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lunedì 9 gennaio 2023

Gigli fiorentini al pesto di cavolo nero e Pecorino di Pienza

Apro il nuovo anno sul blog con una ricetta poco impegnativa, in cui si nasconde tutto il mio proposito per questi prossimi mesi: semplicità. 
Voglio smettere di preoccuparmi. 
Se solo non fosse per questo maledetto carattere che vacilla tra la mania del controllo e ed il perfezionismo, credo che vivrei molto più serena. 
Ho deciso che eviterò di alzare l'asticella ogni volta ed anche sul fronte del cibo che appare qui sopra, cercherò smettere di considerare ricette come questa, prive di interesse per i miei lettori. 
Il pesto di cavolo nero è ormai una moda. 
Ricordo che quando ho aperto questo blog 11 anni fa, scrissi in un post che il cavolo nero è la mia crucifera preferita, il nobile decaduto della famiglia dei cavoli. 
Oggi, questo nobile ha ripreso tutto il suo splendore ed è diventato un simbolo della cucina vegana, utilizzato in moltissime preparazioni, valorizzato in maniera tradizionale o creativa. 
Personalmente lo amo nelle nostre ricette, ribollita in pole position, oppure stufato in padella semplicemente con aglio e olio buono, cotto fino a diventare morbidissimo.
Si, perché il cavolo nero è un vegetale ostinato, non vuole essere consumato crudo. 
Ha una buona parte di scarto che sono le coste centrali, difficili da mangiare anche se tentate di bollirle, ma la parte verde, decisamente amara ed erbacea, è meravigliosa. 
Oggi ho voluto declinarlo con un formato di pasta che mi manda ai matti: i gigli fiorentini. 
La forma ricorda il fiore simbolo di Firenze, e le sue numerose volute sono uno splendido raccoglitore di salsa e condimento. Non si trova con facilità se non siete in Toscana, ma on line è facile ordinarli. 

Se parliamo di pesto, l’immaginario collettivo mondiale si rivolge senza indugio al pesto ligure, senza sapere che questa salsa meravigliosa altro non è che una variante o per meglio dire, la sintesi delle moltissime salse pestate di cui è ricca la nostra cucina. 

Parliamo quindi di “pesti” e del pestare, ma anche dei condimenti più antichi e basici della cucina italiana che nascono dall’esigenza di insaporire il cibo sia da cotto che da crudo. 

L’atto del pestare era riferito al legare aromi e conservanti (come sale ed aglio) a freddo, in modo da preservarne il sapore e favorire la conservazione del cibo su cui venivano poi sparsi. 

Le tracce della prima ricetta “codificata” di salsa pestata sono nelle parole di Virgilio, quando descrive “il moretum” utilizzato dai romani per insaporire piatti poveri, ottenuto da formaggio, aglio, erbe, sale, olio e aceto, pestato nel moretarium, il mortaio appunto. 

L’aglio, ingrediente sempre presente in queste salse, grazie proprio al suo potere conservante, dà origine alla “agliata” genovese, utilizzata dalla repubblica marinara per conservare preparazioni a base di pesce nei lunghi viaggia per mare. 

Da questa base derivano la salsa di noci e più avanti il pesto di basilico. 

Ma in Sardegna troviamo ancora un’agliata a cui sono aggiunti pomodoro secco ed aromi.

A Trapani, altra rotta dei genovesi, l’agliata è arricchita da mandorle e pomodoro e che oggi chiamiamo “pesto alla trapanese”. 

Nel tempo, quando la conservazione del cibo è passata attraverso altre procedure, le salse pestate si sono alleggerite, le percentuali di aglio diminuite ed in alcuni casi anche sparite, con l’aggiunta di maggiore frutta secca, olio e formaggi stagionati. Maggiore cremosità, sapore e modernità. 

La fantasia personale fa il resto. 

Ingredienti per 4 persone

Una sola nota personale: in questa preparazione io uso il cavolo nero leggermente scottato e ben asciugato per togliere un po' di mordente alla fibra vegetale. 

Per il pesto 
250 g di cavolo nero pulito e privato della costa centrale
60 g di gherigli di noci 
80 g di pecorino di Pienza stagionato e grattugiato 
1 pizzico di fiocchi di sale 
1 spicchio d'aglio privato dell'anima (facoltativo)
250 ml di olio extra vergine d'oliva Chianti Dop (ma aggiungetene di più per ottenere un composto più fluido) 

Per la pasta 
320 g di pasta del formato che preferite. 
sale 
  • Lavate con cura il cavolo nero e lessatelo in acqua bollente per c.ca 3 minuti. Scolatelo, fatelo raffreddare in acqua gelata quindi scolatelo ed asciugatelo con cura. 
  • In un bicchiere per mixer a immersione, mettete le noci, l'aglio (se lo usate), il sale, il cavolo ed il pecorino grattugiato, quindi aggiungete metà dell'olio e cominciate a frullare. Quando il pesto comincia a formarsi, aggiungete il resto dell'olio a filo. Se notate che il pesto è troppo asciutto, aggiungete altro olio a filo. 
  • Cercate di non scaldare il pesto con le lame. Conservate il pesto coperto di olio, in frigorifero per una settimana.
  • Cuocete la pasta secondo le indicazioni della confezione. In una larga ciotola, versate abbondante pesto ed un paio di cucchiai di acqua di cottura. Mescolate. Scolate la pasta e versatela nella ciotola e mescolate bene. Servite accompagnando con altro pesto se gradito. 


lunedì 20 gennaio 2020

Fregola, green, pecorino per Starbooks

Manic Monday - The Bangles
E' sempre un po' urticante per me, rimandare o bocciare una ricetta Starbooks.
Prima di tutto perché se si è scelto un libro, si hanno sempre delle grandi aspettative.
E poi perché un autore come Nigel Slater è sull'Olimpo della perfezione e mai ci si aspetterebbero delle proposte meno che sorprendenti.
Invece pare che anche i grandi abbiano dei punti deboli ed in questo caso non sto a dirvi quali, perché se vorrete scoprirlo, dovrete andarvi a leggere il post ufficiale sul sito Starbooks.
Una buon giornata amici.

giovedì 2 febbraio 2017

Tortelli di cavolo nero: i pulcini prendono il volo.

Albachiara - V. Rossi
Fra qualche giorno l'asparagina di casa partirà per il suo primo vero viaggio da sola.
Da sola, senza genitori, verso una grande città a cui arriverà volando.
Vivrà in una famiglia straniera e per qualche breve istante proverà l'emozione dell'autonomia e dell'immersione in una realtà diversa dalla sua, senza l'intervento rassicurante della sua famiglia.
Il conto alla rovescia è cominciato 4 mesi fa, dal momento in cui l'abbiamo iscritta al progetto e non c'è stato giorno in cui non si sia parlato di questo viaggio, di Madrid, di come saranno quei giorni, eccetera eccetera.
L'eccitazione ha avuto un crescendo così progressivo e incontrollato che ad una settimana dalla partenza si è ammalata: una sana e generosa influenza come da tradizione.
Io ho tirato un sospiro di sollievo al pensiero che avrebbe potuto accadere qualche giorno più tardi, e l'ho lasciata dormire 4 giorni di seguito.
Osservare il suo desiderio di partire misto a preoccupazione mi provoca una tenerezza infinita.
Ricordo il mio primo viaggio da grandi con la scuola, in Germania, ed il divertimento con le amiche, le scoperte di luoghi incantevoli, la lingua complicata e l'imbarazzo nell'usarla.
E se la memoria non m'inganna, il pensiero dei miei genitori non mi passò neanche per l'anticamera del cervello. Quindi a rigor di logica, sarà così anche per lei.
Per Alice sarà tutto molto più semplice: oggi i nostri ragazzi sono già più smaliziati di noi nell'affrontare qualsiasi situazione, ma non posso impedirmi di provare un moto di protezione nei suoi confronti quando la vedo silenziosa persa nei suoi pensieri che so benissimo essere rivolti a questo viaggio.
Io non riesco a non essere felice per lei, per quella che sarà una delle prime esperienze più belle della sua vita, di cui, ahimé, sentiremo parlare per i prossimi mesi.
Il mio pulcino prende il volo. Che emozione.
Ogni tanto bisogna tornare a matterello e spianatoia, altrimenti si perde l'abitudine e soprattutto l'opportunità di mangiare piatti di vera sostanza.
Il mio amore per la pasta fresca non si spegne mai: questi tortelli li ho preparati per un compleanno doppio e sono stati grandemente apprezzati.
Ma nel complesso la ricetta è semplice, ingredienti locali con un tocco di sud nei deliziosi ceci materani, valorizzati da un profumo di aglio, olio nuovo ed un Pecorino Toscano Dop stagionato al punto giusto.

Ingredienti per 4 persone
Per la sfoglia
300 g di farina 0
3 uova medie
1 pizzico di sale

Per il ripieno 
350 g di cavolo nero mondato
300 g di ricotta di pecora
2 patate medie
1 uovo grande
1 porro
80 g di pecorino toscano DOP fresco grattugiato + per rifinire
sape - pepe nero macinato fresco qb
olio extravergine qb

Per la vellutata di ceci
200 g di ceci secchi (io ho usato dei piccoli ceci Materani Gemme dei Sassi)
2 foglie di alloro
1 rametto di rosmarino
1 spicchio d'aglio
sale - pepe qb
Olio extravergine Chianti Dop

Scaglie di Pecorino Dop stagionato per rifinire.
  • La sera prima metti a mollo i ceci in acqua ed un pizzico di sale. 
  • Versa la farina su una spianatoia e fai la fontana. Al centro rompi le uova e metti un pizzico di sale. Con la forchetta sbattile leggermente e comincia ad incorporare piano piano la farina. Quando i liquidi diventeranno molto densi, potrai cominciare a lavorare con le mani, aiutandoti a raccogliere la farina con un tarocco, quindi iniziando ad impastare come anche spiegato in questo post . Lavora l'impasto non meno di 15 minuti, fino ad ottenere una palla liscia e setosa che farai riposare avvolta dalla pellicola per almeno 30 minuti. 
  • Metti a cuocere i ceci in abbondante acqua salata con le foglie di alloro. Fai cuocere fino a quando non saranno morbidi ma non sfatti (ci vorrà c.ca 1h30). Se preferisci potrai usare la pentola a pressione, che dimezzerà i tempi di cottura. 
  • Sbuccia le patate e falle lessare in acqua fredda fino a che non saranno morbide. Fai poi raffreddare. 
  • Prepara il ripieno. Pulisci il cavolo nero privando della costa centrale e parte del gambo se troppo coriaceo. Lavalo con cura quindi riducilo a julienne con un coltello molto affilato. Affetta finemente il porro e fallo passire in una larga padella con 4 cucchiai di extravergine per almeno 10 minuti, fino a che non sarà morbido. Aggiungi poca acqua se necessario.
  • Versa il cavolo nero a julienne nella padella, mescola con cura e fai cuocere a fiamma dolce per c.ca 15 minuti, aggiungendo dei mestolini di acqua calda via via che cuoce. Assaggia e verifica che sia cotto e non troppo al dente, quindi aggiusta di sale. Fai raffreddare. 
  • In una larga ciotola versa la ricotta, le patate schiacciate ripetutamente con uno schiacciapatate, il cavolo nero cotto, il pecorino toscano grattugiato finemente, l'uovo e mescola tutto molto bene per ottenere un composto omogeneo. Aggiusta di sale e pepe. 
  • Stendi la pasta ad uno spessore di c.ca 1,5 mm. Non deve essere troppo sottile ma sostenere bene il ripieno senza risultare grossolana. Ritaglia dei quadrati di c.ca 4 cm di lato e metti al centro una noce di composto. Chiudi il quadrato sovrapponendo due vertici opporti in modo da ricavare un triangolo. Salda bene i lati quindi, con la base del triangolo verso di te, ripiega verso di te la punta e chiudi il tortello tenendo fra pollice ed indice un angolo della base e facendo girare intorno all'indice l'altro angolo, che andrà a richiudersi sul primo. Otterrai così il tuo tortello. Prosegui fino a terminare gli ingredienti. Dovresti ottenere tra 6/7 tortelli a persona.  
  • Metti a bollire l'acqua per i tortelli.
  • Nel frattempo prepara la vellutata di ceci: in una casseruola fai profumare due cucchiai d'olio con uno spicchio d'aglio ed il rametto di rosmarino. Senza far troppo dorare l'aglio, aggiungi i ceci con un po' della loro acqua e mescolali in modo da avvolgerli bene nel suo profumo. Fai cuocere per 5/6 minuti. Una volta pronti, scolali (conservando l'acqua) e versali in un bicchiere da mixer a immersione. Aggiungi un mestolo della loro acqua e 2 generosi cucchiai di extravergine, un pizzico di sale e pepe, e frulla fino ad ottenere una crema. Controlla la densità e nel caso aggiungi un po' di acqua di cottura. La vellutata non deve essere liquida ma cremosa e soffice. Se la vuoi particolarmente setosa, passa il composto al setaccio o allo chinois. 
  • Versala calda sul fondo dei piatti di portata in uno strato non superiore al centimetro. Cuoci i tortelli in acqua bollente (ci vorranno dai 4/5 minuti), quindi scolali con cura. 
  • Disponili con grazia sulla vellutata e rifinisci con olio extravergine, pepe, e scaglie leggere di pecorino Toscano Dop stagionato. Servi immediatamente. 

mercoledì 25 gennaio 2017

Pappardelle con cavolo nero peperoncino e nocciole per Starbook

Good Morning - Singin' in the rain 
Oggi una ricetta di pasta molto di stagione, molto nostra, molto Toscana.
Mi ha intrigato al primo sguardo salvo instillarmi dei dubbi che effettivamente...
Ma se vorrete sapere com'è andata a finire con questa ricetta, dovrete leggervi questo post, come sempre su Starbook, per il Simple di Diana Henry.
Buona giornata a tutti.

domenica 23 ottobre 2016

Le mie tapas del cavolo per l'Mtc #60

Karta kancion - Ketama
Questo è un post del cavolo.
Un po' come la mia vita in questo periodo, dove non c'è una sola cosa che sia al posto in cui dovrebbe stare e dove la sensazione principale è quella di essere seduta su una macchina sportiva guidata a tutta velocità da un pazzo senza patente: alla prossima curva ti aspetti di volare di sotto!
Che alla fine potrebbe non essere una prospettiva malvagia.
Ma lasciamo stare.
Diciamo che se questo post è qui, è solo perché voglio troppo bene a Mai per non onorarla nel mese della sua vittoria. (psss...la canzone è dedicata a te <3)
Per settimane, dal momento in cui la sfida è stata annunciata con uno schioccare di nacchere: "TAPAS!", mi si è spento l'ultimo neurone ancora vitale ed è calata una saracinesca bianca e spessa.
Ma che tapas e tapas...Le tapas sono l'anticamera della festa.
Lo so bene.
Per tutto il tempo che ho potuto trascorrere in Spagna, da nord a sud un unico comune denominatore: in piedi o seduti, il cibo si condivide festosamente e serve a stimolare la conversazione, magari davanti ad un bel boccale di "clara" (perché sennò mi gira il capo), prima di muoversi verso nuove e esaltanti avventure.
Quando invece si ha poco da festeggiare, si perde brio e fantasia e mi dispiace dire che questa è una delle sfide per me più difficili a livello emozionale.
"Ecchecavolo" mi sono detta. Non sia mai che passo.
Anche se devo prepare delle ricette del cavolo, io ci sono.
Intanto, ho finalmente capito la differenza tra tutti quei piattini che si profilano sui banconi dei bar spagnoli.
Adesso non farò più gaffes, come quella volta che una guida spagnola mi invitò a prendere una tapas al bar mentre aspettavamo che il gruppo tornasse dallo shopping sfrenato.
All'entrata, il mio sguardo cadde sul mezzo metro di briciolame, scontrini, tovaglioli e varie amenità ai piedi del bancone.
Io guardai il mio ospite con la faccia leggermente disgustata e lui, ridendo mi disse: "ma che sei matta? Qui si pulisce solo alla fine del servizio. Più sporco c'è per terra, più il locale più dirsi apprezzato e frequentato...diffida sempre dei bar troppo puliti!"
E dopo questa perla di saggezza spagnola, passiamo alle mie tapas del cavolo!
Le Tapas vanno distinte in tre tipologie, come bene ci ha spiegato Mai nel suo meraviglioso post.
LAS TAPAS: Tutto ciò che si serve in un piattino e la cui fruizione necessita di una forchetta o cucchiaio.
Mai prenderle con le dita, anatema!
Inoltre possono essere costituite da avanzi "rimaneggiati" per l'occasione.
Insomma: la mezza scodella di ribollita che vi avanza in frigo, scaldata e servita in bicchierini diventa una tapas gagliarda!
LOS MONTADITOS: Tutto ciò che è servito su una fettina di pane. Fresco, tostato, morbido, croccante, non importa. Basta che sia la base d'appoggio dell'universo che vorrete montarci sopra.
E' il cugino iberico del crostino: noi toscani lo sappiamo bene!
LOS PINCHOS: Qui si entra nella raffinatezza. Lo pinchos sono bocconi di qualsiasi delizia, infilzati in uno stecchino. Si portano alla bocca solo e soltanto con l'ausilio di un oggetto a punta unica, bandita la forchetta.
E' chiaro come il sole, che la polpetta qui viva il suo momento di trionfo, ma non si disdegnano souvlaki e spadini caricati di impossibile.

E fin qui ci siamo. Spero che la distinzione sia definitivamente chiara a tutti.
Io ho seguito pedissequamente i dogmi Esteveziani e mi sono votata al cavolo, che è un po' il mantra che riverbera nella mia testa da qualche mese a questa parte: "col cavolo che ce la faccio".
Stranamente funziona per tutto, dalla ricetta alla richiesta impossibile.
Prima mi mortifico con la paura ed il senso di incapacità, poi chiudo gli occhi e muovo il primo passo nel vuoto.
Finisce sempre che lo strapiombo è al piano terra!

VENIAMO ALLE RICETTE!

Tapas - Tortino di verza con gli zoccoli (Com'era verza la mia valle!). 
Un tortino che ricorda certi piatti altoatesini o austriaci, ma con un tocco italiano che non guasta mai (questo me lo ha insegnato la mia mamma).

Ingredienti per 4/6 persone
700 g di patate a pasta bianca
200 g di verza
1 uovo
50 g di Emmental grattugiato
50 g di parmigiano grattugiato
80 g di rigatino di pancetta dolce in una sola fetta
1 spicchio d'aglio
Olio extravergine Trevi Dop.
sale - pepe nero macinato al momento
un nulla di noce moscata

  • Lavate bene le patate e lessatele con la buccia in abbondante acqua fredda. Fatele cuocere 30 minuti dal momento della bollitura. Quindi sbucciatele e passatele allo schiaccia patate.
  • Fate bollire abbondante acqua quindi, dopo avere lavato le foglie di verza ed eliminato la costa centrale, tuffate nell'acqua e fatele cuocere per 5 minuti. Scolatele e sistematele su un canovaccio in modo che perdano l'acqua in eccesso. Affettatele in striscioline larghe un cm. ed aggiungetele alle patate in una larga ciotola. 
  • Tagliate la fetta di rigatino a dadini di 1 cm di spessore. Fate rosolare bene il rigatino fino a che non sia croccante. Scolatelo dal grasso che avrà rilasciato ed asciugatelo bene in carta assorbente. Versatelo poi nella ciotola insieme alle patate ed alla verza. Il rigatino croccante utilizzato in questa maniera è "lo zoccolo". 
  • Aggiungete a questo punto i formaggi, il sale, il pepe e la noce moscata e mescolate il tutto.
  • Incorporate l'uovo leggermente sbattuto e mescolate bene fino a che l'impasto sia ben amalgamato. 
  • In una padella antiaderente, fate scaldare un filo d'olio con uno spicchio d'aglio e fate insaporire bene l'olio, quindi eliminate l'aglio ed aggiungete l'impasto, livellandolo bene con un cucchiaio, schiacciandolo sul fondo. 
  • Fate cuocere a fiamma vivace per 6/7 minuti per lato, in modo che si formi una bella crosticina. 
  • Sistemate sul piatto di portata e tagliate a losanghe. Servite ben caldo. 

Pinchos di cavolo nero e farro della Garfagnana con Pecorino di Pienza su hummus di cannellini - (Ecchecavolo) - Questa è casa mia e come al solito ho difficoltà a staccarmi da lei, dalla mia Toscana. Un tocco esotico in un hummus toscanizzato, che mi è garbato moltissimo.
Le polpettine sono molto gustose e l'amaro del cavolo uno spunto davvero accattivante.
L'idea del farro tritato come elemento aggregante è un piccolo scherzo a chi si aspetta di trovarci del macinato di carne.
La crosticina che si forma all'esterno crea dipendenza.

Ingredienti per 4/6 persone

Per i Pinchos
200 g di Farro della Garfagnana
150 g di cavolo nero (peso al netto dello scarto)
1 porro
1 uovo
3 cucchiai di pan grattato
80 g di Pecorino di Pienza stagionato, grattugiato
Sale - pepe nero macinato fresco
Olio Extravergine Chianti Dop
Sale in fiocchi per rifinire

Per l'hummus di cannellini
200 g di cannellini lessati e scolati della loro acqua di cottura
Il succo di mezzo limone
80 ml di Olio extravergine Chianti Dop
un cucchiaino generoso di salsa tahini chiara
un pizzico di semi di cumino
sale - paprica dolce per rifinire

  • Preparate subito l'hummus che potrete fare riposare nel tempo che realizzerete i pinchos, in modo che tutti i sapori si amalgamino bene.
  • Mettete i cannellini che avrete preparato secondo il vostro modo abituale, in un bicchiere per mixer a immersione o nel robot con la lama. Aggiungete il limone, l'olio extravergine, la tahini, le spezie ed il sale e frullate emulsionando fino ad ottenere un composto cremoso.
  • Assaggiate ed aggiustate di sale ed eventualmente, se ritenete, aggiungete ancora del succo di limone e dell'extravergine. La crema deve essere vellutata e morbida e perfettamente omogenea. 
  • Una volta pronta, coprite il tutto con una pellicola e tenete da parte al fresco. 
  • Fate bollire una casseruola con abbondante acqua salata e cuocete il farro per 20 minuti (o secondo le indicazioni riportate in confezione). Scolatelo bene quindi passatelo sotto l'acqua fredda e allargatelo su un piatto piano in modo che si raffreddi velocemente. 
  • Pulite bene il cavolo nero, privandolo della costa centrale e dei gambi, quindi lavatelo ed asciugatelo. 
  • Tagliatelo a julienne con un coltello molto affilato.
  • Affettate il porro sottilmente quindi fatelo passire con un filo d'olio in una larga padella. Aggiungete dell'acqua per non farlo bruciare. Cuocete per una decina di minuti.
  • Aggiungete adesso il cavolo nero e mescolate bene per fare insaporire. Salate e versate dei mestolini di acqua calda e coprite. Fate cuocere almeno 15 minuti a fiamma dolce, mescolando via via e controllando la cottura. Dovrà essere leggermente al dente. Fate raffreddare.
  • Una volta freddo, prendere il farro e mettetelo in un mixer con la funzione pulse. Frullatelo per qualche istante per ottenere delle grosse briciole. Versatelo in una ciotola capiente. 
  • Aggiungete il cavolo nero, il formaggio, il pane grattugiato, sale e pepe e mescolate bene per amalgamare. 
  • Versatevi l'uovo sbattuto e mescolate prima con un cucchiaio, poi con le mani per amalgamare perfettamente gli ingredienti. 
  • Ricavate delle polpettine grosse come una noce e friggetele in olio extravergine profondo, fino a che non prenderanno un bel colore dorato e si sarà formata una crosticina croccante. 
  • Mentre le polpettine friggono, predisponete dei bicchierini in cui verserete l'hummus di cannellini fino a metà bicchiere. Spolverateci sopra un pizzico di paprika dolce. 
  • Scolate le polpettine su carta assorbente. Cospargetele con una macinata di sale in fiocchi quindi infilzatene un paio su ogni stecchino e servitele ben calde con il loro hummus. 

Montaditos con brown bread, salmone selvaggio, broccolo romanesco e stracci di bufala (So' cavoli tuoi) - L'idea è partita dalla sorpresa che ho avuto assaggiando della bufala con il broccolo romanesco: un'epifania.
Uno degli abbinamenti più entusiasmanti provati negli ultimi tempi. Così, andando a ritroso, ho pensato di abbinarci un pane con una punta di dolcezza, come il brown bread irlandese, a cui ho aggiunto delle noci per la croccantezza ed un che di tostato e amarognolo.
Il brown bread chiama il salmone a gran voce ed alla fine salmone, broccolo e bufala si gettano in un festino orgiastico!

Ingredienti per il brown bread di cca 800 g (stampo cake da 1 litro)
350 g di farina integrale macinata a pietra
50 g di farina 0
50 g di noci sgusciate
2 cucchiai di semi di girasole
1 cucchiaino raso di bicarbonato di sodio
1 cucchiaino raso di sale
1 cucchiaino raso di brown sugar o muscovado
1 cucchiaio colmo di melassa
2 cucchiai di olio di semi di mais
1 uovo grande sbattuto
400 ml di latticello

  • Accendete il forno a 200°
  • In una larga ciotola versate tutti gli ingredienti secchi, comprese le noci sbriciolate grossolanamente (tenetene da parte una manciata) ed i semi di girasole, e con una frusta miscelate il tutto in modo da eliminare grumi.
  • In una ciotola più piccola versate il latticello, l'uovo, la melassa e l'olio e mescolate con una frusta fino a che non avrete un composto cremoso
  • Fate la fontana con la farina e versavi al centro i liquidi. Mescolate bene con un cucchiaio di legno fino a che non otterrete un composto omogeneo e appiccicoso. 
  • Versate il tutto nello stampo foderato con carta da forno e livellatelo con una spatola. Con un coltello affilato e bagnato, fate un incisione profonda al centro della lunghezza. 
  • Fate cuocere per 1 ora. Alla prova stecchino, questo dovrà uscire pulito e asciutto. Il pane una volta battuto sul fondo, dovrà suonare a vuoto. 
  • Sformatelo e fatelo raffreddare su una griglia. Si conserva per 5/6 giorni avvolto in una pellicola. 
A parte la preparazione del pane, che potrete fare anche il giorno prima e magari tostarlo un po' prima di utilizzarlo, questa ricetta non prevede grandi sforzi e si realizza velocemente. 
Anche sulle dosi sono andata "a sentimento", perché per 4 persone vi basterà una bufala da 150 g, neanche due etti di cimette di broccolo romanesco sbollentate 7/8 minuti e condite con extravergine e aceto balsamico, e dell'ottimo salmone selvaggio, che più che lo sforzo di aprire la confezione, non dovrete fare altro. 
Il classico morso da dare con una mano che regge il tovagliolo sotto il mento perché il rischio "frana" è in agguato.  
Non per nulla è un montadito "So cavoli tuoi"! 

Una prece per Paolo Picciotto che ovviamente non leggerà questo post: nessun impegno nelle foto. La pretesa di cucinare 3 tapas nell'arco di 3 ore e fotografarle contemporaneamente in cucina, l'unico ambiente in cui c'è luce (anche troppa), dopo che l'intero spazio finisce per assomigliare più ad un campo di battaglia in cui emergono pile di suppellettili sporche e resti umani (i miei), è una mera illusione. 
Ti adoro Paolo perché sei fonte di stimoli e sfide a cui risponderò, un giorno. 
Ma stavolta mi sento tanto "casalinga disperata". I miei rispetti. 

E con queste proposte e calientissimo amor por mi trocito de tia (MAI), partecipo alla sfida #60 sulle Taps Mtc 


venerdì 2 marzo 2012

Il mio primo Galà: Fettucce Garofalo con pesto di cavolo nero

I won't dance - F. Sinatra
Nella mia vita precedente ho lavorato per un paio d'anni nella segreteria organizzativa eventi di un importante ente di promozione viticola. Un lavoro molto bello, molto impegnativo e faticoso, dal quale ho però imparato tantissimo. Se mi sono innamorata del mondo del vino e conseguentemente ho cominciato a lavorare nel turismo, è merito di questa esperienza, perché da qui è partita la mia fissa per il turismo eno-gastronomico che poi è diventato il mio attuale lavoro. Due anni densi di esperienze in giro per il mondo, per fiere e presentazioni dei quali ho un ricordo vivissimo. 
Dopo solo 4 mesi che lavoravo in questo ufficio, mi sono sentita dire che sarei dovuta partire di lì a poco per gli Stati Uniti per un viaggio di c.ca un mese, dove erano state programmate presentazioni di vini italiani nelle ambasciate e nei consolati a N.Y., Washington, Toronto e Montreal. Ovviamente non sarei stata sola: avrei avuto al seguito una delegazione di politici e rappresentati locali ovvero, come dover gestire un gruppo di bambini capricciosi e volubili. Avevo 25 anni alla mia prima vera esperienza lavorativa. Fino ad allora la mia vita era stata università, conservatorio, insegnamento musicale ed animazione permanente nelle scuole elementari, ma le lingue mi consentirono di firmare un contratto lavorativo diverso. Posso dire che questa esperienza ha cambiato tutta la mia vita. Non avevo assolutamente idea di cosa significasse organizzare un evento di qualsiasi tipo in Italia, figuriamoci all'estero ed in particolare negli Stati Uniti, dove qualsiasi iniziativa assume le proporzioni di una celebrazione. Potete immaginare il mio senso di panico, che dico..terrore puro. Ripensandoci adesso, a distanza di 20 anni, mi dico che sono stata coraggiosa o forse era solo l'incoscienza dell'età sostenuta da un'inossidabile volontà di non arrendermi di fronte agli ostacoli...insomma, sono partita. Il mio direttore continuava a chiedermi perché non manifestassi la minima emozione una volta arrivati a NY: in realtà io ero certa di essere dentro un sogno e quella che girava in pink limousine per Golf Club in North Carolina non ero io, bensì un ologramma di me stessa. Se avessi consentito alle mie emozioni di prendere il sopravvento, non sarei durata un secondo. 
Ovviamente tutti gli eventi erano stati organizzati a puntino dall'Italia, compresa la cena di Gala al Consolato di Toronto alla presenza di un ministro molto importante ed ovviamente del Console. Mi era stato raccomandato di procurarmi un abito per la serata e ricordo di essere andata a scegliere la mise con mia cognata in una boutique di Siena. Avevo trovato un bellissimo vestito tubino a longuette, aderente ma morbido, di un tessuto elasticizzato opaco molto bello. Più di tutto mi piaceva il colore: un bel verde sottobosco tendente al grigio che riprendeva il colore dei miei occhi (ecco la vanità femminile) e con un ampio scollo quadrato contornato da una sciarpa di chiffon dello stesso colore, che si annodava scendendo libera fino alla vita. Mi sembrava una meraviglia ed io mi sentivo elegantissima. 
Una volta a Toronto, passai l'intera giornata del Galà negli uffici della segreteria del Ministro per fare il check della serata: i vini che sarebbero stati in menu, le schede tecniche, insomma il mio lavoro. Qualche minuto prima di uscire, le ragazze dell'ufficio mi dettero l'invito alla serata. Aprii la busta e leggendo il contenuto, ebbi voglia di svenire: Black and White Gala Dinner. 
Nessuno mi aveva avvisato che sarebbe stato un Gala in bianco e nero. Quella di dare temi alle serate è una piccola mania degli americani ma nessuno ci aveva avvisato che sarebbe stata una cena a tema ed io, che all'epoca vestivo quasi esclusivamente di nero, mi ero andata a comprare un abito VERDE! Cristoforo Colombo! Ci sono andata al Gala, ovviamente. Dovevo per lavoro e ci sono andata con il mio bel vestito verde sottobosco (chi aveva il tempo di correre ai ripari trovando un'alternativa), orecchini in tema ed una faccia tosta irraggiungibile, declinando ogni invito a ballare e cercando di nascondermi il più possibile restando seduta al mio posto, ordinata e composta. 
Che il verde sia e rimanga uno dei miei colori del cuore, ve lo dice anche questo piatto, di verde brillante vestito. Ho sacrificato con gioia l'ultimo cespo di cavolo nero per preparare un pesto veloce ed appetitoso per una pasta che di invernale ha poco e che ricorda il colore del mare d'erba sulle colline delle Crete Senesi ad aprile e maggio. Facilissima e veloce, mi ha dato l'opportunità di provare un nuovo formato della Garofalo che non conoscevo: le Fettucce. Sposalizio felice. 
Per il pesto - 4 persone:
300 gr di cavolo nero
i gherigli di 4 noci
50 gr di pinoli 
50 gr di parmigiano grattuggiato
50 gr di Pecorino di Pienza stagionato (io ho usato la Riserva Cugusi, meraviglioso pecorino vincitore di molti premi)
un cucchiaino di scorza grattuggiata di un limone non trattato
200 ml di olio extravergine d'oliva (io ho usato quello di Seggiano - Monte Amiata - straordinario)
Sale - pepe bianco fresco a piacere
Per la pasta
350 gr di Fettucce Garofalo
Acqua e sale. 
Lavate il cavolo e pulitelo eliminando la "lisca" centrale. Fate bollire abbondante acqua salata (dove poi cuocerete la pasta) e fate cuocere il cavolo per una decina di minuti. Scolatelo bene e strizzatelo. 
Mettete l'olio in un bicchiere da mixer, aggiungete il cavolo, i formaggi, le noci sminuzzate al coltello, i pinoli ed una manciata di sale grosso. Se vi piace, anche il pepe bianco. Con il mixer a immersione, frullate il tutto per breve tempo, senza far scaldare la lama. Mettete da parte.
Cuocete le fettucce nell'acqua in cui avete cotto il cavolo nero. Scolate al dente. Mescolate bene in una grande ciotola con il pesto ed il cucchiaino di limone grattugiato, quindi impiattate e servite. Potete irrorare la pasta con olio e decorare con alcune noci. Il pesto si conserva in barattolo per c.ca una settimana, ovviamente in frigo. O potete congelarlo.
NOTA: contrariamente a quanto si dice, il cavolo nero in pesto non è assolutamente amaro. La presenza dei formaggi e  della frutta secca regala morbidezza ed armonizza il tono amarognolo di questa meravigliosa verdura. Il limone da una sferzata di freschezza. Provatelo.


Con questa ricetta sono felice di partecipare al bellissimo Contest di Cinzia e Valentina "Colors and Food" - di marzo. 



domenica 13 novembre 2011

Nulla è certo, tranne il cambiamento: Cappellacci con cavolo nero

Alleluja - Haendel
Mi rifugio nuovamente qui. Questo spazio è catartico. Concentrandomi su quello che amo, il resto sembra lontano e in dissolvenza. Così, animata da nuova energia, mi lancio. Lo posso dire? Posso essere schietta? Avrei voluto essere lì, in quel coro, a cantare l'Alleluja di Haendel ed al termine, invece dell'inchino, esibirmi in una ola forsennata. Ragazzi, 17 anni sono un po' troppi no? Lo so che con questa dichiarazione mi attirerò molte inimicizie, ma quando ce vò ce vò. E per me quello che è successo sabato sera a Roma è qualcosa di epocale. Una notizia che mi sollevato lo spirito, che fa intravedere uno spiraglio, lontano, ma comunque uno spiraglio. Tutte le televisioni internazionali ieri ed oggi parlano dell'Italia e la cosa fa una certa sensazione. Probabilmente tutti i nostri problemi non svaniranno all'alba di queste dimissioni, ma un segno di volontà di cambiamento, quello almeno si può sperare. Non amo parlare di politica, anzi cerco quanto possibile di evitarlo perché sono una che si infervora facilmente e gli ultimi 17 anni anni ci hanno offerto tante di quelle occasioni per infervorarsi che ci abbiamo fatto il callo. Staremo così, con gli occhi e le orecchie ben aperte, con le dita incrociate (anche quelle dei piedi) ed assolutamente consapevoli che nulla è certo in questa vita, tranne il cambiamento. E speriamo che sia in meglio!

mercoledì 26 gennaio 2011

Son giorni gelidi - Ribollita!

Studio per pianoforte opera 10 – nr 12 “La Rivoluzione” - Chopin

Sono giorni gelidi.
Succede che esci di casa la mattina coperta da capo a piedi come l’esploratore di una spedizione antartica e ti avvii alla macchina parcheggiata nel piazzale munita di puntello rompighiaccio per sbrinare i vetri. Una volta seduta nell’abitacolo, percorri i pochi chilometri che ti separano dall’ufficio soffiando fiato caldo sul parabrezza come un mantice  nella speranza di creare un oblò di visibilità dal quale interpretare la strada ed arrivare sana e salva a destinazione. Succede che una volta in ufficio, non riuscirai a riprenderti dal congelamento che solo verso l’ora di andar via e rientrata a casa, l’unica cosa in grado di ripristinare la circolazione in tutto il corpo sia una doccia a temperature da altoforno.
Ma il freddo, quello vero, quello che ti annienta ogni capacità di reazione ed è l’anticamera all’ibernazione morale, lo provi solo dopo quando, finalmente impigiamata, rilassata, predisposta alla pace interiore, alla coccola divano/pile, ti aggredisce subdolo accendendo la televisione.
E mentre sei lì che fai zapping distrattamente, ti capita di incappare in una telefonata pubblica con toni da delirio di onnipotenza, in cui colui che dovrebbe garantire la democrazia in un paese cosidetto civile, tutto fa tranne che quello. Il gelo.
Consoliamoci così, senza clamore, rimuginando rabbiosamente sul fatto che il vero medioevo per noi donne è oggi; che milioni di meravigliose persone di sesso femminile ci vivono accanto, creano, salvano, sostengono, lottano e profondamente gridano che no, le donne non sono tutte meteorine.
Consoliamoci dal gelo dell’imbarazzo che ormai caratterizza il nostro sentirci donne in Italia oggi e versiamoci una bella mestolata di ribollita fumante. Come dire: la rabbia ci ribollirà pure nella pancia, ma almeno lo stomaco per un istante sarà contento!
Ingredienti:
Premetto – la ribollita la faccio alla mia maniera e generalmente vado molto ad occhio con le quantità, ma cercherò di essere abbastanza precisa, così scusatemi in partenza. Questa è la dose per c.ca 6 persone.
1 mazzetto di bietoline - cc.a 100 gr
una carota grande o un paio piccole
mezzo cavolo verza (c.ca 300 gr)
mezzo cavolo cappuccio (c.ca 300 gr)
un mazzo di cavolo nero (c.ca 200 gr)
1 cipolla - 1 gambo di sedano - prezzemolo
1 patata grande o 2 piccole
1 carota grande o 2 piccole
500 gr di facioli cannellini (peso da cotti)
passato di pomodoro
olio extra vergine di oliva
pepe- sale q.b.
pane toscano raffermo
Mettete a bagno i fagioli per una notte quindi fateli cuocere in un litro e mezzo d’acqua ed una manciata di sale. Il brodo che ne ricaverete servirà poi a cuocere la vs. zuppa di verdure, quindi l’acqua deve essere in abbondanza. Ora, qualcuno griderà alla blasfemia, ma quando ho fretta io uso degli ottimi cannellini in scatola ed il risultato è comunque eccellente. Quando i fagioli saranno cotti, riduceteli in crema (tenetene da parte un bicchiere) con un frullatore a immersione e tenete in caldo questo brodo.
Fate un trito per soffritto con la cipolla, il gambo di sedano. Tritate a parte il prezzemolo. Quando cipolla e sedano sono ben rosolati in olio extra vergine d’oliva, io aggiungo mezzo bicchiere di salsa di pomodoro fatta in casa dalla nonna molisana e lascio tirare il tutto. La variante prevede che i pomodori siano interi, ma a me piace di più il passato. Profumate il tutto con il prezzemolo tritato. A questo punto comincio ad aggiungere le verdure che ho preventivamente tagliato a fettine sottili (i cavoli e le bietole) e li faccio insaporire nel soffritto, bagnando poi il tutto con brodo. Quando saranno lievemente appassite aggiungerò il resto delle verdure ed i fagioli lasciati a parte, e coprirò il tutto con il brodo di fagioli, e lasciando cuocere (ben oltre un’ora o come preferite). 
Avrete ottenuto un bel minestrone di verdure, profumato e sicuramente invitante, ma non si può parlare di ribollita, non ancora.
In genere nelle case contadine si serviva questa minestra nei giorni di festa, e gli avanzi venivano poi “ricotti” ed allungati con brodo e l’aggiunta di pane. Certo è che la versione “del giorno dopo” ha avuto molto più successo e non c’è casa toscana in cui non si prepari almeno una volta al mese.
Lasciate riposare la vs. minestra fino a raffreddarla e solo al momento di servirla potrete riportarla a ebollizione, dopo avendo aggiunto delle fettine sottili di pane raffermo.
Io preferisco in genere tostare leggermente il pane e posizionarlo sul fondo del piatto a mo’ di crostino, con un lieve filo d’olio, quindi vi verso sopra la zuppa, lascio riposare e  servo a tavola. In questa maniera il pane non si “beve” tutto il brodo trasformando la zuppa in una sorta di pappone. L’equilibrio sta proprio nella quantità di pane che utilizzerete perché le vere protagoniste di questo piatto sono le verdure.

Questa volta, per cambiare, ho servito la ribollita come antipasto, su crostoni di pane tostato, irrorati di ottimo olio nuovo e pepe profumato. 

Piccola nota sulla colonna sonora di questo post. Lo studio di Chopin "La rivoluzione", che vi invito ad ascoltare (troverete anche dei notevoli video su youtube) è un pezzo di grandissimo virtuosismo per i pianisti. L'energia che trasmette è potente ed in crescendo per quasi tutto il brano. C'azzecca poco con un piatto come la ribollita, ma è molto vicino al mio stato d'animo in questi giorni. Spero che vi piacerà all'ascolto. Alla prossima.