TESTADIZUCCA
La notte in cui nacque Testadizucca, sul povero villaggio di Boscolungo si abbatté il temporale più pauroso che essere umano avesse mai visto.
Ad ogni tuono i pavimenti tremavano; ad ogni lampo le fragili case si riempivano di spettri lucenti.
I cani guaivano cercando rifugio sotto i letti; i bambini piangevano sotto le gonne delle madri.
Le vecchie pregavano la fine del mondo di allontanarsi da lì.
Un lampo cadde sopra la quercia anziana squarciandola a metà dall'alto in basso.
In quel momento, nella casa di fronte al grande albero, una creatura venne alla luce e quando il tuono spezzò il silenzio, la giovane madre chiuse gli occhi per sempre.
Testadizucca si presentò al mondo senza piangere, con gli occhi ben aperti ed una testa piena di capelli color del tramonto.
La levatrice tagliò il cordone ombelicale, lo avvolse con delicatezza in una mussola e lo appoggiò per un istante sul petto della madre.
Al contatto del corpo ancora caldo, il neonato emise un vagito e pianse, di un pianto quasi silenzioso, composto.
La levatrice allora, lo prese tra le sue braccia e con voce amorevole gli parlò: "Sei nato nella tempesta senza paura. Adesso sei solo ma hai le mani grandi e saprai combattere le tue battaglie. Nel tuo cuore c'è coraggio e compassione. Fortunato chi saprà amarti e averti amico perché tu sei unico e speciale".
Testadizucca crebbe nella vecchia casa della nonna.
Qualche settimana dopo essere venuto al mondo, alzava già il capino ascoltando attento i suoni intorno a sé.
Gli occhi avevano perso il velo della nascita ed un mattino la nonna si accorse con stupore che erano diversi l'uno dall'altro: il destro verde chiaro, con pagliuzze gialle come i suoi capelli ed il sinistro scuro come la notte.
Le venne da piangere pensando a quanto difficile sarebbe stata la vita per questo figlio della tempesta e giurò di proteggerlo con ogni forza fino a che fosse stata in vita.
Il piccolo si alzò dritto in piedi che non aveva compiuto 5 mesi.
Mosse i primi passi poco dopo e pronunciò la prima parola che non gli era spuntato il primo dentino.
Una sera, mentre la nonna lo metteva a letto pronta ad addormentarlo amorevolmente, lui la guardò, sorrise e con un fil di voce disse: "Vita".
Quando il bambino cominciò a camminare, la nonna non lo perdeva di vista un momento: il piccolo era veloce come un gatto selvatico ma non si allontanava di molto.
Scendeva con cautela i pochi scalini che dall'ingresso di casa lo separavano dall'aia e si fermava ad ogni anfratto con l'urgenza di studiare l'ambiente che lo circondava.
Accucciato sulle sue gambette incerte, osservava sorridendo il movimento di file di formiche cariche di cibo; si chinava sul prato ed appoggiava l'orecchio su fili d'erba e boccioli di fiori di campo e li ascoltava attento come se qualcuno gli stesse parlando.
Un giorno la nonna lo trovò seduto sul ceppo di un albero con in mano un uovo che teneva con delicatezza vicino alle gote: "Nonna, vita qui" - le spiegò il bambino con sguardo serio e convinto.
"Certo amore, qui dentro c'è un pulcino come te", disse la nonna, chiedendosi stupita come avesse fatto un bambino di pochi mesi a capire l'essenza di un uovo.
Fu soltanto intorno ai due anni che la nonna capì il dono di Testadizucca.
Per la spesa settimanale al mercato, la nonna amava portare con sé il bambino, che era tutto un gridolino di gioia perché la gente lo rendeva allegro; gli anziani lo salutavano con un buffetto sui capelli, le massaie se lo stringevano al petto.
Una giovane donna che serviva al banchetto dei formaggi, bella come una pesca matura e con un pancione tondo e dritto, vide il bimbo avvicinarsi con un'espressione incantata.
Il piccolo si sollevò sulla punta dei piedi e con la manina cercò di raggiungere il ventre della donna.
Allora lei vedendo lo sforzo del bambino, si chinò piegandosi sulle ginocchia ed il bimbo appoggiò il suo viso alla pancia e cominciò a parlare: "Qui la bimba dorme. Domani tu l'abbracci".
La nonna che aveva osservato tutta la scena, capì che il suo nipotino aveva la capacità di sentire e prevedere l'arrivo di una nuova vita.
Per qualche ragione a lei sconosciuta, il piccolo aveva ricevuto un senso speciale che lo avvicinava al mistero della vita e chissà fin dove quel dono poteva portarlo.
La giovane donna che ascoltava sorpresa il bambino, si accarezzò il ventre e sentì la sua creatura muoversi. Sorrise al piccolo e si preparò intimamente ad abbracciare presto la sua bambina.
Gli anni passavano e Testadizucca cresceva sereno a contatto con la natura.
Trascorreva le giornate osservando i contadini preparare il terreno per la semina, raccogliere gli ortaggi, nutrire gli animali. Gli uomini lo cercavano nell'incertezza, lo consultavano: "Allora piccolo, seminiamo oggi?" - "Aspetta 6 giorni, la terra non è pronta".
E loro aspettavano.
Lo portavano nelle stalle e lui toccava con tenerezza le bestie gravide, avvisava gli allevatori del tempo che mancava alle nascite, e qualche volta piangeva quando sentiva che un piccolo non ce l'avrebbe fatta.
Le sue giornate erano lunghe e piene di meraviglia ma stava diventando grande e la scuola l'aspettava.
Il primo giorno di scuola, la nonna lo accompagnò per mano e prima di lasciarlo gli dette un bacio e gli disse: "qui starai bene, ti farai tanti amici ed imparerai molte cose. Non avere paura".
La maestra fece sedere tutti i bambini al loro posto e cominciò l'appello, ma quando giunse al suo turno, una vocetta crudele e secca dal fondo della classe gridò: "TESTADIZUCCA! Lui è Testadizucca!".
Una risata corale riempì la stanza mentre la maestra cercava di sedare quella confusione.
Testadizucca, che non capiva la ragione di quel soprannome e dell'ilarità che aveva scatenato, si guardò intorno smarrito. "La zucca è un frutto magnifico" - pensava calmo - "E' il pane dell'inverno, a tutti piace la zucca".
Ma c'era qualcosa nel tono di quella voce che gli procurò un dolore che non seppe spiegarsi.
Purtroppo le cose non andarono meglio con il passare del tempo.
La maestra scriveva l'alfabeto alla lavagna, formava le parole ed ogni simbolo diventava incomprensibile davanti ai suoi occhi: le lettere ballavano, cambiavano ordine, si capovolgevano. Mentre tutti gli altri bambini cominciavano a leggere, lui scendeva in un baratro di confusione e tristezza.
Quando la maestra lo chiamava alla lavagna per comporre una parola, i bambini lo deridevano - "Hai la zucca vuota, Testadizucca!".
La maestra gridava di smettere, ma non sapeva come aiutare quel bambino strano e silenzioso deriso ogni giorno di più dai compagni.
Lui tornava a casa stanco, adombrato, trascinando la cartella senza cura e chiedeva ogni volta alla nonna la ragione della sua incapacità di riuscire a leggere o a scrivere come tutti gli altri bambini.
"Perché mi chiamano Testadizucca, nonna?"
"Perché sono bambini senza fantasia. Non vedono quanto siano belli i tuoi capelli accesi come fiamme, loro non sanno tutte le cose che conosci tu, non si rendono conto che la zucca è un frutto prezioso e importante. Sono sciocchi e invidiosi perché tu sei speciale".
La sera del 31 ottobre, quando il paese si apprestava a celebrare la festa di fine estate in un rito giocoso che serviva a scongiurare l'arrivo di un inverno duro e crudele, Testadizucca aiutava la nonna a decorare la casa con candele, foglie secche colorate e rami di melograno.
Sul camino arrostivano le castagne ed il profumo inondava la casa.
Qualcuno bussò alla porta ed il piccolo corse ad aprire, ma con sua grande sorpresa non c'era nessuno.
Sull'ultimo scalino troneggiava una gigantesca zucca gialla con ancora tralci e foglie attaccati.
La nonna ed il bambino ammutoliti, la sollevarono insieme e con grande sforzo la portarono sulla tavola.
"E adesso che facciamo nonna? Chi l'avrà portata?"
"Chi lo sa? Guarda com'è bella e grande...possiamo farci un sacco di cose buone. Che ne dici di un bel pane di zucca, ed una minestra? E forse anche un po' di zucca grigliata ed una torta?"
Testadizucca si leccava i baffi all'idea di tutte le cose buone che avrebbe preparato la nonna e batté le mani con gioia.
Con un grande coltello la nonna si apprestò a tagliare quel frutto regalato: la zucca si aprì in due con un grande "crack" ed il bambino vide centinaia e centinaia di semi luccicanti aggrappati ai filamenti gialli.
Li osservò a lungo in silenzio per la prima volta, quindi con gli occhi lucidi di pianto guardò la nonna e disse: "Nonna, ognuno di questi semi è una vita che salverò".
La nonna sgomenta strinse le mani al bambino senza sapere cosa dire.
Lui continuò a parlare con voce tremante: "Ogni seme è una vita umana, ma non so di chi. Qualcuna è già qui, altre arriveranno, ma sarò io a dar loro una seconda occasione salvandole dalla morte. Non so come ma so che è così".
Raccolse uno ad uno i semi di zucca, li asciugò e li mise su una cesta vicino al camino.
Li fece seccare per qualche giorno e li ripose con cura in un grande barattolo che nascose sotto il suo letto.
Quella notte la sua tristezza svanì.
Seppe con certezza che avrebbe imparato a leggere, sarebbe diventato un grande guaritore e avrebbe celebrato la vita ogni giorno della sua esistenza.
Si addormentò sereno e nel suo cuore, si chiamò Testadizucca.
Una fiaba un po' stramba per una giornata tra il magico ed il mistico, che ci accompagna verso due giorni di celebrazioni legate ai nostri Santi ed ai nostri cari che non ci sono più.
Il Calendario del Cibo Italiano vuole ricordare un ortaggio che riempie le nostre tavole nei mesi invernali e che ha il colore dell'Autunno: la zucca.
Così, avvicinandoci alla simbologia un po' magica della zucca, abbiamo deciso che oggi ci saremmo inventate delle storie da raccontare ai nostri bambini, magari anche a noi stessi, che una favola non fa male a nessuno.
In questa pagina troverete quindi una selezione di bellissime ricette con protagonista la Zucca, e le fiabe che le accompagnano. Buona lettura.
Per l'occasione ho voluto preparare dei panini di zucca al profumo di rosmarino e fiocchi di sale di Camargue.
Sono estremamente morbidi e perfetti anche per essere utilizzati come buns per i vostri hamburger, o molto più semplicemente da servire in tavola tiepidi o farciti come ho fatto io, e come piacerebbe a Testadizucca, con porchetta e provola di caciocavallo. In ogni caso usate la vostra fantasia.
I panini sono facili e e veloci da fare.
Mi sono ispirata a questa ricetta con variazioni personali.
Ingredienti per 12 panini
125 ml di acqua tiepida
65 ml di latte tiepido
8 g lievito di birra fresco
mezzo cucchiaino di zucchero
1 uovo grande a temperatura ambiente
4 g di sale
45 g di burro fuso e intiepidito
150 g di purea di zucca (da zucca gialla molto soda)
300/380 g di farina 0
2 cucchiaini colmi di rosmarino tritato finemente ed un rametto per decorare
2 cucchiai di semi si zucca
1 tuorlo d'uovo con 1 goccio di latte per lucidare i panini
- Per prima cosa preparate la zucca: tagliatela a dadini privandola della buccia e mettetela a rosolare in una padella con un filo d'olio, uno spicchio d'aglio ed un rametto di rosmarino. Salate e cuocete a fiamma media per c.ca 8/10 minuti, non aggiungendo acqua. Mescolate via via durante la cottura. Una volta morbida e rosolata, mettetela con il suo liquido (scartate aglio e rosmarino), in un bicchiere da mixer a immersione, e frullatela bene. Tenete da parte e fate intiepidire.
- Miscelate acqua e latte e scioglietevi il lievito di birra con lo zucchero, fino a quando non si sarà attivato formando la tradizionale schiumina in superficie.
- Nella ciotola della planetaria, setacciate 300 g di farina. Formate la fontana e versate il sale sui bordi. Al centro mettete il puré di zucca, l'acqua e l'uovo e il rosmarino tritato, e con il gancio cominciate ad impastare a velocità media. E' possibile che dobbiate aggiungere farina: questo dipende da quanta umidità porterà con sé il vostro puré di zucca. In caso aggiungete fino a che l'impasto non sarà morbido ma non più appiccicoso (c.ca 10 minuti)
- Quando l'impasto comincerà a staccarsi dalle pareti lasciandole pulite, versate a filo il burro fuso ed aumentate la velocità. L'impasto si incorderà aggrappandosi bene al gancio. Lavorate l'impasto per altri 5/6 minuti a velocità più sostenuta.
- A questo punto, ottenuto un impasto lucido ed omogeneo, coprite la ciotola con la pellicola e fate lievitare nel forno con la lucina accesa per almeno 1h, fino a che non raddoppierà di volume.
- Una volta lievitato, rovesciatelo su una spianatoia infarinata e sgonfiatelo con le mani. Tagliatelo in 12 parti uguali e pirlate ogni panetto ottenendo una pallina rotonda e ben incordata. Sistemate ogni pallina su una teglia distanziandole di un paio di cm l'una dall'altra per consentire loro di crescere in lievitazione.
- Rimettete in forno per la seconda lievitazione altri 45 minuti c.ca (anche 1 ora).
- Una volta pronti, scaldate il forno a 180° e lucidate ogni panetto con tuorlo e latte. Rifinite i vostri panini con i semi di zucca, rametti di rosmarino a piacere e un pizzico di Sal de Camargue in fiocchi.
- Fate cuocere per c.ca 25 minuti, o comunque fino a che non saranno belli gonfi dorati.
- Una volta sfornati, toglieteli dalla carta da forno e fateli raffreddare su una griglia. Serviteli tiepidi o a temperatura ambiente.
- Si possono tranquillamente congelare una volta freddi.