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lunedì 9 ottobre 2023

Cheesecake basco alla zucca

Non è esattamente il mio momento migliore.
Dopo una settimana di influenza Covid beccata a tradimento, ho ricominciato la mia vita frenetica di sempre e la febbre è tornata. 
Mi è passato un camion addosso, con doppia razione di dolori ovunque, anche in posti che non sapevo di avere. 
Naturalmente il tutto alla vigilia di una Fiera importante a cui dovrò partecipare. Bene ma non benissimo.
Energie a lumicino, non mi dilungo più di tanto. 
Vi lascio la ricetta di questa magnifica torta ispirata dalla preparazione di questa bravissima blogger americana
Davvero buonissima e di grande effetto. Consigliatissima. 

Nella nostra tradizione di pasticceria del Meridione, esiste la “Torta di Ricotta”, una sorta di budino a base di uova e ricotta senza la base croccante di tradizione americana. 

Mia suocera ne prepara una assolutamente eccezionale e quella che vi propongo oggi per molti versi, le assomiglia, anche se arriva dal nord della Spagna. 

Qui, nella regione Basca, si prepara una torta a base di formaggio fresco locale, con molte uova, poca farina e profumo di limone, che viene cotta fino a caramellare all’estremo la superficie, che spesso è completamente bruciata. 

In questo caso, ho apportato una variante, aggiungendo un ingrediente di stagione, la zucca, e una miscela di spezie che la esaltano, con un risultato spettacolare: nessuno dei vostri ospiti, potrà mai scoprire l’ingrediente segreto. 


Ingredienti per uno stampo da 23 cm di diametro


750 g di formaggio cremoso spalmabile (3 confezioni da 250 g)

200 g di zucchero semolato 

4 uova grandi a temperatura ambiente 

200 g di zucca cotta, ridotta in purè

150 ml di panna fresca

2 cucchiaini di estratto naturale di vaniglia 

1 cucchiaino e mezzo di cannella in polvere

1 cucchiaino di zenzero in polvere

1 cucchiaino di misto spezie in polvere

1 cucchiaino di sale fino

40 g di farina 00 setacciata (per i celiaci potete sostituire con maizena o fecola) 

  • Cuocete la zucca in forno, ridotta a pezzetti e privata di buccia, a 200° fino a che non sarà morbida. Frullatela in un mixer e fatela raffreddare
  • In una ampia ciotola sbattete il formaggio cremoso e lo zucchero a velocità media, pulendo le pareti via via durante l’impasto, per c.ca 2 minuti fino ad ottenere un composto molto cremoso e uniforme.
  • Aggiungete un uovo alla volta e mescolate con una frusta, aspettando che sia ben assorbito prima di versare il successivo. Aggiungete la panna e la zucca ormai fredda, l’estratto di vaniglia. Sbattete fino a che non sia tutto ben amalgamato, per c.ca 30 secondi. 
  • Setacciate la farina insieme alle spezie e il sale ed incorporate il tutto nell’impasto con una spatola. 
  • Versate la crema nello stampo a cerniera foderato con carta da forno e trasferite in forno già caldo. Cuocete a 190° per 60/65 minuti fino a che non sia intensamente dorato e gonfio, e leggermente mobile al centro. Se notate che si scurisce troppo, potrete capirlo con un foglio di alluminio.
  • Spegnete il forno ed aprite lo sportello. Lasciate raffreddare la torta in forno quindi sformatela.
  • Servitelo a temperatura ambiente accompagnandolo con della panna non zuccherata o al naturale. E’ ancora migliore il giorno dopo (potete preparalo prima e conservarlo in frigo e tirarlo fuori 30 minuti prima di servire). 



lunedì 5 dicembre 2022

Churros al timo: gioie e dolori del Natale

Dicembre è già cominciato da qualche giorno ed io ho già ben chiaro che questo mese sarà complicato. 
Ieri sono riuscita a fare l'albero, completamente da sola. 
Non è stato esaltante come in altri momenti. Figlia e marito in giro per il mondo non aiutano l'umore ad essere festivo. 
Comunque ho agito. 
Ho portato tutta l'attrezzatura su dalla cantina al terzo piano dell'edificio senza ascensore in cui vivo, montato l'albero e sistemato tre metri di lucine tutte intorno sperando che le mie braccia potessero allungarsi come ad Elastic girl, senza successo. 
E dopo un paio d'ore, quando ho messo l'ultimo addobbo, ho sentito uno strano suono - "crik" - e l'albero con i suo 2 metri di altezza carico di gingilli, si è accasciato tra le mie braccia in un drammatico casqué. 
Da quel momento, il mio salotto si è trasformato nel set di una comica in bianco e nero, con la protagonista impanicata che cercava di tenere in equilibrio l'albero, pesantissimo, calcolando i tempi necessari per raggiungere la cucina dove trovare spago, forbici e tutto il necessario per aggiustare la situazione. 
I primi dieci minuti sono trascorsi facendo inutili esercizi di smaterializzazione. 
I successivi cinque, smadonnando come un turco ubriaco con raptus omicida, seguiti dalla rassegnazione che mi consigliava di sdraiare l'albero a mo' di cadavere nel centro del tappeto e abbandonarlo al suo destino. 
Poi mi sono calmata. 
Ho respirato e abbracciata all'albero come una cozza, sono riuscita piano piano ad abbassarmi ed a cercare di capire il problema sul piede. L'ho rimesso in equilibrio, sapendo che non sarebbe durato a lungo, e sono corsa a prendere tutto il materiale per fissarlo al muro. 
Adesso il mio albero è in piedi, collegato ad un gancio sulla finestra grazie da uno spago. 
Una roba orrenda a vedersi, ma sono riuscita a salvare tutte le mie  fragilissime decorazioni collezionate negli anni. 
Se il mio Natale comincia così, annamo bene. 
I churros sono una di quelle ricette da nulla, fatte con i pochi ingredienti che tutti abbiamo in casa: uova, zucchero, burro e farina.  
Con forma diversa, li associo a piatti come crepes, pancakes, Kaiserschmarrn e via andare, con la unica variante che i churros vanno fritti. Per il resto, l'effetto consolatorio è lo stesso. 
In più questo è un ottimo periodo per prepararli, perché tradizione vuole che vengano fatti quando fuori è freddo e consumati inzuppati in una tazza di cioccolata bollente. 
Questa ricetta che arriva dal libro di Benjamina Ebuhei "A good day to bake", uno degli Starbooks degli ultimi mesi e nonostante abbia provato altre ricette di churros in passato, questa è quella che maggiormente mi ha convinto per la perfetta consistenza e densità dell'impasto. 
Spesso questo risulta troppo duro per essere spremuto da un sac a poche mentre qui, la fatica non esiste e la forma si mantiene meravigliosamente. 
In più il sapore è splendido, con la nota agrumata ed il timo sul finale, che regala una bellissima freschezza erbacea. Io ho voluto usare del timo limone per dare una spinta maggiore sui toni agrumati. 

Ingredienti per 6 persone 
200 ml di acqua
75 g di burro salato 
la scorza grattugiata di un limone non trattato 
2 cucchiaio di zucchero semolato 
160 g di farina 00
3 uova 
1 litro di olio per frittura 

Per lo zucchero al timo 
150 g di zucchero semolato 
2 cucchiai di foglioline di timo fresco 
  • Per prima cosa preparate lo zucchero al timo. Pestate lo zucchero con il timo in un mortaio fino a che non sarà fragrante, umido e sabbioso. Versatelo in una fondina e tenete da parte. Se non avete un mortaio potrete strofinare timo e zucchero con la punta delle dita fino a che il tutto non sembrerà sabbia bagnata. 
  • Procedete con i churros: scaldate l'acqua con il burro, la scorza di limone e 2 cucchiai di zucchero in una casseruola e portate a bollore. Buttate la farina tutta insieme mentre mescolerete con continuità. All'inizio vi sembrerà granuloso ma continuate a mescolare fino ad ottenere una densa e morbida palla di impasto. Abbassate la temperatura e continuate la cottura per 1 minuto continuando a mescolare. 
  • Rimuovete l'impasto dal calore in una ciotola pulita a raffreddare per cinque minuti (può essere anche quella della planetaria). Rompete le uova in una caraffa e sbattatetele con una forchetta. 
  • Accendete l'impastatrice con il gancio a foglia e cominciate ad impastare versando piccole quantità di uova alla volta, mescolando bene dopo ogni aggiunta. Vi sembrerà che l'impasto non stia insieme all'inizio e si sfaldi, ma piano piano, incorporando l'uovo, diventerà omogeneo. 
  • Potreste non aver bisogno di usare tutto l'uovo: la consistenza deve essere quella di una crema molto densa che sia in grado di essere versata attraverso un sac a poche senza perdere la forma. Fate la prova con un cucchiaio: dovrà scivolare giù dopo qualche secondo 
  • Scaldate l'olio in una padella di ferro per frittura a bordi alti fino ad una temperatura di 170° (usate il termometro). Se non avete un termometro, fate la prova con poca pasta: dovrà risalire a galla abbastanza velocemente e impiegare dai 30 secondi a 1 minuto per scurire. Se scurisce velocemente ma dentro è ancora cruda, abbassate la temperatura. 
  • Mettete l'impasto in una sac a poche con bocchetta a stella da 1 cm. Quando l'olio è a temperatura,  create i churros direttamente sulla padella e tagliateli con una forbice ad una lunghezza di 8/10 cm. Ripetete fino a che non avrete 3 o 4 churros nella padella. Fateli friggere 1 o 2 minuti su ogni lato, fino a che non saranno belli gonfi e dorati. Toglieteli con delle pinze e sistemateli su carta assorbente. 
  • Passateli nello zucchero al timo e serviteli accompagnandoli con dell'ottima cioccolata calda.


venerdì 12 aprile 2019

Guida di Siviglia da Azulejos a Tapas: huevos a la flamenca

Sevilla - Sevillana da Suite Espanola - Albeniz 
Sto aspettando di scrivere questo post da un secolo, esattamente dallo scorso Ottobre, dopo essere rientrata da un viaggio per lavoro in Andalusia ed essere tornata con la testa frastornata di meraviglia, come sempre mi succede quando rivedo quei luoghi.
Sarà che ormai la conosco bene; sarà che quella parte di Spagna mi riporta a momenti di pura felicità trascorsi da ragazzina in fiore con la mia famiglia.
Sarà per tutto quel sole, quella luce potente.
La bellezza di una terra piena di contraddizioni profonde a partire da quella costa ormai più simile ad un alverare che alla parola "mare" e quell'interno desertico, silenzioso ed essenziale, quasi estraniante di una rudezza che stringe il cuore.
Vi racconto i miei pensieri sparsi che vorrei spalmare su singoli post perché un viaggio di 8 giorni è già faticoso da dire, figuriamoci da scrivere.
Se deciderete di fare un long week end a Siviglia, scegliete tutto l'anno tranne l'estate.
Invece di optare per la solita Parigi, l'immarcescibile Londra, la old fashioned Praga...pensate al sud.
Siviglia è stupenda in autunno ed in inverno non fa neppure freddo.
Molti si dannano perché se non fanno tutto il giro della regione, credono che una sola città alla volta sia una perdita di tempo. Beata ignoranza.
L'Andalusia è la regione più grande di Spagna; le distanze tra una città e l'altra sono significative ed i collegamenti non sempre velocissimi, e per vederla come si deve ci vorrebbero almeno 10 giorni (e non gli 8 risicati che spesso noi agenti di viaggio dobbiamo adattare alle richieste dei più).
Siviglia in particolare, è una di quelle città in cui tornerei mille volte, perché le cose da vedere e fare sono talmente tante che un paio di notti bastano a malapena a rendersi conto di quanta meraviglia ci sia da scoprire.
Io ci sono arrivata in un pomeriggio di inizio Ottobre, con la bellezza di 31°C all'ombra.
Scendendo su Malaga, mi sono sciroppata un viaggio di oltre 2 ore per arrivarci, ma alle porte della città mi aspettava un tramonto talmente incredibile che tutta la stanchezza è svanita come il sole dietro le colline.
Vorrei cercare di raccontarvela seguendo un alfabeto lievemente zoppicante.
La mia Siviglia dall'Azulejos a las Tapas!
Ballatoi smaltati sui ponticelli di Plaza de Espana
A COME AZULEJOS: adoro questa parola!
Intanto si pronuncia "Asulehos" aspirando al H, cosa che a noi toscani riesce parecchio bene.
Così, incontrando un José o un Juan o ordinando del Jamon, non scivolerete su quella J (il cui nome è Jota) come se foste dei francesi imbarazzati, ma aspirerete ben bene e sarete rispettati dai locali.
Tornando ai nostri Azulejos, ne incontrerete tanti a Siviglia.
Piastrelle meravigliosamente decorate con motivi ornamentali di vario genere, che compaiono su facciate di edifici, porte, ballatoi, pareti e anche nella Plaza de Toros.
A Plaza de Espana ne verrete travolti ed avrete difficolta a scegliere il vostro preferito in quanto l'immensa piazza ne è interamente decorata.
Sono di origine araba, come molte delle meraviglie che contemplerete in questa città.
L'azzurro su bianco è il colore più utilizzato ma la policromia è sempre presente.
B COME BARRIO DE SANTA CRUZ: anche detto la "Juderia", ovvero il quartiere ebraico.
Un labirinto (e credetemi se lo chiamo così) di strade strette intervallate da piccole piazze, micro giardini nascosti da corti interne, Tapas bar, Boutique Hotel e negozietti che vi tenteranno ad ogni angolo.
Un luogo in cui vorrei perdermi ogni giorno.
Le strade strette sono una difesa contro il gran caldo estivo e non vi è casa che al suo ingresso non abbia una piccola corte con fontanella sempre spillante: il rumore stesso dell'acqua è qualcosa che ristora la mente e calma il cuore (quest'usanza è naturalmente araba).
Trascorrerci un'intera mattinata è inevitabile, ma tornarci, specialmente la sera, vi sembrerà necessario.
Santa Cruz ha il pregio di essere sede dei più importanti monumenti di Siviglia, dall'Alcazar de los Reyes (la dimora Reale), alla Giralda, che vedrete sbucare improvvisamente una volta lasciando il quartiere, all'Archivio de las Indias, luogo in cui si conservano i documenti di gran parte delle colonizzazioni spagnole in sud America.
Ma a mio avviso, i luoghi più romantici ed indimenticabili, sono l'incantevole Plaza Dona Elvira, circondata da alberi di arancio (che sono sparsi nei giardini di tutta la città) e panchine smaltate e l'Antico Ricon del Beso, un angolino su Calle Gloria, in cui troverete una targa perfetta da immortalare con un bacio.

C COME CATEDRAL: Vi basti sapere che la Cattedrale di Santa Maria di Siviglia è la terza più grande al mondo, dopo S. Pietro a Roma e St Paul a Londra.
Ma entrandovi, avrete realmente l'impressione che sia immensa.
Il senso di smarrimento è dietro l'angolo, quindi tenete botta, armatevi di una guida o di auricolari e state ben svegli perché di mano leste pronte ad alleggerirvi borse e zaini mentre voi cadete in deliquio come Santa Teresa, ce ne sono in abbondanza.
Contenete l'emozione, che vi garantisco ci sarà, e godetevi uno dei monumenti della cristianità più belli al mondo.
Si paga un ingresso che include anche l'accesso alla Giralda, la torre campanaria che, insieme al giardino degli aranci, è l'unica parte araba restante della grandissima moschea su cui oggi sorge la Cattedrale.
Al suo interno non perdete la Cappella Ovale ed il Monumento funebre a Cristoforo Colombo, i cui resti riposano nell' imponente sarcofago in bronzo sostenuto da 4 araldi che rappresentano le quattro corone di Spagna: Leon, Castiglia, Navarra e Aragona.
Sapevate che Cristoforo Colombo riposa qui?
D COME DOMANI: Che è quando dovrete cominciare a programmare un viaggio per venire in questa città!

E COME ESPOSIZIONE UNIVERSALE: Che c'azzecca con Siviglia, mi direte voi? Beh, se Siviglia è in parte la meravigliosa città che è oggi, è anche grazie a ben due EXPO, chiamiamoli così, che ne hanno arricchito e modificato l'architettura originaria.
La prima, del 1929, fu chiamata Esposizione Ibero-americana in quanto comprendeva quasi tutti i paesi dell'America Latina.  La seconda, più recente, solo nel 1992.
Gli incredibili "padiglioni" realizzati nella prima esposizione, sono in realtà edifici veri e propri rimasti a ricordare la grandezza del progetto e ad abbellire gran parte della Via Cristoforo Colon e il Paseo de Las Delicias.
Per riuscire a vederne la maggioranza, vi consiglio di prenotare un tour panoramico hop on-hop off in bus (a piedi è praticamente impossibile) e fermarvi tutto il tempo che volete ad ammirare i vostri preferiti.
La famosa Plaza de Espana, visitata ogni anno da migliaia di visitatori, è quello che durante questo evento, rappresentava la Spagna: un progetto ambizioso che oggi è divenuto il simbolo stesso di una città (un po' come la Torre Eiffel per Parigi).
Situato nel Parco di Maria Luisa, sarà il luogo in cui lascerete il cuore.
Il mio consiglio è di andarci di prima mattina, quando ancora non è invasa da orde di turisti orientali, o dopo le 18.00, nella luce dorata del tardo pomeriggio.
F COME FLAMENCO,  FICUS BENJAMIN E FERIA DE AVRIL: Parto dall'ultima, la Feria de Avril, che insieme alla Semana Santa è il momento in cui Siviglia mostra tutta la sua sevillanità.
Il popolo della città esce in costume tradizionale, il centro storico è costellato di migliaia di bancarelle che vendono tutto l'artigianato locale, abiti per il flamenco (los trajes de flamenca), cibo e cavalli, che sono simbolo di orgoglio locale.
Si apre la prima Corrida dell'anno e la musica, a suon di Sevillanas y Rumbas, si diffonde in ogni angolo della città.
Il miglior Flamenco si può godere nel quartiere di Triana. Diffidate dei Tablao acchiappaturisti.
Se potete, fatevi consigliare da un locale, ma in ogni caso i detentori della tradizione sono El Arenal e Los Gallos.
Ultima nota: i Ficus Benjamin. Le nostre simpatiche piante di appartamento qui hanno un'occupazione completamente diversa.
Il clima e la luce hanno dato vita a delle piante dalle dimensioni eccezionali, mastodontiche.
Se ci farete caso, potrete scoprire che l'incredibile chioma frondosa dell'albero sotto il quale è sistemato il tavolino su cui state consumando un caffè, è proprio lui, il vostro ficus che qui vive una seconda vita da supereroe.
G COME GIRALDA: Lei la torre più famosa di Siviglia, è croce e delizia di ogni visitatore.
A pianta quadrata, 104 metri per 34 rampe che vi consiglio di percorrere senza alcuna fretta, affacciandovi ad ogni finestra, è il realtà il Minareto della moschea che oggi vede al suo posto la Cattedrale.
Dalla cima la visione non è il massimo in quanto le aperture sono piccole e coperte da griglie, ma la cosa affascinante è osservare come questa cambia durante la vostra salita.
Non essendoci scale, è accessibile a tutti ma la presenza di turisti rende l'ascesa (e discesa) piuttosto impegnativa.
In ogni caso lo sforzo vale la pena.
Giardino degli aranci dalla Giralda. 
Balconi nascosti
Triana e Plaza de Toros dalla Giralda 
H COME HUEVOS A LA FLAMENCA: è la ricetta di oggi, piatto tipico di Siviglia e molto semplice da preparare: un soffritto di cipolla con cui insaporire dell'ottima salsa di pomodoro a cui potrete aggiungere le verdure preferite e di stagione, in particolare piselli, asparagi, peperoni, ecc, che poi verserete in un recipiente di coccio ed aggiungere delle uova freschissime.
La cottura delle uova avverrà in forno a 180° per c.ca 15 minuti, fino a che l'albume non sarà addensato (attenti a non cuocere il tuorlo).
Si serve nel coccio con tanto pane.
M COME MACARENA: La Vergine della Macarena è la più venerata nella città di Siviglia.
Protettrice dei Toreri, viene portata in processione nei giorni della Settimana Santa (ovvero proprio in questi giorni, tra la notte di giovedì e venerdì).
La celebre Chiesa della Macarena, si trova nel quartiere omonimo, fuori dai tradizionali tour turistici, quindi dovrete arrivarci in maniera autonoma, ma la visita vi darà molta soddisfazione in quanto oltre alla bellissima chiesa, potrete scoprire il cuore dell'antico quartiere, a Calle San Luis, con botteghine e ristoranti deliziosi e dare una occhiata al Parlamento di Andalusia, che si trova poco lontano.

O COME OPERA: Se come me amate l'opera, Siviglia è certamente è la città dove perdersi alla ricerca dei luoghi in cui "hanno vissuto" alcuni personaggi indimenticabili come Carmen, la sfortunata sigaraia, la Rosina del più celebre Barbiere e l'indiscusso amante di mille e più donne incarnato da Don Giovanni.
Esistono itinerari guidati, ma arrivarci da soli non è impossibile.
Il cosiddetto "Balcone di Rosina", dove Figaro consigliò al Conte di Almaviva di arrampicarsi per raggiungere la sua amata, si trova in Plaza Alfaro, proprio all'accesso di Santa Cruz.
Dovrete girare intorno all'edificio per osservarlo in tutta al sua bellezza, perchè viene parzialmente nascosto dalle piante del giardino.
il Balcone di Rosina


La Carmen invece (uno dei personaggi d'opera da me più amati), potrete incontrarla nei giardini di fronte alla Real Maestranza, la Plaza de Toros, proprio nel luogo che pone drammaticamente fine alla sua vita, ma la sua presenza potrà essere colta passando di fronte alla Real Fabrica de Tabaco dove lavorava, oggi Università di Siviglia o attraversando il Vicolo dell'Agua (Calle Agua) a Santa Cruz, dove trascorreva le sere ballando il flamenco.

P COME PLAZA DE TOROS: o Real Maestranza, è una delle più importanti di Andalusia e Spagna ma non la più antica (quella si trova a Ronda di cui vi parlerò in un altro post).
Ha una forma ovale ed è immensa, con oltre 14mila posti a sedere.
Ma in questi giorni, sotto Pasqua, non troverete un biglietto a pagarlo oro. I Sevillani non perdono questo momento per niente al mondo.
Non è necessario partecipare alla Corrida per apprezzare l'eleganza di questo edificio, le cui facciate sono dipinte in bianco e giallo oro, colori tradizionali di molti edifici sevillani.
All'interno vi consiglio di visitare il Museo della Real Maestranza, non fosse solo che per ammirare i costumi dei toreri e le immagini storiche in cui appaiono Reali e molti personaggi dell'epoca. E farvi una foto con Carmen (v. O come Opera).

R COME REAL FABRICA DE TABACO: Vedi O come opera

S COME SEMANA SANTA: Insieme alla Feria de Abril, il momento più importante della vita di Siviglia. Comincia esattamente la Domenica delle Palme e si chiude il giorno di Pasqua ed è un susseguirsi di processioni, eventi, folklore e meravigliosa devozione.
Se volete saperne di più, il sito Vivi Andalucia  è fonte di molte interessanti informazioni e potrete approfondire la vostra curiosità. Sappiate però che se decidete di visitare Siviglia in questo periodo, dovrete programmare con largo anticipo ed aspettarvi prezzi un po' più alti della norma.

T COME TAPAS: A Siviglia c'è un'incredibile scelta di ristorazione di qualità ma anche il più piccolo buchino che a voi sembrerà troppo buio o insignificante è in grado di riservare vere sorprese. Intanto sappiate che di base non si pranza, si "tapea", e non c'è orario né quantità.
Se dopo una camminata sarete accaldati (in pratica sempre), ed avete voglia di qualcosa di fresco, diciamo una cervezita (una birretta), potete stare tranquilli che con il costo della birra, per altro ridicolo, vi serviranno sempre un paio di tapas.
In genere dell'ottimo prosciutto Jamon Serrano, leggermente sudato perché a Siviglia i prosciutti stanno appesi al soffitto in qualsiasi momento dell'anno, anche a 40 gradi, oppure dell'Adobo (che altro non è che pesce panato e fritto senza spine) o un'infinità di altre alternative e varianti che dipendono dalla fantasia e gentilezza del gestore. Ma è tradizione, quindi potrete sempre mangiare spendendo cifre bassissime: i miei pranzi composti da una decina di tapas condivise con altri commensali, non hanno mai superato i 10 euro, birra inclusa. In ogni caso non perdetevi un assaggio delle acciughe fritte, i loro "boquerones", una roba che non dimenticherete facilmente.
E siccome avrete modo di scoprirne molte per conto vostro, vi lascio invece qualche dritta per alcuni dei bar e taverne più antichi della città, dove il solo fermarsi per un caffé vi faranno fare un tuffo nella storia, con interni così belli da innamorarsi: 1) El Rinconcillo (1670): qui dovete assaggiare la tapas più tipica di Siviglia, ceci e spinaci. 2) Bodeguita Casa Morales (1850): nel tempo ha apportato alcune innovazioni al menu tradizionale che comunque resta sempre presente.  3) La Teresas (1870): ricco di storia, ha il miglior Jamon Hiberico della città e si trova nel cuore di Santa Cruz. 4) El 3 de Oro (1917): per anni è stato il luogo di incontro di Toreri e calciatori. Bellissimi interni e decor e cucina mediterranea. Perfetto anche per la cena.
Jamon Serrano a Las Teresas
Boquerones e tapas felici

Ho dimenticato di parlarvi di lui, il Guadalquivir, il fiume che attraversa questa potente città e che vi servirà per orientarvi quando vi muoverete da un lato all'altro durante le vostre visite.
Un punto di riferimento utile è la famosa Torre de Oro, l'antica zecca e magazzino aureo della città.
Da qui per altro potrete prendere un battello per un mini crociera di un'ora che vi consentirà di osservare la città dal basso, seguendo le anse del fiume, esperienza che a me piace sempre, specialmente al tramonto quando si accendono le luci della sera.
Ovviamente questa è la "mia Siviglia", che offre molto molto di più.
Vi invito a dare un'occhiata Al sito ufficiale dell'Ente del Turismo Spagnolo e al sito di Vivi Andalucia - ricchi di informazioni e consigli su cosa fare, vedere e naturalmente a scrivermi se avrete bisogno di una mano.






lunedì 25 marzo 2019

Torta di Santiago: il sogno di un viaggio.

On the way Home - Neil Young
Uno dei miei sogni da viaggiatrice, che probabilmente non riuscirò ad esaudire a meno che non mi prenda un anno sabbatico, è riuscire a fare il Camino de Santiago, nella sua direttrice francese, ovvero quella che dal Passo di Roncisvalle, scende per 800 km e 25 tappe, fino alla città del Santo.
Per un camminatore allenato, occorrono circa 33 giorni.
Capite bene come per una persona con famiglia e lavoro sia praticamente impossibile prendersi un mese di ferie. E che ferie.
Qui non è che uno si spaparanza al sole bevendo mojito e leggendo un libro.
Il Camino è un viaggio che vuole vederti in faccia ed è soprattutto un viaggio dentro se stessi (per me lo sono tutti i viaggio della mia vita, ma questo di più).
Confesso di avere già toccato alcune tappe di questa direttrice: Logrono, Pamplona, Burgos, Estrellas...molti anni fa, insieme all'orchestra in cui suonavo. Luoghi magici ma raggiunti con la comodità di un pullman.
Diverso è arrivarci con le tue gambe, sopportando il peso della tua casa dentro uno zaino.
Eppure, io sento questa esperienza che mi chiama da tanti anni, e forse un giorno abbandonerò la sensatezza, troverò qualche amica coraggiosa che voglia accompagnarmi e partirò verso quei luoghi.
Intanto oggi, un passetto per avvicinarmi a Santiago, l'ho fatto preparando questa straordinaria torta, la cui ricetta si trova sul libro Starbooks di Marzo: Lateral Cooking di Niki Segnit.
Vi invito a leggere il post pubblicato questa mattina per la ricetta, ma qualche notizia sulla sua antica storia desidero lasciarvela.
La sua preparazione risale al XVI secolo ed in Galizia si serve praticamente tutto l'anno, con una particolare attenzione al 25 luglio, durante i festeggiamenti per S. Giacomo.
La sua origine è legata proprio a quel Cammino ed ai suoi pellegrini, a cui viene offerta lungo tutto il percorso francese una volta entrati in territorio spagnolo.
Pare però che le origini siano ancora più antiche, facendole risalire al Medioevo, quando l'uso della mandorla, ingrediente prezioso e destinato alla nobiltà,  era base della "Tarta Real". Gli ingredienti di questo dolce, ritrovati in documenti del 1577, sono esattamente gli stessi di quella che oggi chiamiamo Torta di Santiago, per cui è facile che il suo utilizzo abbia raggiunto, nel tempo, fruitori più modesti ed umili.
La ricetta che conosciamo oggi, arriva da un testo del 1800, Cuaderno de Confiteria, di Luis Bartolomé de Leybar, che lui chiama Tarta de almendras e fino al XX secolo non comparirà su altri ricettari spagnoli, venendo così considerata una specialità regionale. 
La croce di Santiago, che si appone sulla torta a siglarne la destinazione o le origini, ha invece una nascita più recente. Fu apposta nel 1924 dal pasticciere José Mora e da allora è divenuta la "marca distintiva" di questa meravigliosa torta.
Alcune pasticcerie appongono anche il simbolo della capasanta, la famosa Coquille St Jaques o Conchiglia del Pellegrino, quella che i tanti camminatori del Camino portano sullo zaino o sul bastone.
Spero un giorno di riceverne una fettina, dalle mani di un galiziano come premio alla fine del mio viaggio.
Vi auguro una buona lettura amici.

domenica 23 ottobre 2016

Le mie tapas del cavolo per l'Mtc #60

Karta kancion - Ketama
Questo è un post del cavolo.
Un po' come la mia vita in questo periodo, dove non c'è una sola cosa che sia al posto in cui dovrebbe stare e dove la sensazione principale è quella di essere seduta su una macchina sportiva guidata a tutta velocità da un pazzo senza patente: alla prossima curva ti aspetti di volare di sotto!
Che alla fine potrebbe non essere una prospettiva malvagia.
Ma lasciamo stare.
Diciamo che se questo post è qui, è solo perché voglio troppo bene a Mai per non onorarla nel mese della sua vittoria. (psss...la canzone è dedicata a te <3)
Per settimane, dal momento in cui la sfida è stata annunciata con uno schioccare di nacchere: "TAPAS!", mi si è spento l'ultimo neurone ancora vitale ed è calata una saracinesca bianca e spessa.
Ma che tapas e tapas...Le tapas sono l'anticamera della festa.
Lo so bene.
Per tutto il tempo che ho potuto trascorrere in Spagna, da nord a sud un unico comune denominatore: in piedi o seduti, il cibo si condivide festosamente e serve a stimolare la conversazione, magari davanti ad un bel boccale di "clara" (perché sennò mi gira il capo), prima di muoversi verso nuove e esaltanti avventure.
Quando invece si ha poco da festeggiare, si perde brio e fantasia e mi dispiace dire che questa è una delle sfide per me più difficili a livello emozionale.
"Ecchecavolo" mi sono detta. Non sia mai che passo.
Anche se devo prepare delle ricette del cavolo, io ci sono.
Intanto, ho finalmente capito la differenza tra tutti quei piattini che si profilano sui banconi dei bar spagnoli.
Adesso non farò più gaffes, come quella volta che una guida spagnola mi invitò a prendere una tapas al bar mentre aspettavamo che il gruppo tornasse dallo shopping sfrenato.
All'entrata, il mio sguardo cadde sul mezzo metro di briciolame, scontrini, tovaglioli e varie amenità ai piedi del bancone.
Io guardai il mio ospite con la faccia leggermente disgustata e lui, ridendo mi disse: "ma che sei matta? Qui si pulisce solo alla fine del servizio. Più sporco c'è per terra, più il locale più dirsi apprezzato e frequentato...diffida sempre dei bar troppo puliti!"
E dopo questa perla di saggezza spagnola, passiamo alle mie tapas del cavolo!
Le Tapas vanno distinte in tre tipologie, come bene ci ha spiegato Mai nel suo meraviglioso post.
LAS TAPAS: Tutto ciò che si serve in un piattino e la cui fruizione necessita di una forchetta o cucchiaio.
Mai prenderle con le dita, anatema!
Inoltre possono essere costituite da avanzi "rimaneggiati" per l'occasione.
Insomma: la mezza scodella di ribollita che vi avanza in frigo, scaldata e servita in bicchierini diventa una tapas gagliarda!
LOS MONTADITOS: Tutto ciò che è servito su una fettina di pane. Fresco, tostato, morbido, croccante, non importa. Basta che sia la base d'appoggio dell'universo che vorrete montarci sopra.
E' il cugino iberico del crostino: noi toscani lo sappiamo bene!
LOS PINCHOS: Qui si entra nella raffinatezza. Lo pinchos sono bocconi di qualsiasi delizia, infilzati in uno stecchino. Si portano alla bocca solo e soltanto con l'ausilio di un oggetto a punta unica, bandita la forchetta.
E' chiaro come il sole, che la polpetta qui viva il suo momento di trionfo, ma non si disdegnano souvlaki e spadini caricati di impossibile.

E fin qui ci siamo. Spero che la distinzione sia definitivamente chiara a tutti.
Io ho seguito pedissequamente i dogmi Esteveziani e mi sono votata al cavolo, che è un po' il mantra che riverbera nella mia testa da qualche mese a questa parte: "col cavolo che ce la faccio".
Stranamente funziona per tutto, dalla ricetta alla richiesta impossibile.
Prima mi mortifico con la paura ed il senso di incapacità, poi chiudo gli occhi e muovo il primo passo nel vuoto.
Finisce sempre che lo strapiombo è al piano terra!

VENIAMO ALLE RICETTE!

Tapas - Tortino di verza con gli zoccoli (Com'era verza la mia valle!). 
Un tortino che ricorda certi piatti altoatesini o austriaci, ma con un tocco italiano che non guasta mai (questo me lo ha insegnato la mia mamma).

Ingredienti per 4/6 persone
700 g di patate a pasta bianca
200 g di verza
1 uovo
50 g di Emmental grattugiato
50 g di parmigiano grattugiato
80 g di rigatino di pancetta dolce in una sola fetta
1 spicchio d'aglio
Olio extravergine Trevi Dop.
sale - pepe nero macinato al momento
un nulla di noce moscata

  • Lavate bene le patate e lessatele con la buccia in abbondante acqua fredda. Fatele cuocere 30 minuti dal momento della bollitura. Quindi sbucciatele e passatele allo schiaccia patate.
  • Fate bollire abbondante acqua quindi, dopo avere lavato le foglie di verza ed eliminato la costa centrale, tuffate nell'acqua e fatele cuocere per 5 minuti. Scolatele e sistematele su un canovaccio in modo che perdano l'acqua in eccesso. Affettatele in striscioline larghe un cm. ed aggiungetele alle patate in una larga ciotola. 
  • Tagliate la fetta di rigatino a dadini di 1 cm di spessore. Fate rosolare bene il rigatino fino a che non sia croccante. Scolatelo dal grasso che avrà rilasciato ed asciugatelo bene in carta assorbente. Versatelo poi nella ciotola insieme alle patate ed alla verza. Il rigatino croccante utilizzato in questa maniera è "lo zoccolo". 
  • Aggiungete a questo punto i formaggi, il sale, il pepe e la noce moscata e mescolate il tutto.
  • Incorporate l'uovo leggermente sbattuto e mescolate bene fino a che l'impasto sia ben amalgamato. 
  • In una padella antiaderente, fate scaldare un filo d'olio con uno spicchio d'aglio e fate insaporire bene l'olio, quindi eliminate l'aglio ed aggiungete l'impasto, livellandolo bene con un cucchiaio, schiacciandolo sul fondo. 
  • Fate cuocere a fiamma vivace per 6/7 minuti per lato, in modo che si formi una bella crosticina. 
  • Sistemate sul piatto di portata e tagliate a losanghe. Servite ben caldo. 

Pinchos di cavolo nero e farro della Garfagnana con Pecorino di Pienza su hummus di cannellini - (Ecchecavolo) - Questa è casa mia e come al solito ho difficoltà a staccarmi da lei, dalla mia Toscana. Un tocco esotico in un hummus toscanizzato, che mi è garbato moltissimo.
Le polpettine sono molto gustose e l'amaro del cavolo uno spunto davvero accattivante.
L'idea del farro tritato come elemento aggregante è un piccolo scherzo a chi si aspetta di trovarci del macinato di carne.
La crosticina che si forma all'esterno crea dipendenza.

Ingredienti per 4/6 persone

Per i Pinchos
200 g di Farro della Garfagnana
150 g di cavolo nero (peso al netto dello scarto)
1 porro
1 uovo
3 cucchiai di pan grattato
80 g di Pecorino di Pienza stagionato, grattugiato
Sale - pepe nero macinato fresco
Olio Extravergine Chianti Dop
Sale in fiocchi per rifinire

Per l'hummus di cannellini
200 g di cannellini lessati e scolati della loro acqua di cottura
Il succo di mezzo limone
80 ml di Olio extravergine Chianti Dop
un cucchiaino generoso di salsa tahini chiara
un pizzico di semi di cumino
sale - paprica dolce per rifinire

  • Preparate subito l'hummus che potrete fare riposare nel tempo che realizzerete i pinchos, in modo che tutti i sapori si amalgamino bene.
  • Mettete i cannellini che avrete preparato secondo il vostro modo abituale, in un bicchiere per mixer a immersione o nel robot con la lama. Aggiungete il limone, l'olio extravergine, la tahini, le spezie ed il sale e frullate emulsionando fino ad ottenere un composto cremoso.
  • Assaggiate ed aggiustate di sale ed eventualmente, se ritenete, aggiungete ancora del succo di limone e dell'extravergine. La crema deve essere vellutata e morbida e perfettamente omogenea. 
  • Una volta pronta, coprite il tutto con una pellicola e tenete da parte al fresco. 
  • Fate bollire una casseruola con abbondante acqua salata e cuocete il farro per 20 minuti (o secondo le indicazioni riportate in confezione). Scolatelo bene quindi passatelo sotto l'acqua fredda e allargatelo su un piatto piano in modo che si raffreddi velocemente. 
  • Pulite bene il cavolo nero, privandolo della costa centrale e dei gambi, quindi lavatelo ed asciugatelo. 
  • Tagliatelo a julienne con un coltello molto affilato.
  • Affettate il porro sottilmente quindi fatelo passire con un filo d'olio in una larga padella. Aggiungete dell'acqua per non farlo bruciare. Cuocete per una decina di minuti.
  • Aggiungete adesso il cavolo nero e mescolate bene per fare insaporire. Salate e versate dei mestolini di acqua calda e coprite. Fate cuocere almeno 15 minuti a fiamma dolce, mescolando via via e controllando la cottura. Dovrà essere leggermente al dente. Fate raffreddare.
  • Una volta freddo, prendere il farro e mettetelo in un mixer con la funzione pulse. Frullatelo per qualche istante per ottenere delle grosse briciole. Versatelo in una ciotola capiente. 
  • Aggiungete il cavolo nero, il formaggio, il pane grattugiato, sale e pepe e mescolate bene per amalgamare. 
  • Versatevi l'uovo sbattuto e mescolate prima con un cucchiaio, poi con le mani per amalgamare perfettamente gli ingredienti. 
  • Ricavate delle polpettine grosse come una noce e friggetele in olio extravergine profondo, fino a che non prenderanno un bel colore dorato e si sarà formata una crosticina croccante. 
  • Mentre le polpettine friggono, predisponete dei bicchierini in cui verserete l'hummus di cannellini fino a metà bicchiere. Spolverateci sopra un pizzico di paprika dolce. 
  • Scolate le polpettine su carta assorbente. Cospargetele con una macinata di sale in fiocchi quindi infilzatene un paio su ogni stecchino e servitele ben calde con il loro hummus. 

Montaditos con brown bread, salmone selvaggio, broccolo romanesco e stracci di bufala (So' cavoli tuoi) - L'idea è partita dalla sorpresa che ho avuto assaggiando della bufala con il broccolo romanesco: un'epifania.
Uno degli abbinamenti più entusiasmanti provati negli ultimi tempi. Così, andando a ritroso, ho pensato di abbinarci un pane con una punta di dolcezza, come il brown bread irlandese, a cui ho aggiunto delle noci per la croccantezza ed un che di tostato e amarognolo.
Il brown bread chiama il salmone a gran voce ed alla fine salmone, broccolo e bufala si gettano in un festino orgiastico!

Ingredienti per il brown bread di cca 800 g (stampo cake da 1 litro)
350 g di farina integrale macinata a pietra
50 g di farina 0
50 g di noci sgusciate
2 cucchiai di semi di girasole
1 cucchiaino raso di bicarbonato di sodio
1 cucchiaino raso di sale
1 cucchiaino raso di brown sugar o muscovado
1 cucchiaio colmo di melassa
2 cucchiai di olio di semi di mais
1 uovo grande sbattuto
400 ml di latticello

  • Accendete il forno a 200°
  • In una larga ciotola versate tutti gli ingredienti secchi, comprese le noci sbriciolate grossolanamente (tenetene da parte una manciata) ed i semi di girasole, e con una frusta miscelate il tutto in modo da eliminare grumi.
  • In una ciotola più piccola versate il latticello, l'uovo, la melassa e l'olio e mescolate con una frusta fino a che non avrete un composto cremoso
  • Fate la fontana con la farina e versavi al centro i liquidi. Mescolate bene con un cucchiaio di legno fino a che non otterrete un composto omogeneo e appiccicoso. 
  • Versate il tutto nello stampo foderato con carta da forno e livellatelo con una spatola. Con un coltello affilato e bagnato, fate un incisione profonda al centro della lunghezza. 
  • Fate cuocere per 1 ora. Alla prova stecchino, questo dovrà uscire pulito e asciutto. Il pane una volta battuto sul fondo, dovrà suonare a vuoto. 
  • Sformatelo e fatelo raffreddare su una griglia. Si conserva per 5/6 giorni avvolto in una pellicola. 
A parte la preparazione del pane, che potrete fare anche il giorno prima e magari tostarlo un po' prima di utilizzarlo, questa ricetta non prevede grandi sforzi e si realizza velocemente. 
Anche sulle dosi sono andata "a sentimento", perché per 4 persone vi basterà una bufala da 150 g, neanche due etti di cimette di broccolo romanesco sbollentate 7/8 minuti e condite con extravergine e aceto balsamico, e dell'ottimo salmone selvaggio, che più che lo sforzo di aprire la confezione, non dovrete fare altro. 
Il classico morso da dare con una mano che regge il tovagliolo sotto il mento perché il rischio "frana" è in agguato.  
Non per nulla è un montadito "So cavoli tuoi"! 

Una prece per Paolo Picciotto che ovviamente non leggerà questo post: nessun impegno nelle foto. La pretesa di cucinare 3 tapas nell'arco di 3 ore e fotografarle contemporaneamente in cucina, l'unico ambiente in cui c'è luce (anche troppa), dopo che l'intero spazio finisce per assomigliare più ad un campo di battaglia in cui emergono pile di suppellettili sporche e resti umani (i miei), è una mera illusione. 
Ti adoro Paolo perché sei fonte di stimoli e sfide a cui risponderò, un giorno. 
Ma stavolta mi sento tanto "casalinga disperata". I miei rispetti. 

E con queste proposte e calientissimo amor por mi trocito de tia (MAI), partecipo alla sfida #60 sulle Taps Mtc 


mercoledì 22 giugno 2016

Pollo con olive spagnole per lo Starbooks di giugno

Aquellas Pequenas cosas - Ketama
In concomitanza con l'arrivo dell'estate (speriamo), lo Starbooks si lascia intrigare dal fascino delle Tapas e dalla condivisione vivace e confusionaria delle tavole spagnole, sempre ricche di piattini, colori e fantasia.
Tapas Revolution di Omar Allibhoy è appunto una festa che percorre la penisola iberica attraverso il racconto delle sue tapas e dei piatti che chiamano una tavola animata e divertita, dai sapori schietti, intensi e dalle preparazioni non così impegnative come quella che vi presento oggi.
Se volete saperne di più, scoprite la ricetta in questo post nostalgico.
Vi aspetto y Buen Provecho!