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lunedì 9 ottobre 2023

Cheesecake basco alla zucca

Non è esattamente il mio momento migliore.
Dopo una settimana di influenza Covid beccata a tradimento, ho ricominciato la mia vita frenetica di sempre e la febbre è tornata. 
Mi è passato un camion addosso, con doppia razione di dolori ovunque, anche in posti che non sapevo di avere. 
Naturalmente il tutto alla vigilia di una Fiera importante a cui dovrò partecipare. Bene ma non benissimo.
Energie a lumicino, non mi dilungo più di tanto. 
Vi lascio la ricetta di questa magnifica torta ispirata dalla preparazione di questa bravissima blogger americana
Davvero buonissima e di grande effetto. Consigliatissima. 

Nella nostra tradizione di pasticceria del Meridione, esiste la “Torta di Ricotta”, una sorta di budino a base di uova e ricotta senza la base croccante di tradizione americana. 

Mia suocera ne prepara una assolutamente eccezionale e quella che vi propongo oggi per molti versi, le assomiglia, anche se arriva dal nord della Spagna. 

Qui, nella regione Basca, si prepara una torta a base di formaggio fresco locale, con molte uova, poca farina e profumo di limone, che viene cotta fino a caramellare all’estremo la superficie, che spesso è completamente bruciata. 

In questo caso, ho apportato una variante, aggiungendo un ingrediente di stagione, la zucca, e una miscela di spezie che la esaltano, con un risultato spettacolare: nessuno dei vostri ospiti, potrà mai scoprire l’ingrediente segreto. 


Ingredienti per uno stampo da 23 cm di diametro


750 g di formaggio cremoso spalmabile (3 confezioni da 250 g)

200 g di zucchero semolato 

4 uova grandi a temperatura ambiente 

200 g di zucca cotta, ridotta in purè

150 ml di panna fresca

2 cucchiaini di estratto naturale di vaniglia 

1 cucchiaino e mezzo di cannella in polvere

1 cucchiaino di zenzero in polvere

1 cucchiaino di misto spezie in polvere

1 cucchiaino di sale fino

40 g di farina 00 setacciata (per i celiaci potete sostituire con maizena o fecola) 

  • Cuocete la zucca in forno, ridotta a pezzetti e privata di buccia, a 200° fino a che non sarà morbida. Frullatela in un mixer e fatela raffreddare
  • In una ampia ciotola sbattete il formaggio cremoso e lo zucchero a velocità media, pulendo le pareti via via durante l’impasto, per c.ca 2 minuti fino ad ottenere un composto molto cremoso e uniforme.
  • Aggiungete un uovo alla volta e mescolate con una frusta, aspettando che sia ben assorbito prima di versare il successivo. Aggiungete la panna e la zucca ormai fredda, l’estratto di vaniglia. Sbattete fino a che non sia tutto ben amalgamato, per c.ca 30 secondi. 
  • Setacciate la farina insieme alle spezie e il sale ed incorporate il tutto nell’impasto con una spatola. 
  • Versate la crema nello stampo a cerniera foderato con carta da forno e trasferite in forno già caldo. Cuocete a 190° per 60/65 minuti fino a che non sia intensamente dorato e gonfio, e leggermente mobile al centro. Se notate che si scurisce troppo, potrete capirlo con un foglio di alluminio.
  • Spegnete il forno ed aprite lo sportello. Lasciate raffreddare la torta in forno quindi sformatela.
  • Servitelo a temperatura ambiente accompagnandolo con della panna non zuccherata o al naturale. E’ ancora migliore il giorno dopo (potete preparalo prima e conservarlo in frigo e tirarlo fuori 30 minuti prima di servire). 



lunedì 19 ottobre 2020

Panini intrecciati alla zucca e salvia con Tangzhong

Have I told you - Van Morrison 

Era un po' che non mi dedicavo ai lievitati. 
Mi sono innamorata di una ricetta scovata sul bellissimo blog di Tiziana - Deliziosa Virtù (se non lo conoscete, conoscetelo!) e la stagione gioca complice con uno dei miei ingredienti preferiti: la zucca. 
Si tratta di bellissimi panini intrecciati, aromatizzati con polpa di zucca e salvia (mia aggiunta) il cui impasto è fatto con il metodo Tangzhong di cui vi ho già parlato in questo post. 
Un metodo di origine cinese che conferisce agli impasti lievitati una speciale morbidezza e capacità di conservazione. Vi consiglio vivamente di provare. 
Quello che mi ha affascinato di questi panini, è l'intreccio che li trasforma in piccole corolle o se volete, anche piccole zucche. 
Sembrerebbe un lavoro complicato invece è un procedimento semplicissimo che se proverete, vi stupirà.
I panini sono deliziosi, morbidi e potete servirli con un bel tagliere di affettati e formaggi, affettarli e tostarli per una ricca colazione o un brunch oppure potrete congelarne una parte una volta freddi, e si conserveranno come appena sfornati. 
Ingredienti per 10 panini
500 g di farina tipo 1
180 g di zucca cotta ridotta in purea
30 ml di olio extravergine 
1 uovo 
6 g di lievito di birra fresco 
10 g di sale
7/8 foglie di salvia 

Per il Tangzhong 
200 ml di acqua 
20 g di farina 0

Per rifinire 
1 tuorlo 
1 cucchiaio di latte 
semi misti (sesamo, papavero, lino, zucca a piacere)
  • Preparate la purea di zucca come preferite, cuocendola al forno con la salvia, sale e pepe, oppure lessandola e successivamente frullatela inclusa al salvia, con 2 cucchiai di olio extravergine. 
  • Procedete con il Tangzhong: mettete la farina in un pentolino sciogliendola con l'acqua, e cuocete a fiamma dolce fino a che non raggiungere la temperatura di 65°. A questo punto lasciate raffreddare. 
  • Mettete la farina nella ciotola dell'impastatrice con l'olio, la purea di zucca, il lievito ed il Tangzhong e cominciate ad impastare. Quando gli ingredienti cominceranno a stare insieme, aggiungete l'uovo ed il sale. Se notate che l'impasto è leggermente duro, aggiungete un paio di cucchiai d'acqua (il tipo di farina che userete, può assorbire maggiori liquidi). Lavorate a velocità media per almeno 10/15 minuti. Otterrete una palla elastica che sistemerete in una ciotola con pellicola e lascerete riposare in frigo tutta la notte. 
  • Al mattino togliete dal frigo e lasciate a temperatura ambiente 1 ora. Dividete l'impasto in 10 pezzi da 90 g ciascuno e fate delle palline. Tirate ogni pallina in un cordoncino di 45 cm. Fate un nodo come in foto.  Richiudete il lembo sinistro sopra il nodo e quello destro dietro, formando l'intreccio. 
  • Lasciate lievitare su teglie coperti con carta da forno, ben distanti l'uno dall'altro, almeno 1h/1h30. Spennellate con il tuorlo sbattuto con il latte e decorate con i semi preferiti. 
  • Cuocete a 180°fino a che non saranno ben dorati e lasciateli raffreddare su una gratella. Si possono congelare. 


mercoledì 29 gennaio 2020

Zucca arrostita e hummus per Starbooks

What the world need now Is Love - Jackie DeShannon
L'ultima ricetta di Starbooks di questo mese.
Un piatto semplicissimo e veloce da fare, perfetto per questa stagione.
Sono certa che molte di voi lo proveranno, seguendo i dovuti consigli.
Ma per avere tutte le informazioni, dovrete andare a leggere il post ufficiale sul Sito Starbooks.
Buona giornata

mercoledì 3 ottobre 2018

Cosa ci faccio con le nocciole? Ravioli di zucca con burro noisette per Mag about Food

Harvest moon - Neil Young 
E' la stagione delle nocciole.
Chi non le ama?
Io ne sono praticamente dipendente. Nella mia dispensa non mancano mai.
E se spesso e volentieri sono apparse su queste pagine all'interno di dolci golosi, la nocciola dimostra di essere perfetta per piatti salati, dai primi ai secondi, basta avere un po' di fantasia.
E se quella scarseggia, non vi resta che sfogliare Il Mag di Mtc, ed in questo splendido articolo, troverete un mare di proposte irresistibili.
Non vi dico altro.
Correte a leggere.


giovedì 30 novembre 2017

Quiche con zucca grigliata, salsiccia e feta: ombre e luci.

Shadows and light - Jony Mitchell
I primi dello scorso settembre, mentre mi accingevo a vivere i giorni più duri della mia vita, arrivò finalmente il nuovo obiettivo per la reflex, ordinato alla fine di luglio.
Un oggetto così tanto desiderato, sognato, voluto.
Una volta fra le mani, non riuscivo a metterci il cuore: lo guardavo come si osserva qualcosa di lontano, di alcun interesse.
Sfogliai il manuale per qualche istante e misi tutto da parte.
In quei giorni vivevo in casa dai miei e non potrò mai dimenticare l'immobilità del tempo e la sensazione di essere chiusa dentro ad una bolla.
Un tardo pomeriggio, che annunciava uno dei tramonti più belli di fine estate, decisi che avrei provato l'obiettivo.
Lo montai sulla macchina e cominciai a girare tra salotto e giardinetto, cercando di capire i movimenti della luce fra i fiori ed i vasi della mamma, ma non trovavo un soggetto adatto alla prova.
Così rientrai in sala e mi sistemai sul divano, continuando a trafficare con l'obiettivo.
Non avevo notato che seduta di spalle a pochi metri da me, di fronte alla televisione spenta, c'era mia madre.
La luce entrava morbida dalla finestra e l'avvolgeva come una polvere dorata.
Senza dirle nulla, ho cominciato a scattare ritraendola mentre guardava pensosa oltre i vetri, la piccola testa bianca appena inclinata sul fragile collo, le spalle stanche e le braccia abbandonate in grembo.
In quel momento non mi rendevo conto di stare congelando un suo dolore profondo, l'anticipo di una solitudine che non avrebbe tardato a venire.
Ieri, mentre sistemavo alcuni scatti, ho ritrovato questa foto e mi si è fermato il cuore.
Piegata sulla mia sofferenza, non ho capito quanto devastante possa essere perdere la persona con cui hai condiviso 52 anni della tua vita, nel bene e nel male.
Viviamo le nostre vite concentrati sul proprio ombelico, svicolando le miserie altrui.
Certamente è un modo per sopravvivere e per non lasciarsi travolgere, ma a volte bisogna fermarsi e cambiare prospettiva, indossando, come dicono gli inglesi, "le scarpe del prossimo".
Specialmente se il prossimo è una persona a noi molto vicina.
Ogni tanto riesco a preparare una torta salata.
In casa mia non sono una delle cose più amate: il marito non è un fan di brisé su ripieni salati, meglio una bella crostata se voglio farlo felice.
Io invece ne sono sempre entusiasta, da quella prima volta in Francia, a 17 anni, quando la famiglia che mi ospitava mi preparò una Quiche Lorraine per benvenuto.
Questa che vi propongo oggi, è molto semplice, molto autunnale, con un tocco di freschezza dato dalla feta, veramente goloso. 

Ingredienti per uno stampo da 24/25 cm

Per la briseé 
250 g di farina 00 + extra per stendere
150 g di burro freddo tagliato a cubetti
1 uovo grande sbattuto
1 pizzico di sale

Per l'appareil 
250 g di zucca violina tagliata a fette spesse 5/6 mm
2 salsicce nostrali fresche
120 g di feta
200 ml di panna da cucina fresca
50 ml di latte
2 uova grandi
30 g di parmigiano gattuggiato
1 rametto di rosmarino tritato
sale - pepe nero macinato fresco qb
  • Prepara la brisé: in un mixer con lama, frulla la farina con il burro freddo fino ad ottenere delle briciole fini. Aggiungi quindi l'uovo sbattuto con il pizzico di sale e continua ad impastare fino a il tutto starà insieme. Non impastare più del necessario. Con le mani ricomponi l'impasto dando la forma di una palla schiacciata che avvolgerai nella pellicola e farai raffreddare per c.ca 30 minuti, il tempo che prepari il ripieno. 
  • Per il ripieno, comincia ad arrostire la zucca su una bistecchiera. Quando le fettine saranno belle dorate, mettile da parte e lasciale raffreddare. 
  • Prepara la salsiccia: toglila dalla pelle, sbriciolala con le mani e mettila in una padella antiaderente ben calda. Falla cuocere aiutandoti con una spatolina di legno con cui spezzetterai bene la salsiccia riducendola in briciole non troppo grosse. Quando sarà bella dorata, scolala su un foglio di carta assorbente e fai raffreddare. 
  • In una ciotola versa la panna, il latte, il formaggio, le uova, 80g di feta sbriciolata con le mani, il rosmarino tritato. Con una frusta a mano mescola bene il tutto quindi regola appena di sale e pepe ma fai attenzione (la salsiccia è molto saporita di suo). 
  • Stendi la brisè ad uno spessore di 3/4 mm quindi fodera una tortiera leggermente imburrata e infarinata. Buca il fondo con una forchetta. 
  • Versa l'appareil nel guscio quindi sistema le fettine di zucca cercando, se riesci, di farle stare dritte sullo spessore e creare dei disegni armoniosi. 
  • Spargi la salsiccia sul ripieno quindi inforna a 180° per 35/40 minuti, fino a che il tutto non sia bello dorato. 
  • Al momento di servire, sbriciola la rimanente feta e disponila sulla superficie della torta, profuma con qualche rametto di rosmarino e servi calda o tiepida. 

lunedì 20 novembre 2017

Vellutata di zucca speziata con crema alla cannella: una serata tra Vintage People!

Figli delle Stelle - A. Sorrenti 
Mi sono lasciata lusingare da un invito.
"Ragazzeeeeee, c'è la festa dei nati nel '67 in discoteca, cena e ballo...ci si diverteee!" 
Doveva essere una serata fra sole donne, noi, "le quattro quarti" come ormai ci chiamiamo in privato. 
Invece la metà ha dato buca per impegni presi e ci siamo ritrovate in due, con i relativi boys, a vivere questa innocente evasione. 
Proposta accettata di slancio qualche settimana fa. 
Ma più la data si avvicinava, più un senso di leggero disagio si instillava nella testa. 
Allora ecco chat e telefonate d'emergenza: "Ma che diamine ci si mette in discoteca? Saranno 30 anni che non vado a ballare" - "Ma quanti siamo? Ma chi c'è?...." 
Insomma, uno strazio. Neanche ad un esame di università ero così stressata. 
Mio marito, preso dalla pietà ha accettato di accompagnarmi.
Giunti al parcheggio della Discoteca, mentre ci avviavamo verso l'ingresso, siamo stati preceduti da due tipi appesantiti, eskimo, capelli lunghi, grigi, Metallica style, jeans a bracala strappati qua e là...
"Senti, c'è una pizzeria qui dietro, che ne dici?" 
"Daiiiii....c'è Cate che ci aspetta. Andiamo, ceniamo e poi ce ne torniamo a casa se proprio proprio...."
L'abbraccio con la mia amica è di quelli che la dicono lunga (ma che ci facciamo qua?). 
Ci guardiamo e ridiamo come cretine quindi decidiamo di entrare. 
I lettori della mia generazione capiranno cosa intendo quando dico che non bisognerebbe mai abbandonarsi a viaggi di gruppo sul tappeto della nostalgia. 
Mai partecipare a quelle cene dei "20 anni", a quei ritrovi del "come eravamo". 
Il primo rischio concreto è che nessuno vi riconosca. 
O che voi non riconosciate qualcuno (il che è anche peggio). 
Il secondo è indulgere in considerazioni del tipo "miiii quanto è invecchiato", senza ammettere a voi stessi che la persona che avete di fronte sta pensando esattamente la stessa cosa di voi.
Trovo accettabile partecipare a simili reunion solo con cari amici che non vedo da tempo, perché l'affetto, quello resta immutato ed ha il potere di annebbiare la vista sull'implacabile lavoro del tempo. 
Queste serate celebrative in cui lo scopo primario dovrebbe essere quello di divertirsi, finiscono con il riempirmi di tristezza, che non è autocommiserazione intendiamoci. 
Dio me ne scampi e liberi: credo di avere ampiamente elaborato il superamento della barriera "50". 
Il problema è la consapevolezza che per qualcuno, invece, il termine "invecchiare" o "maturare" è qualcosa di cui vergognarsi o semplicemente, non è possibile nel loro caso. 
C'è il rifiuto di arrendersi all'inevitabile, perché la natura, questa simpaticona, non è che si gira indietro e ti aspetta. 
La forza di gravità è più forte dei nostri zigomi, delle nostre palpebre, dei nostri sederi e, ahimé dei nostri rigogliosi decolté, tanto vale usare discrezione. 
Eppure manipoli di coraggiose minigonnate, scollacciate, supertaccate sfidano sciatica e cervicale vestite di nulla, agitandosi in pista come serpenti frustoni in amore. 
In poche parole non mollano. 
Uomini dallo sguardo malandrino sempre a caccia, scrutano il parterre con fare indagatore, alla ricerca di cosa poi, mi è sconosciuto sapere.
Io ho ballato per tutto il tempo che sono rimasta in pista, scoprendo muscoli che avevo dimenticato (e soprattutto che si erano dimenticati di me), rischiando di volare più di una volta dai miei tacchi (non li so più portare) e cantando le canzoni della mia adolescenza (alcune delle quali veramente brutte). 
Ho riso di cuore con la mia amica e soprattutto, ho capito quanto non abbia bisogno di queste illusorie macchine del tempo per piacermi così come sono.  
Una vellutata, che non vuole essere la risposta alla mia babbionaggine, ma che certamente scalda cuore e palato più di duecento discoteche per vintage people. 
Semplice, di una semplicità così disarmante che farete prima a prepararla che a leggere gli ingredienti.
E poi a nanna senza acido lattico! 

Ingredienti per 4 persone
1 kg di zucca gialla tipo violina (o Butternut) tagliata in pezzi
400 g di patate
500 ml d'acqua
380 ml di brodo vegetale
1 porro affettato finemente (anche parte del verde)
la punta di un cucchiaino di semi di cumino
metà cucchiaino di semi di coriandolo
la scorza grattugiata di una arancia non trattata
olio extravergine qb
pepe - sale qb

Crema alla cannella
160 ml di panna fresca semimontata
1/2 cucchiaino di cannella
una macinata di pepe nero fresco

  • In una larga casseruola che dovrà contenere la vellutata, fate scaldare 3 cucchiai di extravergine in cui farete passire il porro, facendo ben attenzione a non farlo bruciare. Se necessario, aggiungete uno o due cucchiai di brodo vegetale. 
  • Quando il porro sarà bello passito, aggiungete le spezie che avrete provveduto a macinare in un piccolo mortaio riducendole in polvere non troppo fine. Mescolate e fate cuocere uno o due minuti, quindi aggiungete la zucca privata della buccia e le patate pelate, il tutto tagliato a pezzetti. Mescolate per insaporire quindi coprite il tutto con il brodo e con l'acqua portando ad ebollizione. 
  • Abbassate la fiamma e coprite e fate cuocere sobbollendo per una 20na di minuti. Quando le verdure saranno morbide, spegnete e lasciate riposare una decina di minuti.
  • Nel frattempo preparate la crema: montate la panna con la cannella: dovrà essere morbida ma leggermente sostenuta. Tenete al fresco fino al momento di servire.
  • Con un mixer ad immersione frullate la zucca ottenendo una crema fine e densa. Se necessario riportate a temperatura scaldandola prima di servirla.
  • Impiattate ben calda, rifinite con la crema alla cannella ed una spolverata di pepe macinato fresco. Servite subito. 



martedì 31 ottobre 2017

Panini di zucca per... "Una Zucca da Fiaba"

Life - Des'ree
TESTADIZUCCA

La notte in cui nacque Testadizucca, sul povero villaggio di Boscolungo si abbatté il temporale più pauroso che essere umano avesse mai visto.
Ad ogni tuono i pavimenti tremavano; ad ogni lampo le fragili case si riempivano di spettri lucenti.
I cani guaivano cercando rifugio sotto i letti; i bambini piangevano sotto le gonne delle madri.
Le vecchie pregavano la fine del mondo di allontanarsi da lì.
Un lampo cadde sopra la quercia anziana squarciandola a metà dall'alto in basso.
In quel momento, nella casa di fronte al grande albero, una creatura venne alla luce e quando il tuono spezzò il silenzio,  la giovane madre chiuse gli occhi per sempre.
Testadizucca si presentò al mondo senza piangere, con gli occhi ben aperti ed una testa piena di capelli color del tramonto.
La levatrice tagliò il cordone ombelicale, lo avvolse con delicatezza in una mussola e lo appoggiò per un istante sul petto della madre.
Al contatto del corpo ancora caldo, il neonato emise un vagito e pianse, di un pianto quasi silenzioso, composto.
La levatrice allora, lo prese tra le sue braccia e con voce amorevole gli parlò: "Sei nato nella tempesta senza paura. Adesso sei solo ma hai le mani grandi e saprai combattere le tue battaglie. Nel tuo cuore c'è coraggio e compassione. Fortunato chi saprà amarti e averti amico perché tu sei unico e speciale".
Testadizucca crebbe nella vecchia casa della nonna.
Qualche settimana dopo essere venuto al mondo, alzava già il capino ascoltando attento i suoni intorno a sé.
Gli occhi avevano perso il velo della nascita ed un mattino la nonna si accorse con stupore che erano diversi l'uno dall'altro: il destro verde chiaro, con pagliuzze gialle come i suoi capelli ed il sinistro scuro come la notte.
Le venne da piangere pensando a quanto difficile sarebbe stata la vita per questo figlio della tempesta e giurò di proteggerlo con ogni forza fino a che fosse stata in vita.
Il piccolo si alzò dritto in piedi che non aveva compiuto 5 mesi.
Mosse i primi passi poco dopo e pronunciò la prima parola che non gli era spuntato il primo dentino.
Una sera, mentre la nonna lo metteva a letto pronta ad addormentarlo amorevolmente, lui la guardò, sorrise e con un fil di voce disse: "Vita".
Quando il bambino cominciò a camminare, la nonna non lo perdeva di vista un momento: il piccolo era veloce come un gatto selvatico ma non si allontanava di molto.
Scendeva con cautela i pochi scalini che dall'ingresso di casa lo separavano dall'aia e si fermava ad ogni anfratto con l'urgenza di studiare l'ambiente che lo circondava.
Accucciato sulle sue gambette incerte, osservava sorridendo il movimento di file di formiche cariche di cibo; si chinava sul prato ed appoggiava l'orecchio su fili d'erba e boccioli di fiori di campo e li ascoltava attento come se qualcuno gli stesse parlando.
Un giorno la nonna lo trovò seduto sul ceppo di un albero con in mano un uovo che teneva con delicatezza vicino alle gote: "Nonna, vita qui" - le spiegò il bambino con sguardo serio e convinto.
"Certo amore, qui dentro c'è un pulcino come te", disse la nonna, chiedendosi stupita come avesse fatto un bambino di pochi mesi a capire l'essenza di un uovo.
Fu soltanto intorno ai due anni che la nonna capì il dono di Testadizucca.
Per la spesa settimanale al mercato, la nonna amava portare con sé il bambino, che era tutto un gridolino di gioia perché la gente lo rendeva allegro; gli anziani lo salutavano con un buffetto sui capelli, le massaie se lo stringevano al petto.
Una giovane donna che serviva al banchetto dei formaggi, bella come una pesca matura e con un pancione tondo e dritto, vide il bimbo avvicinarsi con un'espressione incantata.
Il piccolo si sollevò sulla punta dei piedi e con la manina cercò di raggiungere il ventre della donna.
Allora lei vedendo lo sforzo del bambino, si chinò piegandosi sulle ginocchia ed il bimbo appoggiò il suo viso alla pancia e cominciò a parlare: "Qui la bimba dorme. Domani tu l'abbracci".
La nonna che aveva osservato tutta la scena, capì che il suo nipotino aveva la capacità di sentire e prevedere l'arrivo di una nuova vita.
Per qualche ragione a lei sconosciuta, il piccolo aveva ricevuto un senso speciale che lo avvicinava al mistero della vita e chissà fin dove quel dono poteva portarlo.
La giovane donna che ascoltava sorpresa il bambino, si accarezzò il ventre e sentì la sua creatura muoversi. Sorrise al piccolo e si preparò intimamente ad abbracciare presto la sua bambina.
Gli anni passavano e Testadizucca cresceva sereno a contatto con la natura.
Trascorreva le giornate osservando i contadini preparare il terreno per la semina, raccogliere gli ortaggi, nutrire gli animali. Gli uomini lo cercavano nell'incertezza, lo consultavano: "Allora piccolo, seminiamo oggi?" - "Aspetta 6 giorni, la terra non è pronta".
E loro aspettavano.
Lo portavano nelle stalle e lui toccava con tenerezza le bestie gravide, avvisava gli allevatori del tempo che mancava alle nascite, e qualche volta piangeva quando sentiva che un piccolo non ce l'avrebbe fatta.
Le sue giornate erano lunghe e piene di meraviglia ma stava diventando grande e la scuola l'aspettava.
Il primo giorno di scuola, la nonna lo accompagnò per mano e prima di lasciarlo gli dette un bacio e gli disse: "qui starai bene, ti farai tanti amici ed imparerai molte cose. Non avere paura".
La maestra fece sedere tutti i bambini al loro posto e cominciò l'appello, ma quando giunse al suo turno, una vocetta crudele e secca dal fondo della classe gridò: "TESTADIZUCCA! Lui è Testadizucca!".
Una risata corale riempì la stanza mentre la maestra cercava di sedare quella confusione.
Testadizucca, che non capiva la ragione di quel soprannome e dell'ilarità che aveva scatenato, si guardò intorno smarrito. "La zucca è un frutto magnifico" - pensava calmo - "E' il pane dell'inverno, a tutti piace la zucca".
Ma c'era qualcosa nel tono di quella voce che gli procurò un dolore che non seppe spiegarsi.
Purtroppo le cose non andarono meglio con il passare del tempo.
La maestra scriveva l'alfabeto alla lavagna, formava le parole ed ogni simbolo diventava incomprensibile davanti ai suoi occhi: le lettere ballavano, cambiavano ordine, si capovolgevano. Mentre tutti gli altri bambini cominciavano a leggere, lui scendeva in un baratro di confusione e tristezza.
Quando la maestra lo chiamava alla lavagna per comporre una parola, i bambini lo deridevano - "Hai la zucca vuota, Testadizucca!".
La maestra gridava di smettere, ma non sapeva come aiutare quel bambino strano e silenzioso deriso ogni giorno di più dai compagni.
Lui tornava a casa stanco, adombrato, trascinando la cartella senza cura e chiedeva ogni volta alla nonna la ragione della sua incapacità di riuscire a leggere o a scrivere come tutti gli altri bambini.
"Perché mi chiamano Testadizucca, nonna?"
"Perché sono bambini senza fantasia. Non vedono quanto siano belli i tuoi capelli accesi come fiamme, loro non sanno tutte le cose che conosci tu, non si rendono conto che la zucca è un frutto prezioso e importante. Sono sciocchi e invidiosi perché tu sei speciale".
La sera del 31 ottobre, quando il paese si apprestava a celebrare la festa di fine estate in un rito giocoso che serviva a scongiurare l'arrivo di un inverno duro e crudele, Testadizucca aiutava la nonna a decorare la casa con candele, foglie secche colorate e rami di melograno.
Sul camino arrostivano le castagne ed il profumo inondava la casa.
Qualcuno bussò alla porta ed il piccolo corse ad aprire, ma con sua grande sorpresa non c'era nessuno.
Sull'ultimo scalino troneggiava una gigantesca zucca gialla con ancora tralci e foglie attaccati.
La nonna ed il bambino ammutoliti, la sollevarono insieme e con grande sforzo la portarono sulla tavola.
"E adesso che facciamo nonna? Chi l'avrà portata?"
"Chi lo sa? Guarda com'è bella e grande...possiamo farci un sacco di cose buone. Che ne dici di un bel pane di zucca, ed una minestra? E forse anche un po' di zucca grigliata ed una torta?"
Testadizucca si leccava i baffi all'idea di tutte le cose buone che avrebbe preparato la nonna e batté le mani con gioia.
Con un grande coltello la nonna si apprestò a tagliare quel frutto regalato: la zucca si aprì in due con un grande "crack" ed il bambino vide centinaia e centinaia di semi luccicanti aggrappati ai filamenti gialli.
Li osservò a lungo in silenzio per la prima volta, quindi con gli occhi lucidi di pianto guardò la nonna e disse: "Nonna, ognuno di questi semi è una vita che salverò".
La nonna sgomenta strinse le mani al bambino senza sapere cosa dire.
Lui continuò a parlare con voce tremante: "Ogni seme è una vita umana, ma non so di chi. Qualcuna è già qui, altre arriveranno, ma sarò io a dar loro una seconda occasione salvandole dalla morte. Non so come ma so che è così".
Raccolse uno ad uno i semi di zucca, li asciugò e li mise su una cesta vicino al camino.
Li fece seccare per qualche giorno e li ripose con cura in un grande barattolo che nascose sotto il suo letto.
Quella notte la sua tristezza svanì.
Seppe con certezza che avrebbe imparato a leggere, sarebbe diventato un grande guaritore e avrebbe celebrato la vita ogni giorno della sua esistenza.
Si addormentò sereno e nel suo cuore, si chiamò Testadizucca.
Una fiaba un po' stramba per una giornata tra il magico ed il mistico, che ci accompagna verso due giorni di celebrazioni legate ai nostri Santi ed ai nostri cari che non ci sono più.
Il Calendario del Cibo Italiano vuole ricordare un ortaggio che riempie le nostre tavole nei mesi invernali e che ha il colore dell'Autunno: la zucca.
Così, avvicinandoci alla simbologia un po' magica della zucca, abbiamo deciso che oggi ci saremmo inventate delle storie da raccontare ai nostri bambini, magari anche a noi stessi, che una favola non fa male a nessuno.
In questa pagina troverete quindi una selezione di bellissime ricette con protagonista la Zucca, e le fiabe che le accompagnano. Buona lettura.
Per l'occasione ho voluto preparare dei panini di zucca al profumo di rosmarino e fiocchi di sale di Camargue.
Sono estremamente morbidi e perfetti anche per essere utilizzati come buns per i vostri hamburger, o molto più semplicemente da servire in tavola tiepidi o farciti come ho fatto io, e come piacerebbe a Testadizucca, con porchetta e provola di caciocavallo. In ogni caso usate la vostra fantasia.
I panini sono facili e e veloci da fare.
Mi sono ispirata a questa ricetta con variazioni personali.

Ingredienti per 12 panini 
125 ml di acqua tiepida
65 ml di latte tiepido
8 g lievito di birra fresco
mezzo cucchiaino di zucchero
1 uovo grande a temperatura ambiente
4 g di sale
45 g di burro fuso e intiepidito
150 g di purea di zucca (da zucca gialla molto soda)
300/380 g di farina 0
2 cucchiaini colmi di rosmarino tritato finemente ed un rametto per decorare
2 cucchiai di semi si zucca
1 tuorlo d'uovo con 1 goccio di latte per lucidare i panini

  • Per prima cosa preparate la zucca: tagliatela a dadini privandola della buccia e mettetela a rosolare in una padella con un filo d'olio, uno spicchio d'aglio ed un rametto di rosmarino. Salate e cuocete a fiamma media per c.ca 8/10 minuti, non aggiungendo acqua. Mescolate via via durante la cottura. Una volta morbida e rosolata, mettetela con il suo liquido (scartate aglio e rosmarino), in un bicchiere da mixer a immersione, e frullatela bene. Tenete da parte e fate intiepidire. 
  • Miscelate acqua e latte e scioglietevi il lievito di birra con lo zucchero, fino a quando non si sarà attivato formando la tradizionale schiumina in superficie.
  • Nella ciotola della planetaria, setacciate 300 g di farina. Formate la fontana e versate il sale sui bordi. Al centro mettete il puré di zucca, l'acqua e l'uovo e il rosmarino tritato, e con il gancio cominciate ad impastare a velocità media. E' possibile che dobbiate aggiungere farina: questo dipende da quanta umidità porterà con sé il vostro puré di zucca. In caso aggiungete fino a che l'impasto non sarà morbido ma non più appiccicoso (c.ca 10 minuti)
  • Quando l'impasto comincerà a staccarsi dalle pareti lasciandole pulite, versate a filo il burro fuso ed aumentate la velocità. L'impasto si incorderà aggrappandosi bene al gancio. Lavorate l'impasto per altri 5/6 minuti a velocità più sostenuta. 
  • A questo punto, ottenuto un impasto lucido ed omogeneo, coprite la ciotola con la pellicola e fate lievitare nel forno con la lucina accesa per almeno 1h, fino a che non raddoppierà di volume.
  • Una volta lievitato, rovesciatelo su una spianatoia infarinata e sgonfiatelo con le mani. Tagliatelo in 12 parti uguali e pirlate ogni panetto ottenendo una pallina rotonda e ben incordata. Sistemate ogni pallina su una teglia distanziandole di un paio di cm l'una dall'altra per consentire loro di crescere in lievitazione. 
  • Rimettete in forno per la seconda lievitazione altri 45 minuti c.ca (anche 1 ora). 
  • Una volta pronti,  scaldate il forno a 180° e lucidate ogni panetto con tuorlo e latte. Rifinite i vostri panini con i semi di zucca, rametti di rosmarino a piacere e un pizzico di Sal de Camargue in fiocchi. 
  • Fate cuocere per c.ca 25 minuti, o comunque fino a che non saranno belli gonfi dorati.
  • Una volta sfornati, toglieteli dalla carta da forno e fateli raffreddare su una griglia. Serviteli tiepidi o a temperatura ambiente. 
  • Si possono tranquillamente congelare una volta freddi. 



mercoledì 13 novembre 2013

Sorprese dalla dispensa: Zuppa di miglio e zucca alla birra.

Don't know why - Norah Jones
Ho trascorso la mia ultima domenica a fare un lavoro stimolante: svuotare la dispensa della cucina! 
L'operazione classica che facciamo tutte (non negatelo) è quella di riempire, direi piuttosto "stipare" qualsiasi cosa dentro quel benedetto mobile, dimenticandoci che quello che ci apprestiamo a comprare durante la nostra settimanale sessione di spesa, è già lì, da tempo, nascosto dall'ennesimo pacco di farinapastalegumi.
Dopo circa mezz'ora dallo svuotamento, con il tavolo che assomigliava al deposito sgarrupato di una banca alimentare,  ho scoperto di avere nell'ordine: farina di riso (2 pacchetti), farina di farro aperta, farina di castagne quasi finita, farina integrale, macinata a pietra, Verna, Senatore Cappelli, di grano Saraceno, di mais Ottofile, fioretto,  di Ceci (3 pacchetti in cui hanno festeggiato senza ritegno le farfalline snobbando il resto), semola di ogni tipo e semolino mai utilizzato. Per non parlare delle farine 0 e 00, di cui vi evito la lista.
Dopo aver pulito alla perfezione la mia dispensa e riponendo ogni cosa,  mi sono ritrovata fra le mani non uno, bensì tre pacchetti di miglio, di cui uno miscelato a lenticchie rosse, uno biologico e l'altro perlato.
Quando l'ho comprato? Dove? E soprattutto perché? Bisogna essere assolutamente storditi per continuare a comprare la stessa cosa e non utilizzarla mai.
Ma "essere storditi" in casa Andante è piuttosto normale per cui ho cercato di ricostruire l'origine di questa insana attrazione per il miglio. Per essere bello, lo è...minuscole sfere perfette che assomigliano a delle perline indiane. Mumble mumble...
Ricordo che qualche tempo fa lessi che il miglio è consigliato in fitoterapia per combattere anemia, stanchezza e stress soprattutto intellettuale, e che è un ottimo antidepressivo naturale.
Probabilmente la ragione della mia fascinazione arriva proprio da lì: peccato poi che non lo abbia mai testato per vedere se le indicazioni fitoterapiche fossero esatte.
Così ho deciso che oggi farò una campagna a sostegno dell'utilizzo del miglio, in modo che anche voi possiate toglierlo dalle vostre dispense e farlo morire di degna morte, in un ottimo piatto.
Perché tanto non me la contate giusta: io sono certa che almeno un sacchettino di miglio nella vostra dispensa c'è!

Prima di passare alla ricetta, vi do qualche informazione in più su questo cereale praticamente quasi abbandonato dalla nostra cucina.
E' antichissimo, se ne hanno tracce preistoriche. Fu molto amato in epoca romana in quanto di veloce coltivazione ed ottima resa.
Sulle tavole dei nostri trisnonni, compariva insieme ad orzo, ceci, lenticchie e veniva utilizzato anche per preparare il pane, che però risultava poco apprezzato in quanto troppo secco e poco saporito.
Nel nord Italia veniva preparato sotto forma di polenta. Dagli anni 60 a quasi i giorni nostri, si è persa l'abitudine all'utilizzo e le coltivazioni sono state abbandonate, mantenendo quel poco per la produzione di mangime per uccelli. Ma del miglio tutto si può dire tranne che sia solo semi per volatili.
Oggi fortunatamente, se ne è riscoperta l'importanza e soprattutto il piacevole gusto.
Semplice, leggero, e veloce da preparare, non richiede ammollo. E' ipocalorico quindi perfetto per le diete.
Ha un sapore delicato, gentile, neutro facilmente utilizzabile per ripieni nelle verdure.
Si può tostare qualche istante in olio extravergine e cuocere coperto da acqua pari al doppio del suo peso per c.ca 20 minuti e condire come più si vuole.
E' perfetto per la preparazione di crocchette e sformati perché ha un ottimo potere agglutinante ed in questo può sostituire le uova. E se mi impegno un po' con la fantasia, sono certa che riesco ad inventarmi anche un paio di ricette dolci senza troppa fatica.
Inoltre è senza GLUTINE quindi perfetto per gli amici celiaci. 
Vi ho convinto? Voglio proprio vedere cosa vi inventerete con il miglio! 
NOTA BENE: Mi ha fatto notare la mia amica Stefania, giustamente, che nonostante il miglio sia gluten free, questa ricetta non può essere considerata tale per la presenza della birra. 
Potete tranquillamente ometterla o sostituirla con un goccio di sidro. 
Ingredienti per 4 persone
300 g di miglio decorticato biologico
400 g di polpa di zucca mantovana
mezza cipolla bianca
un rametto di rosmarino
qualche foglia di salvia
mezzo bicchiere di birra rossa
olio extra vergine d'oliva Dop "Umbria" d Spoleto
pepe nero macinato fresco
Prezzemolo a piacere.
Cominciate sciacquando accuratamente il miglio sotto acqua corrente.
Affettate finemente la cipolla e fatela passire in 4 cucchiai d'olio extravergine insieme al rametto di rosmarino ed alla salvia, facendo attenzione che gli aromi non brucino.
Tagliate a dadini la zucca e quando la cipolla è trasparente, aggiungete la zucca ed un mestolino di acqua bollente e mescolate facendo cuocere a fiamma media per 7 minuti.
Aggiungete il miglio alla zucca e fatelo brillare per 2 minuti, mescolando continuamente quindi quando il liquido di vegetazione sarà asciugato, bagnate con la birra ed alzate la fiamma per far evaporare la parte alcolica. Una volta evaporata, aggiungete acqua calda a coprire il miglio, salate e continuate la cottura abbassando al minimo la fiamma, e proseguite per c.ca 20 minuti. Mescolate ogni tanto ed aggiungete acqua se necessario.
La zucca dovrà essere morbida e cotta ed il miglio non dovrà spappolarsi completamente.
Servite con ottimo olio extravergine, nel mio caso olio Umbria Dop di Spoleto, ed una bella macinata di pepe nero. Cospargete con prezzemolo tritato a piacere.

mercoledì 6 novembre 2013

Cavatelli Senatore Cappelli al profumo di autunno e l'impossibilità di avere un blog "normale"

That's the way (I like it) - KC and the Sunshine band

Mi rendo conto solo adesso che sono mesi che non pubblico un piatto di pasta. 
Non è vero, l'ho fatto anche di recente, ma sempre di pasta fatta in casa, che è quella su cui indulgo con maggior piacere. 
Ma è anche vero che la pasta la cucino praticamente tutti i giorni, con variazioni alterne e spesso mi sembra fin troppo scontato pubblicare qualcosa così facile e veloce da preparare. 
Sbagliatissimo.
Forse è proprio questo che cerca chi mi segue o chi è abituato a visitare un blog di cucina: una ricetta appetitosa, non impossibile da realizzare in breve tempo, assolutamente stagionale e "onnivoro-oriented". 
Il fatto è che ce ne dimentichiamo
Più facilmente ci lasciamo andare nell'autocompiacimento o alla sfida temeraria per la ricetta più complessa, alla presentazione più audace, al sapore più esotico e lontano. 
Qualche giorno fa quel sant'uomo del mio consorte (e mi riferisco anche a tutti i mariti di foodblogger...degni destinatari di beatificazioni), se ne è uscito con una frase che mi ha fatto pensare: "Ma che fine hanno fatto le lasagne della tradizione? E i cannelloni? Sarà possibile mangiarli ancora in questa casa?"
Ovviamente ha continuato per un bel po', ribadendo che non c'è verso vedere uno di questi piatti su un qualsiasi blog, e che se ci sono, inevitabilmente si trasformano in variazioni pindariche prive di qualsiasi appeal. 
Tutte concentrate a sperimentare nuove prelibatezze, trascuriamo quelli che sono i piatti con cui siamo cresciute, dando per scontato ricette che hanno invece un valore intrinseco grandissimo, ma soprattutto sono completamente "diverse" nella loro familiarità. 
Le amiamo, le prepariamo per le occasioni speciali ma non le condividiamo e la ragione primaria è che siamo convinte che in ogni caso, ognuna di noi continuerà a cucinare quella che mangiava da bambina, quella della sua mamma, insomma quella di famiglia.
E' proprio vero? I piatti che diamo per scontati non meritano di essere condivisi? Ancora meglio, sono piatti non degni di stare in quello che ci ostiniamo a considerare il nostro quaderno di cucina on line? 
La cosa che mi crea disagio, è che mio marito ha ragione. 
Il blog finisce col diventare una vetrina di ricettine tutte ucciciccipucci, così carine, belline, perfettine ed estremamente noiosine. 
Direi che dovremmo riprendere in mano il concetto di "sano appetito" e cominciare a cucinare qualcosa che si mangi davvero, che riempia il piatto, che scaldi il cuore e soprattutto che sia riconoscibile. 
Naturalmente parlo per me. E voi che ne pensate?



Perdonate la provocazione, ma ci terrei a sapere cosa ne pensate in proposito. Per restare in tema e celebrare uno dei grani più speciali ed importanti del nostro patrimonio gastronomico, il "Senatore Cappelli", di cui ho già parlato qui, ma soprattutto per ricordarvi dello splendido contest Mangiare Matera, partito proprio nei giorni scorsi, ho voluto provare questi Cavatelli lunghi in una versione prettamente autunnale. 
Premetto che il Cavatello chiama sugo, possibilmente "o' rraù" come viene servito in casa dei miei suoceri in Molise, ma trovo che questo formato di pasta si sposi invece benissimo con condimenti a base di verdure, di legumi ed anche con ragù di pesce (anche se io non ho la fortuna di trovarlo fresco come vorrei).
Ho provato quindi un connubio estremamente terreno, autunnale, con i colori di questi giorni ed i profumi del bosco, lievemente intrigati dall'inconfondibile aroma dello zafferano egiziano (ho usato il tuo Stefania!). 
Quello che ne è uscito, beh, giudicate voi.
Ingredienti per 4 persone
320 g di Cavatelli Senatore Cappelli di Mangiare Matera
200 g di funghi porcini freschi
1 salsiccia fresca non troppo speziata
100 g di zucca soda tipo mantovana, sbucciata e tagliata a fettine sottili
un pizzico di pistilli di zafferano
un ciuffetto di prezzemolo
1 spicchio d'aglio
olio extravergine
sale - peperoncino a piacere
Mettete i pistilli di zafferano in infusione in una tazza di acqua bollente per almeno 30 minuti.
Fate grigliare la zucca su una piastra o una bistecchiera e salatela durante la cottura. Una volta pronta tenete da parte. 
Pulite accuratamente i porcini con un panno umido privandoli della radice e delle parti danneggiate (eventualmente anche della parte spugnosa se non sono porcini appena colti) quindi tagliateli a fettine e dadini.
In una larga padella, fate profumare l'olio extravergine con lo spicchio d'aglio quindi aggiungete i porcini. Fate cuocere a fiamma media fino a che non avranno rilasciato l'acqua, a quel punto alzate la fiamma, salate e quando saranno sul punto di rosolare, aggiungete la salsiccia privata della pelle e sminuzzata con le mani. 
Continuate a smuovere la salsiccia con i funghi, fino a che anche lei non sarà bella tirata. 
Nel frattempo avrete già versato la pasta in abbondante acqua bollente e salata .
Tagliate la zucca a fettine sottili ed aggiungetela ai funghi e salsiccia, quindi scolate la pasta un paio di minuti prima che sia a cottura, e versatela nella padella con il condimento, aggiungendo l'acqua con lo zafferano con un mestolino, "risottando" i cavatelli fino a portarli a cottura. Aggiustate di sale se necessario.
Prima di impiattare, aggiungete una manciata di prezzemolo tritato, del peperoncino per chi gradisce ed irrorate con olio extravergine nuovo, nel mio caso di Gentile di Larino
Decorate con pistilli di zafferano. 





domenica 27 novembre 2011

Un nuovo vestito, voglia di colore e non posso resistere: Mafalde con verza rossa e crema di zucca.

The way you look tonight - Tony Bennett
Le donne sono vanitose, lo sappiamo tutti, tranne che sorprendentemente a volte gli uomini ci battono. Alle donne piace cambiare d'abito, rinnovarsi, credere per un attimo di essere donne diverse. Anche quelle che portano da sempre lo stesso taglio di capelli sognano segretamente di cambiare e poi non trovano il coraggio. Ma lo vorrebbero tanto. Così anche io, spinta dalla voglia di cose nuove, ho scelto un nuovo vestito per questo mio piccolo spazio. Un po' minimal, un po' essenziale ma simile a me e la cosa mi da una lieve eccitazione come quando trovo un paio di scarpe comode ma anche carine. Però non è di vanità che voglio parlare oggi, ma del senso di attesa che percepisco nell'aria, del desiderio di novità ma paradossalmente di cose riconoscibili e confortanti. E' che nella mia testa il conto alla rovescia è già iniziato ed io non me ne voglio perdere neanche un istante. La causa è un Cd (come sempre la musica ci mette lo zampino) che mi ha portato mio marito la scorsa settimana, l'ultimo di Michael Bublé - It's beginning to look alot like Christmas - veramente delizioso e di cui vi consiglio di dotarvi per cominciare ad immergervi nell'atmosfera. Generalmente nella tradizione familiare, l'8 dicembre si fa l'albero e si addobba la casa ed il tutto avviene rigorosamente con colonna sonora adeguata. Credo di avere a casa circa 50 ore di musica natalizia raccolta in giro durante i miei viaggi, la maggior quantità proveniente da N.Y. e USA con versioni pazzesche, generi diversissimi, dal country al cajun, senza ovviamente dimenticare i grandi classici. Lo so, lo so che è presto, ma quest'anno ne ho una voglia pazzesca. Sarà che manca meno di un mese, sarà che ho l'impressione che se comincio l'8 dicembre poi tutto volerà in un attimo...allora chissene frega, non posso resistere al pensiero natalizio, così comincio con la musica. E voi? Non vi sembra che tutto cominci a sembrare Natale? 

venerdì 28 ottobre 2011

Le vostre scene d'amore: torta di zucca e mele.

La historia de un amor - C. E. Almaran
Oggi mi perdonerete se mi lascio andare al sentimentalismo. A volte mi capita. In realtà sotto questa scorza burlona c'è nascosto un animo svergognatamente romantico. Proprio ieri ho casualmente riascoltato una delle  canzoni d'amore più belle mai scritte e credetemi se vi dico questo. Intanto ve la faccio conoscere nella magnifica versione di Guadalupe Pineda  e poi prima di lasciare il post, rivedetevi la scena dal meraviglioso film di Ozpetek che voi tutte sicuramente conoscete ed amate in cui potrete riascoltarla: La finestra di fronte. Film stranoto a noi tutte appassionate di cucina e pasticceria (e di Ozpetek) non fosse altro perché la protagonista è ammalata della stessa nostra passione. In realtà la storia è molto più profonda e complessa e a chi non l'avesse ancora visto, invito a farlo perché non racconterò la trama in questa sede. Voglio invece parlare di scene romantiche da film, di quei fotogrammi che vi hanno strappato il cuore, vi hanno trasportato su una nuvoletta e vi hanno lasciato lì per un tempo indeterminato. Quelle scene in cui vi siete sentite scaldare le guance e stringere la bocca dello stomaco; in cui vi sareste lanciate come un coguaro addosso al vostro paziente compagno di visione, per duplicare l'azione appena passata sul grande schermo; in cui non siete riuscite a deglutire o lo avete fatto rumorosamente; in cui i lucciconi si sono precipitati pungenti sotto le vostre palpebre ed hanno vinto la partita nonostante la vostra lotta estenuante a mezzo Klinex. 
Ecco, volevo parlare proprio di questo, di quel film che ci ha tanto emozionato, in particolare quella scena. Non vi chiedo di indicarmi il solo film come fonte di emozione, ma la scena o le scene e se volete, anche le parole o il dettaglio che vi ha fatto impazzire e smuovervi il sangue. Ho voluto ricordare proprio la scena del ballo dalla Finestra di Fronte: due bellissimi giovani uomini si amano nel luogo e nel tempo sbagliato. Il loro gioco di sguardi, di sorrisi e di desiderio impossibile, sostenuto da una canzone struggente che dice " es la historia de un amor que no hay otro igual" è un concentrato di enorme sensualità. Una scena delicata e struggente che amo rivedere. Ne avrei molte altre ma non posso slungagnare questo post all'inverosimile. Adesso aspetto le vostre, che sono certa mi/ci faranno sognare un'altra volta. Facciamo una piccola classifica e magari andiamo a rivederci i film in questione. Un po' di zucchero, dopo tante amarezze, non fa mai male. 

mercoledì 19 ottobre 2011

Se mi parte il trip: Pantacce con zucca, pistacchio e olive di Kalamata

You got personality - L. Price 
Quando mi piace davvero qualcosa, mi parte decisamente il trip. Per settimane, mesi o anni, mi focalizzo sull’oggetto della mia passione fino a conoscerlo in tutte le sue infinite sfaccettature. Dopo, quando sono soddisfatta (o probabilmente satura), cerco altro oggetto su cui concentrarmi, senza rimpianto alcuno. Per alcuni di questi “idoli”, non ho ancora raggiunto l’ora x  ma probabilmente non succederà mai proprio perché i loro campi di esplorazione sono infiniti mentre la mia, di vita, ha una data di scadenza. Mi riferisco ovviamente alle passioni che conoscete bene, la musica, la cucina, la lettura o il cinema…insomma, lì l’effetto saturazione è difficile. Ma se prendiamo singole piccole cose, come certi ingredienti in cucina, certi autori in letteratura, certi compositori, certi registi, ecc. , lì vivo innamoramenti momentanei e brucianti in cui la passione si concentra, si incatena ed esplode in episodi estatici, in batticuori ed attese emozionate. Sappiamo benissimo tutte come funziona. Passato il momento, resta il ricordo intenso, vivo ma la curiosità sposta l’attenzione e la giostra ricomincia verso una nuova scoperta.
Verso i miei 15/16 anni c’è stato il periodo “Fantasy” durante il quale non ho fatto che leggere libri sul genere, da Tolkien e tutti i suoi mallopponi, alla Bradley e affini, fino a che non ne ho potuto più e sono passata convulsamente e senza ricordare come, alla letteratura latino – americana, partendo dalla Allende (per la quale ho avuto un innamoramento caparbio che è durato anni) a Garcia Marquez e Jeorge Amado, e così via tra generi e autori, fino ad oggi. Con il cinema ho vissuto lo stesso e non sto a raccontarvi della musica, dove ho raggiunto il massimo quando ho scoperto Rachmaninov e non ho fatto altro che ascoltare i 3 concerti per piano ed orchestra per mesi. Avere una così in casa è quasi letale e la soppressione col gas più che giustificata! 
A causa della mancanza di tempo a disposizione, ovviamente crescendo mi sono ridimensionata, ma la tendenza di fondo rimane e purtroppo adesso si manifesta soprattutto in cucina. Questo è il mio periodo della zucca! Una verdura che in casa mia è sempre stata una sconosciuta. Mia madre, ad esempio, pur essendo nata sul lago di Garda e conoscendo benissimo la cucina Mantovana, non mi ha mai preparato nulla a base di zucca. Da parte di mio padre poi, figuriamoci, la cucina romanesca non ha poi così tanti spunti arancioni. La curiosità è partita leggendo ricette, assaggiando piatti deliziosi ed adesso il mio oggetto di appassionata sperimentazione è lei, questo testone arancio o giallo che in questo periodo riempie i supermercati ed i giardini e che al solo sguardo mette allegria. Finché dura il suo periodo, io mi divertirò a cucinarla. Dopo la vellutata, una pasta che è nata dalla casualità della sperimentazione e che vi consiglio vivamente perché è assolutamente inaspettata, deliziosa e la dolcezza della zucca viene messa a dura prova da due ingredienti tosti e pieni di personalità. 

venerdì 14 ottobre 2011

Grazie al cielo è venerdì! La mia vellutata di zucca.

Perfect day - Lou Reed
Vi capita mai di arrivare in fondo alla settimana a passo di giaguaro? Si, sdraiate per terra trascinandovi per i gomiti insomma. Ma che domande vi faccio: certo che si. Praticamente sempre! Però, e fortunatamente c'è un però, l'arrivo del venerdì mi procura un'euforia sottile, una sorta di decontrazione che si manifesta con quegli "ahhhhhhh" sospirati e lunghi delle migliori occasioni. L'arrivo del venerdì è uno di quei piccoli piaceri della vita, è una premessa di dolci aspettative, una grande cosa: finalmente domani dormo fino alle 9.00! Così oggi, parlando di piccoli piaceri quotidiani, vi invito a fare una lista. Ve lo ricordate "Alta fedeltà" di Nick Hornby? Per chi non lo avesse letto (e vi esorto a farlo) è la storia di un ragazzotto che negli anni novanta si trova a fare i conti con una vita non tutta rose e fiori. Un tantinello sfigato ed incasinato, segna i momenti salienti della sua esistenza con liste meravigliose del tipo "i libri preferiti di tutti i tempi" o " i film preferiti dai miei genitori" o "lavori da sogno" o "la musica che vorrei fosse messa al mio funerale"...insomma, solo la lettura delle liste vale il libro. Così, per chiudere la settimana in leggerezza e anche per conoscervi meglio e ridere insieme, vi invito a lasciarmi la lista dei vostri 10 piccoli piaceri quotidiani, chiedendovi ovviamente di escludere qualsiasi cosa legata al cibo (perché altrimenti so già dove andiamo a finire) e confessando anche le cose che lo so vi imbarazzano, ma vi danno un piacere illimitato. Intanto io vi lascio la mia, di cui ho già elencato un elemento, giusto per incoraggiarvi. 
- L'arrivo del venerdì 
- Mettermi in pigiama e ciabatte appena entro in casa la sera e d'inverno trasformarmi in uno dei Teletubbies coperta da capo a piedi di pile (roba da separazione immediata, lo so!)
- Poter leggere un libro o un giornale mentre faccio colazione in casa (ma da noi è proibito, quindi quando è possibile, capite il piacere)
- Quando non devo caricare o scaricare la lavastoviglie! 
- Vedere la mia casa in ordine (succede una volta ogni 3 anni per una durata di 2 minuti secchi)
- Il momento in cui mi alzo, e tutti ancora dormono, la casa è in silenzio e l'unica cosa che sento è in profumo del caffè appena fatto e il rumore dei miei pensieri: è un nuovo giorno. 
- Se quando esco di casa per andare a prendere la macchina, incontro qualcuno che mi da il buongiorno con un sorriso sincero. 
- Guardare un pezzettino di "La storia siamo noi" alla tele prima di uscire la mattina.
- Quando il cellulare non squilla mentre sto pranzando o sono appena entrata in bagno! 
- Il bacio del mattino ai miei due squinternati (è l'ultimo in classifica, ma capite, non volevo sembrare troppo melensa.....).