiani e lepri.
I boschi erano (ed immagino siano anche oggi), fertile terreno di crescita di funghi, che tra settembre e fine ottobre, finivano puntualmente sulla nostra tavola: porcini, manine, ovoli, paonazzi, mazze di tamburo e tanti tanti prataioli.
Il bosco più famoso, a pochissima distanza dal centro ippico dove vivevamo, era chiamato "Il bosco dell'ospedale", perché pare che durante la peste del 1300, i moribondi venissero abbandonati qui.
Che questa sia una leggenda o la verità poco conta.
Resta il fatto che qui si trovassero i porcini più grandi che io abbia mai visto.
Ho sempre adorato andare a funghi.
Scappavo dietro a mio padre come un cane da punta, ed insieme riempivamo cestini di queste deliziose muffe.
Lui era fortunatissimo mentre io, pur essendo miope fin da piccola, avevo un occhio pazzesco nell'individuare il fungo nascosto dalle foglie, coperto da rami o cespugli.
Formavamo una coppia infallibile.
Ogni volta era una caccia al tesoro di grande divertimento.
L'unico fastidio era il ritrovarsi poi con le gambe piene di ponfi e gallocciole causati da una strana allergia al ginepro.
Mi piacerebbe trovare qualcuno esperto di funghi con cui tornare "a caccia".
Un'immersione nella natura più integra con aspettative di conquista.
Il Calendario del Cibo italiano celebra oggi la Giornata Nazionale dei funghi.
Vi invito a visitare la pagina per godere dei bei contributi condivisi oggi.
Mi sarebbe piaciuto preparare qualcosa con funghi più nobili ma volevo da tempo postare questa ricetta che mia madre preparava con i funghi prataioli della Bagnaia.
Non potendomi accontentare degli originali, ho utilizzato dei più modesti champignon, ma il risultato è sempre molto piacevole e diventa un contorno diverso e neanche troppo impegnativo da portare in tavola.
Ingredienti per 4 persone 
800 g di prataioli puliti e privati delle radici
1 spicchio d'aglio
1 mazzetto di prezzemolo
1 mazzetto di timo
1 mazzetto di nipitella
100 g di pane raffermo privato della crosta
Olio extravegine d'oliva Trevi Dop
Sale e pepe qb
  • Pulite i funghi privandoli delle radici e con un panno inumidito, togliete eventuali residui sulle cappelle strofinando con delicatezza 
  • Affettate i funghi con uno spessore di 4/5 mm e tenete da parte.
  • In un mixer con lama mettete il pane tagliato a dadi, lo spicchio d'aglio privato dell'anima, le erbe aromatiche precedentemente pulite, un pizzico di sale e frullate con il pulse, fino ad ottenere delle briciole aromatiche non troppo sottili.
  • Prendete una teglia dal bordo basso ed ungetela con cura quindi disponete i funghi sovrapponendoli ma formando un solo strato. Salate, pepate ed irrorate con olio extravergine quindi cospargete di generoso trito aromatico. Finite con un altro filo di olio. Con probabilità vi verranno un paio di teglie, dipende dalla grandezza che userete. 
  • Fate cuocere in forno preriscaladato a 180° nella parte centrale per c.ca 45 minuti. Quando vedrete che la superficie comincerà a dorare, passate la teglia sotto il grill per 5 minuti fino a completa doratura. Servite subito ben caldi. 






lunedì 6 marzo 2017

Verdure arrostite con miele e melassa di melograno: la sottile arte del procrastinare.

The Lazy song - Bruno Mars 
Quando si esce dal buio dell'inverno e la luce comincia a voler entrare prepotente nelle nostre case, una maggiore energia si impossessa di noi.
Non è retorico dire che la primavera porta rinascita perché effettivamente quello che si avverte dentro di noi, è il desiderio di allungarsi verso l'esterno come succede ai virgulti delle piante addormentate.
Si sente il bisogno di cambiare pelle, di togliersi di dosso la corazza che la brutta stagione costruisce intorno a noi; abbiamo voglia di guardarci maggiormente allo specchio, facciamo finta di ignorare la bilancia ma è soltanto un rimandare l'incontro necessario.
Facciamo mentalmente la lista delle cose indispensabili a cui dare inizio appena possibile, tipo la sana camminata di un'ora che dovrebbe illuderci di essere attivi o l'insalata scondita da mangiare prima di tutto così da calmare la fame atavica che la routine ci scatena addosso come un cane rabbioso.
Siamo piene di buoni propositi, di grandi obbiettivi, di ottimismo e buonumore.
Almeno, io faccio finta che sia così.
Perché quella camminata la posso fare anche domani che oggi piove; l'insalata non ce l'ho ma che mi faranno mai due uova al tegamino che sono così buone; la bilancia non è tarata correttamente, meglio lasciarla stare.
Come si fa!
Come si innesca una volontà addormentata ormai da troppo tempo?
Soltanto con il bacio del vero amore, come ogni saggia favola ci racconta.
Il bacio del vero amore che altro non è che la nostra autostima.
La cura per noi stessi, la premura di conservarsi in salute da adesso in poi, che la dolce ala della giovinezza ha ormai preso il volo.
Vorrei avere una fata madrina che me lo ricordi ogni giorno e mi insegni a volermi bene, ma quella che fino ad oggi mi è stata vicina mangia troppi dolci e non si stanca mai di cucinare.
Ho percorso a ritroso gli ultimi post di questo blog ed ho trovato solo dolci.
Dolci e fritto e la cosa non è per nulla consolante.
Per provare che in questa casa ogni tanto si mangiano anche delle verdure, oggi comincio la settimana con un piatto facilissimo e delizioso.
Semplici verdure arrostite con semi ed una nota dolce-acidula come piace a me, regalata dal miele e dalla melassa di melograno.
Che se non avete potete sostituire con della sapa, o ficotto o aceto balsamico ma quello vero.
Facili, veloci e bellissime da vedere, potrete utilizzare le verdure che preferite, anche dei carciofi o cavolfiore. Ma non omettete il finocchio perché al forno, a mio avviso, da il massimo.

Ingredienti per 4 persone
4 finocchi femmine non troppo grossi
4 carote
metà verza rossa
4 generosi cucchiai di olio extravergine
il succo di mezzo limone
1 cucchiaino di miele di cardo
2 cucchiaini di melassa di melograno
1 cucchiaio di semi di girasole
1 cucchiaio di semi di sesamo
sale q.b. - pepe q.b.
  • Mondate i finocchi privandoli delle ramificazioni e di eventuali foglie coriacee. Tagliateli a metà e ricavate da ogni metà delle fette spesse 3/4 mm cercando di fare in modo che restino intere. Mettetele in una larga ciotola. 
  • Pelate le carote, tagliatele a metà quindi in pezzi lunghi 3/4 cm tagliati in diagonale. Metteteli nella ciotola con i finocchi.
  • Pulite la verza rossa sotto l'acqua. Eliminate le foglie esterne più rovinate quindi tagliatela a metà e ricavate delle fette spesse mezzo centimetro. Tenete da parte
  • In una ciotolina versate l'olio, il limone la melassa, il miele e sbattete bene con una forchetta. 
  • Versate 2/3 della citronette nella ciotola e mescolate con delicatezza in modo che le verdure ne siano ben condite. 
  • Su una placca da forno foderata di carta, versate le verdure e disponetele su un unico strato. Aggiungete le fette di verza rossa e spennellatele con il resto della citronette. Aggiustate tutto con sale e pepe quindi cospargete le verdure con semi di sesamo e girasole. 
  • Fate cuocere in forno preriscaldato a 190° per 30/35 minuti fino a che non saranno ben caramellate. 



giovedì 9 giugno 2016

Insalata di grano saraceno verdure grigliate e radicchio rosso: vogliamo stare fuori.

May Be - Janis Joplin
Fino a che non smetterà di piovere, continueremo imperterriti a cucinare ma già la voglia di stare dietro ai fornelli scarseggia, così come quella di abbandonarsi a pasti luculliani, sontuosi, a cui difficilmente rinunciamo nella brutta stagione (valore consolatorio?).
Insomma riparte la voglia di stare "fuori".
Di pensare a tutto quanto si possa fare all'aperto, nella luce meravigliosa del mese di giugno.
Che quest'anno, Maremma piovosa, è partito proprio male.
La mia terrazza, sede agognata di cene al lume di una candela, avvolti dall'incantevole profumo del gelsomino in fiore, è tutt'ora orfana di movimento.
I morbidi cuscini delle poltroncine da giardino, sono tutt'ora rinchiusi in cantina in attesa che il sole possa nuovamente baciarli.
I miei portacandele di vetro colorato, sostano sul tavolo di legno pieni di acqua piovana.
Un po' stufa lo sono, lo ammetto.
Ho voglia d'estate, che non è propriamente la voglia di  spiaggia o di mare o di caos viaggiante, ma è quella di cambiare pelle e di vivere fuori le 4 mura.
Con la leggerezza tipica degli abiti impalpabili che vi sfiorano il corpo in questa stagione, anche il cibo si avvicina a quel desiderio di levità.
Così ho scoperto il grano saraceno, tenuto prigioniero in dispensa da un po' senza idea di quale fine fargli fare.
Ho optato per una fine semplice, veloce, leggera ed indolore.
Soprattutto buona buona.
Di grano Saraceno sentiamo spesso parlare sotto forma di farina ed anche in questo blog potete trovare qualche ricetta tipo questa.
Ma il chicco, dalla caratteristica forma conica,  non l'avevo mai assaggiato prima e ne ero molto curiosa.
Poche parole per dire che non si tratta di un vero e proprio cereale in quanto non fa parte della famiglia delle Graminacee, ma come la quinoa è uno pseudo-cereale.
La maggiore zona di produzione in Italia è il Trentino e la Valtellina (da qui i celebri pizzoccheri).
Le sorprese che riserva questo alimento sono molte: grande fonte di sali minerali come ferro, zinco e selenio.
Ricco di antiossidanti come rutina (che rafforza i vasi capillari riducendo il rischio di emorragie ed aiutando la microcircolazione)  e tannini.
Inoltre come molti celiaci ed intolleranti sanno, è privo di glutine quindi amatissimo da coloro che soffrono di questi problemi.

Insalata di grano 
Saraceno, verdure grigliate e radicchio rosso
Ingredienti per 4 persone.
320 g di grano Saraceno
200 g di primo sale
1 zucchina tonda
1 melanzana lunga non troppo grande
1 cespo di radicchio rosso
1 cipolla rossa di Certaldo
10 pomodorini tipo Piccadilly
50 ml di olio extravergine + 3 cucchiai
un rametto di menta fresca
un ciuffetto di maggiorana
un ciuffetto di prezzemolo
1 spicchio d'aglio
1 cucchiaino di aceto balsamico
il succo di mezzo limone
1 cucchiaino di miele
sale e pepe qb
Lavate e ragliate a julienne il radicchio rosso.
Affettate sottilmente la cipolla e mettete 3 cucchiai d'olio in una larga padella.
Fate passire con dolcezza la cipolla per una 10 di minuti, se necessario aggiungendo dell'acqua.
Aggiungete il radicchio e fatelo stufare per 7/8 minuti. Aggiustate di sale quindi tenete da parte.
Lavate e affettate la zucchina e la melanzana ad uno spessore di 3/4 mm e fateli grigliare su una bistecchiera molto calda fino a che non mostreranno le caratteristiche strisce abbrustolite su entrambi i lati. Una volta pronte, tenete da parte.
Fate una concassé con i pomodorini e conditeli con un filo d'olio e poco sale.
Fate una citronette con l'olio, il balsamico, il miele, lo spicchio d'aglio pulito e diviso a metà, e le erbe aromatiche. Aggiungete il sale e il pepe a piacere, e sbattete bene con un forchetta. Fate riposare nel tempo che cuocete il grano.
Mettete a bollire abbondante acqua salata e cuocete il grano saraceno per c.ca 15/20 minuti (seguite le indicazioni sulla confezione).
Scolate e passate immediatamente sotto abbondante acqua fredda.
Versate il grano in una larga ciotola.
Aggiungete il radicchio brasato, le verdure grigliate ridotte a striscioline, la concassé di pomodorini, i primo sale ridotto a dadini.
Condite con la citronette preparata, dopo avere eliminato l'aglio, aggiustate di sale se necessario, rifinite con foglioline di rosmarino e servite.

mercoledì 2 aprile 2014

Laudemio seconda puntata: il fascino della potatura.

Le tasche piene di sassi - Lorenzo Jovanotti
Della nebbia che ci aspettava in cima alle colline di Nipozzano lo scorso novembre, neanche l'ombra.
Anzi, il sole di una primavera precoce, sfacciata e ridondante ci ha accolto al Frantoio della Fattoria di San Michele a Torri a Scandicci.
Non volevo aspettarmi nulla, perché si sa che Marzo è pazzerello, però ad un certo punto del giorno, avremmo potuto tutte toglierci le maglie e restare a maniche corte (qualcuna di mia conoscenza l'ha fatto!), perché il caldo era palese.
La seconda puntata del Blog Tour Laudemio, si è aperta con i migliori auspici: anche questa volta non ho potuto che sentirmi fortunata e privilegiata di vivere in una terra di una così struggente bellezza.
Non parlerò a lungo perché desidero che siano le immagini a farlo.
Dopo l'esperienza della raccolta, avvenuta appunto a Novembre, questa volta abbiamo potuto osservare la potatura degli olivi, un'operazione estremamente delicata che deve essere fatta da mano esperta perché proprio da questa dipende la "redditività" della pianta.
In generale non è possibile programmare l'intervento a tavolino ed ogni pianta va valutata nella sua singolarità. Ma le indicazioni generali che possono aiutare a muoversi operativamente nel migliore dei modi sono varie: partendo dalla consapevolezza che non tutte le piante hanno poi bisogno di essere potate ogni anno, la "pulizia" della pianta deve essere commisurata alla sua età ed alla sua forza, il che ci fa capire che le piante giovani avranno potature leggere mentre quelle più vecchie si può prevedere l'asportazione di interi rami.
Inoltre l'operazione deve essere sempre armonica in modo che non si abbiano rami (o branche) più forti su un lato e poveri sull'altro.
In genere si parte dall'eliminazione dei rami più forti ed importanti a seguire quelli minori e più deboli. La regola vuole sempre che si proceda dall'alto verso il basso della chioma.
Ogni regione o azienda ha la sua tecnica, quindi avere dei bravi ed esperti potatori può significare realmente la fortuna di un'attività.
Resta il fatto che a me è sembrata un'operazione molto complessa e faticosa, forse anche più della raccolta.
Si comincia dall'alto ed a breve la pianta sarà molto più ariosa e "pelata"
Mani esperte che indicano i punti su cui intervenire e come tagliare
Si osserva con attenzione il lavoro della potatura, che avviene con una certa velocità.
Ma considerate che per certe aziende, questa fase può durare addirittura dai 2 ai 4 mesi, dipende dal numero delle piante presenti e dalle condizioni atmosferiche.
Ovunque, intorno, l'annuncio di un nuovo risveglio.
La Fattoria San Michele ha un importante allevamento di Maiali di Cinta Senese.
Abbiamo potuto osservare le mamme ed i piccoli, tutti quanti accomunati da una fame atavica ed una sfacciata propensione alla richiesta.
Ma non sono gli unici animali che popolano le terre di S. Michele.
Se noi abbiamo osservato ammirate la natura, siamo indubbiamente state oggetto di curiosità per qualche simpatico personaggino dell'azienda, che non si è neanche lamentato della nostra invasione.
Il Laudemio resta comunque il protagonista di queste nostre incursioni nella sua storia.
Un olio perfetto che racchiude il senso più profondo di questa terra.
E quel colore che rasenta l'inverosimile, è un elemento ipnotico a cui non riusciamo a sottrarci.
Una degustazione in cantina è sicuramente un momento di grande suggestione, se si pensa che le cantine che ci ospitano sono così belle.
Abbiamo terminato il nostro tour nuovamente a Nipozzano, trovando la luce dorata che precede il tramonto e sentendoci stranamente a casa.
Nel magnifico castello ci attende un piccolo ristoro, preparato dalle mani amorevoli di chi vive quelle sale ogni giorno
Il piacere di una giornata come questa lo puoi leggere sul volto di chi vi ha partecipato.
Adesso attendiamo la terza ed ultima puntata di questa stupenda avventura.

Per finire vi lascio con una facilissima e perfetta ricetta con cui gustare il Laudemio in questi giorni di primavera: Carciofi glassati al miele
Una ricetta facile facile presa da Sale e Pepe di marzo, e per una come me che è carciofo dipendente, un piatto come questo che si prepara in neanche 15 minuti, è davvero il massimo.
Ingredienti per 4 persone
- 4 piccoli carciofi morelli
- scorza di un limone tagliata a julienne
- un cucchiaio di miele di acacia
- qualche rametto di timo
- 1 spicchio d'aglio
- una manciata di pinoli
- olio extravergine Laudemio
Pulite i carciofi, eliminate le foglie dure e le punte e metteteli in acqua acidulata con il succo di 2 limoni fino al momento di tagliarli.
Fate bollire abbondante acqua salata in una capiente casseruola.
Dividete i carciofi in 2 parti ed ogni parte in 3 spicchi.
Fate sbianchire i carciofi nell'acqua bollente per 3/4 minuti.
Nel frattempo fate scaldare l'olio in una larga padella con lo spicchio d'aglio e la scorza di limone a julienne, a fiamma dolce.
Una volta pronti, scolate i carciofi e versateli nella padella.
Continuate la cottura per 5 o 6 minuti. Devono restare croccanti.
Un minuto prima della fine della cottura, versate il miele sui carciofi, i pinoli tostati precedentemente, e le foglioline di timo. Mescolate bene alzando la fiamma. Aggiustate di sale, condite con un filo di Laudemio e servite.

giovedì 30 gennaio 2014

Cavolo rosso speziato con pere ed aglio: non è per niente come quando eri bambina!

Purple rain - Prince
Quando si è costretti a letto da un imprevisto bacillo che ti fiacca e rende simile ad un invertebrato, le cose che si possono fare, a parte lamentarsi, mugolare come un'anima in pena e cercare un po' di compassione, sono ben poche.
Fortunatamente mi ammalo raramente ma ogni volta finisco col fare le stesse tristi considerazioni: non è per niente come quando eri bambina. 
E' uno dei ricordi più vivi della nostra infanzia, quindi se non volete provare concetti delusioni, pregate di non ammalarvi mai da adulti.
Perché, no, non ci sarà la mamma ad accudirvi.
Non vi porterà la spremuta a letto, non vi sprimaccerà il cuscino, non vi colmerà di attenzioni, non vi cambierà il pigiama quando avrete sudato come galeotti ai lavori forzati dopo l'ennesima sfebbrata, non vi preparerà il brodino con i grattini che è l'unica cosa che desiderate quando lo stomaco fa le capriole.
Dovrete fare tutto da sole.
La vita va avanti anche senza di voi ed il vostro naso moccicoso.
La mattina la casa si svuoterà e resterete sole, in un odioso silenzio, e se come me vivete su due piani, dovrete fare le scale, su e giù, ogni qualvolta avrete bisogno di qualcosa. Nessuno ve la porterà!
Quindi vi alzerete come un fantasma in vestaglia, con il passo incerto, le spalle ricurve e la testa incassata, e pregherete di non rotolare giù per le scale a causa delle gambe indolenzite.
Aspetterete in piedi ballettando davanti al fornello, che il tea sia pronto, ma rinuncerete alla spremuta, perché non avrete la forza di tagliare l'arancia.
Guarderete con odio purissimo la televisione che vi ammicca dal centro della sala, realizzando che il mal di testa è lì, sull'attenti, e riprenderete arrancando la strada verso il vostro piumone, unico luogo a cui ambite in questo momento.
E resterete lì, abbozzolate ad aspettare di sentire un lampo di energia vitale balenare tra le vostre ossa, sperando che prima non vi venga una piaga da decubito.
Avrei anche potuto non postare nulla, perché al solo pensiero di mangiare, ho delle visioni inquietanti, ma desideravo lasciarvi questa ricetta che fa parte di un libro della Biblioteca Starbooks, ovvero Home Cooking Made Easy della Lorraine Pascale.
Ho scoperto il cavolo rosso sono negli ultimi anni e lo adoro.
Delicato, non aggressivo nel sapore, dolce senza stuccare, è fra le crucifere, uno dei miei preferiti.
E Lorraine lo cucina in una maniera nuova: al forno! Con la presenza di un ingrediente inusuale, la pera (che ci sta da Dio!), e l'aglio, che io ho personalmente ridotto ai minimi termini, perché ha su di me gli effetti che ha su Dracula.
Così aggiungo un nuovo contributo agli scaffali Redone del nostro blog Starbooks.
Ingredienti per 5/6 persone
1 grande cavolo rosso, pulito e tagliato a fettine sottili, dopo aver eliminato le coste dure centrali.
2 cipolle rosse affettate sottilmente
1 cucchiaino di misto spezie
80 g di zucchero light brown (o di canna)
2 spicchi d'aglio puliti ed affettati sottilmente (io ne ho usato metà)
60 ml di aceto di vino rosso o balsamico
2 pere sbucciate e tagliate a dadini
una noce di burro
olio extravergine per la cottura.
sape e pepe nero macinato fresco
Riscaldate il forno a 180° .
Scaldate un filo d'olio in una casseruola adatta anche al forno, aggiungete le cipolle affettate e fatele passire a fuoco dolce per una decina di minuti, fino a che non saranno morbide. Aggiungete dell'acqua se necessario.
Aggiungete le spezie, il sale ed il pepe, lo zucchero, l'aglio e cuocete per un paio di minuti.
Aggiungete il cavolo e l'aceto e mescolate bene portando il tutto a frigolare.
Mettete la casseruola nel forno e fate cuocere per 1 ora.
A metà cottura, toglietela dal forno, mescolate il cavolo per qualche attimo, aggiungete le pere a cubetti, e rimettete in forno per il resto del tempo.
Una volta che il cavolo sarà morbido (quello in superficie sarà croccante), togliete la casseruola dal forno, aggiungete il burro e mescolate bene. Aggiustate di sale se necessario e servite ben caldo.
E' perfetto con arrosti di tacchino o maiale o salsicce succose. In mancanza di pere, potrete usare mele, ma troverete che le pere sono perfette!


venerdì 20 settembre 2013

Venerdi vegetariano con Starbooks: insalata di farro, zucca e finocchi

E' stata una settimana faticosa, un mese faticoso, un periodo faticosissimo.
Non sono troppo presente sul blog e spero vorrete perdonarmi. 
Di questa ottima insalata di farro non troverete la ricetta qui da me. 
Vi invito quindi ad andare a leggere di là, presso l'attivissimo blog Starbooks, che sforna una bontà vegetariana dietro l'altra grazie al libro del mese " River Cottage VEG EVERYDAY". 
Non perdetevelo: non si parla di dieta, di rinunce, di leggerezza forzata, ma di grandi ricette con le verdure. 
E chi non ci crede, pancia lo colga! 

venerdì 25 gennaio 2013

Per la cucina dell'extravergine: l'olio di Toscana

I saved the world today - Eurythmics
Ritorniamo a parlare di olio extravergine. 
La rubrica quindicinale ha fatto una piccola pausa durante il periodo delle feste e adesso riprendiamo il bandolo della matassa alla scoperta degli oli e territori italiani a vocazione olivicola, attraverso gustose ricette preparate da 4 blog appassionate ed agguerrite. 
Questa settimana, dopo l'olio Pugliese, quello Marchigiano e quello Lucano, è il turno dell'extravergine Toscano
Posso dire che gioco in casa con mia grande gioia. 
Spesso ascolto parlare amici e clienti dell'olio Toscano. 
Molti si infervorano lodandone la qualità e mettendolo nell'Olimpo degli oli italiani. E' indubbio che l'olio Toscano sia quello più conosciuto nel mondo e forse proprio il più apprezzato perché legato ad un immagine di qualità e prestigio indotte dall'immagine generale di questa regione. 
La produzione toscana è però minima e per questo preziosa. Un territorio che complessivamente possiede coltivazioni di olivi in tutte le sue provincie ma che a  livello di quantità partecipa solamente ad un 4% dell'intera produzione italiana: un po' pochino vero? 
Perché allora tutta questa celebrità? La Toscana ha il pregio di contribuire fortemente all'immagine dell'olio italiano nel mondo grazie alla commercializzazione di oli certificati (Dop o Igp) di cui è la capofila. 
Bisogna stare molto attenti però, perché l'olio autenticamente toscano non è molto. Basterebbe fare qualche calcolo per rendersi conto che le produzioni industriali in questa regione, non possono accedere all'oliva autoctona vendendo successivamente a costi popolari, senza qualche "aiuto esterno". Lontana da me l'intenzione di entrare in un ginepraio di polemiche, ma questo deve indurvi a leggere con attenzione le etichette ogni qualvolta comprate olio extravergine d'oliva. 
Desidero piuttosto parlare delle caratteristiche generali del nostro olio. 
Gli oli toscani si caratterizzano per il colore verde intenso con nota aromatica persistente ed uno spiccato piccante ed amaro, dovuto alla raccolta precoce delle olive, che avviene ancora prima dell'invaiatura. Questo contribuisce a mantenere l'acidità generale entro un massimo di 0,6%, quindi estremamente bassa. 
Le varietà più diffuse nella nostra regione, dalla costa ai rilievi centrali, sono: Leccino, Frantoio, Moraiolo e Maurino, senza trascurare il Pendolino che ha l'importante funzione di pianta impollinatrice. 
Le zone maggiormente vocate sono la Lucchesia, dalla Versilia alla Valle del Serchio; la zona dei Colli Pisani fino alla Val d'Era. Scendendo lungo la costa, importanti sono gli oli della Maremma Pisano- Livornese, resi particolari dalla vicinanza del mare fino a quelli un po' più "rudi" della Maremma Grossetana. Più a nord notevoli sono gli oli dell'area pratese/fiorentina con Vinci, Carmignano ed Artimino, per poi addentrarsi nei Colli Fiorentini (Fiesole e Rufina). A sud tutta l'area chiantigiana Fiorentina e Senese con oli dalle note dolci e saporite. Proseguendo verso il confine con l'Umbria, non vanno dimenticati gli oli delle Terre di Siena, delle Crete senesi e della Val d'Orcia, spesso carichi di sapore e di grande equilibrio. Non ultima l'Olivastra Saggianese (Monte Amiata) da cui si ottiene uno degli oli più interessanti della regione. 
Prima di passare alla ricetta vi invito a leggere anche le stupende ricette delle mie compagne di viaggio:
Polpo con scarola e colatura di alici da Teresa - Scatti Golosi
Farinata bianca da Fausta - Caffè col cioccolato
Minestra di verza, broccolo e lattuga da Stefania - Cardamomo & co 
Inoltre potrete leggere le ricette sul sito dell'Associazione Nazionale Città dell'Olio dove troverete numerose informazioni utili sull'utilizzo dell'olio extravergine. 
L'olio protagonista di questa settimana è l'Olio Bardi di Trequanda, piccolo borgo delizioso tra la Val d'Orcia e la Valdichiana. 
La grande amicizia del Sig. Bardi con Gerard Depardieu ed altri personaggi noti è dovuta proprio al grande prestigio di questo favoloso olio. 
L'azienda Bardi si trova in una magnifica posizione panoramica proprio di fronte al piccolo borgo di Petroio, la cui fama è legata alla produzione delle terrecotte e degli orci da olio. 
L'olio che abbiamo avuto il piacere di provare è una DOP Terre di Siena, di colore giallo dorato intenso con toni verdi limpidi. Ha note di erbe aromatiche di campo e sentori di carciofo. 
Per quest'olio ho pensato ad una ricetta basica, estremamente semplice ma aromatica, su cui far emergere l'estrema complessità di questo favoloso prodotto. 
INSALATA CALDA DI LENTICCHIE DI CASTELLUCCIO CON CUORE DI SEDANO (da una ricetta di Yotam Ottolenghi)
Ingredienti per 4 persone:
60 gr di nocciole intere con pellicina
200 gr di lenticchie di Castelluccio
700 ml di acqua
2 foglie di alloro
4 rametti di timo
1 cuore di sedano (650 gr) pulito e tagliato in bastoncini spessi 1 cm
8 cucchiai di olio extravergine DOP Terre di Siena Bardi
3 cucchiai di ottimo aceto di vino
qualche fogliolina di prezzemolo
sale e pepe
Tostate le nocciole in forno a 140° per c.ca 15 minuti. Quindi fatele raffreddare e tagliatele grossolanamente,
Mette l'acqua in una pentolina e versatevi le lenticchie ben lavate, le foglie di alloro, il timo. Portate a bollore e lasciate sobbollire per c.ca 20 minuti o fino a che le lenticchie non saranno cotte ma al dente. 
Scolatele e tenete da parte.
In un altro pentolino, portate l'acqua a bollore e versatevi il sedano già pulito e tagliato e fate cuocere per 10/12 minuti fino a che non sarà morbido. 
Scolate.
In una larga ciotola, mescolate le lenticchie ancora calde per far emergere tutti gli aromi, con l'olio, l'aceto, il pepe nero ed il sale. Aggiungete il sedano e mescolate bene. Assaggiate e aggiustate di sale se necessario.
Servite l'insalata in piccole ciotole e completate con le nocciole ed il prezzemolo. 
La stessa insalata può essere servita fredda: in questo caso sia lenticchie che sedano dovranno essere raffreddati prima di essere conditi. Completate come per la versione calda. 





giovedì 13 dicembre 2012

Taormina: nel blu dipinto di blu. Cavolfiore con pesto all'Etnea

Volare - Domenico Modugno
La luce tersa ed il colore irreale del cielo invernale quando è illuminato dal sole, mi lasciano ogni volta senza fiato. 
Il freddo è davvero potente in questi giorni, ma in un certo senso mi sembra l'unica cosa coerente di questo nostro paese così pieno di contraddizioni. 
Faccio il conto alla rovescia dei giorni che mi separano alla breve parentesi festiva ma non posso ovviamente smettere di pensare al mio lavoro e l'ultima missione esplorativa dell'anno si è appena conclusa. 
Bene posso dire, visto che mi ha portato per un breve istante in uno dei luoghi più belli d'Italia: Taormina
Mi rammarico di non conoscere la Sicilia come vorrei. Ci sono stata un paio di volte, sempre per brevissimo tempo, sempre per lavoro e quando viaggio per lavoro in luoghi meravigliosi, mi resta dentro la frustrazione di non avere visto nulla. 
"Ah, beata te che te ne vai a Londra" - mi sentivo ripetere ogni qualvolta  partivo per il WTM, la fiera del turismo internazionale di Earls Court (quando ancora si svolgeva in quella splendida sede). Già, peccato che dei miei 4 giorni londinesi, l'unica cosa che imparavo a conoscere era il percorso dal mio Hotel alla metro, il perimetro espositivo della fiera, e la mia camera d'Hotel. 
Di frustrazioni come queste ne ho tante
Sicuramente posso raccontare dei molti Hotel che ho visto e testato nei miei viaggi di lavoro. Stessa cosa vale per la Sicilia
Questa volta però, il brevissimo tempo trascorso in terra di Trinacria, mi ha regalato grandi emozioni, grazie ad un sole imprevisto e sfacciato che ha illuminato un blu che più blu non si può! 
E ve lo posso dimostrare!
Ora, ditemi voi se non è un blu dipinto di blu! 
E Taormina svuotata di gente è, come sempre accade ai posti meravigliosi in bassa stagione, un luogo magico e commovente in cui spero di poter tornare con calma. 
Ovviamente 24 ore in terra di Sicilia sono state occasione per molteplici assaggi e shopping compulsivo di dolci in pasta di mandorle (ho scoperto questa famigerata "Nonna Vincenza" che nonostante cominci ad avere un carattere già più industriale, è davvero eccellente, ve lo posso garantire (così anche il mio portafoglio, che da qualche giorno sta avendo una crisi isterica). 
La mia tavola di Natale sarà coperta di torroncini bianchi e neri, pastarelle di mandorle, croccanti di mandorla, un bel torrone spaccadenti come piace a me ed altre delizie che vi risparmio. 
Non ho potuto visitare la pasticceria D'Amore a Taormina perché era chiusa per turno (sempre la solita fortunata) ma almeno un ARANCINO (masculo questa volta) me lo sono concessa in aeroporto a Catania, proprio prima di partire. Non fate i puristi: lo so che il cibo in aeroporto fa mediamente schifo, ma che vi devo dire: la friggitoria dove l'ho comprato, rigorosamente alla carne, era gagliarda e l'arancino proprio buono! 
Rientrata a casa ho avuto voglia di leggerezza ma ancora di un poco di Sicilia e siccome in frigo mi ritrovavo un bel cavolfiore da cuocere, mi balzata in testa un'idea rivelatasi davvero appetitosa.
Cavolfiore con pesto all'Etnea - per 4 persone:
- 500 gr di cavolfiore
- 100 gr di pomodorini secchi sott'olio
- una manciata di origano secco
- una manciata di mandorle
- una manciata di pistacchi sgusciati al naturale, tostati. 
- 7/8 olive di Kalamata
- 2 o 3 fiori di cappero sott'olio
- la punta di un coltello di peperoncino tritato
- olio extra vergine d'oliva, possibilmente Monte Etna DOP 
- sale qb
Chi ha detto che il pesto debba andare solo sulla pasta? Ecco come insaporire la verdura più modesta dell'universo e farla diventare un contorno sensuale.
Lavate, riducete in cimette e lessate il cavolfiore al vapore (cc.a 18 minuti - dipende dalla grandezza), e tenetelo in caldo.
Prendete i vostri pomodorini sott'olio e tritateli al coltello cercando di sminuzzarli senza ridurli completamente in poltiglia. Fate la stessa cosa con i fiori di cappero. Tritate le mandorle al mixer con un paio di cucchiai d'olio extra vergine. Snocciolate le olive di Kalamata e riducetele a filetti.
Tritate grossolanamente al coltello i pistacchi.
In una ciotolina mescolate i pomodorini, i fiori di cappero, l'origano, il peperoncino, le mandorle ed un pizzico di sale con olio extravergine fino ad ottenere un paté morbido e fluido. 
Sistemate il vostro cavolfiore sul piatto di portata, conditelo generosamente con il pesto ottenuto, cospargetelo di filetti di olive e per ultimo con una manciata di pistacchi. La Sicilia è servita! 
Dedico questo post alle splendide donne di Sicilia e care amiche di blog, belle come il sole siciliano, piene di vita come la loro terra ed intensamente sincere come i sapori che raccontano i loro piatti: Stefania, Stefania, Roberta, Flavia, Valentina...e  tutte quelle che ho dimenticato. Non me ne vogliate, siete stupende anche voi. 





venerdì 7 dicembre 2012

La Ciaudedda Lucana. Pregi e difetti dell'olio per la Cucina dell'Extravergine

Basilicata on my mind - Rocco Papaleo

Se qualcuno mi chiedesse “qual è l’ingrediente che non può mancare assolutamente nella tua cucina?” risponderei senza pensarci un attimo: l’olio extra vergine d’oliva!
Pensare che la consapevolezza sulla bontà ed unicità di questo prodotto è arrivata tardi nella mia vita.
Mia madre è del Lago di Garda ed è cresciuta in una zona ricca di oliveti. Mio nonno materno lavorava nel frantoio del paese e frangeva personalmente le sue olive. L’olio in casa mia non è mai mancato ma il mio palato non era educato a capirne la bontà e l’importanza.
La pasta in bianco, che è a mio avviso, dopo la fetta di pane, la prova del fuoco per l’olio extra vergine, nella mia famiglia veniva servita col burro. 
Pane e olio era la mia merenda preferita, ma solo quando mi trovavo a Roma, a casa dei miei nonni paterni. 
Per mia madre, l’olio era talmente prezioso che veniva usato solo per cucinare ma difficilmente per condire, e guai a sprecarne una goccia. 
Purtroppo credo che questo retaggio e convinzione esistano ancora in alcune zone del nostro paese.
La prima volta che ho assaggiato la pasta con l’olio assoluto, è stata a casa di mia suocera. Mi ero appena fidanzata con mio marito. Quando in tavola fu portata una bottiglia di olio nuovo, la mia faccia prese la forma di un punto interrogativo.
Io guardavo con sospetto e pochissimo coraggio i miei suoceri condire con abbondanza la loro pasta e quando la bottiglia mi arrivò fra le mani avrei voluto dire "passo".
Ma siccome sono una persona educata e non avrei mai voluto offendere i genitori del mio futuro marito, versai una piccola dose di olio sulla mia pasta. 
Il calore degli spaghetti fece sprigionare un profumo di oliva spremuta così intenso da farmi dimenticare ogni dubbio. L’assaggio fu un’epifania.  
Ricordo solo che da quel momento non ho più usato burro con la pasta in bianco e nel mio riso lessato. Non lo faccio neanche con mia figlia, che a 10 anni ha già un palato ben educato ed ama l’olio extravergine con tutto il cuore. 
Per chi ama l’olio extravergine e soprattutto per chi vorrebbe imparare a riconoscerne pregi e difetti, vi lascio un piccolo glossario che sicuramente può esservi utile e per questi dettagli ringrazio l’Associazione Nazionale Città dell’Olio.

Pregi e caratteristiche all’assaggio
Fruttato: questo aggettivo è molto amato e lo usiamo spesso anche impunemente. In ogni caso il fruttato è il “flavor” che ricorda il frutto dell’oliva colta nel perfetto momento della sua maturazione. Ogni cultivar ha il proprio fruttato che va dal leggero all’intenso. 
Verde: il flavor che ricorda note erbacee o di foglia e che è caratteristico di oli ottenuti da olive appena invaiate (ovvero con una lieve colorazione quindi non troppo mature).
Amaro: sensazione gustativa derivante dalla presenza di sostanze fenoliche, caratteristica assolutamente positiva che distingue molti oli.
Piccante: anche qui la presenza delle sostanze fenoliche è ciò che regala questo senso pungente ed è anche in questo caso un pregio ed una caratteristica molto amata.
Mandorla: in alcuni oli a base dolce si può riconoscere un flavor di mandorla fresca molto piacevole e caratterizzante.
Non dimentichiamo altre caratteristiche positive riconoscibili all’assaggio come il Carciofo, il pomodoro, ecc.


Difetti più frequenti riconoscibili all’assaggio:
Riscaldo: difetto riconoscibile in oli ottenuti da olive estremamente mature o stoccate per più giorni prima di essere frante.
Rancido: altro difetto frequente e derivante dall’ossidazione dell’olio dovuta alla luce, all’ossigeno o al calore, oppure in oli molto vecchi.
Morchia: l’olio è stato a lungo in contatto con i fanghi di decantazione che spesso possono essere riconosciuti nella posa in fondo alla bottiglia, e ne acquista il carattere deleterio.
Questa settimana abbiamo potuto apprezzare l'Olio extravergine della Basilicata, in particolare la cultivar Ogliarola del Vulture, dal colore brillante giallo oro, caratterizzata da un fruttato intenso e da un retrogusto deciso e leggermente piccante. 
Mi è sembrato giusto onorare questo prodotto con una ricetta tradizionale di terra Lucana. 
Prima di passare alla ricetta pero', vi invito ovviamente a leggere le splendide ricette realizzate dalle mie amiche di avventura:
Pancotto di Matera ai ceci della Murgia di Teresa Scatti golosi
Quiche con porri, zucca e noci pecan di Stefania Cardamomo and co
Fougasse provenzale con cipolla e olive di Fausta Caffè col Cioccolato

Ciaudedda Lucana - Ingredienti per 4 persone:
E' una ricetta primaverile vista la presenza delle fave, ma io ho la mia scorta di favette fresche nel congelatore ed ho colto l'occasione per utilizzarle. 
Uno stufato di verdure assolutamente delizioso e facilissimo da preparare che vi consiglio qualora come me, abbiate fatto le formichine conservatrici. Carciofi invernali, patate e cipolla....favette disponibili e olio extravergine lucano. 
- 300 gr di favette pazientemente private della pellicina
- 4 carciofi (io ho usato i Morelli)
- 4 patate di media grandezza
- 1 bella cipolla, magari di Tropea
- 80 gr di pancetta tirata (non affumicata) tagliata in una sola fetta
- Brodo vegetale casalingo (cc.a 1 litro)
- Sale, pepe
- Peperoncino se gradito
- Olio extravergine "Il Sarolo" - Ogliarola del Vulture DOP dell'Azienda Rapolla Fiorente 
Affettate la cipolla non troppo sottilmente, sbucciate le patate e tagliate a dadoni. Pulite i carciofi, eliminate l'eventuale fieno centrale, e tagliateli in 4 spicchi. Io ho utilizzato anche i gambi che a me piacciono tanto. Metteteli in acqua acidulata con un limone.
Riducete la pancetta in striscioline. 
Versate quattro bei cucchiai di olio in una casseruola e fate passire la cipolla con la pancetta. Quando la cipolla sarà trasparente, aggiungete tutte le verdure e versate il brodo a metà casseruola. Pepate e aggiustate di sale, quindi coprite con il coperchio e fate cuocere a fuoco medio fino a quando il brodo non sarà stato completamente assorbito dalle verdure. Evitate di mescolare per non sfaldare le patate e le favette. 
Servite irrorando generosamente con olio extravergine ed accompagnando con un pizzico di peperoncino se gradito. 
Ottimo come saporito antipasto o contorno robusto. 
NOTA BENE: questa stessa ricetta può essere realizzata cuocendo il tutto in forno a 160° in una pirofila o coccio coperti, fino a completo assorbimento del brodo. Prima di servirla, togliete il coperchio e lasciate gratinare per una decina di minuti. Provate la versione che preferite. 

E con questa ricetta, che potrete trovare anche sul sito dell'Associazione Nazionale Città dell'Olio, vi saluto con la cucina dell'Extravergine e vi aspetto fra 15 giorni.