Visualizzazione post con etichetta Irlanda. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Irlanda. Mostra tutti i post

lunedì 16 novembre 2015

Brown Bread: non arrendersi al terrore.

Imagine - J. Lennon
Torno a scrivere ma con il cuore a pezzi.
Non voglio spendere ulteriori parole su ciò che è successo a Parigi solo poche ore fa perché ovviamente e giustamente come deve essere, ne sono già state dette molte.
Forse anche troppe e non sempre lungimiranti.
Penso solo a quello che mi ha detto una mia cara amica parigina proprio questa mattina, quando ho trovato il tempo ed il coraggio per chiamarla e sapere come stesse: "Les cafés à la terasse sont plein de monde". 
I parigini reagiscono, tengono la testa alta ed il cuore nascosto, e continuano a vivere com'è giusto che sia.
E' quello che farò io nel rispetto di tante vite spezzate nel momento della gioia, dell'allegria, del divertimento.
Vite spezzate vivendo.
Continuerò ad essere fatalista e farò esattamente ciò che ho sempre fatto: viaggiare, stare fuori in mezzo alla gente, cercherò di non avere paura (se posso). Vivrò e lo insegnerò a mia figlia.

Avrei dovuto postare questo scritto tempo fa, a seguito di una prima parte già pubblicata.
Rischierò di essere ormai fuori tempo. Pensandoci bene non è mai tardi per parlare di viaggi, specialmente adesso che qualcuno vuole impedirci di la libertà di sentirci cittadini del mondo.
Ma è anche il tempo di preparare un pane, buono, facile, bello. Ed usarlo per ricordare una parola di cui non dovremmo avere bisogno perché dovrebbe essere una condizione universale: PACE.

Questa è la seconda parte del mio (ormai datato) viaggio in Irlanda.
Datata sarà pure l'azione ma lei, la magnifica isola verde è sempre lì, e sono certa che mi aspetta ancora.
Dopo il Connemara, di cui potrete leggere qui, mi sono potuta affacciare sull'Oceano dalle grandi scogliere di Moher.
Per arrivarci da Galway, non è un viaggio impossibile.
Si attraversa il Burren viaggiando lungo la R479 fino a giungere a Black Head e quindi alle scogliere.
Quello che non ci si aspetta è il paesaggio che si andrà ad incontrare, molto molto diverso da ciò che ognuno immagina dell'Irlanda.
La faccia "morbida" del  Burren
E quella aspra
Attraversando il Burren, nella Contea di Clare, si resta sopraffatti dal paesaggio quasi lunare caratterizzato dalla vastissima lastra calcarea creatasi sul suolo oltre 250 milioni di anni fa.
Le spaccature nella roccia rendono il tutto simile ad un grande puzzle naturale ma quello a cui non si può credere è che tra le fessure crescano una quantità di fiori di tutte le specie, da quelle alpine in inverno a meravigliose orchidee selvatiche in estate, rendendo quest'area amata e studiata dai botanici di tutto il mondo.
Una curiosità: Tolkien trascorse una buona parte della sua vita nel Burren dove amava passare le sue vacanze.
E pare che proprio qui trasse ispirazione per alcune delle vicende narrate nella sua celebre produzione. La cosa non sembra impossibile!
Black Head è un luogo in cui bisogna fermarsi anche solo per ascoltare il silenzio rotto solo dal sibilo del vento che soffia dall'Oceano.
Il nome glielo danno le rocce scure che caratterizzano la scogliera e le piccole falesie sembrano anticipare lo spettacolo che vi aspetta solo poco più avanti.
Questo è un luogo pieno di suggestioni: alle vostre spalle il Burren solcato da rocce calcaree ed erica, di fronte a voi l'oceano sconfinato.
Nessuna traccia umana. Forse qualche mucca.
Se si è fortunati in un giorno di sole, si possono anche scorgere le isole Aran.
Ma se non accade, non è importante perché sarete già abbastanza emozionati così!
La paura è stata quella di arrivare e non vedere nulla.
La nebbia è il primo nemico di quest'area ed è frequente.
Da Doolin si arriva a queste impressionanti scogliere...oddio, onestamente non trovo le parole per descrivere quello che si prova una volta arrivati.
E' un po' quello che succede in luoghi come il Grand Canyon o nei deserti, dove si percepisce immediatamente l'eternità della natura, la sua potenza e di conseguenza il nostro essere minuscoli e mortali.
La traduzione di Cliffs of Moher è letteralmente "Scogliere della Rovina".
Otto chilometri di costa frastagliata a strapiombo sul mare, rifugio di migliaia di Pulcinelle di mare e soluzione estrema alla disperazione umana.
Addentrandosi lungo il percorso camminabile che sfiora il baratro, si intuisce che più di un fatto drammatico sia accaduto qui.
La bellezza di questi luoghi lascia letteralmente senza fiato.
Io ho cercato di spaziare con gli occhi lungo la costa non avvicinandomi al baratro perché sono terrorizzata dal vuoto e qui non esistono parapetti a protezione, solo il buonsenso.
Certo è che molti riescono pure a sdraiarsi lungo il ciglio per fotografare (dei pazzi ovviamente).
La prima cosa che noterete arrivando è una deliziosa torre circolare che domina la scogliera.
Si tratta della Torre O'Brian, fatta costruire nel 1835 da Sir Cornelius O'Brian come luogo di avvistamento per le isole Aran.
Il gossip dell'epoca vuole invece che il nostro eroe grandemente benestante, avesse voluto costruire il luogo ameno come personale garconniere ed usasse invitare qui le dame in visita alle scogliere, a "bere il te".
Se vi capiterà di passare da queste parti accompagnati dal vostro amore, ricordate di fare il giro intorno alla torre e baciarvi sotto l'archetto perché porta fortuna (dice).
Non dimenticate di spendere un po' di tempo all'interno dello splendido centro di accoglienza costruito esattamente sotto la collina che precede le scogliere.
Un complesso enorme completamente integrato nell'ambiente ed invisibile, che contiene un percorso didattico che racconta le scogliere, dei ristoranti, coffee bar, le toilette e l'immancabile fornitissimo book shop.
Il viaggio si è concluso con una toccata e fuga a Dublino.
Nel percorso di ritorno ancora un assaggio di meravigliosa Irlanda.
Piccolo coffee break con immancabili scones ancora caldi e marmellata 
Certe zone sono territorio privato dei corvi, neri, giganteschi. 
Tramonto a Dublino
A Dublino sono arrivata che il sole stava tramontando e dopo una giornata di vento e cielo azzurro, lo spettacolo è stato davvero unico.
Su Dublino non posso spendere molte parole se non che ho trovato la città incantevole e meritevole di essere scoperta con calma. Purtroppo ho potuto trascorrervi una sola notte e non ho avuto quindi il tempo di "perdermici" da sola.
La quantità di giovani che l'attraversano e la popolano è un volano di grande energia e vitalità, sia di giorno che di notte.
Emozionante è una sosta al Trinity College ed ascoltare la guida elencare la lista dei monumentali autori che hanno studiato in questo luogo. Gli studenti parcheggiati sulle panchine nei giardini non sembrano farci molto caso. Ed anche questo è bellissimo.
Poco lontano dal Trinity College, nel giardino di Marrion Square, si trova la celebre statua dedicata a Oscar Wilde, che a Dublino ha lasciato grandi tracce della sua presenza. Se avete voglia, al nr 1 di Marrion Square si trova proprio la casa in cui è nato e vissuto.
Le strade intorno a Marrion Square sono un caleidoscopio di colori grazie alle celebri porte dipinte che non smettereste di fotografare.

Non è mancata ovviamente una religiosa tappa a Temple Bar, un saluto veloce alla Molly Brown così come una cena e musica in un tradizionale Pub.
Posso quindi affermare senza paura di essere smentita, di non conoscere affatto Dublino.

La ricetta di questo pane è super facile e fattibile in un attimo, anche quando vi rendete conto di non avere pane in casa o di voler preparare un qualcosa di speciale per un aperitivo. 
Provatelo perché vi garantisco che è davvero eccezionale e potrete aggiungere frutta secca (ottime le noci) o semi oleosi a vostro piacere, per arricchirlo. 
Si accompagna meravigliosamente al salmone selvaggio con cream cheese o panna acida, affettati non troppo stagionati e formaggi freschi. Ovviamente con i paté è sublime. 
Io lo adoro letteralmente. 


BROWN BREAD - per un pane di c.ca 800 g (stampo da plum cake da 1 litro) 
350 G di farina integrale macinata a pietra
50 g di farina 0
1 cucchiaino raso di bicarbonato di sodio setacciato
1 cucchiaino raso di sale
1 cucchiaino raso di brown sugar (in alternativa protrai usare il Muscovado)
1 bel cucchiaio colmo di melassa
2 cucchiai di semi di girasole (a piacere)
1 uovo grande sbattuto
400 ml di latticello

Preriscaldate il forno a 200°C
Mettete tutti gli ingredienti secchi in una larga ciotola e mischiateli bene con una frusta per rimuovere eventuali grumi.
In una ciotola più piccola mescolate uovo, latticello, e melassa fino a che non saranno ben amalgamati.
Fate una fontana nella ciotola degli ingredienti secchi e versate al centro il composto liquido.
Mescolate con un cucchiaio di legno fino a quando non saranno ben combinati.
Versate il composto in uno stampo da plumcake da 1 litro che avrete foderato con carta da forno.
Livellate il tutto con una spatola e con un coltello affilato incidete l’impasto al centro per tutta la lunghezza.
Cuocete per un’ora fino a che la base del pane non suonerà a vuoto ed uno stecchino inserito al centro uscirà perfettamente pulito.
Fate raffreddare su una griglia e conservate avvolto in una pellicola trasparente.




giovedì 16 aprile 2015

72 ore in Irlanda: Connemara e Soda Bread

Il cielo d'Irlanda - F. Mannoia
Improvvisamente, quando ormai non ci speravo più, l'Irlanda è entrata nella mia vita.
Sono stata una bambina fantasiosa, un'adolescente sognante ed una ragazza innamorata delle fiabe e per molti anni (forse ancora adesso), ho avuto la certezza che la mia vita precedente mi avesse vista calpestare la terra irlandese.
Ridete pure, ma ho già parlato spesso in passato di come certe passioni abbiano dominato la mia vita e l'abbiano trascinata in direzioni inaspettate.
La passione per l'Irlanda è arrivata come un presentimento ai tempi del liceo ed è cresciuta nutrendosi di musica, letteratura, storia e più avanti dal desiderio di partire che è rimasto inevaso fino a qualche settimana fa. Sono stata talmente tanto coinvolta dai racconti di Yeats, dai romanzi della O'Brien e dalla musica dei Chieftains e U2 che qualche notte prima della maturità Bono Vox mi è apparso in sogno come la Madonna, dicendomi in perfetto inglese intervallato da gaelico, che sarebbe andato tutto bene.
Quando all'università mi iscrissi ad Erasmus, la destinazione fu Galway. Che poi non sia più partita è un'altra storia, ma già a quel tempo l'isola mi chiamava.
L'invito dell'Ente del Turismo Irlandese e della Cocktail è piombato come il più bel regalo un paio di settimane fa e fino alla partenza ho vissuto in una sorta di trance per l'emozione.
Quando in aeroporto, il giorno della partenza, ho visto che sul tabellone tutti i voli erano stati cancellati tranne quello per Dublino, l'ho preso come un segno indiscutibile che quello sarebbe stato il mio viaggio irlandese e sarebbe stato perfetto!
Il primo suono che ho riconosciuto svegliandomi senza ricordare dove fossi, è stato lo stridio dei gabbiani. Che mi ha immediatamente disorientato richiedendomi qualche istante per mettere insieme i pezzi. Quello che ricordo è stata l'immediata eccitazione della consapevolezza: sono qua, finalmente.
Alle spalle avevo solo il trasferimento da Dublino a Galway con la sosta al sito di Clonmacnoise, un sito monastico di struggente bellezza.
Arrivare all'imbrunire ha reso ancora più suggestiva la visita di questo luogo, silenzioso e denso di atmosfera: per secoli ha rappresentato un centro culturale e religioso molto importante. Nel Medioevo fu anche sede di una università ma con l'avvento di Cromwell nel XVII sec. fu devastato per suo ordine ed il suo declino fu definitivo.
Il pellegrinaggio di molti irlandesi in questo luogo magico è tutt'ora intenso. Qualcuno si impossessa segretamente di "zolle" della terra di Clonmacnoise per sistemarle intorno alla propria casa e chiamare la buona sorte, e non è difficile osservare la traccia di questi "passaggi" visitando il sito.
Galway è una cittadina colorata è allegra come d'altronde molti luoghi di questa isola, ed è l'accesso obbligato alla regione del Connemara ed alle isole Aran, che purtroppo non ho visitato stavolta.
Arrivare la sera della vittoria degli irlandesi contro la Scozia, nel torneo di Rugby 4 Nazioni, ha resto tutto più animato. Purtroppo il tempo per visitare Galway con la luce del sole non c'è stato, ma l'impressione è stata bella, di quelle che ti invitano a ritornare per scoprire di più.
La baia di Galway è però uno spettacolo che non va trascurato.
Chilometri di spiagge affacciate sull'oceano, sabbia e ciottoli dai colori cangianti, le nubi che si gettano nell'orizzonte e un cielo che sembra così vicino da poterlo toccare.
C'è sempre vento, ma il sabato mattina con sole o con la pioggia, decine di persone si riversano sul lungomare per correre e giocare con i propri bambini e cani.
Una tradizione vuole che se ti bagni i piedi nelle acque gelide della Baia, allunghi la tua vita di un giorno. Se ti tuffi, la tua vita si allungherà di tre giorni. E vi garantisco che c'è qualcuno che questa tradizione la prende in parola.
Sono tante le emozioni che ho provato e che ancora mi smuovono dentro al ricordo di questo viaggio, ma la giornata in Connemara è probabilmente quella che più porterò nel cuore.
Non so, forse perché è stato il primo vero giorno di viaggio, forse perché dopo una mattina brumosa e grigia, il sole ha messo da parte la timidezza e si è donato a noi in tutta la sua potenza, o forse per il racconto di un passato così sofferto e tragico di cui l'Isola porta ancora i segni e che così bene ci è stato raccontato dalla nostra guida Cecilia.
Fatto sta che senza vergogna, sento la gola che si stringe al pensiero della bellezza indomabile di questi luoghi.
Lasciando Galway si percorre la strada costiera R336 in direzione Maam Cross, addentrandoci nel Connemara national Park. Questa zona così particolare è lontana dall'immagine che ci si fa dell'Irlanda tutta verde e coperta di pascoli.
In realtà il Connemara e l'Irlanda dell'ovest sono stati i territori più colpiti dalla grave carestia delle patate che si abbatté sull'isola dal 1845 per 5 anni.
Adesso provate ad immaginare un paese che all'epoca contava c.ca 8 milioni di abitanti in grande aumento demografico, e che al termine di questa carestia, fra persone morte letteralmente di fame ed altre fuggite in America per non morire (cc.a 2 milioni), si ritrova con c.ca 2 milioni di sopravvissuti.
Le ragioni di questa tragedia furono molteplici, in primis l'occupazione inglese che sfruttava la produzione alimentare locale esportandola e lasciando agli irlandesi il minimo della sussistenza, tra cui ovviamente le patate, principale fonte di nutrimento.
Tutto questo territorio, per altro ingrato in quanto difficile da coltivare, è caratterizzato dalla presenza di estese "miniere" di torba, materiale organico preistorico che viene estratto e lasciato asciugare all'aria o in balle di plastica quindi utilizzato come combustibile. Quando il fungo della peronospora attaccò le coltivazioni, per questa gente non ci fu più nulla da fare.
Viaggiando si notano continui giacimenti di torba intervallati da laghetti, ruscelli e greggi di pecore a perdita d'occhio.
Immancabili, le "casette della carestia"(famine in inglese), che si possono incontrare in gran numero lungo la costa.
Spesso gli irlandesi che acquistano terreni in cui sorgono i ruderi di queste casette, costruiscono la propria dimora nelle vicinanze per mantenerne viva la memoria e per il rispetto di chi prima di loro, ha vissuto questa tragedia.
Lungo le strade tortuose del Connemara, i campi mostrano continue ferite nere a contrasto con improvvisi specchi d'acqua e colline brulle, aspre, selvagge.
Se si ha la fortuna di incontrare una giornata di sole, il colore e la bellezza di questi paesaggi di estrema rudezza è toccante ed unico.
Il nome Connemara deriva dal gaelico, e prende il nome da una tribù di nome Conne, unita alla parola Mara che in gaelico significa mare.
Per l'ora di pranzo, Lough Inagh ci ha accolto con questa luce e questi colori.
Potete bene immaginare la mia faccia e la sensazione di essere arrivata direttamente dentro un sogno.
Di fronte al laghetto si trova un lodge, Lodge Lough Inagh assolutamente delizioso, dove è possibile fermarsi per un light lunch, anche perché intorno non c'è assolutamente nulla per chilometri e la sosta vale davvero il viaggio.
Lasciando il lago in direzione Kylemore, si arriva in brevissimo tempo alla splendida Abbazia omonima. Questo stupendo monumento ha una storia molto romantica, come spesso hanno edifici dall'aspetto sognante. Mitchell Henry e la sua bellissima moglie Margaret trascorsero la luna di miele in un cottage a Kylemore vivendo giorni meravigliosi al punto che il marito decise di fare un regalo alla moglie tanto amata costruendogli il Castello di Kylemore ed i meravigliosi giardini.
Qui vissero anni stupendi, dando alla luce 9 bambini ma l'improvvisa morte della moglie tanto amata non fu mai superata da Mitchell, che decise di vendere il castello. Successivamente divenne un college per ragazze di buona famiglia ed oggi invece è un museo gestito oculatamente da monache.
Si percepisce un'atmosfera speciale e camminando fra i sentieri dell'enorme giardino, si ha come la sensazione che qui il tempo si sia irrimediabilmente fermato.
Le pecore di Aran, questo è il tipo autoctono che abbiamo incontrato mille e mille volte, non sono originarie delle Isole omonime come molti pensano, ma realmente irlandesi. Sull'isola di Aran veniva lavorata la lana dalle abili mani delle donne e successivamente venduta.
Quindi per comprare un capo con questo meraviglioso materiale, qualcora non possiate andare ad Aran, non avrete certo difficoltà a trovarlo girando per l'Isola.
Queste pecore sono molto particolari: zampe e muso nerissimi.
Da lontano sembrano quadrate, un po' come quelle dei cartoni animati, ed è stato divertente tentare di immortalarle dal bus o quando le abbiamo incontrate live, perché sono particolarmente sfuggenti e ritrose.
Altri animali che incontrerete durante il vostro pellegrinare in terra irlandese, sono le mucche ed i pony.
La tradizione vuole che se ne contate 13 (di pony - ma attenzione devono essere quelli irlandesi e non semplici cavalli) durante il giorno, sarete fortunati nei giorni a venire. Beh, io li ho contati tutti e 13!
Tornando a Galway da Kylemore,  si percorre la N59 fino a Leenaun costeggiando il grande fiordo di Killary e si prosegue sulla 336 fino al delizioso paese di Maum An Mam. Proprio lungo questa strada si incontra il famoso ponticello del film "A quiet man" che fu costruito appositamente per il set ma che non è mai stato "smontato" a memoria del grande film. Dal pullman purtroppo non sono riuscita a fotografarlo ma potrete farlo voi se ci andrete.
Credo di averi tediato abbastanza, ma tornerò a parlare di Irlanda molto presto, con la seconda puntata del mio viaggio ed un nuova ricetta. Vi lascio però un pane profumato di burro che si fa in un baleno e che è proprio tradizionale di questa terra.
Buonissimo mangiato il giorno stesso, a me è rimasto morbido per 3 giorni avvolto in un panno di lino.
Il Soda bread è un pane povero che si prepara in un attimo, non necessità di impasto e va fatto riposare 30 minuti prima di infornare.
L'agente lievitante è il bicarbonato di sodio che a contatto con il latticello (la parte sierosa che si separa dalla massa grassa quando viene prodotto il burro) ha una reazione chimica e provoca la lievitazione. 
Si trova praticamente in tutte le case irlandesi proprio per la facilità con cui si può preparare. 
L'impasto viene inciso profondamente con una croce per "fare uscire le fate", come dicono gli irlandesi. 
Ho trovato questa motivazione così deliziosa che ho voluto immediatamente prepararlo e se vi dico che si fa in un attimo, credetemi.
Perfetto tostato con ottimo burro e marmellata o con burro salato e salmone irlandese!
Da una ricetta di Paul Hollywood - Bread
250 g di farina 0 
250 g di farina integrale (io ho usato la mia farina Verna)
1 cucchiaino di bicarbonato di sodio
1 cucchiaino di sale
420 ml di latticello (si trova nei negozi bio ma si può fare anche in casa)
Setacciare entrambe le farine e metterle in una larga ciotola miscelandole.
Aggiungere il bicarbonato ed il sale e mescolare bene.
Fate un buco al centro ed aggiungete il latticello e mescolate con un cucchiaio di legno o con una mano per ottenere un impasto denso e appiccicoso.
Infarinate un piano di lavoro e buttateci sopra l'impasto. Rollatelo con delicatezza e richiudetelo su se stesso un paio di volte per far stare insieme il composto.
Con le mani a coppa fate ruotare l'impasto per ottenere una palla che metterete su una teglia coperta di carta da forno ben infarinata.
Con un coltello ben affilato fate delle profonde incisioni a croce per fare uscire le fate. 
Non vi preoccupate se vi sembrerà che le parti si separino. Si ricongiungeranno di nuovo con la cottura e lievitazione.
Lasciate riposare l'impasto 30 minuti mentre scaldate il forno a 200°.
Cuocete il pane al centro del forno per 30/40 minuti, fino a quando la crosta non sarà marrone dorato e marrone pallido sui tagli. 
Battete il pane nella parte inferiore e se suona a vuoto, vuol dire che è pronto. 
Fate raffreddare su una griglia e servitelo come più vi piace.