Titolo canzone
A volte parlando con mia figlia, ho l'impressione di essere stata adolescente un milione di anni fa.
Certo è che la tecnologia (e la velocità con cui evolve), non aiuta ad illudersi che 2 generazioni di differenza (quasi tre) non siano poi un'eternità.
Per ironia della sorte, l'asparagina ha da poco cominciato la scuola superiore.
La stessa che ho frequentato io ben 30 anni fa (gosh)!
La sede è la stessa: un vecchio e decadente palazzo storico del centro di Siena, che nasconde affreschi, soffitti a volta, stucchi e spioncini da cui si riesce a sbirciare all'interno del Museo dell'Opera Metropolitana.
E' probabilmente uno dei palazzi più antichi arroccato nel cuore del cuore stesso cittadino.
Solo adesso mi rendo conto che la mia vecchia scuola è un Museo mascherato da istituto scolastico.
A parte questa parentesi nostalgica, il sistema del liceo è completamente cambiato: laboratori attrezzati, LIM, aule tematiche.
Gli studenti non hanno più la propria aula ma la cambiano ad ogni ora come nel sistema anglosassone. L'idea mi piace talmente che se potessi tornerei a scuola immediatamente.
Mentre ascolto mia figlia raccontare le sue giornate, i professori, i gruppi di lavoro su "uozzap" (aperti dagli insegnati per il filo diretto con gli studenti), cerco di ricordare, non senza una certa fatica, come facessi io alla sua età. Come facevamo?
Lo chiedo anche a voi perché oggi, se mi guardo indietro, mi sembra di essere una cariatide.
Come facevamo senza internet, e.mail, telefono?
Fare una ricerca significava andare in biblioteca o attaccarsi all'Enciclopedia che i nostri genitori compravano a rate, e che non poteva mancare in una casa...al solo pensiero di quei volumi elefantiaci, mi vien male.
Vaglielo a spiegare che se dovevamo acquistare un biglietto per un concerto, facevamo la fila per ore al negozio di articoli musicali e spesso ce ne tornavamo a casa a mani vuote.
Se avevamo un'emergenza, nel borsellino c'era sempre un gettone ed una cabina telefonica da conquistare.
Le amicizie e l'amore volavano su carta perché noi scrivevamo lettere.
No messaggini, uozzappate o feisbuk.
Noi sceglievamo la carta, il colore della penna.
Ci perdevamo dietro al racconto di emozioni e nostalgie e nonostante l'urgenza di dire, di svelare, sapevamo aspettare il tempo di una risposta. Ogni volta che trovavi una lettera in cassetta era un evento e leggerla diventata un rito, perché ci si nascondeva: in camera, in giardino, in bagno a seconda di chi fosse il mittente. E poi c'erano le scatole in cui riporla, lontano dagli sguardi della famiglia.
Come faccio a spiegare a mia figlia quanto fosse bella l'attesa di una lettera o di qualsiasi altro momento agognato quando la realtà ha completamente distorto il valore del tempo (alias tutto e subito)?
Ma poi, era davvero meglio prima o sto diventando esattamente uguale a mia madre, che non ha mai smesso di ripetermi quanto sono stata fortunata perché ai suoi tempi non aveva nulla?
Oggi mi sento la testa bucata come questi fusilli!
In questo periodo, si possono ancora trovare ottime zucchine.
Io prediligo quelle tonde, sode e non troppo grandi.
Le affetto con cura allo spessore di 3/4 millimetri e con tanta pazienza le griglio sulla bistecchiera e le mangio aggiungendole praticamente a tutto: ad un bel pollo a bocconcini saltato in padella con olio e limone e glassato con un filo di miele; ci faccio un carpaccio con parmigiano, noci e un'emulsione di extravergine e vin cotto; le faccio diventare delle piccole mille foglie ripiene di fiordilatte e pesto di pomodori secchi....insomma sono la mia verdura preferita del momento.
Le zucchine grigliate sono finite anche in questa pasta, veloce veloce e molto saporita, che valorizza il salmone fresco (che non mangiamo mai abbastanza ma che è una riserva illimitata di Omega 3).
A noi è piaciuta un sacco!
Ingredienti per 4 persone
320 g di fusilli bucati
400 g di filetto di salmone fresco, privato di pelle e lische
1 zucchina tonda grande bella soda
4 cucchiaini di Pesto Rosa La Gallinara
mezzo bicchiere di vino bianco secco
una manciata di mandorle a lamelle
Olio extravergine
Sale - pepe nero macinato fresco
Lavate bene, private del picciolo ed affettate la zucchina tonda in rondelle dallo spesso di si 3/4 mm
Su una piastra ben calda, grigliatele su entrambi i lati per 3 /4 minuti per lato, fino a che non vedrete le caratteristiche strisce della grigliatura. Tenetele da parte.
In una larga padella antiaderente, versate un filo d'olio, fatelo scaldare e rosolatevi bene il salmone ridotto a dadi non troppo piccoli.
Quando i pezzetti saranno ben rosolati, alzate la fiamma al massimo e versate il vino. Fate sfumare, quindi salate e tenete in caldo
Intanto avrete messo a bollire abbondante acqua salata e starete cuocendo la pasta secondo le indicazioni previste dalla confezione.
In un saltapasta, vesate il pesto rosa e diluitelo con uno o due cucchiai di acqua di cottura.
Quando la pasta sarà cotta, versatela nel pesto e giratela a fiamma vivace, aggiungete il salmone e le zucchine tagliate a filetti non troppo piccoli e saltate velocemente il tutto.
Impiattate e rifinite con filetti di mandorle e pepe macinato fresco.
Servite immediatamente.
mercoledì 30 settembre 2015
lunedì 28 settembre 2015
Latte alla portoghese: non chiamatelo crème caramel!
Titolo canzone
Questa ricetta ce l'ho lì da un po'.
Fa parte di quel piccolo archivio di ricette estorte con espressione pietosa ai diretti interessati.
Quelle stesse ricette che li rendono indimenticabili a chi ha avuto il piacere di assaggiarne il cavallo di battaglia e che normalmente non se ne priverebbero neanche sotto tortura.
Il "mi passi la ricetta?" non fa parte del mio modus operandi.
Lo trovo brutale e poco educato.
Se si vuole che il custode di un piatto meraviglioso vi dia le chiavi del paradiso, dovete blandirlo, adularlo, scrivere una ode al suo piatto con onestà di sentimento.
E nel finale, buttarvi sul melodrammatico, con l'occhio lucido e la voce rotta.
Io ho affinato la tecnica e garantisco il risultato.
Il latte alla portoghese l'ho estorto con la stessa modalità alla Nella poco tempo fa.
Mi ci è voluta una vita ma adesso è mia (e di conseguenza anche vostra).
Il mio primo incontro con questa meraviglia è stato forse verso i 10 anni, quando vivevo ancora alla Bagnaia.
Fino ad allora l'unico budino al caramello che avessi mai mangiato, era quello delle bustine Elah che faceva la mamma la domenica.
Ogni tanto per merenda, avevamo la fortuna di ricevere anche quello al cioccolato.
La vita alla Bagnaia era scandita da momenti cruciali: la Vendemmia, l'apertura della caccia, il Presepe della Nella, la Schiacciata di Pasqua della Nella, il Concorso Ippico, il latte alla portoghese della Nella (per le grandi occasioni e come viatico per ogni malanno).
Ci invitava a casa e mentre parlava con la mamma, mia sorella ed io ci vedevamo piazzare davanti al naso un piatto con questo sontuoso dolce traballante.
"Piglia Nini, mangia che è coll'ova fresche e ti fa bene".
Lei lo faceva in uno stampo a ciambella scanalato, bellissimo.
L'ultima volta che ho assaggiato il suo latte, mi ero appena tolta i denti del giudizio.
Me lo ricordo bene. Avevo forse 25/26 anni.
Per togliere i maledetti, avevo dovuto fare un vero e proprio interventino ed avevo i punti in bocca.
Per una strana reazione agli antibiotici, mi trovai sdraiata per terra in bagno senza sensi.
Mia mamma spaventatissima, mi venne in soccorso quindi, essendo sola in casa, chiamò subito la Nella.
Lei le dette chissà quale istruzioni, fatto sta che poco dopo me ne stavo tranquilla e vagamente confusa sdraiata sul divano.
Un paio d'ore dopo, mi vidi recapitare un intero latte alla portoghese perchè "Nini questo ti rimette in forze, vedrai!".
Adesso Nella ha superato i 90 e vive da sola nella sua casetta perfettamente tenuta (fa ancora tutto da sola).
Mia mamma le abita vicino e va a trovarla ogni tanto. Di recente ha voluto che andassi con lei.
E' stata in quella occasione che sono riuscita a farmi raccontare del suo latte alla portoghese.
Potete immaginare lo stupore quando ho scoperto che lo cuoce sul fornello, a vapore?
Di latte alla portoghese ne parla anche l'Artusi nel suo "La scienza in Cucina", affermando che si tratta in breve di quello che i francesi (ma anche noi) chiamano Crème Caramel.
Personalmente non ne sono convinta.
Il dolce latte alla portoghese è molto conosciuto in Toscana, a Firenze ma anche a Siena dove vi è ancora una forte tradizione.
Le versioni che si trovano in giro sono molteplici: con uova intere, con tuorli, con uova intere e tuorli, con latte bollente, con latte freddo, con aroma di caffè, limone, vaniglia.
Rispetto alla crème caramel è più "rustico" ed in genere non si serve in monoporzione.
Inoltre si ha l'abitudine di far cuocere il budino fino a che la superficie non diventi una sorta di crosticina ambrata.
Dell'origine del nome non si hanno tracce.
Ipotesi invece ne sono state fatte molte: furono forse dei portoghesi in visita alla famiglia de Medici ad importare un dolce simile (basti pensare ai pasteis de nata che contengono crema cotta quasi caramellata), o forse anche solo i fiorentini, abilissimi a gustarsi questa crema senza sganciare un fiorino, ovvero "alla portoghese"?
Beh, il mistero resta. Ma la ricetta invece, quella della Nella, eccola qui:
Latte alla portoghese - per 8 persone - uno stampo di alluminio a ciambella di 24 cm di diametro.
8 uova medie a temperatura ambiente
1 litro di latte fresco intero
1 bacca di vaniglia
7 cucchiai di zucchero (120 g)
Per il caramello
6 cucchiai di zucchero (100 g. c.ca)
1 cucchiaio di acqua.
Preparate il caramello direttamente nello stampo di alluminio.
Versate sul fondo il cucchiaio di acqua e fatelo scorrere su tutta la circonferenza. Aggiungete lo zucchero cercando di non sporcare i bordi.
Accendete a fiamma media sotto lo stampo e fate sciogliere lo zucchero senza toccarlo fino a che non raggiungerà una colorazione nocciola dorata. A questo punto toglietelo dal fuoco e fate roteare lo stampo proteggendovi le mani, per fare in modo che il caramello si distribuisca in parte anche sui lati.
Lasciate pure raffreddare.
Portate il latte a ebollizione con un baccello di vaniglia inciso, al quale avrete tolto i semini e sparsi nel latte.
Montate le uova ottenendo un bello zabaione gonfio e chiaro.
Eliminate l'eventuale pellicola della panna che si sarà formata sulla superficie del latte e versate a filo il latte caldo sul composto di uova mescolando velocemente con una frusta.
Si formerà una schiuma che piano piano diminuirà.
Versate la crema nello stampo. Se la schiuma è tanta, potete toglierla con un cucchiaio e metterla in una ciotolina.
Dopo qualche minuto vedrete che diventerà nuovamente liquida. Aggiungetela al resto del composto.
Preparate la vaporiera. Dovrete utilizzare una vaporiera rotonda in grado di contenere senza difficoltà lo stampo
Mettete sul fuoco a fiamma media e fate cuocere per almeno 45 minuti coperta con coperchio, senza aprire.
Passato questo tempo verificate la cottura. Infilate una lama affilata nel dolce e se uscirà pulita ed asciutta, il latte sarà pronto.
Per esperienza vi dico che ci vorranno dai 45 minuti ad un ora.
Al termine spegnete il fuoco. Togliete la vaporiera dal calore.
Eliminate il coperchio ma lasciate il dolce al suo posto, in attesa che si raffreddi.
Poi passate in frigo per almeno 3 ore o tutta la notte, coprendolo con una pellicola.
Per sformarla, basterà passare una lama affilata intorno ai bordi ed al centro dello stampo, appoggiare il piatto di portata sullo stampo e capovolgerlo con un colpo deciso.
Se non dovesse scendere subito, battete senza troppa forza verso il tavolo e sentirete il budino staccarsi.
Servite con il suo caramello.
NOTE:
Questa ricetta ce l'ho lì da un po'.
Fa parte di quel piccolo archivio di ricette estorte con espressione pietosa ai diretti interessati.
Quelle stesse ricette che li rendono indimenticabili a chi ha avuto il piacere di assaggiarne il cavallo di battaglia e che normalmente non se ne priverebbero neanche sotto tortura.
Il "mi passi la ricetta?" non fa parte del mio modus operandi.
Lo trovo brutale e poco educato.
Se si vuole che il custode di un piatto meraviglioso vi dia le chiavi del paradiso, dovete blandirlo, adularlo, scrivere una ode al suo piatto con onestà di sentimento.
E nel finale, buttarvi sul melodrammatico, con l'occhio lucido e la voce rotta.
Io ho affinato la tecnica e garantisco il risultato.
Il latte alla portoghese l'ho estorto con la stessa modalità alla Nella poco tempo fa.
Mi ci è voluta una vita ma adesso è mia (e di conseguenza anche vostra).
Il mio primo incontro con questa meraviglia è stato forse verso i 10 anni, quando vivevo ancora alla Bagnaia.
Fino ad allora l'unico budino al caramello che avessi mai mangiato, era quello delle bustine Elah che faceva la mamma la domenica.
Ogni tanto per merenda, avevamo la fortuna di ricevere anche quello al cioccolato.
La vita alla Bagnaia era scandita da momenti cruciali: la Vendemmia, l'apertura della caccia, il Presepe della Nella, la Schiacciata di Pasqua della Nella, il Concorso Ippico, il latte alla portoghese della Nella (per le grandi occasioni e come viatico per ogni malanno).
Ci invitava a casa e mentre parlava con la mamma, mia sorella ed io ci vedevamo piazzare davanti al naso un piatto con questo sontuoso dolce traballante.
"Piglia Nini, mangia che è coll'ova fresche e ti fa bene".
Lei lo faceva in uno stampo a ciambella scanalato, bellissimo.
L'ultima volta che ho assaggiato il suo latte, mi ero appena tolta i denti del giudizio.
Me lo ricordo bene. Avevo forse 25/26 anni.
Per togliere i maledetti, avevo dovuto fare un vero e proprio interventino ed avevo i punti in bocca.
Per una strana reazione agli antibiotici, mi trovai sdraiata per terra in bagno senza sensi.
Mia mamma spaventatissima, mi venne in soccorso quindi, essendo sola in casa, chiamò subito la Nella.
Lei le dette chissà quale istruzioni, fatto sta che poco dopo me ne stavo tranquilla e vagamente confusa sdraiata sul divano.
Un paio d'ore dopo, mi vidi recapitare un intero latte alla portoghese perchè "Nini questo ti rimette in forze, vedrai!".
Adesso Nella ha superato i 90 e vive da sola nella sua casetta perfettamente tenuta (fa ancora tutto da sola).
Mia mamma le abita vicino e va a trovarla ogni tanto. Di recente ha voluto che andassi con lei.
E' stata in quella occasione che sono riuscita a farmi raccontare del suo latte alla portoghese.
Potete immaginare lo stupore quando ho scoperto che lo cuoce sul fornello, a vapore?
Di latte alla portoghese ne parla anche l'Artusi nel suo "La scienza in Cucina", affermando che si tratta in breve di quello che i francesi (ma anche noi) chiamano Crème Caramel.
Personalmente non ne sono convinta.
Il dolce latte alla portoghese è molto conosciuto in Toscana, a Firenze ma anche a Siena dove vi è ancora una forte tradizione.
Le versioni che si trovano in giro sono molteplici: con uova intere, con tuorli, con uova intere e tuorli, con latte bollente, con latte freddo, con aroma di caffè, limone, vaniglia.
Rispetto alla crème caramel è più "rustico" ed in genere non si serve in monoporzione.
Inoltre si ha l'abitudine di far cuocere il budino fino a che la superficie non diventi una sorta di crosticina ambrata.
Dell'origine del nome non si hanno tracce.
Ipotesi invece ne sono state fatte molte: furono forse dei portoghesi in visita alla famiglia de Medici ad importare un dolce simile (basti pensare ai pasteis de nata che contengono crema cotta quasi caramellata), o forse anche solo i fiorentini, abilissimi a gustarsi questa crema senza sganciare un fiorino, ovvero "alla portoghese"?
Beh, il mistero resta. Ma la ricetta invece, quella della Nella, eccola qui:
Latte alla portoghese - per 8 persone - uno stampo di alluminio a ciambella di 24 cm di diametro.
8 uova medie a temperatura ambiente
1 litro di latte fresco intero
1 bacca di vaniglia
7 cucchiai di zucchero (120 g)
Per il caramello
6 cucchiai di zucchero (100 g. c.ca)
1 cucchiaio di acqua.
Preparate il caramello direttamente nello stampo di alluminio.
Versate sul fondo il cucchiaio di acqua e fatelo scorrere su tutta la circonferenza. Aggiungete lo zucchero cercando di non sporcare i bordi.
Accendete a fiamma media sotto lo stampo e fate sciogliere lo zucchero senza toccarlo fino a che non raggiungerà una colorazione nocciola dorata. A questo punto toglietelo dal fuoco e fate roteare lo stampo proteggendovi le mani, per fare in modo che il caramello si distribuisca in parte anche sui lati.
Lasciate pure raffreddare.
Portate il latte a ebollizione con un baccello di vaniglia inciso, al quale avrete tolto i semini e sparsi nel latte.
Montate le uova ottenendo un bello zabaione gonfio e chiaro.
Eliminate l'eventuale pellicola della panna che si sarà formata sulla superficie del latte e versate a filo il latte caldo sul composto di uova mescolando velocemente con una frusta.
Si formerà una schiuma che piano piano diminuirà.
Versate la crema nello stampo. Se la schiuma è tanta, potete toglierla con un cucchiaio e metterla in una ciotolina.
Dopo qualche minuto vedrete che diventerà nuovamente liquida. Aggiungetela al resto del composto.
Preparate la vaporiera. Dovrete utilizzare una vaporiera rotonda in grado di contenere senza difficoltà lo stampo
Mettete sul fuoco a fiamma media e fate cuocere per almeno 45 minuti coperta con coperchio, senza aprire.
Passato questo tempo verificate la cottura. Infilate una lama affilata nel dolce e se uscirà pulita ed asciutta, il latte sarà pronto.
Per esperienza vi dico che ci vorranno dai 45 minuti ad un ora.
Al termine spegnete il fuoco. Togliete la vaporiera dal calore.
Eliminate il coperchio ma lasciate il dolce al suo posto, in attesa che si raffreddi.
Poi passate in frigo per almeno 3 ore o tutta la notte, coprendolo con una pellicola.
Per sformarla, basterà passare una lama affilata intorno ai bordi ed al centro dello stampo, appoggiare il piatto di portata sullo stampo e capovolgerlo con un colpo deciso.
Se non dovesse scendere subito, battete senza troppa forza verso il tavolo e sentirete il budino staccarsi.
Servite con il suo caramello.
NOTE:
- Qualora non aveste la vaporiera, potrete cuocere il vostro latte con il tradizionale "bagnomaria". Mettete lo stampo in uno stampo in grado di contenerlo. Versatevi acqua bollente fino a metà del bordo quindi mettete in forno a 150° per 1 ora nella parte centrale. Fate sempre la prova coltello prima di toglierlo. Fatelo raffreddare nel bagnomaria quindi passatelo in frigo come sopra.
- Evitate di stracuocere il vostro dolce. Quando lo toglierete dal forno o dalla vaporiera dovrà avere un movimento "budinoso". Se è troppo fermo, significa che lo avete cotto troppo e alla presentazione non sarà bellissimo e sembrerà coperto di varicella. Si tratta del coagulo delle uova che si forma quando la crema è stracotta. Inoltre al palato sembrerà grumoso mentre deve essere vellutato e leggero.
- Si conserva in frigo ottimamente per 3 giorni ma sono certa che lo finirete molto prima.
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domenica 20 settembre 2015
Croissant chocolat au chocolat per l'MTC nr 50!
Shape of my heart - Sting
No, non sono stordita.
Oddio, un pochino si ma non fino a questo punto.
Il titolo è voluto, non ci sono errori. E' proprio croissant al cioccolato al cioccolato!
Non c'è nessuna eco.
Tutto è cominciato con una colazione in un posto adorabile dove, se passate dalla mia città, dovete per forza fare tappa. E' la gastronomia Morbidi .
Intendiamoci, non sono qui a fare pubblicità perché se amo un posto, ne parlo quanto mi pare senza sentirmi in colpa. E comunque non faccio recensioni su Tripadvisor (Dio me ne scampi e liberi)!
La regina di questo scrigno di robe buone è Patrizia, mia omonima, che oltre a tenere viva una tradizione di famiglia che ormai veleggia verso i 90 anni, è una vera gourmet, innamorata del cibo, dei libri e programmi tv che ne parlano. Per dirla breve, una blogger mancata.
Insomma, ogni tanto mi piace passare a salutarla, con la scusa di fermarmi a fare colazione al bar della gastronomia.
Durante la mia ultima sosta, ho assaggiato una treccina sfogliata con ripieno di marmellata di mele e noci a pezzetti: la perfezione.
Un sfogliatura finissima, scaglie croccanti che si sbriciolavano lievi sotto le labbra, l'interno cotto alla perfezione con gli intrecci leggeri, voluttuosamente burrosi, fragranti.
L'ho finita provando un piacere estatico quindi sono dovuta passare a chiederle di chi fossero quelle meraviglie.
"Me li fa Mannori, di Prato. Magnifici vero? Ma hai provato il croissant al cioccolato?"
Ehm...no, come ho potuto perdermelo?
E lì ha cominciato a cantarmi le lodi di questa sfogliatura con la cioccolata nell'impasto e non nel ripieno. Siamo così finite a discutere su come diamine poteva fare il pasticciere ad ottenere questo risultato.
"Secondo me mette la cioccolata nel burro. Lui ha detto che ci mette le gocce di cioccolata!"
No, non può essere possibile, pensavo. Il pastello si romperebbe alla prima stesura.
Così, lasciata Patrizia alle sue bontà, ho continuato a rimuginare sulla questione, e sul come poter ottenere delle sfogliature al cioccolato fondente.
Un passo verso questo esperimento l'ha già fatto la nostra folle Federica con il suoi croissant tutto cioccolato.
Ma io non volevo usare il cacao, per lo meno non nel pastello, quanto meno nel burro.
Così ho deciso che avrei provato ad aggiungere cioccolato fondente nel panetto di burro.
Ma non mi sarei limitata a quello: avrei avvolto la sfoglia attorno ad un cioccolatino a sorpresa (bianco, latte o nero), Chissà se avrebbe funzionato?
Naturalmente mi sono persa la premessa.
Questo è un post targato MTC
Se i miei pensieri e le mie elucubrazioni gastronomiche di questo periodo virano verso i croissant, non è perché ho nostalgia di Parigi (anche), ma perché la sfida del mese è proprio su di lui, l'irraggiungibile, inossidabile, protagonistaassolutodicolazionilibidinose croissant sfogliato.
La ricetta testata è il risultato di numerose prove e confronti realizzati da Lou, la vincitrice dell'ultimo Mtc. E insieme ad un altro paio di sfide, è forse tecnicamente una delle prove più impegnative passate su questi schermi.
Nel mio caso, la creatività selvaggia è indirettamente proporzionale alla difficoltà tecnica della sfida.
In questo caso, essendo la tecnica molto complessa, la fantasia è in totale calma piatta.
In più, io amo il croissant nella sua nuda semplicità. Al massimo, la sua variante con ripieno di cioccolato sotto forma di pain au chocolat.
Così stavolta il mio impegno c'è, ma solo come studente di questa meravigliosa ricetta.
CROISSANT CHOCOLAT AU CHOCOLAT
Per 12 croissant
Per il pastello
400 g di farina 00 forte, W 300/330 ma meglio W350
220 ml di latte
40 g di burro morbido
30 g di zucchero
4 g di lievito istantaneo
9 g di sale
4 g di aceto di vino bianco
1 uovo per la finitura
Per la sfogliatura
200 g di burro
50 g di cioccolato fondente al 50% grattugiato finemente ben freddo.
Per il ripieno
pezzetti di cioccolato possibilmente in tronchetti lunghi 4 cm e di c.ca 8/10 g l'uno (a scelta fondente, latte e bianco)
La ricetta è impegnativa, non tanto per la difficoltà delle varie fasi, ma perché richiede tempo, calma e organizzazione.
Quindi se non siete nel periodo giusto, vi alterate se vi si avvicina una mosca o come dicono i nostri uomini "c'avete le vostre cose", lasciate perdere ed aspettate il momento giusto.
Quando poi sarete pronte, cercate gli ingredienti giusti: la farina forte di buona qualità, il burro che non deve avere una percentuale di grassi inferiore all'82% (meglio superiore) ed il lievito, rigorosamente di birra disidratato e istantaneo (vale a dire che non debba essere attivato in acqua).
Per aiutarvi nell'approccio con questa ricetta, potrete guardare questo video consigliato da Lou, che ho trovato splendido e molto chiaro.
A questo punto si può cominciare.
Consiglio la sera, intorno alle 22.00, così poi andate a dormire tranquille.
PREPARATE IL PASTELLO:
Che sarebbe poi l'impasto che raccoglierà il panetto di burro che darà vita alle vostre sfogliature.
In una ciotola si scioglie lo zucchero ed il sale nel latte e aceto.
Su una spianatoia si setaccia la farina e si miscela con il lievito istantaneo e si fa una fontana.
Al centro si mette il burro e si aggiunge la miscela liquida cominciando con una mano a mischiare gli ingredienti, cercando di incorporare tutta la farina e lavorare il tutto il più velocemente possibile per non sviluppare la maglia glutinica (questo impedirebbe all'impasto di essere sufficientemente elastico, col rischio reale di strapparlo durante le piegature.
Io l'ho lavorato per neanche 5 minuti. La palla era grumosa e morbida.
Si avvolge nella pellicola e si fa riposare in frigo per almeno 6 ore, o più. Nel mio caso l'ho presa alle 8 di mattina ed ho cominciato la seconda fase.
Prima di stendere il pastello, preparate il burro.
In questo caso io ho utilizzato il burro molto morbido. L'ho steso ad uno spessore di c.ca 3/4 mm, dandogli la forma rettangolare fra due fogli di carta da forno quindi l'ho fatto indurire in frigo.
Nel frattempo ho grattuggiato il cioccolato ben freddo.
L'ho versato sul burro ed aiutandomi con una spatola di acciaio, ho mischiato bene burro e cioccolato.
Ho risteso il burro dando la forma precedente sempre nella carta da forno, e l'ho messo in freezer nel tempo che stendevo il pastello.
Con un matterello, stendete l'impasto infarinando la spianatoia, e cercate di ricavare un rettangolo poco più grande della larghezza del panetto di burro, ed alto i doppia dell'altezza del panetto.
Adesso, nell'infografica qui sopra, potrete vedere come chiudere il pastello sul burro ricavando una sorta di pacchetto.
Il burro deve essere completamente coperto dal pastello e non uscire dai bordi.
IMPORTANTE: mentre fate l'operazione di coprire il panetto di burro chiudendo l'impasto a libro sulla meta in cui si trova il burro, fate modo di non incorporare aria.
Quando avrete appoggiato la sfoglia, accarezzate con delicatezza la pasta dalla piega fino ai bordi, in modo da fare uscire eventuali bolle d'aria, pericolosissime perché potrebbero strappare l'impasto durante la stesura per le pieghe.
Si procede con la stesura. Mettendo il panetto di fronte a voi come fosse un libro, con la costola a destra, prendete il mattarello e schiacciate il bordo basso e quello superiore per chiudere bene il pacchetto. Poi cominciate a schiacciare spostando il matterello dal basso in alto come è ben spiegato nel video. Se necessario infarinate sempre con parsimonia.
Quindi continuate a stendere per ottenere un rettangolo lungo 3 volte la larghezza del pacchetto (il lato corto).
Piegatelo come indicato nello Step 3 dell'infografica.
Avvolgete nella pellicola e fate riposare in frigo per 30 minuti.
Ripete l'operazione altre 2 volte.
Adesso, panetto pronto, tagliatelo a metà per passare alla formatura dei triangoli che serviranno a creare i vostri croissant.
Come vedete nell'immagine sopra, si nota il cioccolato fra le sfogliature.
Tirate una sfoglia sottile c.ca 4 mm e larga 26 x 34 cm.
Quando la foglia e tirata, sbattetelo 2 volte con energia sul ripiano.
Da questa porzione di pasta, ricaverete 6 triangoli alti 26 c. e larghi 12 usando un coltello a lama molto affilata.
Passate i triangoli in frigo per almeno 20 minuti.
Una volta fuori dal frigo, tirateli un pochino quindi incidete la base per un paio di cm e tirate i lembi verso di voi allargandoli. Arrotolate con delicatezza senza premere troppo.
Sistemateli su delle teglie coperte di carta da forno, ben distanziati in quanto crescono ancora con la cottura.
Spennellateli con un uovo setacciato in un colino a maglie fitte e mettete a lievitare a temperatura ambiente per minimo 2 ore. A me ne sono servite 2h30.
Quando saranno pronti, muovendo leggermente la teglia, sembrerà che tremino.
Durante la lievitazione raddoppieranno ma cresceranno ancora in cottura.
Spennellateli nuovamente e metteteli in forno preriscaldato a 220 per 10 minuti. Diminuite a 200 e continuate per altri 10 minuti fino a che non saranno belli dorati.
Fateli raffreddare su una gratella.
Presa dall'entusiasmo ho anche realizzato il croissant classico che rispetto alla ricetta precedente non ha ovviamente la cioccolata ed il ripieno.
Devo però ammettere che ho trovato una differenza fra le due versioni.
La sfoglia con il cioccolato mi ha dato qualche difficoltà nella stesura e non saprei dire se è una coincidenza o è dipeso dall'inserimento del cioccolato.
Ho fatto fatica a tirare una sfoglia nello spessore richiesto.
Dalla foto si può anche notare che la pasta ha subito delle fratture lasciando emergere il burro.
La superficie una volta cotti, non è quindi bella lucida e liscia in maniera omogenea.
In questa versione i croissant non hanno i classici 3 scalini che invece sono venuti senza difficoltà nella versione classica.
Anche l'alveolatura dei classici è più ariosa e omogenea.
Se dovessi esprimere un giudizio sul risultato finale, darei un bel 9, ma non perché sono stata brava, ma perché la ricetta è davvero fantastica.
Mi vergogno un po' per le foto perché non ho dato loro alcuna attenzione.
Preparare 24 croissant in una volta sola è stato complicato.
Spero che le immagini rendano l'idea di questo successo. Io sono già felice a prescindere.
Ah dimenticavo: ho ottenuto 12 croissant per ogni ricetta, anche il numero indicato da Lou è corretto.
Con i miei croissant chocolat au chocolat partecipo alla 50ma sfida dell'MTC.
No, non sono stordita.
Oddio, un pochino si ma non fino a questo punto.
Il titolo è voluto, non ci sono errori. E' proprio croissant al cioccolato al cioccolato!
Non c'è nessuna eco.
Tutto è cominciato con una colazione in un posto adorabile dove, se passate dalla mia città, dovete per forza fare tappa. E' la gastronomia Morbidi .
Intendiamoci, non sono qui a fare pubblicità perché se amo un posto, ne parlo quanto mi pare senza sentirmi in colpa. E comunque non faccio recensioni su Tripadvisor (Dio me ne scampi e liberi)!
La regina di questo scrigno di robe buone è Patrizia, mia omonima, che oltre a tenere viva una tradizione di famiglia che ormai veleggia verso i 90 anni, è una vera gourmet, innamorata del cibo, dei libri e programmi tv che ne parlano. Per dirla breve, una blogger mancata.
Insomma, ogni tanto mi piace passare a salutarla, con la scusa di fermarmi a fare colazione al bar della gastronomia.
Durante la mia ultima sosta, ho assaggiato una treccina sfogliata con ripieno di marmellata di mele e noci a pezzetti: la perfezione.
Un sfogliatura finissima, scaglie croccanti che si sbriciolavano lievi sotto le labbra, l'interno cotto alla perfezione con gli intrecci leggeri, voluttuosamente burrosi, fragranti.
L'ho finita provando un piacere estatico quindi sono dovuta passare a chiederle di chi fossero quelle meraviglie.
"Me li fa Mannori, di Prato. Magnifici vero? Ma hai provato il croissant al cioccolato?"
Ehm...no, come ho potuto perdermelo?
E lì ha cominciato a cantarmi le lodi di questa sfogliatura con la cioccolata nell'impasto e non nel ripieno. Siamo così finite a discutere su come diamine poteva fare il pasticciere ad ottenere questo risultato.
"Secondo me mette la cioccolata nel burro. Lui ha detto che ci mette le gocce di cioccolata!"
No, non può essere possibile, pensavo. Il pastello si romperebbe alla prima stesura.
Così, lasciata Patrizia alle sue bontà, ho continuato a rimuginare sulla questione, e sul come poter ottenere delle sfogliature al cioccolato fondente.
Un passo verso questo esperimento l'ha già fatto la nostra folle Federica con il suoi croissant tutto cioccolato.
Ma io non volevo usare il cacao, per lo meno non nel pastello, quanto meno nel burro.
Così ho deciso che avrei provato ad aggiungere cioccolato fondente nel panetto di burro.
Ma non mi sarei limitata a quello: avrei avvolto la sfoglia attorno ad un cioccolatino a sorpresa (bianco, latte o nero), Chissà se avrebbe funzionato?
Naturalmente mi sono persa la premessa.
Questo è un post targato MTC
Se i miei pensieri e le mie elucubrazioni gastronomiche di questo periodo virano verso i croissant, non è perché ho nostalgia di Parigi (anche), ma perché la sfida del mese è proprio su di lui, l'irraggiungibile, inossidabile, protagonistaassolutodicolazionilibidinose croissant sfogliato.
La ricetta testata è il risultato di numerose prove e confronti realizzati da Lou, la vincitrice dell'ultimo Mtc. E insieme ad un altro paio di sfide, è forse tecnicamente una delle prove più impegnative passate su questi schermi.
Nel mio caso, la creatività selvaggia è indirettamente proporzionale alla difficoltà tecnica della sfida.
In questo caso, essendo la tecnica molto complessa, la fantasia è in totale calma piatta.
In più, io amo il croissant nella sua nuda semplicità. Al massimo, la sua variante con ripieno di cioccolato sotto forma di pain au chocolat.
Così stavolta il mio impegno c'è, ma solo come studente di questa meravigliosa ricetta.
CROISSANT CHOCOLAT AU CHOCOLAT
Per il pastello
400 g di farina 00 forte, W 300/330 ma meglio W350
220 ml di latte
40 g di burro morbido
30 g di zucchero
4 g di lievito istantaneo
9 g di sale
4 g di aceto di vino bianco
1 uovo per la finitura
Per la sfogliatura
200 g di burro
50 g di cioccolato fondente al 50% grattugiato finemente ben freddo.
Per il ripieno
pezzetti di cioccolato possibilmente in tronchetti lunghi 4 cm e di c.ca 8/10 g l'uno (a scelta fondente, latte e bianco)
La ricetta è impegnativa, non tanto per la difficoltà delle varie fasi, ma perché richiede tempo, calma e organizzazione.
Quindi se non siete nel periodo giusto, vi alterate se vi si avvicina una mosca o come dicono i nostri uomini "c'avete le vostre cose", lasciate perdere ed aspettate il momento giusto.
Quando poi sarete pronte, cercate gli ingredienti giusti: la farina forte di buona qualità, il burro che non deve avere una percentuale di grassi inferiore all'82% (meglio superiore) ed il lievito, rigorosamente di birra disidratato e istantaneo (vale a dire che non debba essere attivato in acqua).
Per aiutarvi nell'approccio con questa ricetta, potrete guardare questo video consigliato da Lou, che ho trovato splendido e molto chiaro.
A questo punto si può cominciare.
Consiglio la sera, intorno alle 22.00, così poi andate a dormire tranquille.
PREPARATE IL PASTELLO:
Che sarebbe poi l'impasto che raccoglierà il panetto di burro che darà vita alle vostre sfogliature.
In una ciotola si scioglie lo zucchero ed il sale nel latte e aceto.
Su una spianatoia si setaccia la farina e si miscela con il lievito istantaneo e si fa una fontana.
Al centro si mette il burro e si aggiunge la miscela liquida cominciando con una mano a mischiare gli ingredienti, cercando di incorporare tutta la farina e lavorare il tutto il più velocemente possibile per non sviluppare la maglia glutinica (questo impedirebbe all'impasto di essere sufficientemente elastico, col rischio reale di strapparlo durante le piegature.
Io l'ho lavorato per neanche 5 minuti. La palla era grumosa e morbida.
Si avvolge nella pellicola e si fa riposare in frigo per almeno 6 ore, o più. Nel mio caso l'ho presa alle 8 di mattina ed ho cominciato la seconda fase.
Prima di stendere il pastello, preparate il burro.
In questo caso io ho utilizzato il burro molto morbido. L'ho steso ad uno spessore di c.ca 3/4 mm, dandogli la forma rettangolare fra due fogli di carta da forno quindi l'ho fatto indurire in frigo.
Nel frattempo ho grattuggiato il cioccolato ben freddo.
L'ho versato sul burro ed aiutandomi con una spatola di acciaio, ho mischiato bene burro e cioccolato.
Ho risteso il burro dando la forma precedente sempre nella carta da forno, e l'ho messo in freezer nel tempo che stendevo il pastello.
Con un matterello, stendete l'impasto infarinando la spianatoia, e cercate di ricavare un rettangolo poco più grande della larghezza del panetto di burro, ed alto i doppia dell'altezza del panetto.
Adesso, nell'infografica qui sopra, potrete vedere come chiudere il pastello sul burro ricavando una sorta di pacchetto.
Il burro deve essere completamente coperto dal pastello e non uscire dai bordi.
IMPORTANTE: mentre fate l'operazione di coprire il panetto di burro chiudendo l'impasto a libro sulla meta in cui si trova il burro, fate modo di non incorporare aria.
Quando avrete appoggiato la sfoglia, accarezzate con delicatezza la pasta dalla piega fino ai bordi, in modo da fare uscire eventuali bolle d'aria, pericolosissime perché potrebbero strappare l'impasto durante la stesura per le pieghe.
Si procede con la stesura. Mettendo il panetto di fronte a voi come fosse un libro, con la costola a destra, prendete il mattarello e schiacciate il bordo basso e quello superiore per chiudere bene il pacchetto. Poi cominciate a schiacciare spostando il matterello dal basso in alto come è ben spiegato nel video. Se necessario infarinate sempre con parsimonia.
Quindi continuate a stendere per ottenere un rettangolo lungo 3 volte la larghezza del pacchetto (il lato corto).
Piegatelo come indicato nello Step 3 dell'infografica.
Avvolgete nella pellicola e fate riposare in frigo per 30 minuti.
Ripete l'operazione altre 2 volte.
Adesso, panetto pronto, tagliatelo a metà per passare alla formatura dei triangoli che serviranno a creare i vostri croissant.
Come vedete nell'immagine sopra, si nota il cioccolato fra le sfogliature.
Tirate una sfoglia sottile c.ca 4 mm e larga 26 x 34 cm.
Quando la foglia e tirata, sbattetelo 2 volte con energia sul ripiano.
Da questa porzione di pasta, ricaverete 6 triangoli alti 26 c. e larghi 12 usando un coltello a lama molto affilata.
Passate i triangoli in frigo per almeno 20 minuti.
Una volta fuori dal frigo, tirateli un pochino quindi incidete la base per un paio di cm e tirate i lembi verso di voi allargandoli. Arrotolate con delicatezza senza premere troppo.
Sistemateli su delle teglie coperte di carta da forno, ben distanziati in quanto crescono ancora con la cottura.
Spennellateli con un uovo setacciato in un colino a maglie fitte e mettete a lievitare a temperatura ambiente per minimo 2 ore. A me ne sono servite 2h30.
Quando saranno pronti, muovendo leggermente la teglia, sembrerà che tremino.
Durante la lievitazione raddoppieranno ma cresceranno ancora in cottura.
Spennellateli nuovamente e metteteli in forno preriscaldato a 220 per 10 minuti. Diminuite a 200 e continuate per altri 10 minuti fino a che non saranno belli dorati.
Fateli raffreddare su una gratella.
Presa dall'entusiasmo ho anche realizzato il croissant classico che rispetto alla ricetta precedente non ha ovviamente la cioccolata ed il ripieno.
Devo però ammettere che ho trovato una differenza fra le due versioni.
La sfoglia con il cioccolato mi ha dato qualche difficoltà nella stesura e non saprei dire se è una coincidenza o è dipeso dall'inserimento del cioccolato.
Ho fatto fatica a tirare una sfoglia nello spessore richiesto.
Dalla foto si può anche notare che la pasta ha subito delle fratture lasciando emergere il burro.
La superficie una volta cotti, non è quindi bella lucida e liscia in maniera omogenea.
In questa versione i croissant non hanno i classici 3 scalini che invece sono venuti senza difficoltà nella versione classica.
Anche l'alveolatura dei classici è più ariosa e omogenea.
Se dovessi esprimere un giudizio sul risultato finale, darei un bel 9, ma non perché sono stata brava, ma perché la ricetta è davvero fantastica.
Mi vergogno un po' per le foto perché non ho dato loro alcuna attenzione.
Preparare 24 croissant in una volta sola è stato complicato.
Spero che le immagini rendano l'idea di questo successo. Io sono già felice a prescindere.
Ah dimenticavo: ho ottenuto 12 croissant per ogni ricetta, anche il numero indicato da Lou è corretto.
Con i miei croissant chocolat au chocolat partecipo alla 50ma sfida dell'MTC.
giovedì 17 settembre 2015
Caponata di melanzane alla siciliana: ode alla Mela Insana.
Blue velvet - Bobby Vinton
Cara Melanzana,
che vita complicata la tua.
Ci sono voluti i Mori a conquistare la Trinacria per farti affacciare finalmente sulla nostra bella Penisola, oltre mille anni fa.
Sei stata guardata con timore, paura.
Il tuo bel vestito violetto, che cangia dal bianco al nero, insospettiva, preoccupava quelli che ti incontravano e per tutta risposta, la tua incompresa bellezza ti ha procurato un nome che non è certo un'ode alla salute: mela insana.
Sei stata accusata di tutto: di essere tossica, di provocare la peste, la cefalea e per finire, la pazzia. Ogni volta che dopo il taglio, la tua candida polpa si scuriva, qualcuno gridava "questo è il frutto del diavolo".
Il tuo sapore amarognolo e lievemente piccante non ti ha aiutato, povera Melanzana mia.
Sono passati anni, secoli, prima che qualche anima buona si accorgesse del miracolo della tua polpa. Che celebrasse questo dono inaspettato della natura.
Dal quel momento sei entrata di diritto fra gli alimenti simbolo della cucina italiana.
E pensare che in medio oriente eri già una celebrità da millenni.
Confesso che anche io non ti ho capita. Non subito direi.
Ci sono volute Parmigiane perfette e Norme fatte a modino per farti spazio fra i miei preferiti.
Oggi credo di amarti senza riserve, di averti capita fino in fondo, di accettare il tuo carattere spigoloso e poco gentile, certe tue sfumature amare e riservate.
Però a saperti prendere, ti apri, ti trasformi e regali dolcezza cara Melanzana mia.
Sorprattutto sei la sola che sa regalarmi il vero sapore dell'estate.
Perdonate il delirio, ma ho pensato che dovessi onorare questo vegetale spesso bistrattato, come si deve.
Lo voglio fare con una ricetta che è una sinfonia di sapori e profumi incredibili e che io amo senza mezzi termini: la caponata siciliana.
So di avventurarmi su un territorio difficile, perché di Siciliano non ho neanche un briciolo di sangue, e che ognuno realizza ricette tramandate da generazioni.
Ho letto molto e studiato e la versione che propongo è sicuramente molto fedele all'interpretazione classica.
Un antipasto che è anche un contorno che è anche un condimento o un piatto unico.
Una ricetta che è un pass par tout da servire a temperatura ambiente nelle luminose serate d'estate ma che ancora può essere realizzata perché Settembre è per antonomasia il mese della melanzana.
Allora, buon appetito.
Ingredienti per 4 persone
2 melanzane tonde per c.ca 800 g
6 pomodori a grappolo (o ramati)
4 coste di cuore di sedano
1 grossa cipolla di Tropea
150 g di olive verdi snocciolate di Nocellara del Belice
2 cucchiai di capperi sotto sale
2 cucchiai di pinoli
2 cucchiai di zucchero
un mazzetto di basilico
mezzo bicchiere di aceto di vino bianco
sale
olio extravergine d’oliva per friggere e condire.
Lavate bene le melanzane.
Eliminate il picciolo quindi tagliatele a fette di 1 cm di spessore riducendole cubetti.
Mettetele in uno scolapasta ampio, cospargetele di sale grosso, appoggiatevi un peso sopra e lasciate che eliminino l’acqua di vegetazione amarognola.
Trascorso questo tempo, sciacquatele bene ed asciugatele con cura.
Friggete le melanzane in olio extravergine profondo fino a che non saranno dorate.
Scolatele su un foglio di carta assorbente e tenetele da parte.
Nello stesso olio friggete il sedano tagliato a fettine sottili, preventivamente lavato e privato dei filamenti.
Quando sarà dorato e croccante togletelo e scolatelo su carta assorbente.
Tienete da parte.
Prepararate i pomodori. Lavateli bene ed in incidete una croce sulla pancia. Immergeteli per qualche istante in acqua bollente quindi scolateli e privateli della buccia che verrà via con facilità.
Tagliateli in quarti, eliminate i semi e riduceteli a fettine grossolane.
In una larga padella versate 3 cucchiai di olio extravergine quindi fate cuocere a fiamma dolce la cipolla tagliata a fettine sottili.
State attenti che non bruci e se necessario versate un cucchiaio d’acqua. Quando sarà cotta aggiungete i pomodori e fateli cuocere per 5 minuti, aggiungendo un pizzico di sale.
Spezzate il basilico con le mani ed aggiungetelo al pomodoro.
Alzate la fiamma, aggiungete lo zucchero e l’aceto e fate sfumare. Mescolate bene.
Aggiungete le melanzane, il sedano, le olive tagliate a rondelle, i capperi precedentemente lasciati in ammollo e sciacquati bene ed i pinoli.
Abbassate la fiamma e mescolate con cura facendo amalgamare bene tutti gli ingredienti. Aggiustate di sale.
Conservate in un vaso di vetro in frigo fino ad una settimana.
Ricetta apparsa su A Tavola settembre 2014
lunedì 14 settembre 2015
I miei biscotti di grano saraceno con bacche di Goji e mosto di vino cotto: paure e preoccupazioni della rentrée.
School of Rock - Zach's Song
Questa è la settimana di rientro scolastico per milioni di ragazzi.
Guarda mia figlia affrontare il suo primo giorno in una nuova scuola, da grandi.
Percepisco la sua emozione, la sua preoccupazione per cose banalissime ma che a lei sembrano epocali.
Non è tanto il "come saranno i miei nuovi professori, le nuove materie", quanto "come faccio a non perdermi dentro quel labirinto di corridoi e scale"? "E se arrivo tardi il primo giorno"?
Mi viene da sorridere.
Per ironia della sorte mia figlia frequenterà la mia stessa scuola, il mio vecchio, fatiscente liceo linguistico.
Con un po' di vergogna, ammetto che per anni, dopo la maturità, ho continuato a sognare quella scuola, immaginando di dovere salire decine di rampe di scale, che nel sogno diventavano di legno via via sempre più scricchiolanti e malandate come quelle di un vecchio avamposto medievale. Con il terrore di volare di sotto, nel vuoto.
Quindi non posso e non devo prendermi gioco di lei.
La capisco e so per certo che le basterà poco per ambientarsi e prendere sicurezza.
In questi giorni precedenti al grande evento mi sono trovata spesso a ripensare a quegli anni e ad invidiarla: io tornerei immediatamente indietro.
Allo studio, ai compiti in classe, alle interrogazioni, ai timori e le paure di un brutto voto.
Alla totale mancanza di responsabilità se non quella di essere una brava studentessa.
Penso a quello che facevamo senza internet, cellulari, tablet, gruppi su "uozzap".
Penso a quello che i ragazzi di oggi con un po' di immaginazione e volontà potrebbero fare.
Vorrei che soltanto un poco del nostro rimpianto di quanto fosse bello e gratificante studiare a quell'età, potesse arrivare ai nostri ragazzi in modo che, come in quel meraviglioso film feticcio della nostra generazione, "cogliessero l'attimo che fugge".
Eravamo giovani con una voglia infinita di divertirci e la scuola, col senno di poi, era parte di questo.
Questa è una ricetta che ho costruito su misura per me, nella ricerca di trovare zuccheri alternativi nella preparazione di dolci e nella necessità di eliminare il glutine per quanto possibile.
Sono biscotti completamente gluten free, senza uova e senza zucchero. Io li ho amati dal primo morso.
Avrei potuto trasformarli anche in vegani ma semplicemente non ho voluto.
Sarebbe bastato sostituire il burro con olio extravergine (ci ho pensato moltissimo su), ma poi ho deciso altrimenti.
La farina di grano saraceno è un concentrato di fibre ed ha, una volta cotta, un sapore deciso e tostato che l'extra vergine avrebbe finito con l'evidenziare.
Mentre io avevo bisogno di una gratificazione, che arrivasse dall'aroma avvolgente del burro sposato ad una texture rustica e friabile.
La dolcezza viene regalata dalla frutta secca.
Le bacche di Goji, fantastici antiossidanti naturali, hanno un sapore acidulo piacevolissimo che viene valorizzato dalla farina stessa.
Il mostro di vino cotto regala un lontano sentore caramellato all'impasto che emerge con il passare del tempo.
Per finire ho inserito qualche gheriglio di noce, per avere un contrasto croccante (e poi perché le adoro nei dolci rustici).
L'esperimento mi è piaciuto così tanto che ho deciso che sono i miei biscotti del cuore. Ma sono anche biscotti perfetti e ricchi di nutrienti per i nostri ragazzi impegnati a studiare.
La prossima volta ometterò anche il lievito così saranno ancora più croccanti.
Ingredienti per c.ca 30 biscotti
150 g di farina di grano saraceno
125 g di burro
50 g di farina di mandorle
50 g di farina di riso
30 g di bacche Goji Nuova Terra
20 g di cranberries
20 g di uvetta sultanina
30 g di gherigli di noci
3 cucchiai di mosto di vino cotto
1 cucchiaio di acqua gelata
la punta di un cucchiaino di lievito ( si può omettere)
la scorza grattugiata di mezzo limone
1 pizzico di sale
Accendete il forno a 180°.
Mettete le bacche, i cranberries e l'uvetta in una ciotola e coprite con acqua bollente. Lasciate ammorbidire per 15/20 minuti.
Scolate e strizzate molto bene la frutta
Miscelate le farine con il sale ed il lievito e mettetele su una spianatoia.
Mescolatevi la frutta secca e le noci.
Formate una fontana al centro e grattugiatevi la scorza di limone, mettetevi il burro non troppo freddo a dadini e cominciate a sabbiare con la punta delle dita, pizzicando insieme il burro con la farina.
Quando il composto avrà assunto un aspetto bricioloso, fate al centro una piccola fontana e versatevi il mosto di vino cotto e l'acqua gelata e lavorate il tutto velocemente fino a che non otterrete una palla. Se necessario aggiungete un ulteriore cucchiaio di acqua.
Mettete la palla in frigo e fate riposare almeno 45 minuti.
Stendete l'impasto su una spianatoia allo spessore di 1 cm e tagliate dei biscotti larghi 3 cm ed alti 7 cm e sistemateli distanziati su una placca ricoperta di carta da forno.
Fate cuocere per cc.a 25 minuti, controllando che assumano una colorazione dorata.
Fate raffreddare su una gratella e conservate in una scatola di latta. Migliorano con il passare del tempo e durano bene fino ad una settimana.
Questa è la settimana di rientro scolastico per milioni di ragazzi.
Guarda mia figlia affrontare il suo primo giorno in una nuova scuola, da grandi.
Percepisco la sua emozione, la sua preoccupazione per cose banalissime ma che a lei sembrano epocali.
Non è tanto il "come saranno i miei nuovi professori, le nuove materie", quanto "come faccio a non perdermi dentro quel labirinto di corridoi e scale"? "E se arrivo tardi il primo giorno"?
Mi viene da sorridere.
Per ironia della sorte mia figlia frequenterà la mia stessa scuola, il mio vecchio, fatiscente liceo linguistico.
Con un po' di vergogna, ammetto che per anni, dopo la maturità, ho continuato a sognare quella scuola, immaginando di dovere salire decine di rampe di scale, che nel sogno diventavano di legno via via sempre più scricchiolanti e malandate come quelle di un vecchio avamposto medievale. Con il terrore di volare di sotto, nel vuoto.
Quindi non posso e non devo prendermi gioco di lei.
La capisco e so per certo che le basterà poco per ambientarsi e prendere sicurezza.
In questi giorni precedenti al grande evento mi sono trovata spesso a ripensare a quegli anni e ad invidiarla: io tornerei immediatamente indietro.
Allo studio, ai compiti in classe, alle interrogazioni, ai timori e le paure di un brutto voto.
Alla totale mancanza di responsabilità se non quella di essere una brava studentessa.
Penso a quello che facevamo senza internet, cellulari, tablet, gruppi su "uozzap".
Penso a quello che i ragazzi di oggi con un po' di immaginazione e volontà potrebbero fare.
Vorrei che soltanto un poco del nostro rimpianto di quanto fosse bello e gratificante studiare a quell'età, potesse arrivare ai nostri ragazzi in modo che, come in quel meraviglioso film feticcio della nostra generazione, "cogliessero l'attimo che fugge".
Eravamo giovani con una voglia infinita di divertirci e la scuola, col senno di poi, era parte di questo.
Questa è una ricetta che ho costruito su misura per me, nella ricerca di trovare zuccheri alternativi nella preparazione di dolci e nella necessità di eliminare il glutine per quanto possibile.
Sono biscotti completamente gluten free, senza uova e senza zucchero. Io li ho amati dal primo morso.
Avrei potuto trasformarli anche in vegani ma semplicemente non ho voluto.
Sarebbe bastato sostituire il burro con olio extravergine (ci ho pensato moltissimo su), ma poi ho deciso altrimenti.
La farina di grano saraceno è un concentrato di fibre ed ha, una volta cotta, un sapore deciso e tostato che l'extra vergine avrebbe finito con l'evidenziare.
Mentre io avevo bisogno di una gratificazione, che arrivasse dall'aroma avvolgente del burro sposato ad una texture rustica e friabile.
La dolcezza viene regalata dalla frutta secca.
Le bacche di Goji, fantastici antiossidanti naturali, hanno un sapore acidulo piacevolissimo che viene valorizzato dalla farina stessa.
Il mostro di vino cotto regala un lontano sentore caramellato all'impasto che emerge con il passare del tempo.
Per finire ho inserito qualche gheriglio di noce, per avere un contrasto croccante (e poi perché le adoro nei dolci rustici).
L'esperimento mi è piaciuto così tanto che ho deciso che sono i miei biscotti del cuore. Ma sono anche biscotti perfetti e ricchi di nutrienti per i nostri ragazzi impegnati a studiare.
La prossima volta ometterò anche il lievito così saranno ancora più croccanti.
Ingredienti per c.ca 30 biscotti
150 g di farina di grano saraceno
125 g di burro
50 g di farina di mandorle
50 g di farina di riso
30 g di bacche Goji Nuova Terra
20 g di cranberries
20 g di uvetta sultanina
30 g di gherigli di noci
3 cucchiai di mosto di vino cotto
1 cucchiaio di acqua gelata
la punta di un cucchiaino di lievito ( si può omettere)
la scorza grattugiata di mezzo limone
1 pizzico di sale
Accendete il forno a 180°.
Mettete le bacche, i cranberries e l'uvetta in una ciotola e coprite con acqua bollente. Lasciate ammorbidire per 15/20 minuti.
Scolate e strizzate molto bene la frutta
Miscelate le farine con il sale ed il lievito e mettetele su una spianatoia.
Mescolatevi la frutta secca e le noci.
Formate una fontana al centro e grattugiatevi la scorza di limone, mettetevi il burro non troppo freddo a dadini e cominciate a sabbiare con la punta delle dita, pizzicando insieme il burro con la farina.
Quando il composto avrà assunto un aspetto bricioloso, fate al centro una piccola fontana e versatevi il mosto di vino cotto e l'acqua gelata e lavorate il tutto velocemente fino a che non otterrete una palla. Se necessario aggiungete un ulteriore cucchiaio di acqua.
Mettete la palla in frigo e fate riposare almeno 45 minuti.
Stendete l'impasto su una spianatoia allo spessore di 1 cm e tagliate dei biscotti larghi 3 cm ed alti 7 cm e sistemateli distanziati su una placca ricoperta di carta da forno.
Fate cuocere per cc.a 25 minuti, controllando che assumano una colorazione dorata.
Fate raffreddare su una gratella e conservate in una scatola di latta. Migliorano con il passare del tempo e durano bene fino ad una settimana.
giovedì 10 settembre 2015
VIichyssoise di lattuga e cetriolo, partendo dalla leggerezza.
The devil is loose - Asha Puthtly
Stamattina mi sono alzata presto e sono andata in città.
Da tanto non mi capitava di attraversare il Corso deserto, i negozi chiusi, i bar con i primi avventori.
L'aria fresca e la luce pulita di Settembre.
Io felice di indossare la mia giacca caldina, camminavo osservando la vita riprendere il suo eterno movimento.
Fra una settimana alla stessa ora, le strade saranno piene di ragazzi che ritornano a scuola e la città cambierà il suo aspetto innondandosi di giovinezza, voci e teste piene di capelli.
E' un periodo dell'anno che mi piace questo, nonostante inevitabilmente l'approcciarsi dell'autunno pervada tutto di una lieve malinconia.
Eppure se potessi, viaggerei solo a Settembre o a Ottobre perché mai come in questi mesi si ha la sensazione che tutto prenda una diversa velocità, una predisposizione alla lentezza, alla meditazione.
Un po' mi ci sento, lenta e meditabonda.
Sarà che è scattato qualcosa che mi dice che devo assolutamente darmi una calmata e partire da me.
Non ho potuto che cominciare dal cibo, visto che una buona parte della mia vita (e non solo quella altezza ombelico) dipende da lui.
In casa mia vietata la parola dieta. Per un po' si starà attenti a cosa mettere nel piatto.
Il che non è male perché questo richiede programmazione anche nel fare la spesa e nel variare il menù con un unica difficoltà: essere ordinati.
Che nel mio caso è una sorta di contraddizione in termini.
Vi risparmio le mie malefatte alimentari perché ho una dignità ed una piccola reputazione da difendere.
Però sappiate che ne ho peccato, e molto.
Così si parte dalla leggerezza, dalla salute e dal volersi bene.
Si guardano le verdure e le fibre con passione.
Si dice arrivederci con nostalgia, alla carne (ma non è un addio ovviamente).
Si gioca con legumi e cereali, possibilmente senza glutine.
Si dimentica lo zucchero, in un'amnesia momentanea e lievemente dolorosa.
Si continua a cucinare perché le cose fresche e sane chiedono una trasformazione accurata e fatta in casa.
L'estate non è ancora finita e questa simil Vichyssoise, che come la sua versione originale vuole essere servita a temperatura ambiente, è davvero buona e gratifica il palato e la nostra salute. Facilissima da fare, piace anche ai bambini per la sua texture vellutata e fresca.
Vichyssoise di lattuga e cetriolo - per 4 persone
1 cetriolo lungo (tipo giapponese)
2 piccole patate farinose (250 g c.ca)
1 cipolla bionda
1 piccolo cespo di lattuga privato delle foglie esterne più dure
1 litro di ottimo brodo vegetale (fatto in casa)
1/2 bicchiere di latte
3 cucchiai di olio extravergine + un filo per rifinire
sale - pepe nero macinato fresco
Crostini di pane tostato
semi di zucca per rifinire
Pulite con cura le verdure.
Private il cetriolo della buccia e tagliatelo a tocchetti.
Pelate le patate e tagliate e pezzi non troppo grandi.
Lavate accuratamente la lattuga e tagliatela grossolanamente.
Tritate finemente la cipolla quindi fatela passire dolcemente in una larga pentola in grado di contenere tutti gli ingredienti.
Una volta morbida e trasparente, aggiungete le patate, mescolate, e versate il brodo bollente.
Portate ad ebollizione quindi abbassate la fiamma e fate cuocere dolcemente per c.ca 10 mintui.
Aggiungete quindi il cetriolo e la lattuga e mescolate bene, facendo cuocere per altri 5 minuti c.ca.
Con una forchetta verificate quando le patate saranno morbide così come il cetriolo.
Mettete le verdure in un bicchiere per mixer a immersione, copritele con il brodo e frullate.
Aggiungete brodo per ottenere una consistenza cremosa e rimettete nella pentola.
Aggiungete il latte e mescolate con cura quindi lasciate raffreddare.
Servite con crostini di pane tostato e semi di zucca.
Potrete decorare con una quenelle di ricotta resa cremosa con un goccio di olio extravergine e pizzico di pepe.
(Ricetta liberamente ispirata da Veg Every day - River Cottage).
Stamattina mi sono alzata presto e sono andata in città.
Da tanto non mi capitava di attraversare il Corso deserto, i negozi chiusi, i bar con i primi avventori.
L'aria fresca e la luce pulita di Settembre.
Io felice di indossare la mia giacca caldina, camminavo osservando la vita riprendere il suo eterno movimento.
Fra una settimana alla stessa ora, le strade saranno piene di ragazzi che ritornano a scuola e la città cambierà il suo aspetto innondandosi di giovinezza, voci e teste piene di capelli.
E' un periodo dell'anno che mi piace questo, nonostante inevitabilmente l'approcciarsi dell'autunno pervada tutto di una lieve malinconia.
Eppure se potessi, viaggerei solo a Settembre o a Ottobre perché mai come in questi mesi si ha la sensazione che tutto prenda una diversa velocità, una predisposizione alla lentezza, alla meditazione.
Un po' mi ci sento, lenta e meditabonda.
Sarà che è scattato qualcosa che mi dice che devo assolutamente darmi una calmata e partire da me.
Non ho potuto che cominciare dal cibo, visto che una buona parte della mia vita (e non solo quella altezza ombelico) dipende da lui.
In casa mia vietata la parola dieta. Per un po' si starà attenti a cosa mettere nel piatto.
Il che non è male perché questo richiede programmazione anche nel fare la spesa e nel variare il menù con un unica difficoltà: essere ordinati.
Che nel mio caso è una sorta di contraddizione in termini.
Vi risparmio le mie malefatte alimentari perché ho una dignità ed una piccola reputazione da difendere.
Però sappiate che ne ho peccato, e molto.
Così si parte dalla leggerezza, dalla salute e dal volersi bene.
Si guardano le verdure e le fibre con passione.
Si dice arrivederci con nostalgia, alla carne (ma non è un addio ovviamente).
Si gioca con legumi e cereali, possibilmente senza glutine.
Si dimentica lo zucchero, in un'amnesia momentanea e lievemente dolorosa.
Si continua a cucinare perché le cose fresche e sane chiedono una trasformazione accurata e fatta in casa.
L'estate non è ancora finita e questa simil Vichyssoise, che come la sua versione originale vuole essere servita a temperatura ambiente, è davvero buona e gratifica il palato e la nostra salute. Facilissima da fare, piace anche ai bambini per la sua texture vellutata e fresca.
Vichyssoise di lattuga e cetriolo - per 4 persone
1 cetriolo lungo (tipo giapponese)
2 piccole patate farinose (250 g c.ca)
1 cipolla bionda
1 piccolo cespo di lattuga privato delle foglie esterne più dure
1 litro di ottimo brodo vegetale (fatto in casa)
1/2 bicchiere di latte
3 cucchiai di olio extravergine + un filo per rifinire
sale - pepe nero macinato fresco
Crostini di pane tostato
semi di zucca per rifinire
Pulite con cura le verdure.
Private il cetriolo della buccia e tagliatelo a tocchetti.
Pelate le patate e tagliate e pezzi non troppo grandi.
Lavate accuratamente la lattuga e tagliatela grossolanamente.
Tritate finemente la cipolla quindi fatela passire dolcemente in una larga pentola in grado di contenere tutti gli ingredienti.
Una volta morbida e trasparente, aggiungete le patate, mescolate, e versate il brodo bollente.
Portate ad ebollizione quindi abbassate la fiamma e fate cuocere dolcemente per c.ca 10 mintui.
Aggiungete quindi il cetriolo e la lattuga e mescolate bene, facendo cuocere per altri 5 minuti c.ca.
Con una forchetta verificate quando le patate saranno morbide così come il cetriolo.
Mettete le verdure in un bicchiere per mixer a immersione, copritele con il brodo e frullate.
Aggiungete brodo per ottenere una consistenza cremosa e rimettete nella pentola.
Aggiungete il latte e mescolate con cura quindi lasciate raffreddare.
Servite con crostini di pane tostato e semi di zucca.
Potrete decorare con una quenelle di ricotta resa cremosa con un goccio di olio extravergine e pizzico di pepe.
(Ricetta liberamente ispirata da Veg Every day - River Cottage).
lunedì 7 settembre 2015
Il Buccellato Lucchese: Settembre profuma di vendemmia.
September - Earth Wind & Fire
Ahhhhh Settembre!
Voglia di lievitati, di rimettere in moto il forno a tutta "callara".
Non so voi, ma per quanto mi riguarda Settembre è il mese della campagna (oltre che un mese infinitamente romantico).
Penso alla vendemmia, agli alberi grondanti di fichi succulenti, ai profumi del bosco dopo le prime pioggie e le spedizioni funghifere che facevo da ragazzina quando ancora vivevo alla Bagnaia.
Ho un passato da contadinella, cresciuta in una azienda agricola, dove si faceva il vino e l'olio e dove durante le vendemmie, mia sorella ed io eravamo le addette al beveraggio.
Portavamo l'acqua fresca presa alla fontana agli operai che lavoravano fra le vigne durante le ore più calde del giorno.
A volte le scorciatoie che intraprendevamo attraverso i campi, ci presentavano incontri ravvicinati non proprio divertenti, come quella volta che siamo state inseguite da un serpente frustone.
Tanta paura e tanto ridere che ancora lo ricordo.
Crescendo, intorno ai 20 anni qualsiasi giovane della nostra provincia, metteva da parte una piccola fortuna facendo la vendemmia.
Se lavoravi per più di una settimana, e spesso in base alla grandezza della azienda in cui venivi preso, i giorni erano tra i 10/14, potevi guadagnare tanto per pagarti l'Università e qualche sfizio, sentendoti finalmente autonomo.
Ma che fatica!
Se proprio devo dirla tutta, la fatica più grande in vita mia l'ho fatta per due cose: la vendemmia ed i traslochi!
Se c'era il sole, mal di niente: un po' di sete, caldo e vespe golose che scacciavi con la mano guantata.
Ma se pioveva...ussignur!
Si vendemmiava anche sotto l'acqua, con gli stivali che affondavano nel fango trascinando chili di terra come nel peggiore degli incubi.
Chinati per recidere i grappoli con lo scopo di riempire più casse possibile, si rientrava a casa la sera abrutiti, distrutti, sporchi di terra fino ai capelli e con un unico pensiero: domani non ci vado!
Poi la sveglia suonava di nuovo prestissimo e tu alzavi, indossavi la tenuta da combattimento e ricominciavi da capo fino al tramonto.
La vendemmia si concludeva con una grande festa: su larghe tovaglie stese sul prato compariva ogni genere di bontà casalinga: salumi, panini superfarciti, torte e ciambelle ancora calde, crostate di more e fichi, fiumi di vino.
Qualcuno tirava fuori la fisarmonica e tutta la stanchezza si volatilizzava inseguendo le note allegre dei maggi e delle canzoni popolari.
Il Buccellato è un dolce, ma anche un pane.
Una ciambella che racchiude tanta storia legata alla meravigliosa città di Lucca.
Le sue origini sono anteriori al XV secolo e ne ho ampiamente parlato in un articolo comparso su A Tavola del settembre scorso.
Se vi capita di passare da Lucca in qualsiasi periodo dell'anno, lo potrete incontrare dietro qualunque vetrina di pasticceria o forno tradizionale, ma è proprio in questo periodo che diventa protagonista sulle tavole cittadine: per la festa Dell'Esaltazione della Santa Croce e del Palio della Balestra.
Il suo profumo di anice è il simbolo stesso della festa ed è proprio questa rustica ciambella che conclude degnamente qualsiasi pranzo celebrativo.
Non può mancare un bicchierino di Elisir di China Massagli per accompagnarlo, ma solo i veri intenditori lo conoscono.
Ecco, oggi vi ho svelato un segreto di Lucca.
Un famoso detto lucchese racconta: Chi viene a Lucca e non mangia il Bucellato, è come non ci fosse mai stato!
Ingredienti per una ciambella di c.ca 700 g (8 persone)
Ahhhhh Settembre!
Voglia di lievitati, di rimettere in moto il forno a tutta "callara".
Non so voi, ma per quanto mi riguarda Settembre è il mese della campagna (oltre che un mese infinitamente romantico).
Penso alla vendemmia, agli alberi grondanti di fichi succulenti, ai profumi del bosco dopo le prime pioggie e le spedizioni funghifere che facevo da ragazzina quando ancora vivevo alla Bagnaia.
Ho un passato da contadinella, cresciuta in una azienda agricola, dove si faceva il vino e l'olio e dove durante le vendemmie, mia sorella ed io eravamo le addette al beveraggio.
Portavamo l'acqua fresca presa alla fontana agli operai che lavoravano fra le vigne durante le ore più calde del giorno.
A volte le scorciatoie che intraprendevamo attraverso i campi, ci presentavano incontri ravvicinati non proprio divertenti, come quella volta che siamo state inseguite da un serpente frustone.
Tanta paura e tanto ridere che ancora lo ricordo.
Crescendo, intorno ai 20 anni qualsiasi giovane della nostra provincia, metteva da parte una piccola fortuna facendo la vendemmia.
Se lavoravi per più di una settimana, e spesso in base alla grandezza della azienda in cui venivi preso, i giorni erano tra i 10/14, potevi guadagnare tanto per pagarti l'Università e qualche sfizio, sentendoti finalmente autonomo.
Ma che fatica!
Se proprio devo dirla tutta, la fatica più grande in vita mia l'ho fatta per due cose: la vendemmia ed i traslochi!
Se c'era il sole, mal di niente: un po' di sete, caldo e vespe golose che scacciavi con la mano guantata.
Ma se pioveva...ussignur!
Si vendemmiava anche sotto l'acqua, con gli stivali che affondavano nel fango trascinando chili di terra come nel peggiore degli incubi.
Chinati per recidere i grappoli con lo scopo di riempire più casse possibile, si rientrava a casa la sera abrutiti, distrutti, sporchi di terra fino ai capelli e con un unico pensiero: domani non ci vado!
Poi la sveglia suonava di nuovo prestissimo e tu alzavi, indossavi la tenuta da combattimento e ricominciavi da capo fino al tramonto.
La vendemmia si concludeva con una grande festa: su larghe tovaglie stese sul prato compariva ogni genere di bontà casalinga: salumi, panini superfarciti, torte e ciambelle ancora calde, crostate di more e fichi, fiumi di vino.
Qualcuno tirava fuori la fisarmonica e tutta la stanchezza si volatilizzava inseguendo le note allegre dei maggi e delle canzoni popolari.
Una ciambella che racchiude tanta storia legata alla meravigliosa città di Lucca.
Le sue origini sono anteriori al XV secolo e ne ho ampiamente parlato in un articolo comparso su A Tavola del settembre scorso.
Se vi capita di passare da Lucca in qualsiasi periodo dell'anno, lo potrete incontrare dietro qualunque vetrina di pasticceria o forno tradizionale, ma è proprio in questo periodo che diventa protagonista sulle tavole cittadine: per la festa Dell'Esaltazione della Santa Croce e del Palio della Balestra.
Il suo profumo di anice è il simbolo stesso della festa ed è proprio questa rustica ciambella che conclude degnamente qualsiasi pranzo celebrativo.
Non può mancare un bicchierino di Elisir di China Massagli per accompagnarlo, ma solo i veri intenditori lo conoscono.
Ecco, oggi vi ho svelato un segreto di Lucca.
Un famoso detto lucchese racconta: Chi viene a Lucca e non mangia il Bucellato, è come non ci fosse mai stato!
Ingredienti per una ciambella di c.ca 700 g (8 persone)
500 g di farina 0
120 g di zucchero + 2 cucchiaini
10 g di lievito di birra
50 g di burro a temperatura ambiente
80 g di uva passa
2 uova + 1 tuorlo
la scorza di 1 limone non trattato
130 ml di latte a temperatura ambiente
1 cucchiaio di semi di anice
Fate ammollare l’uvetta in acqua calda per cc.a 30 minuti.
In un piccolo mortaio, pestate i semi di anice cercando
di frantumarli.
Intiepidite il latte sciogliendoci il lievito di birra
con 1 cucchiaino di zucchero.
Mescolate e lasciate attivare per una decina di
minuti. Quando si formerà la schiumina in superficie, il lievito sarà pronto.
In una grande ciotola versate la farina setacciata
mescolata con l’anice pestato, formate una fontana e rompeteci le uova.
Versate lo
zucchero ed il lievito sciolto nel latte. Lontano dal lievito versate un pizzico
di sale.
Cominciate ad impastare, prima mescolando con una
forchetta, poi aiutandovi con le mani.
Lavorate l’impasto con energia per almeno
una decina di minuti.
Quando l’impasto sarà liscio ed omogeneo, incorporate l’uvetta che avrete strizzato molto bene ed asciugato con carta assorbente.
Continuate ad impastare fino a che non sarà ben distribuita. Se disponete di una
impastatrice, potrete fare tutta l’operazione con maggiore velocità.
Formate una palla, mettetela in una larga ciotola oleata
con extravergine e fate lievitare coperta con una pellicola, per almeno 2 ore in
luogo caldo (nel forno con la lucina accesa è perfetto).
Quando l’impasto avrà lievitato e raddoppiato il suo
volume, stendete la pasta su una spianatoia, sgonfiatela e datele la forma di una ciambella,
o se preferite, di un grosso filoncino di pane.
Sistemate la ciambella su una placca da forno
coperta di carta.
Incidete la circonferenza in alto con una lametta o un
coltello affilato con un taglio profondo c.ca 1 cm. (come nella foto
Lasciate lievitare nuovamente per 1h30.
Una volta pronto, sbattete un tuorlo con un cucchiaino
di zucchero e spennellate con delicatezza tutto il dolce più volte.
Infornate a 180° e fate cuocere per c.ca 50 minuti.
Controllate sempre la cottura e quando la superficie sarà color bronzo dorato,
fate la prova della cottura battendo con una mano sotto la ciambella. Se suonerà
a vuoto, allora sarà pronto.
Lasciatelo raffreddare su una gratella e servitelo con
vino liquoroso ed aromatico.
PS: Buon Anniversario Amore mio! :D
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sabato 5 settembre 2015
50 E NON SENTIRLE! Il Giubileo dell'MTC
Pomp and Circumstance March nr 1 - Elgar
50!
10 lustri.
In questo caso non anni ma irresistibili, entusiasmanti, agguerrite sfide all'ultimo piatto.
50 ricette per migliaia di diverse interpretazioni sul filo della creatività giocosa ed informata, estrema ma fortemente attaccata alla tradizione come il bebé alla tetta della sua mamma.
Non ci credo che non lo conoscete perché chi mi segue sa della mia mania, che è anche una follia collettiva che si irradia sul web come un virus letale: chi vi si avvicina, ne è soggiogato e ne diventa dipendente.
L'MTChallenge, la fida di cucina più famosa del web è arrivata alla sua 50ma ricetta e per celebrare gli oltre 4 anni di attività ininterrotta, da oggi cominciano ufficialmente i festeggiamenti, che dureranno un anno intero!
Sorprese, novità, scherzi e tanto altro coinvolgeranno la Community più longeva della rete in un rave party di 365 giorni!
L'unico modo per scoprire ciò che questa banda di pazzi ha organizzato per tutti noi, è restare connessi, seguirci da vicino e sostenerci con affetto.
Personalmente sono entrata nel gioco alla sfida n 9, quella sugli GNOCCHI ALLA ROMANA lanciata dalla bravissima Stefania Araba Felice ed ho partecipato a 39 edizioni.
Ne ho perse solo 2, con grande dispiacere, ma per tutto il resto ho dato fondo ad ogni energia, vincendone anche una (momento di commozione).
Mi considero quindi una veterana affezionata.
Vi regalo un piccolo collage dei miei momenti felici in MTC ma non vedo l'ora di affrontare nuove e meravigliose avventure con le mie compagne di follia.
HAPPY JUBILEE YEAR MTCHALLENGE!
50!
10 lustri.
In questo caso non anni ma irresistibili, entusiasmanti, agguerrite sfide all'ultimo piatto.
50 ricette per migliaia di diverse interpretazioni sul filo della creatività giocosa ed informata, estrema ma fortemente attaccata alla tradizione come il bebé alla tetta della sua mamma.
Non ci credo che non lo conoscete perché chi mi segue sa della mia mania, che è anche una follia collettiva che si irradia sul web come un virus letale: chi vi si avvicina, ne è soggiogato e ne diventa dipendente.
L'MTChallenge, la fida di cucina più famosa del web è arrivata alla sua 50ma ricetta e per celebrare gli oltre 4 anni di attività ininterrotta, da oggi cominciano ufficialmente i festeggiamenti, che dureranno un anno intero!
Sorprese, novità, scherzi e tanto altro coinvolgeranno la Community più longeva della rete in un rave party di 365 giorni!
L'unico modo per scoprire ciò che questa banda di pazzi ha organizzato per tutti noi, è restare connessi, seguirci da vicino e sostenerci con affetto.
Personalmente sono entrata nel gioco alla sfida n 9, quella sugli GNOCCHI ALLA ROMANA lanciata dalla bravissima Stefania Araba Felice ed ho partecipato a 39 edizioni.
Ne ho perse solo 2, con grande dispiacere, ma per tutto il resto ho dato fondo ad ogni energia, vincendone anche una (momento di commozione).
Mi considero quindi una veterana affezionata.
Vi regalo un piccolo collage dei miei momenti felici in MTC ma non vedo l'ora di affrontare nuove e meravigliose avventure con le mie compagne di follia.
HAPPY JUBILEE YEAR MTCHALLENGE!
mercoledì 2 settembre 2015
Torta di carote al limone e mandorle senza grassi, gluten free: quando la vita presenta il conto!
What's new? - Billie Holiday
Come rientro dalle ferie non c'è male!
La mia estate non è stata niente di speciale anche perché le tanto agognate ferie non hanno prodotto quel senso di "stacco" di cui si ha bisogno dopo mesi sotto pressione.
Ho ancora negli occhi il mio lago ma mi sembra tutto già molto lontano.
Oltretutto negli ultimi tempi mi sono resa conto di avere sottovalutato un problema che mi è stato diagnosticato un paio d'anni fa e che adesso sta presentando il conto.
Se si comincia a distogliere l'attenzione dai propri impellenti doveri, dando finalmente il dovuto ascolto al proprio corpo, un ascolto onesto, attento e critico, ognuno è in grado di capire se qualcosa non va.
Ma questo va fatto senza distrazioni, serenamente, non rispedendo il sintomo al mittente solo perché non ci sembra importante o perchè "adesso non ho tempo".
Purtroppo è quello che ho fatto io per mesi a questa parte.
E' bastata una foto.
Scaricando quelle delle vacanze, l'ho vista.
Sono io il fotografo di casa, e la mia macchina è un'appendice al mio braccio destro.
Ma quel furfante di mio marito deve averla presa di nascosto scattandomi delle immagini a mia insaputa.
Immagini di una persona sorridente, rilassata, felice e....gonfia!
Aghhhh....ho avuto un momento di vero panico non riconoscendomi. E quella chi è?
Per lunghi attimi mi sono sentita gelare.
Di fronte a me c'era una matrona pettoruta dai fianchi ridondanti, le belle guanciotte, le cosce a stento trattenute da pantaloni troppo stretti.
Così, dopo un primo momento di confusione emotiva, sono corsa a pesarmi.
In neanche 2 mesi ho preso quasi 4 chili che per me è una cosa eccezionale, considerando che ho lo stesso peso da quando avevo 25 anni.
Ognuno conosce se stesso. Io ho immediatamente capito che quei chili non sono il frutto di bagordi disordinati visto che in estate mangio quasi la metà che nel resto dell'anno, e tutta roba fresca.
Magari un gelato in più, ci sta, ma non è quello a fare testo.
Inoltre sono sempre troppo stanca, dormirei in continuazione.
Le articolazioni mi provocano dolori costanti e piegarmi è sempre un supplizio.
Il fatto più eclatante è la mia capacità riflessiva: ho sempre la testa confusa, annebbiata. Vagamente depressa.
La memoria è andata a farsi un giro e non so quando tornerà. La mia memoria...sono conosciuta per essere quella che ricorda tutto, anche i nomi di clienti passati in agenzia 10 anni fa!
Adesso non ricordo se ho preso gli integratori 5 minuti dopo averli ingoiati.
Ho messo tutto insieme.
Ho ripreso in mano la mia diagnosi: Sindrome di Hashimoto.
Ho controllato sintomi e problematiche sul web. Ci sono dentro con tutte le scarpe.
Ciò che fino a qualche mese fa se ne stava quatto quatto senza darmi problemi, adesso è lì che organizza un rave party, ed io devo fare la volante della polizia che interrompe la festa!
In Italia milioni di persone ne soffrono.
Le donne in gran parte.
Ho deciso che una parte di questo blog sarà dedicata ad una missione: Patty versus Hashimoto.
Seriamente, magari anche ridendoci un po' su, perché le cose troppo serie non mi vengono bene.
Cercherò di parlarne periodicamente raccontando i progressi della mia battaglia e quello che sto facendo.
Adesso sono ancora un po' scossa e leggermente intristita perché ho appena scoperto quello che dovrò schivare sul mio percorso verso lo "starbene".
Diciamo che un dolce è in grado di mettere allegria, e me ne serve un bel po'.
Non smetterò di postare dolcezze perché anche se non posso mangiarne, mia figlia mi ha incoraggiato dicendomi: "Dai mami, li farai per me".
Ingredienti per uno stampo da 18/20 cm di diametro
3 uova medie, bianchi e tuorli separati
la scorza grattugiata ed il succo di un grosso limone di Sorrento, non trattato
10 ml di liquore all'arancia (Cointreau o Aurum o uno vostro a piacere)
140 g di carote grattugiate finemente
125 g di zucchero di canna integrale
125 g di farina di mandorle
50 g di farina di riso
1 cucchiaino di lievito per dolci
Per la glassa al limone
150 g di zucchero a velo (fatelo in casa tritandolo nel cutter)
il succo di un grosso limone di Sorrento
una manciata di mandorle a lamelle per guarnire
Accendete il forno a 180°
In una larga terrina mettete le carote grattugiate, la farina di mandorle, lo zucchero, il lievito, il liquore ed i tuorli e mischiateli bene con una frusta elettrica.
Quando la miscela sarà ben amalgamata, aggiungete poco a poco la farina di riso setacciata.
Montate a neve ferma gli albumi ed aggiungeteli al composto con una spatola di gomma, mescolando dal basso in alto per non farli smontare.
Foderate uno stampo a cerniera da 18/20 e versatevi l'impasto.
Fate cuocere per 45 minuti fino a che non sarà bella gonfia e lo stecchino uscirà asciutto dalla prova.
Fate raffreddare completamente il dolce prima di toglierlo dallo stampo.
Preparate la glassa mescolando il succo di limone filtrato allo zucchero a velo. Versate il limone poco alla volta per cercare la consistenza giusta della glassa, che non deve essere troppo solida, ma deve essere fluida come il miele nuovo.
Una volta freddo, mettete il dolce su una gratella appoggiata su un piatto e glassate il dolce facendo scorrere la glassa lungo i bordi.
Decorate con una manciata di mandorle a lamelle o la scorza grattugiata del limone.
Buonissima subito, diventa divina con il passare del tempo.
Conservatela al riparo dall'aria per non farla seccare.
La mia estate non è stata niente di speciale anche perché le tanto agognate ferie non hanno prodotto quel senso di "stacco" di cui si ha bisogno dopo mesi sotto pressione.
Ho ancora negli occhi il mio lago ma mi sembra tutto già molto lontano.
Oltretutto negli ultimi tempi mi sono resa conto di avere sottovalutato un problema che mi è stato diagnosticato un paio d'anni fa e che adesso sta presentando il conto.
Se si comincia a distogliere l'attenzione dai propri impellenti doveri, dando finalmente il dovuto ascolto al proprio corpo, un ascolto onesto, attento e critico, ognuno è in grado di capire se qualcosa non va.
Ma questo va fatto senza distrazioni, serenamente, non rispedendo il sintomo al mittente solo perché non ci sembra importante o perchè "adesso non ho tempo".
Purtroppo è quello che ho fatto io per mesi a questa parte.
E' bastata una foto.
Scaricando quelle delle vacanze, l'ho vista.
Sono io il fotografo di casa, e la mia macchina è un'appendice al mio braccio destro.
Ma quel furfante di mio marito deve averla presa di nascosto scattandomi delle immagini a mia insaputa.
Immagini di una persona sorridente, rilassata, felice e....gonfia!
Aghhhh....ho avuto un momento di vero panico non riconoscendomi. E quella chi è?
Per lunghi attimi mi sono sentita gelare.
Di fronte a me c'era una matrona pettoruta dai fianchi ridondanti, le belle guanciotte, le cosce a stento trattenute da pantaloni troppo stretti.
Così, dopo un primo momento di confusione emotiva, sono corsa a pesarmi.
In neanche 2 mesi ho preso quasi 4 chili che per me è una cosa eccezionale, considerando che ho lo stesso peso da quando avevo 25 anni.
Ognuno conosce se stesso. Io ho immediatamente capito che quei chili non sono il frutto di bagordi disordinati visto che in estate mangio quasi la metà che nel resto dell'anno, e tutta roba fresca.
Magari un gelato in più, ci sta, ma non è quello a fare testo.
Inoltre sono sempre troppo stanca, dormirei in continuazione.
Le articolazioni mi provocano dolori costanti e piegarmi è sempre un supplizio.
Il fatto più eclatante è la mia capacità riflessiva: ho sempre la testa confusa, annebbiata. Vagamente depressa.
La memoria è andata a farsi un giro e non so quando tornerà. La mia memoria...sono conosciuta per essere quella che ricorda tutto, anche i nomi di clienti passati in agenzia 10 anni fa!
Adesso non ricordo se ho preso gli integratori 5 minuti dopo averli ingoiati.
Ho messo tutto insieme.
Ho ripreso in mano la mia diagnosi: Sindrome di Hashimoto.
Ho controllato sintomi e problematiche sul web. Ci sono dentro con tutte le scarpe.
Ciò che fino a qualche mese fa se ne stava quatto quatto senza darmi problemi, adesso è lì che organizza un rave party, ed io devo fare la volante della polizia che interrompe la festa!
Le donne in gran parte.
Ho deciso che una parte di questo blog sarà dedicata ad una missione: Patty versus Hashimoto.
Seriamente, magari anche ridendoci un po' su, perché le cose troppo serie non mi vengono bene.
Cercherò di parlarne periodicamente raccontando i progressi della mia battaglia e quello che sto facendo.
Adesso sono ancora un po' scossa e leggermente intristita perché ho appena scoperto quello che dovrò schivare sul mio percorso verso lo "starbene".
Diciamo che un dolce è in grado di mettere allegria, e me ne serve un bel po'.
Non smetterò di postare dolcezze perché anche se non posso mangiarne, mia figlia mi ha incoraggiato dicendomi: "Dai mami, li farai per me".
Ingredienti per uno stampo da 18/20 cm di diametro
3 uova medie, bianchi e tuorli separati
la scorza grattugiata ed il succo di un grosso limone di Sorrento, non trattato
10 ml di liquore all'arancia (Cointreau o Aurum o uno vostro a piacere)
140 g di carote grattugiate finemente
125 g di zucchero di canna integrale
125 g di farina di mandorle
50 g di farina di riso
1 cucchiaino di lievito per dolci
150 g di zucchero a velo (fatelo in casa tritandolo nel cutter)
il succo di un grosso limone di Sorrento
una manciata di mandorle a lamelle per guarnire
In una larga terrina mettete le carote grattugiate, la farina di mandorle, lo zucchero, il lievito, il liquore ed i tuorli e mischiateli bene con una frusta elettrica.
Quando la miscela sarà ben amalgamata, aggiungete poco a poco la farina di riso setacciata.
Montate a neve ferma gli albumi ed aggiungeteli al composto con una spatola di gomma, mescolando dal basso in alto per non farli smontare.
Foderate uno stampo a cerniera da 18/20 e versatevi l'impasto.
Fate cuocere per 45 minuti fino a che non sarà bella gonfia e lo stecchino uscirà asciutto dalla prova.
Fate raffreddare completamente il dolce prima di toglierlo dallo stampo.
Preparate la glassa mescolando il succo di limone filtrato allo zucchero a velo. Versate il limone poco alla volta per cercare la consistenza giusta della glassa, che non deve essere troppo solida, ma deve essere fluida come il miele nuovo.
Una volta freddo, mettete il dolce su una gratella appoggiata su un piatto e glassate il dolce facendo scorrere la glassa lungo i bordi.
Decorate con una manciata di mandorle a lamelle o la scorza grattugiata del limone.
Buonissima subito, diventa divina con il passare del tempo.
Conservatela al riparo dall'aria per non farla seccare.
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