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martedì 8 maggio 2018

Brioche de St Genix aux pralines roses

Love is a losing game - Amy Winehouse
Ho scoperto questa brioche durante un viaggio tra Chambery e Lione fatto lo scorso Settembre.
Un viaggio molto bello, ma di cui ho un ricordo dolce amaro perché due settimane dopo mancava mio padre.
Come spesso succede, i miei viaggi sono fughe che avvengono per la necessità di staccare da momenti pesanti e quello fu un tentativo di riportare una sorta di normalità nella mia vita ripiegata sul dolore.
Senza grosso successo per altro.
Avrei voluto scrivere una sorta di guida di viaggio su Lione ma ho come un blocco.
E' come se pensando alla bellezza di quella città, che vi invito a visitare appena possibile, i miei ricordi si spostino sui giorni successivi come in uno scarto temporale che non riesco a controllare.
L'unica cosa che riesco a fare senza provare ansia, è parlarvi di una cosa futile come può essere una brioche.
Con mia grande sorpresa, ho scoperto che la Brioche di St. Genix, che troverete in ogni boulangerie o patisserie di Lione e dintorni, è legata al culto di Sant'Agata, la nostra martire catanese di cui ben conosciamo la storia.
La giovane Agata, rifiutando le avance di un proconsole romano, alla richiesta di rinnegare la sua fede, veniva martirizzata con atroci torture, tra cui lo strappo dei seni con le tenaglie. Al momento del suo martirio, una forte scossa di terremoto colpi la città e successivamente il suo aguzzino morì affogato.
La Savoia si appropria di questo culto quando la Sicilia diviene un possedimento del Ducato di Savoia nel 1713.
Le donne presero l'uso di preparare dei dolci a forma di seno per il giorno 5 Febbraio, in memoria della Santa.
Pare che l'origine del dolce che conosciamo oggi, arrivi da una locandiera, Francoise Guillaud che sposandosi con un uomo della Savoia, portò con se la ricetta a St Genix sur Guiers dove si trasferì dopo sposata.
Il successo fu immediato. Fu soltanto nel 1880 che il marito, Pierre Labully, ebbe l'idea di inserire delle praline all'interno, chiamando così la brioche "Gateau Labully", che diventerà nel tempo "Brioche St Genix".
Va anche detto che esistono numerose ricette di questo dolce e spesso poco fedeli all'originale.
Io ho voluto utilizzare la ricetta del grande Felder, secondo la sua interpretazione.
Posso dirvi che è splendidamente burrosa, fragrante e poco dolce.
Acquista dolcezza dalla copertura delle praline rosa (mandorle coperte di zucchero dall'intenso color fucsia) tradizionali di Lione, che con il calore si sciolgono creando delle variegature fucsia all'interno dell'impasto.
Ricetta di Christophe Felder 

Ingredienti per uno stampo da 18/20 cm
250 g di farina forte (W 330)
30 g di zucchero
1 cucchiaino di sale
10g di lievito di birra
3 uova (150 g)
165 g di burro a temperatura ambiente
100 g di praline rosa di Lione
1 tuorlo d'uovo per la lucidatura
granella di zucchero per rifinire

  • Metti la farina, lo zucchero ed il lievito sbriciolato nella ciotola della planetaria. Aggiungi le uova al centro e comincia ad impastare con il gancio, velocità bassa, per 3/5 minuti. Quando vedi che la pasta comincia a stare insieme, aggiungi il sale e continua ad impastare. 
  • Passato questo tempo, comincia ad aggiungere il burro a fiocchetti, molto lentamente: il primo fiocco dovrà essere stato ben incorporato prima di aggiungere il successivo. Ci vorranno dai 15 ai 20 minuti per l'incordatura perfetta. A metà burro, aumenta la velocità dell'impastatrice a 3. Quando sono passati 15 minuti, fai la prova del velo. Se la pasta non si tira fino a formare un velo sottile, continua ad impastare. 
  • Una volta pronta, copri con la pellicola e fai lievitare almeno un'ora nel forno con la lucina accesa. 
  • Una volta lievitata, stendila su una spianatrice leggermente: l'impasto sarà molto morbido e lucido. La notevole quantità di burro richiede un riposo in frigo affinché si stabilizzi per la lievitazione successiva. Sgonfialo e fai una piega a tre quindi dagli una forma rotonda e mettilo in una ciotola coperta con pellicola. Passa in frigo per min. 2 ore fino a 4. 
  • Una volta pronta, toglila dal frigo, mettila su una spianatoia leggermente infarinata. Stendila con un matterello ad uno spessore di 1cm e distribuisci sulla superficie le praline tritate grossolanamente, mantenendone una manciata per la decorazione finale, quindi fai una piega a tre, richiudi l'impasto cercando di formare una palla e sigillando bene nella parte bassa, quindi sistema nello stampo che avrai coperto con carta da forno e lascia a temperatura ambiente (coperta con un panno pulito) o nuovamente nel forno con la luce accesa, affinché raddoppi. Ci vorranno tra 1 o 2 ore.  


  • A lievitazione avvenuta, accendi il forno a 180° C. Mentre si scalda, lucida la superficie con il tuorlo sbattuto e decora con le praline e con lo zucchero a granella. 
  • Cuoci per 30/40 minuti, fino a che la superficie sia bella dorata e la Brioche gonfia e stabile. 
  • Lascia raffreddare 5 minuti quindi aiutandoti con la carta da forno, toglila dallo stampo e falla raffreddare su una gratella.
  • Servi tiepida o a temperatura ambiente. Il giorno dopo è ancora buonissima e divina tostata. 




lunedì 10 ottobre 2016

Gateau Olga di Christophe Felder: l'incapacità di rispondere agli idioti.

Why does my heart feel so bad - Moby
Credo di non essere ancora diventata una persona di cui avere stima.
Mi chiedo se l'incapacità di reagire a situazioni sgradevoli, palesemente volgari o inique sia sinonimo di vigliaccheria.
O pudore.
O condizionamento da anni di educazione alla gentilezza.
Mi sento frustrata ed arrabbiata perché non sono in grado di rispondere quando necessario, per mettere al suo posto chi se lo meriterebbe una volta per tutte.
Il dolore è ovunque, ma più di tutto in un luogo che del dolore è fisico custode.
La frequentazione di ospedali è diventata ultimamente un'attività quotidiana così che le ore di attesa le spendo osservando da dietro un libro, le disperazioni del prossimo.
La paura che mi attanagliava all'inizio, quando pensavo che non avrei mai potuto affrontare lo sguardo di chi sta soffrendo per se stesso o per qualcuno che ama, è svanita un minuto dopo essermi seduta nella sala d'attesa del reparto di oncologia.
Decine di persone comuni, giovani, anziane, famiglie, figli, padri, madri.
Non riesco a riconoscere chi è me o loro.
Siamo lì, aspettiamo aggrappati alla speranza e non vi è alcuna differenza tra la ragazza che digita sul telefono in attesa che la madre entri, ed ogni individuo in quei pochi metri quadrati illuminati dal neon.
Mentre le ore scorrono, faccio il giro dell'ospedale.
Ritiro esami, parlo con medici.
Arrivo ai piani alti, nel reparto dei professoroni, i chirurghi di oncologia.
Devo ritirare l'ultimo referto e sono tesa.
Guardo la porta chiusa di fronte a me: il professore che di lì a poco mi riceverà. Sento le voci che arrivano da dietro.
Mi precipito dentro il mio libro e cerco la calma.
Vicino a me si siede un signore anziano, dimesso.
Con sé ha solo un piccolo ombrello tascabile e si alza più volte camminando con difficoltà.
Poco più avanti, lungo il corridoio, una famiglia di 3 persone che siedono strette, quasi a sostenersi a vicenda. Parlano piano, sono sospesi nel silenzio.
La porta dietro le mie spalle si apre di colpo e ne esce un medico con il suo bel camice, cartellino e si ferma, osservando il corridoio. Poi con voce sgradevolemente alta esordisce:
"Che cosa abbiamo qui? La lista dei questuanti?" e urlando alla segretaria con voce divertita, continua " Eh Marisa? hai visto la lista dei questuanti?"
Io sono seduta a pochi centimetri della sua gamba e nel silenzio del corridoio, sento la mia voce calma ma vibrante di orgoglio che risponde: "No gran coglione, non siamo qui a mendicare la tua attenzione di supereroe. Mi chiedo chi ti abbia indirizzato alla medicina se la tua vera vocazione è quella del pagliaccio, cosa che ti riesce egregiamente, anche se non fai ridere in verità.
Probabilmente neanche il lavoro del medico ti riesce bene, se senti la necessità di umiliare persone che stanno praticando una corsa a tempo contro la morte."
Nel corridoio il silenzio.
Il medico è già lontano ed io ho testa immersa nel libro.
La rabbia ribolle e sono invasa da un profondo senso di vergogna per non aver detto una parola.
Certe cose fanno più male di una malattia.
Le amarezze vanno sempre addolcite.
Quello che vedete qui sopra è un dolce meraviglioso che volevo preparare da tanto tempo.
Ed è solo grazie a Cecilia del blog Kitchening, che oggi lo trovate qui.
Per altro vi consiglio di farvi un giro sul blog di Cecilia perché ne resterete sorpresi, per le splendide ricette e la scrittura profonda e delicata.
La ricetta arriva dal maitre patissier Christophe Felder che pare abbia preso ispirazione da alcuni dolci di origine nordafricana. Del nordafrica ma anche del medio oriente, la Torta Olga ha tutti i profumi: fiori d'arancio, mandorle, pistacchio.
La consistenza è soffice ma granulosa grazie alla presenza della semola e mandorle, e come vuole la tradizione mediorientale, lo sciroppo rende il tutto umido e fondente.
La preparazione è semplice, veloce ed il risultato straordinario. Provatela.
L'autore ha scelto uno stampo quadrato di 26 cm di diametro.
Non avendolo a disposizione, ho usato uno stampo rotondo a cerniera con 24 cm di diametro, ed ho rialzato i bordi con la carta da forno per paura che l'impasto strabordasse durante la cottura.
Ingredienti per un ostampo a cerniera quadrato 24 cm di lato. 
4 uova a temperatura ambiente 
300 g di zucchero
180 g di succo di arance filtrato (circa 2 arance)
200 ml di olio neutro (io ho usato quello di mais)
2 gocce di aroma di mandorla (io ho aggiunto 10 g di armelline tritate alla farina di mandorle) 
150 g di semola rimacinata di grano duro
100 g di farina 00
150 g di farina di mandorle
1 bustina di lievito per dolci
1 bacca di vaniglia
la scorza grattugiata di un’arancia

Per lo sciroppo
100 ml di orzata (io non avendolo, ho usato la stessa quantità di latte di mandorle)
50 ml di acqua 
2 cucchiai da cucina di acqua di fiori d'arancio
confettura o gelatina di albicocche
200 g di pistacchi tostati e spellati tritati al coltello

  • Accendete il forno a 200°. Imburrate lo stampo.  Scegliete degli stampi a cerniera perché il dolce è molto delicato da sfornare una volta bagnato. 
  • In una ampia ciotola montate con la frusta elettrica montate le uova con lo zucchero fino a che non avrete un impasto bianco gonfio e leggero. 
  • Miscelate il succo di arancia con l'olio e l'estratto di mandorla e versatelo lentamente nella ciotola continuando a montare. 
  • Miscelate le farine precedentemente setacciate con il lievito. Aggiungete i semi della bacca di vaniglia e le scorze di arancia e versate in più tempi nell'impasto, amalgamando con una spatola (o anche con una frusta a mano visto che l'impasto sarà piuttosto liquido). 
  • Quando l'impasto sarà liscio ed omogeneo, versatelo nella tortiera quindi informate cuocendo per 5 minuti a 200°. Passato questo tempo abbassate la temperatura a 180° e continuate la cottura per 45 minuti c.ca. Fate la prova stecchino che dovrà uscire asciutto. 
  • Mentre il dolce cuoce, preparate la bagna con lo sciroppo, l'acqua e l'acqua di fiori d'arancia. 
  • Appena toglierete il dolce dal forno, versatevi sopra lentamente la bagna in modo che la assorba bene su tutta la superficie. 
  • Lasciate raffreddare il dolce nello stampo.
  • Quando il dolce è freddo, sformatelo con delicatezza e trasferitelo su un piatto di portata. Cospargete la superficie di confettura di albicocche e rifinite con i pistacchi tritati.
  • NOTA: Io ho lasciato riposare il dolce nello stampo per tutta la notte. Il giorno dopo ho decorato e servito. L'impasto era perfettamente stabile e umido al post giusto. Il taglio perfetto come potrete vedere in foto. E' piaciuto tantissimo a tutta la famiglia. 
  • Per i pistacchi, dovete spellarli. Fateli tostare per 15 minuti a 100° smuovendoli via via, poi ancora caldi, metteteli in uno strofinaccio e chiudeteli a sacchetto. Adesso strofinateli con energia. Perderanno la pellicina e potrete tritarli.