venerdì 18 dicembre 2020

Su Coccone in mele: il pane con miele di Mamoiada

Centro uguale cuore 

Mamoiada è un paese di quasi tremila anime nel cuore della Barbagia. 
Chi non ha mai sentito parlare di Barbagia, deve pensare ad una delle aree più autentiche e selvagge della Sardegna, al confine tra il Gennargento e Supramonte. 
Parliamo della provincia di Nuoro quindi del cuore pulsante della Sardegna. 
Di questa parte di isola, ho avuto il piacere di parlare in questo post di qualche anno fa, a cui sono particolarmente affezionata per l'irripetibile esperienza e l'emozione della scoperta. 
Purtroppo, in quella occasione non era in programma una tappa a Mamoiada, ma so per certo, che prima o poi (più prima che poi), ci andrò perché lo desidero da tantissimo tempo. 
Se invece vi dico Mamuthones, qualcosa vi suona familiare in un cassettino della memoria?

Maschere, campanacci e riti ancestrali. 

La grandezza della Sardegna sta nella sua capacità di preservare la propria storia e tradizioni. 
Mamoiada non è un paese celebre per bellezze artistiche, meraviglie architettoniche o spettacoli naturalistici. 
E' un luogo semplice e piccolo ma che ha saputo mantenere viva la propria memoria ancestrale.  
E' proprio grazie alla ritualità legata alla religione ed ai cicli della natura, che i suoi Mamuthones sono conosciuti in tutto il mondo. 
Le maschere in legno d'ontano dai lineamenti animaleschi incise a mano, vengono indossate da uomini coraggiosi (12 come i mesi dell'anno) che per la festa di S. Antonio Abate, il 17 gennaio, quando tutto il paese è in festa illuminato da decine di falò, danno vita all'apertura del Carnevale Barbaricino. 
I Mamuthones rappresentano lo spirito animalesco ed indomito della divinità dionisiaca, per questo il loro aspetto è affascinante ed inquietante al tempo stesso. 
Indossano dei mantelli di pelo di montone su cui viene fissata "Sa carriga", un insieme i campanacci che arrivano a pesare fino a 30 kg, tenuti insieme da cinghie di cuoio. Così vestiti, attraversano il paese toccando ogni falò, in una danza zoppicante che produce una ritmica ipnotica e dissonante. 
Lo spirito della bestia viene tenuto a bada dagli Issohadores, personaggi vestiti elegantemente dove il bianco ed il rosso emergono prepotentemente, il volto coperto da una maschera candida. Gli Issohadores seguono il Mamuthones nella loro faticosa danza, usando la loro fune per domare l'istino bestiale con la razionalità e l'ordine.  Il termine di questo percorso simboleggia la fine della "bestia" ma anche la speranza di un raccolto ricco e prospero, garantito dal potere salvifico del fuoco. 
Vi invito a vedere questo bellissimo video della Regione Sardegna in cui potrete ammirare l'emozionante ed estenuante danza dei Mamuthones. 

Falò, canti e tanto buon cibo. 

Durante la festa di S. Antonio Abate, a Mamoiada arrivano visitatori da tutto il mondo. 
Il paese diviso in rioni, prepara cibo in abbondanza per offrirlo ai visitatori dei rioni vicini ed agli ospiti che arrivano da fuori. 
Ogni rione ha il proprio falò, intorno al quale si danza, si mangia e si canta. 
Non è infatti raro che piccoli gruppi di Tenores si improvvisino in spettacolari canti a cappella. 
Certo, per noi fissati con la gastronomia, l'aspetto del gusto è un traino irresistibile quando si pianifica un viaggio. In questo caso, non ne saremo certo delusi. 
La cara Antonietta Montisci di Mamoiada, grande cuoca e pasticciera che mi ha raccontato delle bellezze della sua terra e donato questa ricetta, mi ha spiegato che i momenti più importanti per questo paese sono 3:
- la Festa di S. Antonio Abate, 16/17 gennaio, durante la quale fanno la loro prima uscita i Mamuthones
- Il Carnevale a Febbraio 
- l'evento novembrino Autunno in Barbagia che vede un'impressionante presenza di ospiti e dove ogni anno vengono predisposte oltre 200 diverse postazioni dove poter assaggiare il cibo della tradizione locale. 
Alcuni dei piatti che non possono mancare in queste occasioni sono il Tarassaco lessato con patate, lardo o pancetta, servito con "pane lentu" (il pane Carasau appena cotto e non tostato), il bollito misto di pecora con verdure, carne e fave, le "patata a perras" (le patate a metà), i maccarrones de busa, il pane frattau (pane carasau arricchito con uovo, pomodoro e formaggio), l'immancabile porcetto arrosto. Non possono mancare i dolci come le orulettas (una sorta di chiacchiere), i s'aranzada, dei deliziosi cestini di scorze d'arancia a julienne caramellati nel miele ed il Coccone in mele. 

Su Coccone in mele, il pane con miele di Mamoiada, è uno dei pani antichi di Sardegna. 
Viene preparato solo in questo paese e probabilmente se ne possono trovare di simili in altre zone, ma è certamente un pane poco conosciuto. 
Ne sono rimasta affascinata ascoltando le parole di Antonietta: Su Coccone in mele viene preparato appositamente per la festa di S. Antonio Abate anche se i forni del paese lo preparano abitualmente, in particolare durante le festività più importanti.
E' un pane povero, semplice nella sua sostanza: semola, acqua, poco zucchero, zafferano per il colore. Oggi si aggiungono un paio di cucchiai di olio extravergine che conferisce maggiore morbidezza e profumo. Per il resto lo si può trovare in forma di semplice ciambella o con decorazioni fantasiose ed eleganti proprio in occasione delle feste. 
Io ho cercato di realizzare dei semplici tagli utilizzando una forbice.  
Le due forme che vedete in foto più sotto, sono veramente molto basiche e credo che potrete realizzarle con facilità se proverete. 
Il nome di questo pane ha spiegazioni contrastanti: qualcuno afferma che la parola mele, che significa miele, sia riferita al colore dorato intenso del pane mentre secondo gli storiografi, essendo un pane molto antico, la prima dolcificazione sia stata fatta proprio con il miele, di cui la Sardegna è ricca, ma che ormai da oltre un secolo, l'utilizzo dello zucchero, più economico e facile da reperire, ha fatto dimenticare la sua primaria composizione. 
Una curiosità: una volta cotto il pane viene tradizionalmente lucidato tuffandolo in una pentola di acqua bollente ed immediatamente rimettendolo in forno ad asciugare per qualche minuto. Questa operazione conferisce al pane una superba lucidità che lo rende bellissimo anche in forma di semplice ciambella. 
Io non ho effettuato questa operazione per semplice timore: essendo la prima volta che lo preparavo, ero certa che con questa tecnica, avrei combinato un pasticcio quindi ho preferito soprassedere e lasciarlo nella sua primordiale opacità. 
Ve lo presento però vestito a festa per il prossimo Natale. 

Ingredienti per due pani da c.ca 300 g l'uno
250 g di farina 0
250 g di semola rimacinata
c.ca 300 ml di acqua 
2 cucchiai colmi di olio extravergine 
100 g di zucchero semolato 
1 bustina e mezza di zafferano 
6 g di lievito di birra 
  • Miscelate le farine insieme allo zucchero. 
  • Sciogliete il lievito in una parte dell'acqua mentre nell'altra sciogliete lo zafferano.
  • Mettete tutto nella ciotola della planetaria e formate una piccola fontana. Versate l'acqua con il lievito e l'olio e cominciate ad impastare con il gancio 
  • Via via che la farina incorpora l'acqua aggiungete il resto (non è detto che dobbiate aggiungerlo tutto), continuando ad impastare a velocità media. Osservate l'impasto che dovrà staccarsi dalla ciotola lasciandola lucida: non dovrà essere appiccicoso, ma elastico e  bello lucido. Continuate ad impastare per c.ca 15 minuti, aumentando la velocità negli ultimi 5 minuti. 
  • Una volta pronta, toglietela dalla ciotola e sistematela su una spianatoia. Dividetela in due pezzi di peso uguale ed arrotolateli formando dei cordoni di c.ca 5/6 cm di diametro. 
  • Con ognuno dei due formate un cerchio che sistemerete su due placche foderate con carta da forno. A questo punto dovrete procedere a tagliare l'impasto per decorare i due pani. Potrete usare delle forbici e seguire l'esempio delle due immagini o usare la vostra fantasia. 

  • Una volta pronti, copriteli con dei teli di cotone puliti (non con la pellicola perché si appiccica sull'impasto. Ve lo dico perché è successo a me). Fateli lievitare per c.ca 1h30 /2 ore. 
  • Accendete il forno a 180°. Una volta pronti i pani, cuoceteli nella parte centrale per 25/30 minuti fino a quando non saranno belli gonfi, dorati e toccandoli sul fondo, suoneranno a vuoto.
  • Lasciateli raffreddare su una gratella. Si conservano bene in sacchetti di plastica e sono ottimi tagliati a fette e tostati. Serviteli con confettura o miele, ma anche del buon formaggio fresco e pecorino. 




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